giovedì 29 dicembre 2011

le tradizioni

Ricordo che appena mi sono trasferita qui, guardavo con molta perplessita’ alle varie tradizioni che mi venivano spacciate per italiane dagli italoamericani (che si spacciavano per italiani). Avevo inventato una specie di giochino che consisteva nel capire da dove diamine era partita la variante. Quasi sempre e’ possibile ricostruire piu’ o meno tutto. Una tradizione italoamericana puo’ essere cambiata per difficolta’ a trovare gli ingredienti originari per esempio o per incapacita’ a tramandare le ricette correttamente, per un equivoco linguistico, ma piu’ spesso -al contrario di quello che si possa immaginare- e’ autenticissima, e’ in Italia che e’ cambiata e non la riconosciamo piu’.

Mi sono sempre chiesta cosa ne sarebbe stato delle mie tradizioni, ma fino ad ora non ho fatto nulla per preservarle. Non perche’ non ci tenga, ma e’ una cosa che richiede sforzi non indifferenti e forse erroneamente mi sembrano ancora vicine, come se potessi dargli una spolverata quando volessi.

Ora che ho un figlio, pero’ ci ripenso alle tradizioni. Vorrei passargli anche le mie, ma non e’ cosi’ semplice.

A casa mia il Natale si e’ sempre festeggiato soprattutto il 24. Il cenone con tutta una serie di piatti particolari, la tombola o le carte, la statuina di Gesu’ bambino nel presepe e Babbo Natale che arriva a mezzanotte in punto.

La tradizione americana di Mr. Johnson e’ molto diversa invece. I regali si aprono la mattina di Natale e dopo si fa un gran pranzo, ma niente piatti speciali mi pare. A giudicare da come e’ andata quest’anno, deduco che la tradizione della nostra piccola famiglia da ora in poi sara’ un misto di tutto.

Guardiamoci in faccia. Aspettare la mezzanotte qui e’ improponibile. Gli altri non ne capirebbero il senso e poi a casa mia in Italia e’ bello perche’ siamo in tanti, ma qui in quattro gatti, sarebbe comunque una noia mortale. Allora che fare? Dovremmo aprire i regali la mattina di Natale? Anche questo non va bene per noi che siamo sparpagliati su tre continenti.

Quest’anno e’ andata cosi’. Abbiamo aperto i regali in diretta skype piu’ o meno alle otto di sera della Vigilia di Natale quando a Kioto, in Giappone, era la mattina del 25. E’ stato un po’ strano, ma simpatico. Una chiamata skype in cui nessuno dava retta a nessuno, pero’ si avvertiva tutto l’entusiasmo di tutti i nostri bimbi che aprivano i loro regali, mi e’ piaciuto. La mattina di Natale invece ci siamo collegati con l’Italia dove oramai era gia’ sera. A questo punto, Slipino che usa skype da quando e’ nato, e’ veramente convinto che i suoi nonni, gli zii e anche i cuginetti siano dentro al computer: appena sente il rumore di skype comincia a sorridere e salutare.

L’anno scorso, quando tutta la mia famiglia era qui abbiamo rispettato sia la tradizione italiana che quella americana. Suppongo faremo lo stesso anche quando i Johnson giapponesi verranno a trovarci o noi andremo da loro (che in teoria il Natale non e’ una festa propriamente giapponese, ma anche loro hanno le loro abitudini oramai). Ho la sensazione che le nostre tradizioni cambieranno leggermente ogni anno e dovremo inventarcele noi. Come tante altre cose nella vita, non e’ proprio quello che immaginavo, ma va bene cosi’ dai. Almeno le nostre tradizioni  saranno uniche e solo nostre.

martedì 27 dicembre 2011

il dramma di natale

Quando diventi genitore capisci subito una cosa, che non importa quanto tu possa sforzarti per impedirlo, prima o poi anche tuo figlio si fara’ male, come tutti. E’ una sensazione per niente piacevole devo dire, che ti disturba anche durante il sonno, cosi’ fai tutto quello che puoi per allontanare quel momento inevitabile. Sai che basta pochissimo, soprattutto quando comincia a  muoversi con una certa agilita’. Allora cerchi di controllare il pavimento il piu’ spesso possibile, metti via tutto quello che potrebbe tirarsi addosso o ingoiare, ti complichi la vita riempiendo ogni presa della corrente e ogni mobile e porta di blocchi e sicure, ma un brutto giorno, quello di cui tanto ti eri preoccupato succede. E sapete qual e’ la cosa buffa? Che non importa quanto fervida sia stata la tua immaginazione nel cercare di prevenire il danno, il pericolo arriva sempre da tutt’altra parte.

La mattina di Natale, tutto era tranquillo e allegro come doveva essere. Cassandra preparava la colazione, i bracchetti dormivano nelle loro cucce e Baby J giocava felice con i suoi giocattoli nuovi, quando e’ successo l’inimmaginabile. Ero proprio li’ accanto a lui, ma e’ stato un secondo. Un ringhio e un pianto fortissimo. Uno dei miei due adorati cani, Mr. Boomer, alias one in a million, il cane perfetto, il caneamore e via dicendo, ha morso il mio bambino.

Non vi so dire cosa ho provato in quel momento. Sono stata travolta da una rabbia che non sapevo nemmeno di poter provare. Non sono riuscita letteralmente a guardarlo per ore. Mi sono sentita tradita dal mio migliore amico. Ora a mente fredda, riesco a essere un po’ piu’ razionale. Quando si dice non disturbare il can che dorme. Bubu dormiva, il bimbo gli e’ piombato addosso e lui istintivamente si e’ difeso, senza nemmeno capire chi lo disturbasse, suppongo. Qualche sera fa era successo un episodio simile, ma c’era stato solo un piccolo ringhio ‘didattico’ per cosi’ dire, questa volta invece sulla guancia di Baby J c’era un bel graffio e anche un po’ di rosso. Oggi e’ gia’ quasi guarito e nemmeno si ricorda cosa e’ successo, ma e’ inutile dire che per noi invece e’ stato un trauma. Di sicuro ho pianto piu’ io di lui. Molto di piu’. Anzi a dire il vero, non riuscivo piu’ a smettere. Tra il senso di colpa e la delusione. Cassandra gentilmente si e’ offerta di tenerci Mr. Bubu per un po’ di tempo per darci la possibilita’ di pensare con calma al da farsi e noi abbiamo accettato. Ci siamo informati un attimo, e da tutto quello che abbiamo letto risulta che, se un cane ha attaccato una volta, non importa il motivo, puo’ farlo di nuovo. In realta’, come dicevo, anche una cane che non ha mai attaccato come il mio in teoria, sotto determinate circostanze, potrebbe farlo.   

Stamattina, quando ci siamo svegliati, pero’ non siamo riusciti a lasciarlo. Ci guardava con questa sua solita faccia tristissima da beagle e quell’aria colpevole senza capire nemmeno per cosa e non siamo riusciti a voltargli le spalle.

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Deve essere vero quello che si dice, le solite cose banalissime, che sono sempre animali e che sono imprevedibili. C’e’ poco da girarci intorno, la colpa e’ stata nostra. Ci siamo fidati troppo. Pensavamo di avere i cani perfetti da far crescere con un bambino e invece, per il bene di tutti, non bisogna mai abbassare la guardia. In fondo, pero’ non e’ cambiato nulla. Dovremmo solo stare molto piu’ attenti, tenere bimbo e bracchetti piu’ a distanza, magari comprare uno di quei cancelletti che vendono.

Insomma, mille volte mi e’ stato chiesto come faccio con un bambino e due cani e, lo ammetto tranquillamente, non e’ sempre semplicissimo. Pero’ quelli che al primo problema si liberano del cane non li capisco. La verita’ e’ che anche loro fanno parte della famiglia.   

venerdì 23 dicembre 2011

buon natale

Da queste parti non si capisce mai se si puo’ dire. In genere e’ meglio non dirlo, usare qualche giro di parole, ma agli acchiappaconiglietti piace proprio cosi’, vecchia maniera, e senza farci tanti ragionamenti sopra.

Buon Natale!

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giovedì 22 dicembre 2011

i regali

Quest’anno Mr. Jonson e io, forse abbiamo pensato un po’ piu’ del solito ai regali di Natale. Per amici e parenti abbiamo pescato a piene mani da questo bellissimo catalogo. Per i vari bambini che conosciamo, tanti bei giochi, invece perche’ e’ questo che vogliono e si aspettano e non e’ bello deluderli. Per quanto riguarda noi, appurata l’impossibilita’ di azzeccare un regalo, abbiamo deciso di trovare qualcosa che tutti e due volessimo. Questo regalo atteso con ansia, pero’ purtroppo arrivera’ fra qualche settimana. Allora, per avere qualcosa di un po’ piu’ significativo da scambiarci sotto l’albero, l’ho sfidato a trovare un regalo che non costi nulla, almeno a livello economico.

Ho pensato che da quando e’ nato Baby J, l’unica cosa che ci e’ mancata  davvero e’ il tempo. Non ho mai corso cosi’ tanto. Corro tutti i giorni e la sera, dopo che lui va a letto, anche se crollo dal sonno non riesco mai a decidermi ad andare a dormire perche’ e’ l’unico momento in cui posso veramente ragionare con calma. Lo confesso, a volte mi butto fuori di casa per andare in palestra, solo perche’ so che almeno la’, mentre lui gioca con gli altri bambini, potro’ farmi una doccia in santa pace.

Cosi’ ho pensato che regalero’ a Mr. Jonson del tempo. Tempo per dormire di domenica mattina, tempo per fare quello che gli pare senza sentirsi in colpa e senza correre. Non gliene regalero’ tantissimo di questo tempo perche’ e’ costosissimo, ma credo apprezzera’.

Chissa’ cosa escogitera’ lui.

mercoledì 21 dicembre 2011

povero frosty

Baby J ha ricevuto per il compleanno un libricino che si intitola Frosty the snowman. Glielo ha regalato una bambina di quattro anni, la stessa di cui lui e’ follemente innamorato e che si rifiuta di baciarlo perche’ sostiene che e’ slimy, sbauscioso. E come darle torto. La madre della bambina mi ha detto abbiamo scelto questo perche’ e’ il suo libro preferito, non facciamo altro che leggerlo e rileggerlo. Cosi’ l’altra sera, ho deciso di leggerlo anch’io e non potevo credere ai miei occhi… [spoiler alert]

Frosty e’ un pupazzetto di neve. Dolce, allegro, simpatico. Finalmente un giorno, sotto gli occhi estasiati di tanti bambini prende vita e gioca con loro. Va di qua, salta di la’ e si divertono un mondo tutti insieme. Poi a un certo punto si accorge che c’e’ il sole e dice ‘andiamo a correre e divertirci prima che mi sciolga’. E li’ tu pensi, no dai, non e’ possibile… ce lo fate conoscere, ce lo fate amare e poi si scioglie? Si. Fine della storia. Tristissimo.

Ma lui saluto’, dicendo “non piangete, tornero’ un giorno.” 

E io saro’ una deficiente, pero’ mi sono commossa. Una delle storie piu’ tristi che abbia mai letto, come solo le storie per bambini possono esserlo.

Cosi’ mi si e’ aperto un piccolo mondo. Mi dice Mr. Johnson che Frosty il pupazzo di neve e’ un grande classico non solo della letteratura, ma anche della musica. Incredibile il numero di cover, da Ella Fitzgerald, ai Beach Boys, ai Jackson 5, a Bing Crosby e innumerevoli altri. Poi mentre ne parlavamo a lui sono tornati in mente tanti di quei ricordi e non la smetteva piu’ di canticchiare. Dice di non avere mai e poi mai pensato che fosse una storia triste e di sicuro neanche quella bambina o Slipino lo penseranno. Certo che ora che mi trovo a riascoltare una serie di canzoni e ninne nanne per bambini mi rendo conto che di solito o sono tristissime o fanno paura e succede sia con quelle in italiano che con quelle in inglese, chissa’ perche’.

E questa e’ la versone country comunque…

lunedì 19 dicembre 2011

intanto nella classe di arte….

Quest’anno, per la prima volta, le maestre per niente artistiche della scuola Flanders mi hanno chiesto praticamente in ginocchio di aiutarle con i lavoretti di Natale. Addirittura me lo hanno fatto chiedere dalla direttrice, cosi’ sono stata ricoperta di ringraziamenti e di lodi per fare una cosa che pensavo fossi banalmente tenuta a fare. Che strano posto la scuola Flanders. Poi, un pomeriggio, come una furia (una furia inglese di sessant’anni suonati diciamo…) e’ piombata in classe Mrs. Guorton per farmi sapere quanto sia scandalizzata che mi sia stato chiesto di fermare la mia attivita’ didattica per fare dei…lavoretti, ewww lavoretti.
Oh dear! That’s not your talent, you should be teaching about art!
Va bene, devo ammettere che mi ha lusingato tutta questa foga completamente fuori luogo. Foga che ha avuto il suo livello di isteria massimo quando ha cominciato a prendersela con l’uso smodato e pacchiano dei brillantini dei piu’ svariati colori nella societa’ americana. I brillantini a Natale devono essere oro o argento, perche’ questi americani non lo capiscono? Suppongo non abbia notato di stare parlando con una persona praticamente ricoperta di brillantini dei piu’ svariati colori. L’ho trovata molto in forma Mrs. Guorton, come ai vecchi gloriosi tempi in cui lavoravamo insieme.
Ecco un po’ di quello che abbiamo fatto in una settimana riciclando praticamente qualunque cosa, sporcandoci e divertendoci molto…   
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l’italia o gli italiani

La settimana scorsa sono stata invitata a un pranzo e, una volta li’, mi sono accorta che eravamo tutti italiani. Da quando vivo qui, non mi e’ mai capitato di incontrare tanti italiani tutti insieme e anche simpatici, molto piacevoli.

Ero euforica. Magari queste persone non le rivedro’ mai piu’, e’ molto probabile, ma che bello. E’ stato come prendere una boccata d’aria. Ne avevo davvero bisogno, di rilassarmi un po’ e chiaccherare nella mia lingua con tante persone diverse. C’era perfino una persona che aveva frequentato il mio stesso piccolissimo liceo a Milano, non potevo crederci.

Allora ho raccontato l’accaduto a un’altra amica italiana che pero’ vive qui da piu’ anni di me e ho avuto la sensazione di averle fatto quasi un po’ di tenerezza. Dice che anche lei prima si sentiva proprio come me, che piu’ dell’Italia le mancavano gli italiani, mentre ora e’ esattamente il contrario.

Non ho avuto tantissima voglia di chiederglielo perche’ non credo la risposta mi piacerebbe, ma chissa’ come mai.

venerdì 16 dicembre 2011

gli insegnanti non sono psicologi. purtroppo

Nel pieno della spiegazione, come al solito mi interrompe. Ha sei anni e questa volta, almeno ha avuto una buona idea. Talmente buona che cambio quello che volevo fare per usarla e fargli capire quanto e’ stato bravo ad avere un’idea cosi’.

Ma niente. Le lodi con lui funzionano ne’ piu’ ne’ meno che le sgridate. Non so quale sia il suo problema, ma sembra che non sia letteralmente capace di stare zitto e fermo per un minuto.

Improvvisamente si alza e va dritto verso il proiettore. L’unica cosa che so e’ che so e’ un rumore di vetro infranto che fa girare venti teste contemporaneamente.

Amico, stavolta sei davvero nei guai.

La sua maestra decide di parlarne subito sia alla preside che alla madre all’uscita di scuola, ma lui interrompe anche loro:

- Mamma sbrigati, altrimenti arriviamo tardi dallo psicologo!

Un cerchio che si chiude, ho pensato mentre mi veniva raccontato questo episodio.

Il giorno dopo si e’ presentato in classe per scusarsi, ma non mi sembrava per nulla dispiaciuto. Allora gli ho dato una grande scatola di pastelli e gli ho detto di riordinarla per colori. Per la prima volta da quando lo conosco, ben tre anni, l’ho visto calmo e concentrato per quasi un’ora. E quanto era soddisfatto per essere riuscito a finire qualcosa e ‘avermi aiutato’. Perche’ poi e’ un bravo ragazzino in fondo.

Non ho nessuna competenza in psicologia, ma mi piacerebbe tanto averne in questi casi. La mia impressione e’ che un bambino come questo, sebbene dotato di grande intelligenza, in qualche modo non sia pronto per fare quello che faccio con gli altri. E’ impaziente, non riesce a fermarsi per ascoltare quello che deve fare o per ricevere il materiale. Per svariati motivi non e’ possibile fare questo, pero’ forse attivita’ semplici e manuali come queste sarebbero piu’ appropriate e meno frustranti per lui in questo momento. Chissa’ cosa potrei fare per aiutarlo.    

giovedì 15 dicembre 2011

che si fa con Babbo Natale?

E poi un giorno, come genitore, ti fai una domanda a cui davvero  non avevi mai pensato.

Che si fa con Babbo Natale? Glielo si dice o non glielo si dice?

Stiamo parlando di anni di bugie, bisogna ragionarci un attimo.

Ma come fa a andare da tutti i bambini contemporaneamente? Perche’ Babbo Natale non porta mai i regali ai bambini poveri? Quanti anni ha Babbo Natale? Babbo Natale esiste? E se Babbo Natale muore chi li porta i regali?

Dopo qualche esitazione, pero’, abbiamo deciso: vada per la bugia, per due motivi. Primo. Perche’ e’ bello crederci, motivo da non sottovalutare. Secondo. Perche’ non vogliamo che sia lui la peste che lo va a raccontare a tutti i suoi amichetti traumatizzandoli a vita.

Cosi’ ieri abbiamo deciso di strafare e lo abbiamo portato anche a conoscere Babbo Natale, quello che si e’ trasferito dal polo Nord e ora vive in una casetta di legno dentro al centro commerciale qui dietro casa.

Il caso ha voluto che arrivassimo proprio mentre Babbo Natale era andato ‘a controllare la produzione nella fabbrica di giocattoli’, cosi’ abbiamo scambiato quattro chiacchere con l’amabile signora Claus, che ci ha raccontato tutti, ma proprio tutti, i problemi del ‘marito’.

Il costume e’ pesantissimo e scomodissimo. Gli tocca stare per dodici ore al giorno bardato con guanti e cappello sotto le luci del fotografo: sabato ha perso quasi due chili di sudore, e’ una tortura. I piccoli esaltati che lo venerano pesano e poi ha un’eta’, pover’uomo.

Insomma, ecco il terzo motivo: la realta’ come al solito e’ deprimente.

martedì 13 dicembre 2011

ma a me il tavolo a pois piaceva…

L’ho gia’ detto quanto amo i miei bimbi, vero?

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“Mrs. Johnson,

I’m sorry I put dots on the table. I will not do it again.

Love, Ellison”

Cinque anni.

lunedì 12 dicembre 2011

confesso

Il colpo d’aria, la cervicale…tutte invenzioni italiane, cose senza senso, figuriamoci, anzi mi viene da ridere, si diceva l’altro giorno.

Poi ieri sera siamo usciti a cena e…

- Allora mettigli il cappello e il cappotto. Che dici porto anche la copertina?  

- Ma per favore, non fa freddo! Io non lo copro!

- Come non lo copri?!

- Che senso ha? Non fa freddo e io non lo copro!

- Io ho freddo quindi lo copri.

- Io non lo copro perche’ e’ ridicolo. E poi cosa ti cambia? Dalla macchina all’entrata c’e’ un metro!

- Ma sei fuori! In macchina e’ tutto caldo, esce fuori cosi’ e minimo si becca un colpo d’aria!

Il famoso momento in cui si diventa la propria madre.

Non so come sia successo francamente, mi e’ uscito proprio cosi’. Accidenti.

La verita’ e’ che certe tradizioni, credenze, abitudini, chiamatele un po’ come vi pare, sono davvero dure a morire.

Anzi vi diro’ di piu’. Qualche volta ho provato a essere razionale, a combattere.

Se le americane escono con i capelli bagnati a gennaio e non hanno nessun problema, posso farlo anch’io!

E indovinate cos’e’ successo?

Mi e’ venuta la cervicale!

 

 

p.s. Arca di Noe’ finita, finalmente! Ve la posto su FB che mi sembra un ambiente un po’ piu’ raccolto (l’amico Baol non la pensa cosi’, ma tant’e’). L’ho guardata troppo, non so nemmeno dire come e’ venuta a questo punto, di sicuro mi sono divertita molto, spero che i colori vivaci piacciano a Slipino.

giovedì 8 dicembre 2011

buon compleanno little man!

Dicono che dopo aver avuto un bambino si dimentichi tutto il dolore del parto, quanto e’ vera questa cosa. O meglio, sono abbastanza sicura che potrei ricordare tutto volendo, ma non riesco proprio a pensarci. Sarebbe come aver scalato una montagna e una volta in cima, continuare a pensare alla salita invece di godersi il panorama. E il panorama, dopo un anno, e’ sempre mozzafiato, forse ancora di piu’. Ogni giorno e’ una sorpresa diversa, cose banali che tutti sanno e che evidentemente nessuno ti dice prima perche’, diciamocelo, ci si sente un po’ ridicoli a raccontarle certe cose. Non si puo’ capire veramente quanto sono importanti se non e’ tuo figlio. Forse anche per questo trovo che essere genitori sia un’esperienza illuminante, si capiscono cosi’ tante cose degli altri che non e’ che si diventi persone completamente diverse da quello che si era, anzi, ma tutto quello che si e’ fatto prima, non si potrebbe piu’ fare alla stessa maniera. Spero tanto che Slipino lo senta che oggi e’ un giorno speciale e che ha reso la nostra vita piu’ o meno come la sognavamo.

mercoledì 7 dicembre 2011

a che ora finisce la festa?

Ecco questa e’ una di quelle domande che davvero in Italia non ho mai sentito.

Ma come a che ora finisce la festa? Finisce quando siamo stanchi o ubriachi o tutt’e due le cose, no?

Se ti invito e’ perche’ mi fa piacere vederti e se mi fa piacere vederti, di sicuro non ti caccio. Che noia questi party americani pieni di regole, si puo’ anche andare un po’ a braccio nella vita. O no?

Questo per dire che domani e’ il compleanno di Slipino e sabato faremo una grande festa, grande per le dimensioni della nostra casa almeno. A proposito, chissa’ dove metteremo tutti. Forse e’ banale perche’ in fondo e’ solo un compleanno, ma siamo davvero emozionati. E’ stato un anno pazzesco e abbiamo voglia di festeggiare il nostro piccolo ragazzino.

Io ho deciso di regalargli qualcosa che sia fatto a mano da me, ma come al solito mi sono fatta un attimo prendere la mano. E’ un arca di Noe’ gigantesca che non so nemmeno se finiro’ per tempo a questo punto. Mr. Johnson mi ha gia’ fatto riflettere sul fatto che appena attacchera’ con i dinosauri, e se tanto mi da’ tanto non sara’ fra tanto, il quadro dell’arca di Noe’ bambinesca verra’ gloriosamente esposto in solaio per sempre. Ma si,  a volte le cose e’ bello farle per farle. Anche stando in piedi fino alle tre di notte per farle. 

Ieri sera finalmente, abbiamo finito il suo albero di Natale. Non potevo rassegnarmi all’idea di non fare l’albero per paura che se lo tirasse addosso e cosi’, con Mr. Johnson abbiamo studiato una soluzione alternativa. Il nostro segreto, e’ che abbiamo sempre un piano b noi due.   DSC04630

La casa e’ piena di luci e fuori finalmente fa freddo, e’ strano questo connubio perfetto di nostalgia e felicita’.

lunedì 5 dicembre 2011

che la bbc ci legga?!

Qualche settimana fa chiaccheravamo di misteriosi malanni italiani ed ecco che e’ appena uscito sul sito della Bbc un articolo molto divertente che vi consiglio anche perche’ parla proprio di questo, ma dal punto di vista di un inglese che vive in Italia.

Secondo la sua teoria, gli inglesi hanno meno acciacchi perche’ conoscono meno il proprio corpo. Se non sai dov’e’ la tua bile o il tuo fegato come possono farti male? Non fa una piega.

Ci prende molto in giro, ma in maniera simpatica e bonaria. In effetti non e’ da tutti distinguere esattamente il dolore all’intestino da quello allo stomaco, siamo speciali anche in questo.

Racconta di come ci bardiamo al primo freddo, si addentra perfino a spiegare cos’e’ la mitica maglia della salute e in questo mi ci rivedo molto. Nonostante viva in un posto tendenzialmente molto caldo, io d’inverno esigo almeno un maglione, le infradito a dicembre non si possono vedere dai! E poi spiega di come nei ristoranti si diverte a fare lo sbruffone chiedendo appositamente un tavolo esposto alla corrente per vedere la faccia del cameriere.

E’ un punto di vista interessante anche perche’ collega il tutto alla famosa vecchia questione del chiedere come stai in Italia e nei paesi anglofoni e traduce diverse espressioni ostiche.

Se avete una decina di minuti leggetelo e ditemi cosa ne pensate.

Buona settimana!

domenica 4 dicembre 2011

finalmente e’ arrivato (e se n’e’ andato)

Lui e’ un bambino di quarta elementare, ma e’ molto diverso dagli altri, forse addirittura geniale, mi sarebbe piaciuto scoprirlo.

Appena e’ entrato in classe e’ venuto dritto da me e si e’ presentato porgendomi la mano. Gli altri bambini, il primo giorno di scuola fanno di tutto per mimetizzarsi, se si sentono particolarmente a loro agio, al massimo sghignazzano con il nuovo compagno di banco. Un piglio cosi’ sicuro non lo avevo mai visto. E non solo questo, anche cortese, umile. Tanto adulto in un certo senso, da sprizzare un mare di tenerezza.

Quando abbiamo cominciato a lavorare, non so come spiegarlo, ma era tutta un’altra storia rispetto ai suoi compagni. Ha catturato subito la mia attenzione. Disegnava un po’, si alzava, ma non per giocare, rifletteva, guardava in giro, mi faceva molte domande e cercava altri materiali.

A un certo punto gli ho chiesto cosa pensasse di fare perche’ la regola generale nella classe di arte e’ che se c’e’ tempo si colora tutto il foglio, mentre lui aveva fatto giusto uno schizzo e si era fermato. Mi ha risposto che stava riflettendo, che magari avrebbe dovuto finire la settimana dopo perche’ spesso le idee arrivano di notte e deve correre fuori dal letto a segnarsele. Accidenti. Io a otto anni la notte dormivo alla grande.

Alla fine, il disegno e’ stato portato a termine splendidamente, ma non avrei esitato a cambiare le regole in questo caso. Uno studente con delle idee per me va assecondato, anche se non segue il compito assegnato in maniera precisa. In fondo tutto quello che chiedo ai miei bambini di fare e’ piu’ che altro un pretesto per aiutarli a tirare fuori la creativita’, o almeno e’ cosi’ che io interpreto il mio lavoro.

Il tema in questo caso era la citta’ ideale. Dopo aver parlato di quella famosa e del Rinascimento, dovevano creare una loro citta’ ideale. Gli altri bambini, hanno fatto nel migliore dei casi disegni deliziosi come questo, castelli, tetti a cipolla…

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Lui, senza avere nessun riferimento fotografico, ha disegnato una splendida vista del centro di Dallas a volo di uccello, con tutti i solidi, disegnati nella maniera piu’ o meno giusta. Sono rimasta a bocca aperta. Ne vedo tanti di disegni di bambini di quell’eta’, ma una cosa cosi’, mai. La maniera in cui ha disegnato i solidi, la prospettiva, le ombre, la tecnica.

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Se devo sforzarmi di trovare un aspetto negativo nel mio lavoro, direi che e’ il fatto di dover assistere alla progressiva perdita di creativita’ dei bambini proprio intorno agli otto- nove anni. Ma in questo caso, c’e’ davvero qualcosa che va oltre, magari per una volta il processo sara’ inverso. E il bello e’ che uno studente cosi’ ti spinge a fare meglio il tuo lavoro, ti stimola, ti sfida, ma al tempo stesso ti valorizza anche.

Una volta ho avuto un compagno di classe un po’ cosi’ e mi ricordo che alcuni lo odiavano perche’ aveva sempre un trattamento di favore da parte dei professori, pero’ ora che sono dall’altra parte della cattedra mi sembra di capire meglio. E’ che quando incontri uno studente cosi’, quello che vuoi e’ incoraggiarlo, e’ vedere dove puo’ arrivare se messo nelle condizioni ideali per esprimersi.

Il lato triste di questa storia e’ che questo studente, non tornera’ piu’ nella mia classe. Ha gia’ ricambiato scuola, cose strane che succedono nelle private. Non so cosa sia successo, ma e’ stato bello conoscerlo, ha davvero portato una ventata di aria fresca nel mio lavoro e nei miei pensieri, anche se oggi, in questa domenica grigia, mi guardo intorno e un po’ mi sembra di stare perdendo tempo.       

martedì 29 novembre 2011

una cosa a cui non mi abituero’ mai

Magari vivro’ qui per tantissimi anni, e’ probabile, ma c’e’ una cosa a cui non mi abituero’ mai: il diverso rapporto con il cibo che hanno gli americani rispetto a noi italiani. E non mi riferisco solo al cibo in se’, ma a tutto quell’insieme di valori che noi, in maniera del tutto naturale e spontanea associamo all’atto del mangiare e soprattutto del mangiare insieme.

Ecco cosa e’ successo, solo l’ultimo di una serie di episodi simili con protagonisti diversi.

Degli amici ci invitano a casa loro poco prima di cena. Dopo un po’ cominciano a cucinare. Per di piu’ stanno facendo una cosa speciale, gli arancini di riso, che loro chiamano risotto balls (si lo so…) e che non hanno mai fatto prima. Quindi, essendo io italiana, si parla e si riparla di questi benedetti arancini balls o qualunque cosa fossero. Niente. Non ci hanno invitati ne’ a cenare con loro, ne’ ad assaggiare quello che stavano preparando e si vedeva che non hanno nemmeno valutato l’opportunita’ di fare una cosa del genere. Non ci pensavano proprio.

Inutile dire che fosse stato il contrario, non li avrei mai fatti andare via. Se anche non avessi avuto abbastanza cibo, mi sarei inventata qualcosa, ma non mi sarei comportata cosi’. Per me quella li’ era un’occasione perfetta per passare un po’ di tempo insieme.

Questa e’ una di quelle tipiche situazioni in cui non bisogna offendersi, lo so, pero’ devo proprio sforzarmi di non dimenticarlo perche’ sotto sotto ci rimango male ogni volta. Non e’ colpa di nessuno, e’ semplicemente una differenza culturale, di mentalita’. Ma e’ piu’ forte di me. Chissa’ se prima o poi smettero’ di sentirmi straniera.   

lunedì 28 novembre 2011

indescrivibile

- Ci fermiamo?

- Ma si e’ appena addormentato!

- Ok, pero’ ricordati di uscire fra un quarto d’ora al massimo, altrimenti ci tocca aspettare un’ora e mezza.

Potrei raccontarvi tante cose del mio piccolo viaggio, ma la sensazione che si prova quando si perde l’ultima uscita dell’autostrada prima di attraversare quell’immensa zona selvaggia che io chiamo semplicemente ‘il nulla’, e’ qualcosa di indescrivibile. Specialmente se vi scappa la pipi’.

giovedì 24 novembre 2011

qualche ringraziamento

E cosi’ partiamo. Come ogni anno andiamo a passare il giorno del Ringraziamento con la nonna del Far West e il resto della famiglia in mezzo al nulla. Ieri al parco, godendomi questo bel sole autunnale, pensavo che quest’anno mi sento thankful come non mai e che di fatto il vero significato della parola grazie l’ho imparato da quando ho lasciato l’Italia.

Ricordo la prima volta che Mr. Johnson mi ringrazio’ per avergli dato un bacio. Mi sembro’ talmente strano, poi mi accorsi che da queste parti non c’e’ niente di strano nel ringraziare qualcuno per averti baciato. Thank you e’ senz’altro la parola che sento dire di piu’ e, che sia una formalita’ o no, mi piace.

E mi rendo conto ora che prima di trasferirmi ero un’ingrata. E non voglio dire che sia stato questo posto in particolare a farmi cambiare, ma l’esperienza in se’ dell’emigrare. Prima davo piu’ o meno tutto per scontato. Cose come avere una famiglia praticamente addosso, avere degli amici, prendere un treno e andare da qualche parte. E’ che nella mia vita quelle cose c’erano sempre state.

Poi pero’ quando ti trasferisci dall’altra parte del mondo e ti ritrovi davvero a ricominciare quasi da zero, ti scatta qualcosa.

Se poi oltre a trasferirti ti capita per caso di dover affrontare tutta una serie di disavventure, magari cose normali della vita adulta, ma del tutto nuove e non particolarmente piacevoli, e’ davvero dura.

Tutto quello che ti arriva, e’ in piu’ in un certo senso. Nessuno ti conosce, nessuno ti deve niente. E allora quando dici ‘grazie’ lo senti davvero.

Oggi ringrazio continuamente e forse esagero, ma oramai questa cosa fa parte di me. Anche quando non dico ‘grazie’, ho continui pensieri di ringraziamento, sono pessima.  

Ringrazio per quello che ho io e per quello che hanno gli altri.

Quella del Ringraziamento e’ davvero una bella festa.

martedì 22 novembre 2011

e’ la’

Poi alla bambina di quattro anni scappa la pipi’. La madre e io l’accompagnamo in bagno e aspettiamo fuori dalla porta.

Quindi, la bambina si lava le mani e sta li. E aspetta.

Le do un piccolo suggerimento.

- Guarda l’asciugamano e’ la’.

Silenzio.

- L’asciugamano e’ la’, proprio davanti a te.

Silenzio.

Allora la madre senza stupirsi per niente, prende l’asciugamano e asciuga lei stessa le mani alla figlia, spiegando:

- Non lo prende perche’ e’ abituata a essere servita. Crescera’.

agli atti

Mi e’ stato servito un tiramisu’ con sopra due foglie di basilico.
E’ successo, e’ successo davvero.

lunedì 21 novembre 2011

‘celebriamo oggi i nostri leader di domani’

Passeggiavo per un mall, un centro commerciale, quando ho notato che c’era una mostra fotografica e sono andata a curiosare. Guardando bene pero’, mi sono accorta che c’erano si’ dei ritratti, ma non era una mostra come le altre.

Il titolo era qualcosa tipo ‘celebriamo oggi i nostri leader di domani’.

Le grandi fotografie ritraevano una cinquantina di studenti delle scuole superiori della zona che si sono distinti in una qualche attivita’ spiegata nella didascalia.

Per una come me abituata alle autocelebrazioni di vecchi professori generalmente molto poco generosi con gli studenti, i famosi dinosauri per intenderci, questa e’ una di quelle piccole cose che fanno pendere la bilancia dalla parte del ‘rimanere’.

giovedì 17 novembre 2011

sintomi da non ignorare

Certo che se hai sempre sognato di vivere in un posto caldo e poi un bel giorno, quando qualcuno ti annuncia che domani dovrebbe fare “freddo” rispondi entusiasta finalmente! non puoi ignorare che forse davvero il Texas si e’ impossessato di te.

mercoledì 16 novembre 2011

hey mrs. johnson!

- Hey Mrs. Johnson!

- Yes?

- Do you know that today my grandma went to heaven?

- Really?

- Yes. But she was sleeping. The doctor was trying to take something called ‘tumor’ out of her brain and she didn’t wake up.

(Scusate se stavolta non ho tradotto, ma mi sembrava meglio cosi’)

Poi ha messo la testa sul banco e il suo compagnuzzo sdentato gli ha messo un braccio intorno alle spalle e gli ha detto qualcosa nell’orecchio. Credo abbia cercato di consolarlo. Dopo un minuto ha ripreso a lavorare sorridente come al solito.

Pare che la nonna sia morta ieri, ma probabilmente il tempo ha un valore un po’ particolare per un bambino di sei anni che si sta sforzando di superare un trauma del genere. E tutto quello che mi ha detto e’ vero. La nonna, giovane e a lui molto vicina, si e’ ammalata improvvisamente. L’hanno portata fino a Boston per fare quell’operazione e i medici erano soddisfatti, avevano detto che l’intervento era riuscito. Solo che lei non si e’ piu’ svegliata.

Non sono stata capace di dire niente. Credo che se avessi parlato in quel momento avrei potuto perfino rischiare di piangere. Non me ne intendo, ma mi sembra che che i suoi genitori abbiano fatto un ottimo lavoro a spiegargli tutto.  Life sucks. Cos’altro si puo’ dire?  

martedì 15 novembre 2011

oltre ogni piu’ rosea aspettativa

Vi ricordate del misterioso edificio che stanno costruendo vicino a casa mia? Quello con due faraoni mastodontici sulla facciata?

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Non e’ un casino’, non e’ un centro commerciale, non e’ il ristorante egiziano piu’ grande del mondo….

…E’ un enorme hotel con centro benessere e spa!

(Il punto esclamativo dice tutto)

lunedì 14 novembre 2011

quello che strilla

Come sempre arrivo all’asilo trafelata. La tentazione di entrare subito nella sua classe e’ forte, ma di solito riesco a resistere in modo da poter osservare per un momento cosa succede da dietro al vetro. Ho bisogno di controllare. Ogni volta che entro, sempre a orari leggermente diversi, c’e’ almeno un bambino che piange. Certe volte, le maestre mi salutano, parliamo qualche minuto e un qualche bambino continua a piangere. Mi sono sempre chiesta da quanto tempo stia piangendo e per quanto piangera’ prima di essere preso in braccio o calmarsi da solo. Poi vado via in fretta, sono sempre in ritardo. L’altro pomeriggio, c’era un bambino che piangeva proprio come Slipino o almeno cosi’ mi sembrava. Non riuscivo a vedere dove fosse, mi si e’ fermato il cuore. Magari potevo arrivare prima, magari potevo non appendere quei disegni, magari potevo non fermarmi a salutare quella collega. A quel punto spalanco la porta e lo trovo li’ nel suo lettino, in piedi, che ride e saluta i bambini piu’ grandi che gli fanno bubu settete dall’altra parte del vetro. Sono consapevole del fatto che prima o poi arrivero’ e sara’ lui il bambino che strilla e anche che non sara’ la fine del mondo, dato che piange anche a casa. Pero’ mi chiedero’ da quanto sta piangendo e perche’ non sono arrivata prima e perche’ nessuno lo ha aiutato. Per fortuna, ancora non e’ successo e, puo’ darsi sia stupido, ma per me, per la mia tranquillita’, fa tutta la differenza del mondo.

domenica 13 novembre 2011

gia’ mi manca

- Stasera dobbiamo festeggiare, eh?

- Festeggiare cosa?

- Ma come festeggiare cosa?! Berlusconi si e’ appena dimesso!

- Di sabato sera?

- Di sabato sera e allora? E’ una giornata storica per l’Italia!

- Beh, bisogna vedere cosa succedera’ ora…

- No ma tu forse non ti rendi conto! E’ finita! Qualunque cosa succeda ora, dopo diciassette anni e’ finita! Basta con le barzellette volgari, basta con gaffe internazionali, basta con le minorenni, con le corna nelle foto ufficiali, basta con le umiliazioni, basta con gli scandali…!

- Gia’ mi manca.

Come al solito in questi momenti storici per l’Italia, il problema dell’emigrante Nonsisamai e’ far crescere l’entusiasmo nelle persone che la circondano. Avevo sperato che questa volta sarebbe stato piu’ facile, visto che subito dopo le dimissioni siamo andati a cena da un’amica italiana. Invece niente. La gente ha le sue menate e l’Italia e’ lontana, sempre piu’ lontana in questi casi in cui ti piacerebbe cosi’ tanto partecipare del momento. Ma io chiedevo solo un brindisi, uno sguardo complice, un sospiro di sollievo collettivo. Ho festeggiato fra me e me, diciamo cosi’, pero’ sono contenta lo stesso. Chissa’ perche’ mi viene in mente quella battuta di Kevin Spacey in American Beauty, oggi e’ il primo giorno del resto della tua vita.

venerdì 11 novembre 2011

doveva succedere ed e’ successo

Oggi a scuola, una persona mi si e’ avvicinata e con molto tatto e un’espressione di compatimento e preoccupazione mi ha chiesto come se la sta cavando la mia famiglia in Italia. Come se ci fosse la guerra o la fame o qualche altra catastrofe. Prima o poi doveva succedere ed e’ successo: anche agli occhi dell’americano medio, siamo passati dalla meraviglia e dall’invidia alla pena. 

giovedì 10 novembre 2011

illuminazioni linguistiche

Avete presente quando una cosa non vi torna, ma non ve ne preoccupate piu’ di tanto? Ecco, il titolo “Qualcuno volo’ sul nido del cuculo”, non mi e’ mai tornato, ma non mi sono mai presa la briga di analizzare la questione. Anche dopo aver visto il film, non ho mai capito bene che senso avesse. Solo stamattina, a colazione -la colazione, come la doccia, e’ ovviamente tempo di riflessioni sconcusionate- ho avuto l’illuminazione.

“One flew over the Cuckoo’s Nest”

“Cuckoo” e’ il nome di un uccello, il cuculo certo, ma significa anche “matto”, senza sapere questo il titolo non ha davvero senso! Come ho fatto a non arrivarci prima!

Sicuramente e’ una cosa che sapevate benissimo, ma in caso contrario, ho pensato di condividere questo momento di immensa soddisfazione con voi. Va bene, sto esagerando (il film e’ del ‘75…), ma e’ davvero divertente quando capita di scoprire queste piccole cose della lingua a cui non avevi mai pensato. E’ che non succede subito, ci vuole un po’ di tempo, e’ un processo graduale, e’ questo il bello. E se per caso avete qualche altra curiosita’, qui trovate qualcosa di piu’ a riguardo. 

E ora che ho finito la mia colazione, me ne posso andare a lavoro tranquilla e illuminata.

 

martedì 8 novembre 2011

quelle cose profonde che ti dicono gli sconosciuti al supermercato

Ieri mattina, sono andata al supermercato con Slipino e ho deciso di fargli fare un giro sul carrello invece di tirare fuori dalla macchina il suo passeggino. Di solito gli piace il carrello, ma ieri, non ci voleva entrare e ha messo in atto il suo famoso trucchetto: indurire le gambe e strillare il piu’ possibile per impedirmi di farlo sedere, lo fa anche quando non vuole sedersi sul seggiolone o sul girello, il furbastro. Lui oramai, pero’ si era tranquillizzato e si guardava intorno tutto rapito dai colori vivaci del supermercato. Ci trovavamo in un corridoio, non ricordo nemmeno piu’ quale, che in quel momento era deserto, quando e’ passata una donna, molto anziana, e si e’ rivolta a me con sicurezza, quasi come se mi fosse venuta a cercare.

- Ti ho guardata prima, mentre cercavi di mettere quel bambino nel carrello. E’ proprio bello, quanto ha? Sei, otto mesi? Guarda come ti guarda… Magari qualche volta ti senti stanca, ma tu lo sai che questo e’ il momento piu’ bello della tua vita, vero?

E se n’e’ andata. Cosi’. Surreale.

Mi sembrava una scena di Lost, e’ da ieri che ci penso.     

Do I know this is the best time of my life?

Yes I do.

Esattamente da 11 mesi oggi.

I guess it doesn’t get any better, uh? Thank you old lady.

lunedì 7 novembre 2011

sulla scuola americana

La scuola Flanders, privata, ogni cinque anni, viene sottoposta a un lunghissimo e complesso processo di esaminazione al termine del quale riceve un voto e si impegna a migliorarsi in tutte le aree che non raggiungono l’eccellenza. Cinque anni fa e’ stata giudicata “eccellente” da questo tale organismo che non ho capito bene cosa sia, ma che non e’ statale. Il nuovo giudizio nella sua forma completa si scoprira’ a fine anno scolastico, ma sembra non sia andata affatto male, anzi abbiamo ricevuto un sacco di lodi. Per una settimana, la scuola e’ stata rivoltata come un calzino da un cosiddetto team di esperti. Tutto lo staff, sia il corpo docente che l’amministrazione, e’ stato esaminato e osservato in tutto e per tutto.

Ci sono state cene e riunioni, una anche senza la direttrice in cui e’ stato chiesto un giudizio proprio su di lei e sulle mancanze della scuola.

Il mio ruolo in tutto questo e’ stato minimo, ma tutti gli altri erano stressatissimi.

Ho chiesto a una collega se ha sentito nessun commento negativo e lei mi ha risposto che un esaminatore le ha chiesto in modo polemico se davvero i bambini sono cosi’ bravi normalmente, che’ non ci poteva credere. E questo sarebbe il commento peggiore? Cosa credeva che li avessimo drogati? Certo, vista l’importanza della cosa, e’ stato fatto un discorsetto ai ragazzini, ma si sa quanto dura un discorsetto nella memoria di un bambino delle elementari. La verita’ e’ che i bambini erano normali, come sono sempre. Gli alunni della scuola Flanders possono avere I loro momenti, come tutti I bambini, ma sono generalmente buoni ed educati, e’ cosi’. Il fatto che dei bambini normalissimi creino stupore in persone che lavorano nella scuola pubblica (pare che alcuni di questi esaminatori fossero a loro volta insegnanti), pero’, mi fa venire un po’ l’ansia sul sistema scolastico americano. Sono una grandissima sostenitrice della scuola pubblica, pero’ qui non ho un’idea precisa di come funzioni il sistema. La verita’ e’ che finora ho sentito delle storie davvero allarmanti sulla scuola pubblica americana. Storie che mi sono state raccontate da insegnanti o ex insegnanti e che mi preoccupano sia per quanto riguarda il mio futuro professionale che personale come genitore. Cominciamo col dire che se lavorassi in una scuola pubblica, avrei un’ottima assicurazione sanitaria e uno stipedio piu’ alto, ma da quello che sento, il lavoro sarebbe completamente diverso sia per quanto riguarda la rigidita’ dei programmi, sia per quanto riguarda l’attitudine degli studenti e della scuola stessa. Certo, come e’ risaputo, la situazione varia molto da quartiere a quartiere. Funziona pressappoco cosi’: piu’ valgono le case piu’ sono alte le tasse che vanno alla scuola del quartiere, un sistema che e’ tutto meno che egualitario. E’ abbastanza comune cambiare casa quando non si e’ soddisfatti della scuola dei figli. A Baby J di certo un giorno, mi piacerebbe insegnare non solo l’italiano, ma anche qualcosa della nostra letteratura e arte, ma andra’ in una scuola pubblica, su questo non c’e’ nessun dubbio, in un quartiere normale, ne’ ricco ne’ povero, chissa’ come andra’.

domenica 6 novembre 2011

il texquake

Ieri sera, c’e’ stata una piccola scossa di terremoto qui in Texas. E’ stata una di quelle cose del tipo che vedi una tenda che si muove per tre secondi e non capisci se ci sono gli spifferi o e’ il terremoto. Dopo due minuti ne parlavano TUTTI. Una mia amica californiana, abituata purtroppo a ben altre scosse, li chiama  ‘texquakes’ per prenderci in giro.

Ma devo dire che anche l’autoironia non fa difetto…

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Questo e’ il tipo di foto che sta facendo il giro di Facebook.

Che bello quando se ne puo’ ridere!

venerdì 4 novembre 2011

gli sconosciuti stimolano l’immaginazione

A chi non e’ mai capitato di essere su un treno o in un ristorante e cominciare a fantasticare sui vicini?

Chi sono? Dove stanno andando? Di cosa stanno parlando?

Per qualche motivo, pero’ non mi sono mai soffermata a chiedermi che cosa la gente possa immaginare che io faccia nella vita.

Stamattina mi ferma una completa sconosciuta e, tutta esaltata, mi fa:

- Mi hanno detto che insegni arte, lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!

Io la guardo un po’ cosi’ perche’ mi ha preso alla sprovvista e non so davvero cosa dire. Insomma, e’ un complimento? Non e’ proprio un complimento, pero’ sorride tanto, mi da’ dell’artista

Involontariamente con il mio imbarazzo la intimidisco, allora cerca di spiegarsi meglio e le esce questo:

- Lo sapevo che non potevi essere….che ne so…una dentista.

E no una dentista proprio no. Sorrido, sorride, sorridiamo tutti e finisce li’. Pero’ mi chiedo da che cosa si sia fatta quest’idea. Non e’ che mi vesta in modo eccentrico mi pare, e poi non abbiamo mai parlato. Avro’ combinato qualche disastro dei miei senza nemmeno accorgermene. Insomma, la verita’ e’ che un conto e’ osservare gli altri, costruirsi sceneggiature e romanzi in testa su perfetti sconosciuti, un conto e’ sapersi osservati. E’ una strana sensazione, piacevole in fondo per qualcuno che si sente sempre un po’ solo, e interessante.

mercoledì 2 novembre 2011

kissing hands and shaking babies

Baby J ha tre maestre e sembra proprio che sia molto contento di andare all’asilo. Ultimamente, ha anche ricominciato a salutarmi con un bel sorrisone la mattina, invece di piangere, insomma, non potrei essere piu’ soddisfatta della sua collocazione durante le mie ore di lavoro.

C’e’ una cosa che mi colpisce sempre pero’. C’e’ una maestra che lo sbaciucchia, soprattutto prima di mandarlo a casa. A volte sembra proprio delusa di vedermi arrivare. Ho visto anche le altre dargli un bacetto ogni tanto, ma lei lo sbaciucchia proprio come farei io o mia madre o mia sorella, come una persona di famiglia, diciamo. Forse e’ un piccolissimo moto di gelosia materna, non lo escludo affatto, ma a me sembra un po’ strano, non strano brutto voglio dire, ma strano. Quando io lavoravo con i bambini di tre anni, avevo quasi paura di toccarli, ma io non ero una grande maestra, ero li’ un po’ per caso. Non capivo bene la lingua e mi frenavo molto, imitavo Ms. Guorton, l’anziana maestra inglese, per non sbagliare. E poi i bambini avevano sempre questa mania di strofinarti il naso sporco addosso, e io sono un po’ schizzinosa, anzi diciamo che lo ero a questo punto.

Dai tre ai cinque anni, sono andata in un asilo delle suore e non mi ricordo sbaciucchiamenti, anzi nei miei ricordi la maestra (Tina, che adoravo) e’ addirittura seduta alla cattedra non fra noi.

Ecco, io non so come si usa in Italia.

A proposito, come si usa in Italia?

Pero’ sapete che c’e’? A me questa cosa piace. Vedo l’affetto, lo sento. Mi piace quando le sento esclamare I love Baby j! come se le uscisse direttamente dal cuore. Sono contenta che Slipino abbia la sua razione di coccole mentre non ci sono, ne ha bisogno alla sua eta’. Ne parlavo con Cassandra Johnson per avere anche il suo punto di vista di madre e di indigena e mi diceva che le sembra normalissimo. Di piu’. Mi spiegava che nella cultura americana e’ cosi’ accettato che si bacino i bambini che lo fanno perfino i politici. C’e’ anche una frase fatta per i viaggi presidenziali, kissing babies and shaking hands. Mi fa impressione pensare che da adulti, invece, non sia ammesso stare a meno di un metro di distanza e che abbiano trovato il modo per abbracciarsi senza praticamente toccarsi. In Italia, al contrario, ci si abbraccia tranquillamente fra adulti, ma i bambini mi sa che li bacia piu’ che altro il papa, o no?

Ad ogni modo, veniamo alle notizie che contano. Recentemente Slipino ha imparato a baciare a sua volta. Lo fa soprattutto con me, forse perche’ la faccia del padre e’ troppo ruvida. Succede cosi’. Ogni tanto mi mette le mani al collo, spalanca la bocca e rimane un paio di secondi cosi’, magari emette anche una sillaba, una vocale, qualcosa. Si, il suo bacio attualmente e’ una grossa sbausciata, ma altro che schizzinosita’, e’ il momento piu’ bello della giornata.

lunedì 31 ottobre 2011

il primo dolcetto o scherzetto

Questa sera portiamo Baby J a fare il suo primo giro di treat or trick. Non vedo l’ora di essere finalmente dall’altra parte della porta. I preparativi quindi fervono.

Ma c’e’ qualche piccola difficolta’ logistica.

All’inizio volevo farglielo io il costume (avevo trovato delle idee bellissime: da polpo con delle calze imbottite come tentacoli oppure da piatto di spaghetti, geniale), poi me ne hanno regalati ben due e mi sono impigrita. Uno e’ un costumino da tigre. Glielo abbiamo provato un paio di settimane fa e in qualche modo gli entrava, taglia 9 mesi, lui e’ quasi 11. Ecco stamattina ci abbiamo riprovato e non e’ andata altrettanto bene. Non so quanto abbiamo riso. Diciamo che essendo cosi’ tirato, gli rimane meta’ testona scoperta producendo un effetto comico che unito alla sua espressione ignara e’ da schiantarsi. A questo punto, gli sto lavando anche il secondo costume, anche quello della stessa taglia, ma sembra un po’ piu’ largo, visto che e’ un costume da zucca. Rimane da vedere se si asciughera’ in tempo, probabilmente non e’ il caso di rischiare che si restringa nell’asciugatrice…

Tra l’altro mi sono sempre chiesta: ma che succede se uno dice scherzetto?

venerdì 28 ottobre 2011

e il nero?

In classe ho diviso vari oggetti a seconda del colore. Fa molto comodo quando si tratta di inventare qualcosa o fare un collage. Ho una scatola di plastica trasparente con delle cose gialle. Una retina di quelle che ti danno al supermercato quando compri i limoni, della carta da regalo, dei bottoni, delle perline, dei fili di lana, cose gialle insomma. Poi ho una scatola di cose rosse, P1210540blue, arancioni, marroni, bianche, verdi, rosa, viola perfino una con le cose d’argento e una con quelle d’oro. Notavo, pero’, mentre mettevo a posto l’altro giorno, che non ho mai avuto una scatola di cose nere e fra me e me ragionavo sul fatto che qualche bambino prima o poi me lo avrebbe chiesto il perche’ (prima o poi fanno qualunque tipo di domanda, basta aspettare). Perche’ non c’e’ una scatola di cose nere? Cosa avrei potuto rispondere?

Beh…il nero non mi piace.

Non va molto bene come risposta, specialmente se me lo chiede un bambino nero.

Riproviamo allora, pensiamoci meglio.

E’ solo che se gli do il nero, poi coprono tutti gli altri colori e tutto diventa scuro e brutto e deprimente, e’ la verita’. Ma non va bene nemmeno questa di risposta.

In effetti, ora che ci penso, i gessi neri, sono gli unici ancora intatti. Tante volte non li tiro nemmeno fuori, non so quanti disegni sono stati rovinati dai gessi neri. Idem per la pittura. E che dire dei pennarelli neri?  Li usiamo quasi solo per ripassare i contorni.

Sara’ una cosa banale, pero’ magari non lo e’ dal punto di vista di un bambino di colore circondato per lo piu’ di compagni biondi con gli occhi azzurri. Puo’ avere una sua chiara valenza simbolica, non so come non mi sia mai venuto in mente e sono felice nessun bambino l’abbia mai notato, cosi’ ho avuto il tempo di rimediare.

Ho messo insieme al volo una scatola di cose nere, non e’ stato difficile. Dei fagioli neri, una busta di plastica della spazzatura tagliata a rettangoli, della carta velina, dei tappi di plastica. Guardando quella scatola di cose nere, mi sono venute in mente diverse idee, tanti lavori che potemmo fare anche con il nero.

Raccontavo questa cosa a Mr. Johnson e secondo lui il problema principale e’ che dopo aver dato una connotazione decisamente negativa al nero, chiamiamo le persone di colore nere. Tutto quello che e’ positivo invece, e’ splendente, e’ chiaro, e’ bianco e noi quindi siamo i bianchi quando poi in realta’ anche da un punto di vista prettamente cromatico, noi non siamo bianchi e loro non sono neri. Lavoro con i colori (e con I bambini) tutti i giorni, certe riflessioni sono tenuta a farle.

E poi ci sono le parole.

Fair vuol dire sia chiaro che giusto. Un po’ come candido in italiano. Quanto e’ razzista questa cosa a pensarci? A pensarci.

giovedì 27 ottobre 2011

il ristorante egiziano piu’ grande del mondo?

Vicino a casa mia stanno costruendo un palazzo grandissimo che potrebbe sembrare quasi una sorta di centro commerciale, solo che sulla facciata ci sono due…faraoni. Proprio cosi’ due faraoni giganteschi, alti almeno sette otto metri a testa.

Tutte le mattine ci passo davanti per andare al lavoro e tutte le mattine mi chiedo che cosa diamine possa essere.

Il ristorante egiziano piu’ grande del mondo?

Oramai e’ quasi finito. Devo sapere.

Si accettano scommesse.

martedì 25 ottobre 2011

ti mando un paio di ragazze

C’e’ una mia collega che dall’inizio dell’anno mi fa questa gentile offerta:

- Se hai bisogno di una mano a ripulire la classe, ti mando un paio di ragazze

Il bello e’ che tante volte ci sono dei ragazzini che sentono e chiedono specificamente di aiutare, ma lei niente. Li rimanda fuori a giocare, i maschi.

Poi chiediamoci perche’ il mondo va come va.

lunedì 24 ottobre 2011

il regalo perfetto

Nel mio gruppo di amici qui il cibo e’ molto importante. Come ho gia’ detto, siamo per lo piu’ stranieri e il cibo e’ in fin dei conti, la cosa che ci mette davvero tutti d’accordo indipendentemente dal livello d’inglese. Mi e’ sempre sembrata una cosa simpatica, pero’ devo dire che ultimamente mi sento quasi un po’ a disagio. Mi sembra che si esageri. Ogni cena si trasforma in una sorta di gara di cucina, perfino un ‘vieni a prendere un caffe’’ diventa una scusa per sfornare torte e biscotti di primo mattino. Insomma, mi sembra si perda spontaneita’. Per me un caffe’ e’ solo una mera scusa per fare quattro chiacchere e stare un po’ insieme, non e’ cosi’ per tutti?
Allora mi e’ tornata in mente una cosa che e’ successa quest’estate. Un pomeriggio, verso le 5, dopo la siesta, e’ arrivato mio zio con questo stupendo cesto di fichi appena raccolti. DSC02687 (2)In Salento e’ una cosa molto comune. Quasi tutti hanno un albero di fichi a portata di mano, nessuno li compra credo. Mr. Johnson l’ha guardato e ha esclamato:
- Ma questo e’ il regalo perfetto! Non si compra e non si prepara, quindi non fa sentire l’altra persona in debito, pero’ ti fa capire che c’e’ stato un pensiero, un’attenzione… 
Gia’, e’ proprio cosi’. Basti pensare al dettaglio delle foglie, puramente decorativo, che delicatezza, che meraviglia. E pensare che ho visto cesti di fichi come questo mille volte prima e non ci avevo mai pensato. E’ anche questo che mi manca dell’Italia, non solo tutte quelle cose belle che si fanno, ma anche il come le si fanno.

mercoledì 19 ottobre 2011

la questione dell’identita’ torna sempre a galla, ovunque

Di ritorno dal Giappone, Cassandra mi racconta che alla fin fine, quello che piu’ l’ha colpita durante il suo viaggio, e’ la magrezza dei piccoli Johnson giapponesi.IMG_20111019_090125 Dice che Sashimi li sottopone a una disciplina ferrea. Nessun dolce, m-a-i, questa probabilmente la cosa che l’ha scioccata di piu’. E poi porzioni moderate e via a lavarsi i denti immediatamente dopo i pasti per non farsi venire strane idee di andare avanti a mangiare. Nessuna merenda, a parte un paio di ‘pezzi di frutta’ al giorno. Mentre me lo raccontava un po’ soffrivo anch’io, lo ammetto. Non ci sono dubbi che la madre sia un piccolo generale, ma ho visto con i miei occhi come mangiano e sicuramente i bambini stanno benissimo. E’ che tutta questa atmosfera da caserma mi crea insofferenza. Insomma, dice Cassandra che il piccoletto che ha un anno piu’ di Baby J porta la sua stessa taglia, ma con la cintura perche’ se no gli cascano i calzoni. E’ minuscolo di costituzione, ma non mi sembra un bambino da mettere a dieta.

Ma veniamo al punto. Perche’ lo fa?

Pare che Sashimi abbia il terrore che i figli abbiano ereditato “i geni della grassezza” dal padre americano. Ha spiegato a Cassandra che nella cultura giapponese la grassezza e’ vista in modo molto negativo e non vuole che i figli vengano discriminati, o almeno non piu’ di quanto lo saranno gia’ per il fatto di essere per meta’ non giapponesi. Cassandra mi raccontava che in due settimane non si e’ imbattuta in nessun altro occidentale la’ dove abitano, appena fuori una delle citta’ piu’ importanti del Giappone. Ci raccontano di una societa’ ancora piuttosto chiusa verso gli stranieri, tanto e’ vero che il Johnson Giapponese, che conosce la lingua alla perfezione e ha un livello di istruzione altissimo, ha trovato solo lavoro da casa.

Quando Cassandra mi ha spiegato tutte queste cose a me e’ venuto spontaneo raccontarle la mia esperienza completamente diversa a riguardo, anche per tranquillizzarla in qualche modo.

Quando ero piccola in Italia, eravamo anche noi quasi tutti italiani, ma io ammiravo tantissimo quei rari compagni di scuola con una mamma o un papa’ francesi o olandesi o tedeschi, stranieri. Quando andavo a casa loro era diverso. Altri suoni, altri sapori, mi sembrava cosi’ interessante in confronto alla mia banalissima situazione di italiana al 100%. Banale poi evidentemente dipende sempre dai punti di vista.

Cassandra, infatti, era ammirata.

- Devi essere contenta di essere italiana al 100% perche’ almeno tu sai chi sei. Io non lo so mica.

martedì 18 ottobre 2011

national boss day?

Oggi, girando in un negozio, ho scoperto che il 16 ottobre qui ci sarebbe stata la festa nazionale dei capi (National Boss Day). Mai sentita questa cosa.

Li’ per li’ ho pensato anche di aver letto male, poi invece ho visto che c’erano ben tre file di biglietti di auguri. C’erano quelli che quando li apri suonano, quelli commoventi e anche quelli scherzosi.

Quelli in offerta erano addirittura esauriti!   IMG_20111017_111814

Pero’ mi viene un dubbio. Non e’ una burla?

Guarda caso il capo si celebrerebbe proprio di domenica, quando la maggior parte della gente non lo vede. In fondo sarebbe geniale, sottile e ironico.

Mi immagino il protagonista di 500 Days of Summer che nella sua foga autodistruttiva si inventa questa stupidata immensa e inspiegabilmente viene preso sul serio. National Boss Day? Di domenica?

Oh c'mon! 

lunedì 17 ottobre 2011

bambini da copertina

IMG_20111015_131756Sabato pomeriggio al centro commerciale, abbiamo notato una piccola fila davanti all’Apple Store, niente di che a dire il vero. Un’impiegata del negozio con un baracchino ambulante distribuiva bottiglie d’acqua ai clienti, una ventina forse, in paziente attesa di poter provare l’Iphone 4. Ci siamo resi conto che qualcosa di strano stava succedendo quando, proseguendo la nostra passeggiata, siamo stati letteralmente travolti da un’orda di passeggini e mamme su di giri. Erano tutti in fila da chissa’ quante ore per poter far fare un provino ai propri figli. Numerosi manifesti chiarivano che si stavano cercando dei piccoli modelli per una nota rivista locale. IMG_20111015_124555Alcune mamme erano davvero agguerrite, lo si capiva da come avevano agghindato i bambini. Capelli sparati con il gel, piume, vestitini corti. Diverse mamme avevano l’aria delle modelle o ex modelle loro stesse e pretendevano una certa serieta’ dai figli annoiatissimi, ma in qualche modo a loro agio nella parte dei piccoli divi. Nei cinque minuti cinque in cui mi sono fermata a curiosare ho notato una madre giovane e bellissima ordinare alla figlia di sette o otto anni di camminare. Lei timidamente faceva un paio di passi nel suo vestitino nuovo e veniva bloccata. Non cosi’ sweetie! E a quel punto la madre stessa le mostrava come ancheggiare e sorridere per risultare piu’ ‘adorabile’. Ho pensato che ci fossero in palio dei soldi, magari tanti perche’ mi era difficile trovare un altro motivo per costringere un bambino in fila per ore in quel delirio e poi magari vederlo sottoposto a un'umiliazione, uno sguardo sbagliato, un qualche trauma. Ho scoperto poi che ogni bambino ha sganciato 45 dollari per buttarsi nella mischia e che il tutto era organizzato dal piu’ importante ospedale per bambini della zona. Proprio cosi’ un’ospedale pediatrico che organizza un concorso di bellezza per bambini.

Poi non so cosa sia successo. Non volevamo fare i guastafeste e siamo scappati via prima che qualche talent scout notasse Slipino e fermasse tutto.

domenica 16 ottobre 2011

nonsi su facebook

Non so esattamente come sia successo (come non ci credete?), ma d’ora in poi potrete seguire le avventure di Nonsisamai anche su Facebook.

Lo so, ci abbiamo messo un bel po’ piu’ degli altri, ma eccoci qua (la’). E’ l’ennesimo strumento, ora bisognera’ ragionare un po’ su come usarlo.

L’importante e’ non farsi mancare mai niente, no?

Vediamo un po’ come va almeno.

(In realta’, ve lo dico soprattutto perche’ in questo momento il box vuoto qui a destra fa un po’ tristezza , quindi magari se vi aggiungete…a domani, quando vi raccontero’ (se Slipino e’ d’accordo) di un incredibile concorso di bellezza per bambini in cui mi sono imbattuta ieri al mall).

Buona domenica!

giovedì 13 ottobre 2011

a good enough mother

Prima o poi doveva succedere ed e’ successo. Slipino ha cominciato ad avere l’ansia da separazione. E’ stato martedi. Appena ha visto la maestra, ha cominciato a fare la sua faccia strappalacrime quella con il labbro inferiore su quello superiore e gli occhietti increduli. Lei ha detto che e’ normale e sano, ma che lei suo figlio cosi’ piccolo non ci sarebbe mai riuscita a lasciarlo, infatti ha ricominciato a lavorare molti anni dopo. La capisco, quanto la capisco. Quando me ne sono andata ha pianto fortissimo e io mi sono fermata a guardarlo da dietro il vetro. Fortunatamente, dopo un attimo si deve essere dimenticato di me e la maestra mi ha fatto il pollice per dire vai pure, tutto a posto. Per il resto, continua a essere lo Slipino di sempre a scuola, ma quei cinque minuti…quei cinque minuti.

Anche la mia collega, quella che appena sono tornata dopo la maternita’, mi ha detto fossi in te piangerei tutto il giorno, appena e’ rimasta incinta, ha lasciato il lavoro e ha annunciato orgogliosa I’m gonna be a stay-at-home-mom.

Penso che possa essere una scelta di vita fantastica e ci ho pensato seriamente anch’io, pero’ poi quando sono arrivata al dunque ho capito che non mi sarebbe bastato. Io il mio lavoro lo amo al punto che sinceramente ora come ora nelle 15 ore di asilo per Baby J ci sto molto stretta. Dopo tre anni, ho voglia di crescere professionalmente, faccio tutto quello che posso, sto sveglia fino a tardi la sera o approfitto dei fine settimana in cui c’e’ Mr. Johnson a darmi una mano, ma mi sento sempre imbrigliata, anche mentalmente. Credo sia normale. Mi sembra che il famoso equilibrio di cui si parla tanto fra carriera e maternita’ non esista: quando sono con Baby J il lavoro scompare e quando sono a scuola ci sono dei momenti in cui mi dimentico di tutto il resto, lo ammetto.

Ieri sera ero distrutta, completamente a pezzi, ma mi sentivo un po’ come superman perche’ incredibilmente ero riuscita a fare tutto, ma proprio tutto quello che mi ero ripromessa di fare. Mai avuto una giornata simile, con ogni singolo minuto pianificato, senza un attimo di tregua o un cambio di programma. Al ritorno c’erano dei lavori in autostrada e quasi arrivavo in ritardo all’asilo. Se arrivo in ritardo devo pagare una specie di multa piuttosto salata, ma per fortuna complici un paio di semafori verdi ce l’ho fatta e ho anche fatto quella che non aveva corso neanche un po’. Arrivati a casa ero talmente stressata e agitata che ho preso il passeggino e me ne sono andata a fare una camminata di quasi due ore. Al parco e’ stato fantastico. Per la prima volta, ha giocato anche lui, come i bimbi piu’ grandi, era cosi’ contento sull’altalena, gli ho fatto un sacco di foto. 

Sto cercando di fare tutto, ma e’ possibile? I’m no superman come diceva la canzone e sono stremata.

Poi ieri sera mi e’ arrivata un’email speciale, da una mia collega, che diceva:

Thank you, Ema.  Wow!  What a wonderful art experience you are giving these children!  Thank you!  

Mai email abbe tempismo fu piu’ perfetto. Una volta ho letto un’intervista a una psicanalista che spiegava questa famosa teoria secondo cui le buone madri esistono, ma sono estremamente rare. La maggior parte delle madri sono good enough mothers e dovrebbero essere soddisfatte di loro invece di porsi traguardi al di fuori della loro portata. O almeno questo e’ quello che ho capito.

martedì 11 ottobre 2011

il colpo d’aria e un paio di altre cose

Leggendo i commenti al post di ieri, abbiamo notato un paio di altre cose.

Il ‘non correre che sudi’ e’ tutto nostro. Tra l’altro che ridere, non avevo mai pensato al controsenso di quest’espressione.

Il ‘sei sudato mettiti davanti al ventilatore che ti asciughi’ invece e’ tutta saggezza popolare americana che fa rabbrividire le nostre mamme e relative cervicali (rimane sempre aperta la famosa domanda: ma la cervicale esiste davvero o e’ un’illusione collettiva nazionale? Non lo so, ma se vado a dormire con i capelli umidi, poi mi viene la cervicale)

Sul ‘non fare il bagno dopo mangiato’ ci troviamo tutti d’accordo (tranne i tedeschi, pare).

E per finire, c’e’ il ‘colpo d’aria’ che mi sembra un po’ l’equivalente non tragico del ‘malore’. Cos’ha? Ma niente avra’ preso un colpo d’aria. Cioe’? Influenza, mal di stomaco, mal di testa…? Chi lo sa, e’ un colpo d’aria e basta. Sempre per la serie non si capisce niente, ma tranquillizza.

lunedì 10 ottobre 2011

che cos’e’ il malore esattamente?

Nel bel mezzo di una piacevolissima cena con una coppia di amici italiani, viene fuori un argomento piuttosto curioso.

Non ricordo esattamente di cosa si discorresse in quel momento, ma a un certo punto lei si rivolge a Mr. Johnson e gli fa:

- Ah, ma non lo sai che in Italia si muore di “malore”?

- E che cos’e’ il “malore”? Chiede lui.

- Uno va a sbattere contro un palo della luce? Ha avuto un “malore”. Un treno deraglia? Il macchinista deve avere avuto un “malore”. Un bambino di 11 anni perfettamente sano muore durante una partita di calcetto? Ha avuto un “malore”. Nessuno lo sa, ma se c’e’ di mezzo il “malore”, la gente dice ‘ah, ha avuto un malore’ e finisce li’.

- Inquietante, commenta Mr. Johnson mentre rapido tira fuori il telefono e controlla cosa dice google translator a proposito: “illness” sarebbe la traduzione.

- Ma “malore” non e’ assolutamente “illness”! Se hai un malore non sei malato, anzi si presuppone che tu sia sano, ma che….non ti sei sentito bene.

- Non ti senti bene e muori?

Le facce dei tre italiani a quel punto annuivano quasi costernate, e’ proprio cosi’.

Allora abbiamo cominciato a cercare di trovare un equivalente di questa parola in inglese o spagnolo, visto che i due hanno vissuto vent’anni in Messico e sono quasi madrelingua, ma niente.

E’ venuto solo fuori che in Italia, ogni tanto c’e’ qualcuno sano come un pesce che da un momento all’altro rimane stecchito, come colpito da un fulmine divino o da una maledizione.

(E anche che quando succede qualcosa i giornali italiani specificano sempre il colore e il modello della macchina coinvolta e anche la nazionalita’ di chi era alla guida, ma solo se straniero, preferibilmente “rumeno”, “albanese” o “extracomunitario”)

venerdì 7 ottobre 2011

nonsi goes green (un minimo)

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Avete presente quelli che dicono da quando ho avuto un figlio, sono piu' attento all'ambiente e bla bla bla?

Mi hanno sempre dato un po' fastidio, ma mi rendo conto che anche questo luogo comune ha del vero.

Quando vedi tutti quei pannolini (no, i pannolini di stoffa non li ho nemmeno considerati, mi spiace, conosco i miei limiti) che se ne vanno, le batterie (mi dicono che perfino 'indovina chi? ora ha le batterie!), le mille bottigliette, salviette e tutti i giochi usati per 15 minuti e poi dimenticati, qualche riflessione finisce che la fai.

Cosi’ noi abbiamo preso qualche piccola decisione, niente di che’, cose tipo scambiarci quello che si puo’ con i nostri amici e anche fare il compost finalmente. A dire il vero, Mr. Johnson lo diceva da anni, ma io ho sempre avuto paura che attirasse strani animali, sapete come e’ qui. Invece, lo facciamo da mesi e non abbiamo mai avuto problemi. In un angolino del giardino buttiamo tutti i rifiuti umidi della cucina. Quando butto l’uva vedo qualche uccellino e mi fa anche piacere, tutto qui. Non vedo nemmeno mosche, probabilmente il clima e’ quello giusto. E se tutto va bene in primavera useremo il terriccio per il nostro piccolo orticello.

martedì 4 ottobre 2011

amanda knox e la mia dentista

Avete presente l’abitudine fastidiosissima dei dentisti di farti delle domande mentre chiaramente non puoi rispondere perche’ hai la bocca spalancata e comunque, non ti senti certo in vena di conversare?

Ecco, ieri mattina, ero li’ con la bocca aperta, quando la mia dentista mi ha chiesto di dov’ero, uno dei suoi argomenti preferiti, dopo la siccita’ e il suo cane.

In qualche modo le faccio capire che sono di Milano e lei sente l’impellente necessita’ di farmi sapere che brutta storia sia l’omicidio di Perugia (no ma io sono di Milano…fa niente va, tanto non posso parlare), che non vede l’ora che sia tutto finito e che e’ molto preoccupata per la sorte di Amanda Knox.  

Ecco, questo l’ho preso come un chiaro segno che forse, in quanto italiana, avrei dovuto cominciare a preoccuparmi anche io delle sorti di Amanda Knox. In questi giorni, ci sono stati talmente tanti speciali sul caso che era impossibile non imbattersi in qualche resoconto, pero’ quando la dentista ti tira fuori l’argomento cosi’, vuol dire davvero che e’ ‘popolare’, che la gente l’ha presa davvero a cuore questa storia. E non si e’ parlato per niente bene dell’Italia, a me sembra spesso anche a torto.

Tempo fa mi ero abbastanza appassionata a questa storia. Vedendo una tale differenza fra le cronache americane e quelle italiane volevo capirci qualcosa di piu’. E sinceramente, colpevoli o innocenti che fossero Amanda e Raffaele, mi sembrava assurdo che li avessero condannati con quegli indizi.

Poi si e’ trasformato tutto in una sorta di stupida partita Italia - Usa, ma l’impianto accusatorio e il modo in cui sono state condotte le indagini avevano del grottesco.

Qui si e’ parlato molto dei precedenti del pm che gia’ in passato aveva prodotto tesi complottistiche e moventi basati su ipotetiche abitudini sessuali sconcertanti e molto macchinose come questa qui.

Nei programmi che ho visto qui, non si accennava mai, e dico proprio mai, alla vittima. Dopo la sentenza, alla CNN hanno addirittura inquadrato la famiglia di Meredith, la sorella che piangeva, e i commentatori hanno continuato imperterriti a parlare d’altro. Mi ha disturbato.

A un certo punto la giornalista ha detto qualcosa tipo ‘guardate, in italia sono le 10 di sera, eppure la gente si e' riversata in strada a festeggiare’. Certo, in italia si festeggia sempre gridando 'vergogna' con un altoparlante.

Ecco, anche questa voglia di gridare ‘vergogna’, questa rabbia, che ho visto anche in tanti commenti su FB da parte di persone da cui non me lo sarei aspettato, mi ha colpito.

Non la capisco proprio questa cosa. Non e’ sempre meglio che un colpevole sia fuori che un innocente dentro? Se le prove non ci sono, non ci sono. Non basta sembrare colpevoli, bisogna che si dimostri. Infatti, proprio poco tempo fa, si e’ concluso un caso di cronaca orribile qui, uno di quelli che tengono la gente inchiodata davanti alla televisione per anni. Un altro di quelli di cui parlano tutti ovunque, quelli che toccano delle paure, delle corde delicatissime della societa’. Ebbene, tutti sanno che la madre c’entrava con l’omicidio della figlia e che ha mentito, ma alla fine e’ stata assolta perche’ non esisteva una prova inconfutabile. Fa rabbia, e’ terribile, ma se si spediscono delle persone in carcere per il resto della vita bisogna andare oltre il ragionevole dubbio.

Ad ogni modo, una cosa gli americani non capiranno mai: perche’ se erano innocenti hanno fatto quattro anni di carcere. Vaglielo a spiegare. 

lunedì 3 ottobre 2011

a volte basta un barbatrucco

E cosi’ quest’anno ho deciso di cercare di essere un minimo piu’ risoluta dal punto di vista della disciplina in classe. Mi sono resa conto che e’ una cosa importante e che mi permette di lavorare molto meglio.Probabilmente era ora, dopo tre anni. Il problema e’ che la fermezza non e’ proprio una delle mie innumerevoli qualita’ innate. Sono piu’ per il vivi e lascia vivere, non so come dire. Io li lascerei volentieri fare quello che vogliono, creare in liberta’, cosa c’e’ di piu’ bello? Il problema e’ che insegno in una scuola elementare non all’accademia.

D’altra parte, mi rifiuto di essere pedante. Voglio comunque evitare di dare regole su regole e dire troppi ‘no’. Cosi’, mi sto sforzando di usare la creativita’ per superare anche questo ostacolo, di solito faccio cosi’ quando ho un problema.

Ci sono diversi sistemi che sto studiando, in rete si trovano tante buone idee. Per ora ho fatto un solo esperimento ed e’ stato molto divertente.

C’era una classe che durante la prima lezione mi ha dato un po’ del filo da torcere. Avevo pensato di fargli un discorsetto, qualcosa del genere, ma poi mi sono resa conto che avevo bisogno di qualcosa che catturasse la loro attenzione sul serio per fargli capire come volevo impostare l’anno.

Durante la seconda lezione avremmo dovuto finire il progetto che avevamo iniziato, ma a sorpresa, gli ho fatto fare una verifica.  Oh-oh.

Avreste dovuto vedere le loro faccette, poverini.  Una verifica a sorpresa e per di piu’ una verifica di arte, non si fanno le verifiche nella classe di arte!! In quarta elementare poi, figuriamoci. Mi veniva tantissimo da ridere, ma avevo il mio piano da portare a termine e sono stata impassibile.

- Visto il vostro comportamento della settimana scorsa, ho deciso che faremo una verifica. Potrete girare il foglio e leggere le domande solo dopo che tutti i vostri compagni l’avranno ricevuto. Mi raccomando. Leggete TUTTO il foglio prima di cominciare a rispondere.

- Ma…ci darai i voti?!

- Ricordate che non vi chiedo mai di fare nulla che sia al di sopra delle vostre capacita’. Comunque, non vi preoccupate di questo ora, non e’ importante. Leggete TUTTO il foglio FINO ALLA FINE e poi cominciate. Come sempre: seguite le istruzioni e non avrete problemi.

Quali sono i colori primari? Come fai a fare diventare un colore piu’ scuro? Quale artista ha dipinto”La notte stellata”? Quale artista ha dipinto la “Gioconda”?

Domandine cosi’ a cui in teoria avrebbero potuto anche saper rispondere, ma erano agitatissimi. Tutti quanti.

Di certo, se fossero davvero arrivati in fondo al foglio come gli avevo detto piu’ volte e come era richiesto ripentutamente all’inizio della verifica si sarebbero risparmiati un bel po’ di ansia.

L’unica cosa che dovevano fare era: girare la pagina e fare un disegno a piacere.

Su 16, credo che solo tre bambini abbiano capito il trucchetto da soli e sembravano molto molto contenti.

C’era questa bambina che vuole sempre essere la prima della classe, una simpaticona, a cui ho seriamente temuto venisse un infarto. Rossa, sudata, non poteva sopportare di non sapere rispondere a tutto (o forse gia’ pensava all’ira della madre, che poi se siamo come siamo molte volte basta dare un rapido sguardo intorno…)

Comunque.

Credo abbia funzionato. Ci siamo fatti una grande risata, pero’ poi ne abbiamo parlato. Del fatto che bisogna ascoltare bene, soprattutto, altrimenti poi non sanno cosa fare. A volte, mi rendo conto che ancora adesso non ascoltano tutto -poi con quello che insegno si vede subito se si distraggono- pero’ mi sembra abbiano capito quello che volevo insegnargli con quella finta verifica e infatti va meglio e la cosa piu’ importante e’ che non ho dovuto strillare o cercare di essere quella che non sono, che i bambini tanto poi ti sgamano subito se fingi.

mercoledì 28 settembre 2011

siamo tenute a essere perfette

Ieri mattina, ho deciso di prendermela un minimo comoda e andare al lavoro un filo piu’ tardi del solito. Dopo tutto non ho degli orari precisi a parte quelli delle lezioni ed ero davvero stanca, considerato il mio stupendo fine settimana. Arrivo a scuola e per la prima volta in assoluto, invece del solito sorriso smagliante e relativo buongiorno buongiornino, ma quanto sei bella stamattina, la segretaria mentre si sposta veloce verso la fotocopiatrice mi comunica senza guardarmi che ho saltato la foto per l’yearbook. Non mi sembra poi la fine del mondo, comunque sono caduta dalle nuvole, me ne sono completamente dimenticata e lei era seccata, molto, si vedeva. Per il resto, e’ stata una giornata splendida al lavoro. Sono molto soddisfatta sia delle idee che ho proposto che della maniere in cui soprattutto una classe, ha contribuito a modificarle e arricchirle. Ogni giorno, e’ un’esperienza unica nella classe di arte, sono sempre piu’ convinta che sia il lavoro della mia vita e sempre piu’ determinata a migliorarmi. Sto in piedi tutte le sere fino a tardi, a sfogliare libri, disegnare, provare nuove tecniche e appuntarmi tutto quello che combino per costruirmi una sorta di archivio. Insomma, mi impegno, ci provo, e sembra che tutti siano contenti del mio lavoro in se’. Ma poi ci sono tutte quelle cose a cui non sono piu’ capace di stare dietro. Le riunioni inutili, le cene, le colazioni, i corsi di aggiornamento di cinque giorni dall’altra parte dello stato…io non posso. Pensavo che lo capissero. Pensavo che fosse chiaro che se si aspettano che sia li’ a orari strani, ora devono davvero farmelo sapere per tempo e deve davvero essere per un motivo importante perche’ ora ho un bambino. Purtroppo non ho nonni o zie sotto mano e con l’asilo ho degli accordi, non posso parcheggiarlo li’ quando mi pare. A volte, qualcuno se ne ricorda e lo capisce, a volte proprio no e mi sembra che piu’ passa il tempo e meno importa quale sia la mia situazione familiare. In effetti, non dovrebbe importare, suppongo. Io stessa, non me la sento nemmeno di spiegarle queste cose che poi oltre a suonare come scuse mentre non lo sono, ti fanno anche apparire poco professionale. Cosa dovrei dire?

…E’ che l’ho messo in macchina, ha fatto la cacca, ha sporcato il seggiolino, siamo dovuti tornare indietro….

Tutte cose vere magari, ma ognuno ha i suoi problemi e io devo gestire i miei come fanno tutti. Pero’.

A me sembra che davvero dalle madri ci si aspetti la perfezione a prescindere, a priori, sempre e comunque. Devi essere in grado di fare tutto quello che facevi prima, curare tuo figlio, la tua casa e possibilmente anche sorridere.

Non sempre ci si riesce.