lunedì 31 gennaio 2011

il gossip delle persone che non si conoscono

Cosa c'e' di meglio di un po' di sano gossip su qualcuno che non si conosce per cominciare bene la settimana? In questi tempi di allucinante morbosita', pero', forse e' meglio non parlare di gossip. Diciamo che stiamo facendo delle brevi considerazioni meramente antropologico-culturali, cosi' ci sentiamo meglio.
Qualche giorno fa su Facebook un caro amico di Mr.Johnson che ora vive dall'altra parte del paese comincia misteriosamente a postare foto di se' con un bambino piccolo, dicendo nelle didascalie di essere diventato finalmente papa'. Ora, siccome qui non stiamo parlando di un amico di Facebook (Facebook friend come si dice qui), ma di un amico amico, sono rimasta un attimo perplessa. Sei mesi fa era venuto a trovarci in un viaggio che doveva servire a tirarlo un po' su di morale dopo la fine della sua storia con la ragazza con cui conviveva da un paio d'anni e ora e' felice di annunciarci che e' diventato papa'? E chi e' la madre? Non bisogna essere un genio per accorgersi che qualcosa non torna nelle date e soprattutto che lui e il bimbo sono uno molto nero e l'altro molto bianco: non si adotta un bambino in sei mesi, e poi non ce lo avrebbe mai tenuto nascosto. Approfondisco un attimo e scopro una storia davvero interessante. I due erano vecchi compagni di liceo. Lei viveva da queste parti, era lesbica e aveva avuto in vitro questo bambino. Un paio di mesi fa ha lasciato la sua compagna, ha raggiunto il nostro amico dall'altra parte degli States e ha deciso di cambiare il suo orientamento sessuale per lui (il che' poi e' l'unica cosa che non mi stupisce piu' di tanto...). E con queste premesse chissa' come andra' a finire.
Io sento queste storie ogni volta dai miei amici americani e mi sento sempre piu' noiosa. E anche i miei amici italiani sono noiosi. Si prendono e si lasciano anche loro, ma non proprio cosi', con tutti questi colpi di scena. Gli americani si fanno un sacco di fantasie sui costumi lascivi degli europei, ma evidentemente in Italia il presidente del consiglio e' l'unico ad avere una vita privata che va incontrio e oltrepassa notevolmente questo genere di aspettative. Beh, peccato.

venerdì 28 gennaio 2011

vicini. relativamente

La mia vicina -con cui il rapporto e' limitato a scambi di rari e cordiali buongiorno e buonasera- un giorno si e' presentata alla porta con un cestino di dolcetti fatti da lei, come si vede sempre nei film. Allora io ho pensato di ricambiare, ma non avendo a portata di mano dei dolcetti, le ho portato un bel piatto di pittule. Momento abbastanza imbarazzante. Mi rendo conto che anche in Italia moltissimi probabilmente non abbiano idea di che cosa sia una pittula, ma avendole davanti agli occhi non credo ci sarebbe bisogno di tante spiegazioni, si capisce. La assaggi al limite, no? Vabe'. Mi dice con un gran sorriso qualcosa tipo grazie! che meraviglia! ecc. ecc. e poi fa una pausa lunghissima evidentemente aspettandosi una spiegazione da parte mia. Come si spiega che cos'e' una pittula a un'americana diffidente? La prossima volta studio prima, ma in questo caso, presa alla sprovvista, l'unica cosa che mi e' venuta da dire e' stata:
- It's Italian...it's... salty.
Lo so, potevo fare di meglio. Dopo di che', infatti, alla signora si e' congelato il sorrisone e io ho pensato bene di togliere il disturbo.
Chissa' se le ha mangiate le mie pittule, non mi e' sembrata molto convinta. Puo' darsi anche che abbia fatto tutto da sola e che la sua fosse solo curiosita', ma mi ha fatto sentire come se le avessi offerto vermi fritti. E' troppo delicata questa questione del cibo per noi italiani. La prossima volta le mangio io le mie pittule, ecco.

martedì 25 gennaio 2011

una storia cosi'

Il mio dottore dice che usa la mia storia per dare coraggio a chi ne e' rimasto momentaneamente sprovvisto. La mia storia. Una volta avevo tante storie. Ero per esempio quella che aveva studiato in Spagna oppure quella che si era messa con l'americano, ero tante storie. Ora la mia storia invece pare essere una sola. La gente parla sempre qua come la', pero' e' davvero bello fare parte di una storia cosi'.

lunedì 24 gennaio 2011

conversazioni della domenica

Ora che se ne sono andati davvero tutti, possiamo dire che quella di ieri e' stata la nostra prima domenica come famiglia con bimbo. Che dire? Faticoso. Un po' un gioco a incastro: lo scopo e' riuscire a fare stare tutto il da farsi nei rari momenti di quiete o nelle ore di sonno dello Slipino. Un gioco a cui io mi sono gia' allenata un po' in questi giorni, ma che e' risultato completamente nuovo a Mr. Johnson. Se inizialmente ci siamo scontrati parecchio per una visione differente di vari aspetti dell'essere genitori, ora sembra tornato tutto piu' o meno a posto. Senza battere ciglio, infatti, anche lui spontaneamente si e' lanciato nell'ingranaggio frenetico della nostra nuova vita e di tutte le cose che non possono aspettare con o senza pupetto. Gia', perche' una cosa che davvero non realizzi prima e' quanto sarai impegnato e quanto poco tempo avrai a disposizione anche solo per bere un bicchiere d'acqua. C'e' una differenza poi fra noi due che non so se sia solo nostra o tipica di tutte le coppie: io mi diverto, almeno ora che comincio a capire un po' come funziona, lui per adesso, malgrado ce la metta tutta, dopo un po' si stressa.

- Tutto bene?

- Si si certo.

- Sei sicuro? Sei pallido.

- E' che sono un po' stanco ma non mi sembra il caso di lamentarmi visto che tu fai cosi' tutti i giorni. Ma si, dai. Domani torno al lavoro e mi riposo un po'.

mercoledì 19 gennaio 2011

cieli lontani

In questi giorni la vita e' terribilmente frenetica, anche troppo per i miei gusti. E troppe brutte notizie anche. Una cosa a cui per la prima volta sto pensando spesso e' il perche' sono qui. Voglio dire io qui, Slipino qui, e tanti altri cosi' fondamentali per noi, per la nostra felicita' dall'altra parte del mondo. Che non c'e' neppure uno stupido volo diretto per arrivare in questa citta'. Continuo a non mettere in dubbio la mia scelta, anche perche' poi figuriamoci, con la situazione italiana non c'e' nemmeno da pensarci.
Ma accidenti.

Quando non mi ricordo bene perche' sono qui, guardo il cielo. Un motivo almeno lo trovo quasi sempre.

lunedì 17 gennaio 2011

ma sogno o...

Poche ore prima avevo accompagnato all'aeroporto anche l'ultimo pezzo di famiglia rimasto a tenerci compagnia dopo il lieto evento e a casa c'era uno strano silenzio,a dire il vero una certa tristezza almeno da parte mia. Fa impressione la cosiddetta calma dopo la tempesta (o piu' che altro la festa...).
A un certo punto qualcuno suona alla porta. E' tardi e non aspettiamo nessuno, per di piu' siamo molto occupati: fare il bagnetto a un pupo di un mese non e' mica una passeggiata. Tanto e' vero che penso che non apriro' nemmeno la porta, di sicuro sara' qualche rompiscatole, qualcuno che ha sbagliato magari, capita. Poi pero' ci ricordiamo che forse doveva passare un amico cosi' vado a dare un'occhiata. Non dimentichero' mai quello che ho visto dalla porta a vetri. Il nostro migliore amico dall'Italia. Che cosa accidenti ci fa a Dallas?! Rimango impietrita. All'inizio pensando si tratti di qualche altro scombussolamento ormonale o solo della mia immaginazione, decido di non aprire. E' impossibile sia proprio lui. Noo.
E invece dopo un attimo lunghissimo metto da parte la logica e apro. Non riesco a contenere la gioia. Che sorpresa! E lui?
Tranquillo, quasi annoiato. Ha deciso il giorno prima di farsi un giro. Come se passasse di qua per caso, come quando ci citofonava dopo cena per andare a farci una birra a Bresso tipo. Da quando ci siamo trasferiti qui, tutti i nostri amici hanno affermato fra il serio e il faceto che prima o poi sarebbero venuti a farci una sorpresa, ma lo sapevamo tutti: solo una persona avrebbe potuto avere il fegato per farlo davvero. E lo ha fatto finalmente, e non si rende nemmeno conto di cosa ci sia di tanto speciale in un gesto del genere. O forse fa finta e come sempre se la ride sotto i baffi. Anche per questo gli vogliamo cosi' bene.

mercoledì 12 gennaio 2011

mutazioni o evoluzioni

Comunque pensavo stamattina guardandomi allo specchio -dreadlocks naturali sotto la nuca, maglia sporca di non volete sapere cosa, pantaloni della tuta di quattro anni fa riesumati nel disperato tentativo di rimandare qualunque tipo di decisione riguardo all'abbigliamento post bimbo- che alla fine bisogna essere onesti con se stessi: nessuno ci toglie i superpoteri, solo noi possiamo rinunciarci. Se fino a un mese fa ero in grado di seguire uno stile di vita impeccabile, pieno di regole e limitazioni senza battere ciglio e ora mi risveglio sul divano la mattina vestita come il giorno prima senza nemmeno il tempo per farmi una doccia, e' solo colpa mia. Sono io che non mi sento piu' speciale come prima. Sono io che ho scelto di usare tutto il mio tempo e, dico tutto, per prendermi cura di un'altra persona. Lo so che cosi' non va bene, che ci sono un po' di aggiustamenti da fare, che devo ancora trovare un nuovo equilibrio, ma ora come ora non riesco a preoccuparmene piu' di tanto. Sono felice, piu' che mai, e mi basta, che la perfezione non e' di questo mondo.

venerdì 7 gennaio 2011

addio superpoteri

L'altra sera, mentre spostavamo i mobili, la Ragazzina ha avuto un'altra convulsione molto meno forte di quella di due mesi fa, ma comunque angosciante. Nel tentativo di non agitarmi troppo per non aggravare la situazione, mi sono fatta scoppiare la prima emicrania della mia vita, o almeno cosi' mi e' stato detto. Una cosa fulminante. Un dolore fortissimo proprio sopra la palpebra destra, non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti ed e' successo proprio durante la convulsione che e' durata pochi minuti. E dov'era Mr. Johnson? Con la Ragazzina ovviamente, anzi credo non si sia nemmeno accorto della mia assenza improvvisa, ma non breve.
Ora, ci sta per carita'. Il nostro cane adorato (adorato da Mr. Johnson piu' che altro da quando e' stato male pero'...) ha una roba potenzialmente mortale e ci si spaventa, ma insomma, per me e' stato un trauma, lo ammetto. Per nove mesi sono stata trattata come un bicchiere di cristallo, un piccolo fiore nella tempesta, un castello di carte in poetico equilibrio precario e adesso tutto a un tratto? Basta, fine. E' ufficiale: sono tornata un'essere umano normale. Non conto piu'.

mercoledì 5 gennaio 2011

lo zio americano

Una cosa molto interessante di queste feste, e' stato l'inedito mix di famiglia italiana e americana, soprattutto perche' per la prima volta gli italiani si sono ritrovati in maggioranza. E' stato divertente osservare il modo in cui hanno gestito il proprio vantaggio numerico se cosi' si puo' dire, e assistere al formarsi di equilibri inediti nei rapporti fra le persone (e le lingue parlate). La famiglia Johnson non e' certo famosa per le grandi cerimonie, sono sempre molto spartani e quasi frettolosi, quindi ho apprezzato molto le vecchie buone maniere italiane oltre al cibo, la tavola ben apparecchiata e il fatto che almeno si aspettasse che tutti fossero seduti prima di cominciare. Poi si e' creata tutta una situazione con lo zio americano che mi ha dato da pensare. Era stato invitato per il pranzo del primo dell'anno con grande anticipo. C'e' da dire che senza dubbio si tratta del nostro zio americano preferito, una persona davvero simpatica che invitiamo spesso. Quella stessa mattina pero' ha pensato bene di svegliarci con una telefonata per chiedere se era "ok" che venisse a trovarci nel giro di un'ora. Gli si e' fatto presente che non era "ok" e che era il caso di darci almeno un'oretta per alzarci dal letto e quando si e' presentato a casa ha detto che non si fermava per pranzo. Il motivo.
- No...e' che devo andare a trovare quella persona...sapete, tutta la sua famiglia e' in citta' oggi, vado a salutare anche loro...
Cioe'...ora pranzi da loro? mi sarebbe venuto da chiedere, ma a volte e' meglio far fare tutto all'interlocutore imbarazzato.
- La verita' e' che questo e' un weekend di football! Divano, birretta...capitemi.
E ci mancherebbe, bastava dirlo prima. Di fronte a football, divano e birretta, la comprensione, soprattutto di Mr. Johnson, nasce spontanea.   
Sapete come e' finita?
Che dopo un po' si e' cominciato a preparare il pranzo, un pranzo italiano fantastico con relativo profumo di pranzo fantastico.
- Beh... quasi quasi a questo punto, vi farei compagnia...
Ci scommettevo che finiva cosi'! Certo, fosse stato uno zio italiano, sarebbe successa la terza guerra mondiale, ne sono sicura, ma dell'indecisione dello zio americano non si e' preoccupato nessuno. E molto meglio cosi'.   

sabato 1 gennaio 2011

un cubetto di ghiaccio mentale

Ricordando il 2010, l'unica cosa veramente negativa che mi e' venuta in mente e' stata un terribile mal di denti. Un mal di denti impossibile, di tutti i denti contemporaneamente, un dolore atroce, mesi fa quando aspettavo Baby J. Quando la dentista mi rimando' a casa senza nemmeno volermi visitare, pensai seriamente che sarei impazzita dal dolore. Ma dove la scienza finisce, inizia Mr. Johnson. Nella vita e' fondamentale avere un complice. Si attacco' un po' alla rete e ne tiro' fuori qualunque rimedio "naturale". Legende metropolitane, non funzionava nulla e io stavo sempre peggio.
Provammo il cubetto di ghiaccio solo alla fine, per disperazione. Dice non so chi che per far passare il mal di denti bisogna solo tenere in mano un cubetto di ghiaccio. Ancora oggi non mi spiego esattamente come sia possibile, ma ha funzionato, almeno per me e appena il mal di denti e' tornato a fare capolino, sono andata a cercare un cubetto di ghiaccio e non ho piu' avuto nessun problema.
Quello che mi piace di questa cosa e' l'autoconvinzione. Mi piace pensare che ci sia un qualche meccanismo che scatta quando sei davvero nei guai, qualcosa di semplice che non avevi visto prima, in certi casi un palliativo e' sufficiente. Perche' poi il trucco forse e' sapersi staccare dai problemi un attimo. Serve un diversivo, un cubetto di ghiaccio mentale per cosi' dire. E' questo che mi auguro per il nuovo anno, di non affogare nelle difficolta' di qualunque tipo, ma di riuscire a staccarmene un momento per guardare l'insieme e accorgermi che una soluzione magari c'e'.