giovedì 29 novembre 2007

la loggia del leopardo 2

Su questo blog si e' parlato in questi mesi un po' di tutto, ma sicuramente il filo conduttore e' sempre stato lo shock culturale, il punto di vista e le osservazioni di un'italiana che, siccome non si sa mai nella vita, un giorno si trasferisce in un remoto angolo degli Stati Uniti, fino a quel momento conosciuto soprattutto attraverso i film di cow boy e un paio di altri beceri stereotipi.
Quando ho cominciato a scrivere, non pensavo che mi sarei mai sentita in dovere di dare una spiegazione o una giustificazione rispetto a quello che pubblicavo, ma visto che mi e' stata esplicitamente richiesta ci provo. Con parole mie, come al solito.
Insomma, il fatto e' questo: piu' vivo qui e piu' le osservazioni e i paragoni con l'Italia si approfondiscono. Ovviamente all'inizio si parlava di come tutto sembrasse piu' grande e spazioso e altre cose che chiunque credo, anche in vacanza qui possa notare. Ora, dopo un anno, sono in grado di notare anche le sfumature e credo che per forza di cose saranno sfumature via via piu' sfuggenti. La storia che avete letto nel post precedente e che a molti e' sembrata un'invenzione letteraria, altro non e' che la pura verita'. Mi e' stata raccontata, questa storia misteriosissima, diverso tempo fa da un amico. A me e' sembrata una roba pazzesca quest'idea del bar nascosto fra gli uffici e tutto il resto e cosi' mi e' parsa una buona idea raccontarla proprio come un piccolo giallo. Dato che come oramai e' noto la curiosita' non mi fa difetto, mi sono anche un po' informata in giro. Non entro nei dettagli perche' non e' un argomento che sento di conoscere particolarmente bene, ma grosso modo e' venuto fuori che da queste parti dichiararsi 'massoni' non e' nulla di strano o imbarazzante come da noi (in realta' l'avevo vista anche in Spagna questa stessa cosa qua). Ho visto macchine con l'adesivo della massoneria, tanto per dire. Al punto che la 'loggia del leopardo' di cui si parlava sempre nel famosissimo telefilm Happy Days sarebbe una palese, mi hanno detto, presa in giro delle societa' cosiddette segrete e della massoneria. Va bene cosi'?
Pero' non mi piacciono le spiegazioni, forse e' piu' bello che ognuno immagini cio' che vuole.
O no?

mercoledì 28 novembre 2007

la loggia del leopardo

Alex non riusciva a dormire quella notte, troppi pensieri per la testa. Il divorzio, i figli da andare a vedere, i debiti e quel senso di provvisorieta' duro da mandare giu'.
Fumava una sigaretta cercando di non badare alla musica alta proveniente dalla stanza del vecchio amico che lo ospitava. Cercava di fare un po' di vuoto nella mente per poter pensare con calma, ma era oramai rassegnato. Tutto intorno lo disburbava: la musica, il fatto stesso di trovarsi in quella casa che non era la sua e soprattutto la noia.
Per questo quando il telefono squillo', sebbene fosse oramai veramente tardi, una fievole speranza di salvezza illumino' i suoi occhi. Ma chi chiama all'una di mattina?
Era Graham, che cosa curiosa. Graham era un ragazzo simpatico, ma Alex lo aveva conosciuto solo poco tempo prima, non erano poi cosi' in confidenza da chiamarsi a quell'ora. Ad Alex pero' questo non importava, era sveglio e decise di rispondere. Una birra a quest'ora? Ok, magari poi riesco a farmi una dormita. Come? Il vestito elegante? Ma dove si va? Senti guarda, me lo spieghi dopo, va bene lo stesso, arrivo.
Parcheggiarono la macchina ai piedi di un grattacielo giu' a downtown. Alex non vide insegne di bar, ma immagino' che Graham lo stesse portando a una festa o qualcosa del genere. Graham sull'ascensore premette il tasto numero 14. I due arrivarono fin lassu', ma Alex non vide nessun movimento, c'erano solo degli uffici. Graham lo guidava con disinvoltura come se conoscesse a memoria ogni angolo di quell'edificio. Attraverso l'ingresso di uno di questi uffici si ritrovarono effettivamente in un bar. Uno piuttosto elegante, rivestimenti in pelle e barman in livrea. Non c'era molta gente, giusto cinque o sei avventori. Un paio di uomini di una certa eta' parlavano fitto fitto al bancone e anche loro ordinarono da bere. Alex si guardo' intorno e si chiese dove fosse capitato, era tutto cosi' surreale, ma decise rapidamente che i suoi dubbi quella sera era meglio che se li tenesse per se', buon viso a cattivo gioco si dice no? Dopo un po' Graham decise di presentargli uno dei due signori distinti seduti all'altro lato del bancone e se ne ando', lasciandolo solo con lo sconosciuto.
L'uomo si presento' come un ricco imprenditore della zona. Si parlo' della famiglia, del lavoro, una conversazione senz'altro piacevole, ma chi e'? si chiedeva Alex e cosa vuole da me?

- Sei un bravo ragazzo e noi aiutiamo proprio quelli come te. Ti starai chiedendo chi siamo noi. Bene, sappi che siamo solo delle persone che si stimano e che che si aiutano fra loro a migliorare. Questo e' il mio biglietto da visita, chiamami

martedì 27 novembre 2007

meo incontra il gusto

Con il tempo intorno a questo blog si e' creata una sorta di piccola combriccola di persone che si leggono e si stimano. Raramente ci si conosce di persona, ma con alcuni di loro e' nata una certa simpatia, una voglia seguirsi a distanza per vedere cosa succede. Una di queste e' Meo, sicuramente uno dei personaggi piu' egocentrici della blogosfera, ma credo anche fra i piu' ricchi di idee, sogni e talento. La sua ultima trovata e' Meo incontra il gusto uno street blog dove propone gli abbinamenti di vestiti piu' interessanti che vede in giro. Ce ne sono molti altri di siti simili, ma secondo me il suo se non altro e' piu' simpatico. Prima di tutto perche' si vede che c'e' il suo zampino ed e' divertente vedere cosa sceglie. Poi perche' gli si puo' dare un'occhiata velocissima senza dover leggere molto, ma viene aggiornato frequentemente e non ci si annoia. E infine perche' e' possibile contribuire, mandando foto di se stessi o altri (a un concerto, in treno, per strada, all'estero...) il cui look sembra interessante per qualche motivo e ci si puo' scambiare impressioni. Insomma, volevo dirvi di passare a darci un'occhiata se vi capita.

lunedì 26 novembre 2007

i piccoli smemorati

La vacanza e' finita purtroppo, pero' e' stata una gran bella vacanza e devo ammettere che a questo punto i marmocchietti mi mancano proprio. Tra l'altro pensavo una cosa. Sicuramente io non li dimentichero' mai, ma loro con tutta probabilita', si dimenticheranno di me. Dico non e' incredibile questa cosa che intorno ai tre anni si perda la memoria? Insomma, loro ce l'hanno la memoria ora come ora. Sanno cosa hanno fatto ieri o la settimana scorsa, come e' possibile che poi un bel giorno tutto scompaia?
Nessuno sembra badarci, ma viviamo tutti in uno stato di oblio, almeno per quanto riguarda i primi anni della nostra vita, che poi sono proprio quelli in cui i nostri sensi e la nostra immaginazione sono al massimo.
Hai dimenticato com'era essere un bambino?
La domanda retorica, di retorico ha ben poco.
Mi viene in mente Picasso, quando diceva che imparare a dipingere come Raffaello non era stato poi cosi' difficile e ora gli restava da imparare a disegnare come un bambino.
Come al solito lui aveva capito tutto.

sabato 24 novembre 2007

l'oggetto dei miei desideri

Ieri poi, inspiegabilmente la sveglia non e' suonata e il black friday e' saltato. Mi sembrava ci fosse qualcosa di strano, pero' mi andava benissimo essermi evitata quella bolgia infernale e non mi sono fatta tante domande. La giornata e' stata pienissima ugualmente.
Il fatto e' che mi ero completamente dimenticata un dettaglio: che dopo il tacchino non solo la zia dell'Arkansas ma anche qualcun'altro stava studiando le guide ai saldi del black friday, mr. Johnson. Non ci avevo dato peso perche' se c'e' qualcuno che odia andare per negozi e' proprio lui. E invece questa volta mi ha proprio stupito. E' scivolato giu' dal letto prestissimo ed e' andato ad accaparrarsi l'oggetto dei miei desideri. Non ci posso ancora credere. Lui che ha sempre detto che e' una cosa inutile, che posso superare questa insana paura di perdermi da sola, ha fatto un gesto come questo. Forse l'ha fatto perche' ha visto che recentemente almeno in parte l'ho superata questa paura paralizzante, pero' che uomo. Sorpresa delle sorprese. Anche perche' per di piu' si era deciso che quest'anno visto che si va in Italia, non ci saremmo fatti altri regali per Natale.
E la vita con lui, con TomTom dico, e' iniziata poche ore fa ma e' gia' idilliaca, ho gia' dimenticato tutto quello che c'e' stato prima. Mi sto muovendo perfettamente in una citta' completamente nuova. Se sbaglio, lui mi riporta sempre sulla retta via. Premo il tastino home e lui mi riporta a casa.
Ma come ho fatto a vivere senza di lui tutto questo tempo?

venerdì 23 novembre 2007

ringrazio perche' quest'anno ci capivo

Il mio secondo Giorno del Ringraziamento.
Viaggio.
Cielo prato.
Cielo prato mucca.
Cielo prato.
Tacchino.
Cielo prato.

Questa e' stata all'incirca la mia giornata di oggi. Il menu' era lo stesso dell'anno scorso: tacchino, patate dolci, insalata di frutta, marmellata di cramberries, torta di pecan (che e' una specie di noce che c'e' qui), torta alla zucca, gravy (che e' una salsa)....e altre cose che non ricordo, ma ho mangiato con piacere. La grossa differenza rispetto all'anno scorso, e' che quest'anno ci capivo. Capivo tutti gli accenti, tutto quello che dicevano. Era proprio tutta un'altra cosa!
Il problema sara' domani. Forse non sapete che il giorno dopo Thanksgiving e' il cosiddetto Black Friday. Il 'venerdi' nero' e' un giorno di shopping folle con i negozi che applicano sconti speciali e aprono alle 4 del mattino. L'anno scorso non avevo idea di cosa fosse e quando la zia del Kansas mi ha chiesto se ci volevo andare ho risposto sure, why not? curiosa come sono. Grandissimo errore. Ho scoperto a mie spese che il venerdi nero e' follia pura con donne che si mettono in coda davanti ai negozi chiusi nel cuore della notte e poi si accapigliano per principio sull'acquisto di qualunque oggetto gli capiti sotto mano. Se non lo si vede non ci si puo' credere. Ovviamente nella confusione piu' totale alle 4 del mattino, io non riesco a comprare assolutamente nulla.
Oggi la zia del Kansas dopo pranzo si studiava tutte le guide al Black Friday per trovare lo sconto migliore, io la tenevo d'occhio, ero preparata, avevo in mente una mezza scusa o una fuga, eppure non si e' mai preparati abbastanza per certe situazioni. Appena mi sono distratta un attimo, e' venuta da me e mi ha detto con quel suo sorriso disarmante di ragazza di campagna Allora domattina alle 4 ti va bene? L'anno scorso ci siamo divertite cosi' tanto! e sono crollata ancora una volta miseramente.

mercoledì 21 novembre 2007

la settimana del tacchino

Non so cosa mi stia succedendo, ma e' da una settimana piu' o meno che sono quasi costantemente euforica. E' disumano, me ne rendo conto. La mia macchina ha un problema piuttosto serio? Non mi scompongo. Mi devo svegliare all'alba anche in vacanza? Metto su il mio cd preferito e mi avvio pimpante all'appuntamento. Questa non sono io! Perche' non mi lamento un po'? All'inizio pensavo fosse l'idea di un'intera settimana di vacanza, poi pensavo fosse perche' finalmente e' nata la mia nipotina giapponese e sono a dir poco entusiasta di essere diventata zia e poi anche perche' domani si parte e perche' mr. Johnson mi fa sempre ridere. E poi perche' ho finalmente i biglietti per tornare in Italia a Natale. In effetti, pensandoci, di motivi ce ne sono, pero' non mi fido delle mie euforie soprattutto se prolungate, non sono il tipo. Vediamo cosa succede. Intanto sono talmente rilassata che mi va bene anche che arrivi il freddo e la pioggia e la neve e il vento, tanto qui non dura mai. Questi giorni sono stati talmente tiepidi, pieni di luce e sole e foglie secche da calpestare e queste sere di cene e vino buono e amici che mi va bene anche un po' di grigiore. Ma si.
Forse ho trovato la cura alla mia meteoropatia: trasferirmi in un posto ad altezza-Sahara. Finora e' l'unica cosa che ha funzionato.

Comunque, volevo soprattutto ringraziare chi ha spedito delle email e raccontato i suoi incontri migliori nei commenti al post precedente arricchendo la mia collezione personale di casualita'.
Grazie grazie. E grazie.

martedì 20 novembre 2007

cuentame como paso'...

Ho l'impressione che la storia di Bush abbia sviato dalla teoria in se', che come scriveva nei commenti anche Miko che si occupa di matematica, oltre a essere estremamente suggestiva non e' proprio campata per aria. Vi faccio un esempio pratico che e' capitato a me anni fa.

Ero in Spagna e per la prima volta in vita mia mi e' stato presentato un finlandese.

- Piacere! Da dove vieni?
- Sono italiana
- Ma dai, io ho un carissimo amico italiano! Che citta'?
- Milano
- Ma dai, anche il mio amico e' di Milano! E cosa fai di bello a Milano?
- Studio...
- Ma dai, anche il mio amico! Magari lo conosci?
- Non credo l'universita' e' grandissima....
- E cosa studi?
- Storia dell'arte
- Ma dai, anche il mio amico studia storia dell'arte!
-Ok allora forse lo conosco...come si chiama?
- Andrea, capelli ricci, alto...
- E' lui, e' anche mio amico non ci posso credere....

Ecco, non c'e' bisogno che la persona sia famosa. Queste cose succedono spessissimo credo, e' solo difficile riuscire a scoprirle.
Insomma: io italiana ho solo un grado di separazione da un perfetto sconosciuto in Finlandia. Non e' fantastico? Un'infinita catena di coincidenze e di gusti comuni ci ha portato fino a quel baretto spagnolo a parlare del nostro amico Andrea. Tutto ha giocato affinche' quel particolare momento avesse luogo.

In fondo, io ho sempre creduto che tutto nell'universo e' collegato in qualche modo e che il caso e' un'invenzione umana per sopperire all'incapacita' di comprendere i legami profondi che intercorrono fra gli accadimenti e le persone.

Se vi e' capitato un incontro di questo tipo e se ne avete voglia, mi piacerebbe tanto ascoltare le vostre storie. Potete come sempre scrivere un commento o mandarmi un'email a

lunedì 19 novembre 2007

e chi c'e' fra voi e bush?

Da Wikipedia:

"Sei gradi di separazione è un'ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari"

E l'esempio piu' classico che si cita sempre e' quello secondo cui in teoria chiunque potrebbe essere separato dal presidente degli Stati Uniti da solo 6 persone.
Ebbene, sempre siccome non si sa mai nella vita, la sottoscritta cittadina italiana proveniente da un ameno (si fa per dire) borgo alle porte di Milano ha appena scoperto di essere collegata al (ahime') presidente di questo paese George W. Bush da appena 3 gradi di separazione.
Questo e' quello che succede a invitare l'alta borghesia dallasiana a cena.
Si chiaccherava di una signora che all'asilo sta facendo letteralmente carte false per poter mandare l'anno prossimo la figlia nell'esclusivissima scuola dove sono andate le gemelle Bush. Al che' la mia amabile ospite sussurra Sai, mia figlia Laura e' andata in quella scuola.
Io conosco Laura, Laura conosce le gemelle e le gemelle ovviamente conoscono Bush: proprio 3 gradi. Questa teoria mi ha sempre affascinato perche' sembra impossibile e invece gli incontri poi succedono, eccome. Non che sia una delle mie massime aspirazioni, ma se un giorno dovessi incontrare Bush, ve lo faccio sapere. Devo dire, ad ogni modo, che gia' a sentirne parlare da chi l'ha quasi conosciuto sembra che la sua fama di grande cervello se la sia costruita negli anni con grande dedizione.
Mi viene raccontato, per esempio, che all'epoca Bush non era ancora nemmeno governatore del Texas, ma dato che il padre era gia' presidente, la sua famiglia e la sua casa godevano di protezione speciale 24 ore su 24 . Spesso la sera tornava a casa, si dimenticava di disinserire l'allarme e istantaneamente scattava l'imminente piano di emergenza dei servizi segreti.
Le figlie piccole cosi' venivano sovente svegliate dagli elicotteri sulla casa.

- Torniamo a dormire, e' solo papa' che si e' dimenticato un'altra volta l'allarme

venerdì 16 novembre 2007

l'omicidio di perugia

Lo ammetto, questa storia di Perugia ha incuriosito anche me e parecchio. E' una storia davvero folle, inimmaginabile e soprattutto mi fa uno strano effetto perche' riporta alla mente i tempi del mio Erasmus. Non so, forse affascina perche' e' proprio come un incubo. Anche le mie compagne di casa portavano a casa gente strana e anch'io vivevo in una piccola citta' simile a Perugia e tornavo a casa tutte le notti all'alba e spesso da sola. Anche quella come Perugia era una citta' giudicata estremamente tranquilla, infatti in un anno non e' successo mai nulla pero', chi lo sa, puo' darsi che sia stata solo molto fortunata. Pensando alla felicita' e alla bellezza di quel periodo, mi viene ora anche in mente col senno di poi, quanti pericoli ho schivato. Quel falo' sulla spiaggia di notte con i trafficanti che facevano i segnali luminosi in codice ai loro complici a due passi da noi, feste dove letteralmente il pavimento tremava per il sovraccarico di gente, birre che cadevano dai tavoli da sole, locali come caverne fumose con porte piccolissime, amici che ti offrivano i biscotti al cioccolato che poi scoprivi il giorno dopo che proprio al cioccolato non erano. Eppure non e' che fossi una pazza drogata come dipingono i giornali ora gli studenti di Perugia. Quello che ho letto mi sembra talmente esagerato. Parlano di 'cupa trasgressione', mentre in realta' almeno per me e tutti quelli che conosco e' stata solo un po' di trasgressione e basta, tutto sommato sana direi, se questo non suonasse eretico alle orecchie puritane che potrebbero ascoltare questi discorsi. Ma si perche' trasgredire fa anche bene, serve a prendere le misure dei propri limimi e perfino a crescere in certi momenti particolari della vita. Sono i famosi riti di passaggio. Esiste al mondo un bambino che non ha mai fatto i capricci? Che non ha mai disobbedito per vedere cosa succede?
Insomma, mi sembra che in tutta questa storia, ci sia poco buon senso, almeno e' quello che percepisco dall'esterno. Mi sembra che sia successa una cosa tremenda e ora stiano cercando di incolpare un'intera categoria di persone, un'intera citta', trovare spiegazioni forzate solo per mettere il cuore dell'opinione pubblica in pace. Ma puo' darsi anche che io la veda cosi' perche' giudico la mia esperienza personale di Erasmus positiva e fondamentale per la mia crescita, sicuramente non sono obiettiva e non conosco la realta' di cui si parla nello specifico (e non e' che sto tutto il giorno a leggere quello che scrivono, che' davvero fa paura e certi dettagli preferisco risparmiarmeli). Certo che pero' anche l'atteggiamento della stampa e degli avvocati che continuano a dare informazioni imprecise e a smentirle il giorno dopo, lascia perplessi.
Ad ogni modo, devo ammettere che c'e' stato un momento anche nella mia bellissima esperienza dove ho avvertito un minimo l'atmosfera di cui parlano i giornali. E' stato verso la fine. Dopo un anno al massimo, c'era una sorta di disperazione profonda in tutte quelle feste d'addio a cui andavamo e non era probabilmente solo per la tristezza dei saluti, ma forse qualcosa di piu' intimo. La paura di dover tornare a casa e fare i conti con la realta', il futuro che faceva una paura tremenda, questo si' lo riconosco. Ricordo scherzi e bravate di alcuni che si spingevano ogni volta un po' piu' in la', ma poi alla fine la logica ha sempre prevalso.
Io mi sento fortunata ad avere avuto un periodo cosi', un periodo in cui pensare solo a me stessa, in cui imparare a cavarmela da sola, in cui conoscere persone da ogni dove, un periodo in cui fare magari anche degli errori prendendomi tutte le responsabilita' del caso. Quell'anno e' come uno scrigno segreto che apro ogni volta che ho delle difficolta', ogni volta che non va bene niente perche' in quello scrigno c'e' una vita perfetta in potenza, li' dentro ritrovo una me stessa forte, coraggiosa e piena di entusiasmo e cosi' credo facciano un sacco di altre persone in giro per il mondo.

mercoledì 14 novembre 2007

il gioco dei nomi

Ho iniziato la mia lista di nomi e credo proprio che continuero'. Voglio dedicare a questa cosa una decina di minuti al giorno quando posso ed e' un'attivita' che voglio fare sempre appena sveglia.
Ho iniziato a scrivere i nomi a caso, poi e' stato spontaneo dividerli per categorie 'le elementari', 'il liceo', i 'vicini di casa', 'la famiglia', ecc. Mi piace scrivere a mano e poi scoperchiare la scatola dei ricordi, mi apre la mente.
Questa cosa e' simile alla meditazione per certi versi e il risultato e' stato strabiliante. Ieri notte ho fatto un sogno che non era semplicemente reale, era quotidiano. Rivivevo un giorno qualsiasi di tanti anni fa. Forse ho trovato quello che cercavo.
Sul vecchio quaderno di carta di riso che sto usando c'era scritto che non esiste separazione definitiva fino a quando c'e' il ricordo. Forse per questo colleziono addii.

lunedì 12 novembre 2007

virtuale

L'altro giorno ascoltavo su NPR l'intervista a una scrittrice che ha cercato su google il nome del suo ex e ha scoperto una trama da film di spionaggio. La storia era appassionante, cosi' ho cominciato per gioco a 'googlare' i nomi dei miei compagni di scuola, dei vecchi amici, di tutti quelli che mi sono venuti in mente per vedere che fine avessero fatto tutte quelle persone che un giorno hanno incrociato il mio cammino. E' stata una ricerca estremamente veloce e non ho scoperto nulla di nuovo o interessante, tranne il fatto che facevo fatica a ricordare alcuni nomi. Proprio questa cosa mi ha impressionato e sorpreso molto. Nomi di persone con cui ho condiviso momenti importanti, nomi che ho pronunciato spesso a volte faticano a tornarmi in mente. Suppongo che parte di questo sia dovuto agli effetti dello shock culturale, al fatto che ci sono troppe cose 'nuove' a cui pensare in questo periodo, pero' mi e' spiaciuto. Cosi' ho deciso di fare una lista, ogni volta che mi torna in mente un nome, giusto per essere sicura di averlo li'. Nella mia lista voglio tutti i nomi delle persone che ho conosciuto o che ho incrociato. Voglio vederli scritti e pensare per un momento a quei visi a cui non penso piu' ma che un giorno valevano qualcosa nella mia vita. E' sciocco forse, ma ho bisogno di aggrapparmi alla memoria, al suono di un nome, ho bisogno di perdere il meno possibile per strada.
Mi ricordo che una decina di anni fa avevo un amico che aveva cominciato a frequentare le chat room su internet. Erano davvero i primi tempi in cui la rete entrava un minimo nel nostro quotidiano. Mi ricordo che si era innamorato di tale Venus conosciuta in chat, ma non l'aveva mai incontrata perche' aveva una ragazza e diceva che tanto questa Venus era virtuale. Virtuale. Mi ricordo che usavamo molto quella parola, ma io non capivo bene. Prima di tutto forse perche' non ho mai frequentato le chat e poi perche' io vedevo che lui ci soffriva davvero se lei non si connetteva. Mi sembrava una cosa molto piu' vera di quanto lui fosse disposto ad ammettere. Di anni ne sono passati e tutto e' cambiato. Quella parola, virtuale, non si usa piu' tanto e mi sembra un bene perche', non mi sbagliavo, quello che succede qui non e' per niente virtuale, al contrario. E' vero come una chiaccherata o una telefonata, ci si conosce, ci si scopre un po' pian piano. Chi sarebbe capace di fingere guardandoti in faccia, probabilmente e' capace di fingere anche qui. In questi giorni ho un problema, ne ho scritto su queste pagine e voi mi avete dato dei consigli, mi avete aiutato a decidere, magari confrontandomi con voi ho modificato anche la mia percezione originaria dei fatti. Magari agiro' diversamente da come avrei fatto anche in virtu' delle riflessioni che mi avete stimolato a fare, magari no, ma non e' questo il punto. Ieri ho passato una bellissima serata con persone conosciute proprio qui. Proprio io che ho sempre avuto il terrore di conoscere 'le persone via internet', mi sono fidata dell'istinto, di questa persona che mi ha ispirato fiducia dal primo momento e non ho sbagliato. E non c'e' niente di virtuale.
Siamo noi quando affidiamo al web i nostri pensieri e siamo noi quando conversiamo guardandoci negli occhi.

sabato 10 novembre 2007

un dubbio che non vorrei avere

Com'e' andata a finire

Ieri mattina sono arrivata a scuola e ho trovato una brutta sorpresa. Nell'atrio c'era un cartellone alto come l'intera parete con i nomi di tutti quelli che hanno donato soldi alla scuola due settimane fa. Il mio nome c'era perche' alla fine, dopo una settimana, sentendomi estremamente a disagio avevo dato anch'io qualcosa. Quel gesto mi era costato moltissimo, ma era diventato davvero difficile affrontare il lavoro con quel peso, mi sentivo trattata in modo diverso essendo l'unica (o cosi' mi avevano fatto credere) a non aver partecipato. Cosi' ho donato anch'io, cedendo all'intimidazione che mi e' stata fatta, ma sperando di lasciarmi questa brutta storia alle spalle.
Invece, quello che e' successo ieri riporta tutto a galla. Ma come si fa a comportarsi cosi'? Costringere i propri stessi impiegati a donare dei soldi e poi pubblicare a lettere cubitali i loro nomi (e soprattutto non pubblicare i nomi di chi non ha pagato). Tra l'altro i nomi non erano nemmeno in ordine alfabetico, quindi mi chiedo se addirittura non andassero da chi ha donato di piu' a chi ha donato di meno. Che cattivo gusto! Sono stupita, perche' lo ripeto ancora, io credo di lavorare con persone veramente per bene. E' evidente che pero' ci sono delle forti divergenze di pensiero.
Cosa dovrei fare? A me il mio lavoro piace e vorrei arrivare alla fine dell'anno. Persone competenti auspicano a questo punto una vera e propria causa con la certezza di vincerla. Io sarei portata semplicemente a far presente la cosa a voce, ma mi dicono che questo molto probabilmente avrebbe delle ripercussioni negative sulla mia vita sul posto di lavoro e che sarei a quel punto senza nessuna difesa. Insomma a quanto pare la scelta sarebbe fra il silenzio e la causa. Che situazione squallida.
Ma perche' nessuno si lamenta? Mi dicono persone esterne che non e' una cosa normale qui che succede in tutte le scuole.
C'e' qualcosa che mi sfugge.

giovedì 8 novembre 2007

paura di perdersi

Una delle mie piu' grandi paure e' sempre stata quella di perdermi, per questo ho sempre avuto la fobia di guidare da sola sulle autostrade texane. La foto che vedete accanto l'ho scattata, credo, il primo giorno a Dallas. Queste autostrade sospese nel cielo sono una delle cose che hanno colpito di piu' la mia immaginazione all'inizio. Mi affascinano dal punto estetico e mi inquietano, mi fanno sentire piccola piccola, mi danno le vertigini.
Per andare al lavoro dovrei fare un paio di queste sopraelevate e altre due autostrade a tipo sei corsie oppure una sola autostrada normale, ma a pagamento, una delle pochissime.
Insomma fino a pochi giorni fa prendevo l'autostrada a pagamento, che oltretutto e' anche piu' lenta. Un giorno avevo deciso che era ridicolo e che non sarebbe successo nulla di male, che questa paura non aveva senso. Provai e mi persi. Fu come un incubo. Si va talmente veloci e gli spazi sono talmente grandi qui che basto' confondere un'uscita per finire - non ho mai capito dove perche' ampiamente fuori dai margini della cartina che avevo in macchina al momento. Ricordo che mi fermai ad un'uscita in mezzo ai pascoli nel parcheggio di una chiesa chiamata significativamente Calvary. Era surreale, non c'era nessuno, solo mucche e ho avuto una specie di attacco di panico. Per quanto ne sapevo avrei potuto essere in Messico o in Nuovo Messico o in una fessura spazio temporale a cavallo fra mondi diversi. Senso dell'orientamento: zero.
Dopo questo episodio su cui giustamente io stessa ho riso molto (a posteriori!), la sola vista di un'indicazione autostradale mi dava l'orticaria.

Quello che e' successo e' che dopo un anno ce l'ho fatta, ho superato la paura. Ora tutti i giorni prendo le mie autostrade e i miei ponti e non ho piu' il nodo allo stomaco, anzi mi godo il panorama mozzafiato. Sembrera' ridicolo, ma fra tutti cambiamenti che ho dovuto affrontare, anche questo ha avuto la sua parte.

Tra l'altro ho notato una cosa interessante. Dalle sopraelevate vicino a casa mia si vedono distintamente i grattacieli del centro. Ci metto una mezz'oretta scarsa ad arrivare da quelle parti, ma ho realizzato che faccio circa 30 km. Insomma, a Milano vivevo a circa 10 km dal centro e ci mettevo un'ora ad andare al lavoro! E' tutto sempre cosi' diverso.
E sono talmente tante le cose che ho dovuto e che devo ancora imparare o reimparare.

mercoledì 7 novembre 2007

un polpo dice a una polpa 'facciamo polpette?'

Ho comprato un libro di cucina italiana in inglese.

I nomi dei piatti sono scritti in italiano.

"Risotto con polpette"

La foto non mi convince.

Poi c'e' la traduzione:

"Rice with baby octopus"

martedì 6 novembre 2007

I'm fine...

Mi sono ripresa dalla terribile esperienza del pink eye e mi sento piena di energia, come qualcuno a cui sembra di aver perso un sacco di tempo prezioso. 8 giorni sono davvero troppi. Il week end fuori e' andato, pazienza, ma si puo' ancora recuperare. Per di piu' la mia vita si e' arricchita notevolmente. Innanzitutto ora posseggo un termometro, pero' mi sa che quelli con il mercurio non li fanno piu', peccato. Poi ho scoperto che le caramelle balsamiche non sono tutte cattive, ma esistono anche quelle buone, per esempio alla ciliegia, e creano dipendenza. Inoltre, ho scoperto anche tutta una gamma di prodotti disinfettanti che non pensavo. Quando ero contagiosa dovevo spruzzare tutto quello che usavo e oramai mi sono perfino dotata di un fantastico spry igenizzante per le mani a forma di penna, da tenere sempre in tasca: cosi' li frego io quei marmocchietti pestiferi e vediamo se riescono a infettarmi ancora. E che dire delle pastiglie balsamiche per la doccia? Mai piu' senza.
Insomma, anche questa e' andata. Mi sono ritrovata piuttosto fragile in questa situazione. A volte pensi di avere tutto sotto controllo, poi basta un niente e caschi giu'. Mi e' spiaciuto non trovare l'appoggio di qualcuno che non dubitavo mi sarebbe stato 'vicino', ma mi sono soprattutto riscoperta molto piu' riconoscente in generale. Questo e' difficile da spiegare, ma ci provo. Quando vivevo in Italia e stavo male, mi sembrava scontato che qualcuno mi desse una mano e di mani ce ne erano sempre diverse. Qui invece, sono immensamente riconoscente quando ne spunta anche solo una. Ho scoperto questo sentimento. La gente mi conosce talmente poco che se qualcuno decide di fare qualcosa per me, prima di tutto di solito mi da un aiuto molto maggiore rispetto al gesto in se' e poi lo apprezzo davvero. Riconosco che io a casa mia, mi concentravo su chi conoscevo da molto, amici e familiari, e non pensavo molto ai problemi degli ultimi arrivati, delle ultime conoscenze, per questo ringrazio di cuore chi pensa a me. Siccome come e' risaputo, lavoro con dei santi, la direttrice mi ha mandato un'email per assicurarsi che bevessi molti liquidi e che mi riposassi e per dirmi che sperano che torni presto perche' gli manco molto e mi sono quasi commossa, ma sul serio. Cercavo modi per sdebitarmi, ma c'e' solo da dire grazie. Grazie. Anche a Mr. Johnson che e' quel tipo di persona che quando si preoccupa e si spaventa diventa scontrosa, ma in questo caso ha fatto uno sforzo grandissimo per semplificarmi la vita e all'acchiappaconiglietti che non mi ha lasciato un secondo. Anche a voi che passate spesso di qui. Non sto a dire chi come e quando, ma siete in tanti e lo sapete quanto mi avete tirato su il morale in questi giorni.
Una cosa che non ho capito di tutta questa storia e' il certificato medico: qui non esiste. Ma come? Mi prendo una roba contagiosissima, mettono in allerta tutto l'edificio e poi mi lasciano tornare senza il parere di un medico? Strana questa cosa, magari la mia amica Fragile sapra' come al solito illuminarmi.
Un'ultima scoperta di questi giorni "rosa": google reader! Ma come avevo fatto a vivere senza? Mi sono imbattuta in questo video e finalmente ho capito tutto perfino io che sono imbranatissima con il computer (si, e' di una semplicita' elementare!). Ve lo consiglio.

sabato 3 novembre 2007

senza titolo

Ieri sera, ho fatto la foto per il rinnovo del passaporto. A Natale vorrei tornare in Italia e devo mandarla al Consolato di Houston il piu' presto possibile. Forse sono gia' in ritardo. E' per questo che non ho potuto fare tanto la difficile quando ho visto la foto, carina tutto sommato, ma c'e' un problema: un occhio sembra piu' aperto dell'altro. La stanchezza, ho pensato, magari la rifaccio domattina al volo prima di spedire tutti i documenti. Dopo la foto, sono andata a dormire e dopo un po' ho fatto uno strano sogno. Di avere un uovo spalmato in faccia, una strana sensazione, e mi sono svegliata. Mi sono guardata allo specchio e mi sono spaventata. Un occhio troppo gonfio per aprirsi. Entro in crisi. Paura. Bacillofobia. Tra l'altro oggi c'era la festa dell'asilo e venivano i cow boys e avevo un sacco di altre cose da fare. E questo week end dovevamo finalmente partire. Mi lavo la faccia, torno a dormire e mi autoconvinco (?) che l'indomani mattina staro' bene.
Ovviamente questa mattina non stavo bene, anzi non sto per niente bene neanche ora. Quando mi sono rivista cosi' ho cominciato a piangere e ho dovuto chiedere a Mr. Johnson di chiamare per me al lavoro per dire che non andavo. La direttrice gli fa Sara' mica 'pink eye'? Se ha preso il 'pink eye' dovete avvertirmi immediatamente, bisogna spedire subito una lettera a tutti i genitori.
Allora a quel punto, immaginate, mi ritrovo assente dal lavoro nell'unico giorno 'importante' dell'anno, con un'occhio deforme, con una foto sul passaporto per almeno altri 5 anni che e' meglio non parlarne neanche e forse con una strana malattia estremamente infettiva che non so bene cos'e', ma appena la gente la sente fa yuu che schifo. Mr. Johnson si prende la mattinata libera e mi accompagna dal dottore. La diagnosi parla chiaro: ho il 'pink eye', che credo di aver capito sia una forma di congiuntivite piuttosto comune da queste parti, probabilmente l'avro' presa all'asilo. Oltre ovviamente a una brutta influenza e alla tosse.
Ma e' solo ora che arriva la parte davvero patetica. Dopo aver saccheggiato la piu' vicina farmacia Mr. Johnson torna al lavoro e io mi ritrovo da sola, ammalata, buttata nel letto in stato semi incosciente immaginando la mamma che arriva con la minestrina del Mulino Bianco in mano. Per fortuna avevo almeno l'acchiappaconiglietti raggomitolato a fagiolino accanto a me. Dopo numerose ore mi dico Ma si' io una mamma ce l'ho anche se e' lontana, la chiamo cosi' mi tira un po' su.

La telefonata.

- Parla piu' forte che non ti sento, ma che voce hai? Ma sei tu?
- Si sono io! Sono ammalata...
- E cos'hai? Influenza?
- Si, per di piu' ho preso una specie di congiuntivite e ho un'occhio mezzo chiuso, guarda non ti dico...
- Ma non sara' mica una puntura d'insetto?
- No, sono stata dal medico.
- No, ma sai tante volte ci sono degli insetti che ti fanno proprio cosi'...
- No. Il medico ha detto che e' congiuntivite.
- Sai cosa puoi fare? Prendi una bustina di camomilla la bagni e te la metti sull'occhio, vedrai come ti fa bene...
- Si lo so che mi fa bene, ma devo prendere gli antibiotici...
- Ma si dai che non e' niente, tanto lo sappiamo che se hai un raffreddore fai una tragedia, figuriamoci se stai un po' male davvero...

E ride. Lei.

- Scusa ma mi scoppia la testa, ci sentiamo, he? Ciao.

Ecco, sono passate un po' di ore e ora mi sento meglio, riesco anche a scrivere, ma l'umore e' pessimo. Quelle giornate dove sembra che tutto quello che possa andare storto va storto, e per di piu' si e' soli e non c'e' proprio uno straccio di nessuno che si prenda cura di te, che ti prepari, che ne so, una spremuta non dico tanto.

Uffa.

giovedì 1 novembre 2007

il vero mistero di halloween

Serata di Halloween passata sotto compertina a guardare Poltergeist e ad aspettare la cena cinese e soprattutto i trick or treaters. E sono arrivati in tanti. E' vero, allora. Esistono, non e' solo una di quelle cose che fanno vedere nei telefilm americani. La prima bambina di 5 o 6 anni, vestita da uomo ragno, era molto timida e ha preso un solo dolcetto, i bambini piu' grandicelli invece bussavano e aprivano direttamente una grande borsa guardandoti con sufficienza, della serie prova a dire scherzetto e vedi cosa ti combino. Tra l'altro, ho visto che anche i genitori spesso si travestono. Molti ne hanno approfittato per darci il benvenuto nel quartiere e presentarsi. Niente smashing pumpkins (zucche rotte) pero', almeno non qui. Insomma, devo dire che Halloween si e' rivelata una ricorrenza piuttosto simpatica, vedremo come sara' Thanksgiving (il Giorno del Ringraziamento) fra poco. Non vedo l'ora perche' a quel punto faremo anche noi un po' di vacanza finalmente.
Non mi sento ancora benissimo, ma molto meglio cosi' oggi sono tornata al lavoro e ho trovato un sacco di regali che mi sono stati portati ieri da alcuni bimbi per Halloween. Mi sono commossa perche' a questo punto direi che si', volente o nolente, sono una maestra.

Ad ogni modo, il vero mistero di Halloween che mi ha fatto scervellare, era nel mio dolcetto della fortuna ed e' ancora tutto da decifrare. Se qualcuno capisse cosa significa, me lo faccia sapere per piacere, cosi' smetto di pensarci.

If the shoe fits, it's probably your size
(Se la scarpa ti sta, e' probabilmente della tua misura)