domenica 31 gennaio 2010

povero dewey…

Dopo una settimana esatta sono riuscita a finire di organizzare la libreria. Intanto, bisogna dire che approfittando della mia influenza, sono riuscita a fare passare una piccola legge ad personam che mi concede l’utilizzo esclusivo della stessa. Forse dal punto di vista etico questa norma, puo’ avere delle debolezze, ma sono italiana…il fine giustifica i mezzi, no? Scherzo (anche se ci sarebbe poco da scherzare…)! Oggi gira un po’ cosi’, e’ domenica. Anzi, mi e’ anche dispiaciuto sfrattare i noiosissimi libri di storia di Mr. Johnson, ma obiettivamente sono io quella che i suoi libri, vecchi e nuovi, li apre e li richiude piu’ spesso, anche per lavoro, mi serviva averli a portata di mano. Organizzare una libreria anche piccolissima come la mia e’ sempre difficile, pero’ per il momento sono soddisfatta e, dopo una settimana di caos, la contemplo con la pace negli occhi come se avessi finito di arare il mio piccolo giardino zen. Ci sono i libri di arte catalogati in ordine alfabetico, autori e movimenti. Poi ci sono i saggi di estetica e critica. I libri che uso piu’ spesso per lavoro, quelli sulla creativita’ e le tecniche di insegnamento dell’arte. I libri di poesia e quelli di fotografia. I romanzi gia’ letti divisi a seconda della lingua e uno scaffale con i prossimi che leggero’, sostanzialmente quelli che mi sono stati regalati per Natale (tanti di Ammanniti, qualcuno di Camilleri e poi Calvino, Wallace, Tevis, Carofiglio, Ruiz Zafon, Clara Sereni, Pesce … ci mettero’ un po’…).

Chissa’ cosa direbbe il mio professore di biblioteconomia con la sua classificazione Dewey e tutto il resto…mi toccherebbe spiegargli che il mio e’ un ordine perfetto: per una persona disordinata.

venerdì 29 gennaio 2010

di maschere e ricette di dolci

Sono stata invitata a pranzo da un’amica italiana che cucina benissimo. Il problema e’ che quando mi sono offerta di portare almeno il dolce, lei si e’… esaltata!? Non ricordo bene, ma credo abbia menzionato quello che le mie “meravigliose manine italiane” sanno fare e per qualche motivo sconosciuto (e sconsiderato) non ho chiarito subito l’equivoco, cioe’ che il dolce l’avrei comprato al volo cinque minuti prima di andare da lei, non l’avrei mica fatto io. Si insomma, le ho lasciato credere che avrei fatto un dolce “con le mie meravigliose manine italiane”.

Ecco. Purtroppo l’unico dolce che mi viene bene -a volte- e’ il tiramisu’, che in confronto a quello che fa lei, anche al massimo della forma, e’ sempre cosi’ cosi’.

Come faccio? Per una serie di coincidenze (casualmente ogni volta che ci siamo viste sono riuscita a non bruciare tutto), questa persona che non conosco da molto tempo, si e’ convinta che sappia cucinare e io voglio che continui a crederlo, lo voglio, oh. Ma come?

Mi date qualche idea?

Mi serve una ricetta facile per un dolce che nemmeno io posso sbagliare, ma che abbia anche il suo perche’ diciamo. Allora? Help!

giovedì 28 gennaio 2010

absolute beginners e baby killer

L’altra sera ho cominciato il nuovo corso di italiano. Questa volta mi sono capitati gli “absolute beginners” e ne sono abbastanza contenta cosi’ non saro’ piu’ costretta a cercare mille argomenti di conversazione.

[E poi soprattutto non dovro’ piu’ ripetermi come un mantra nella testa “non importa cosa dicono, importa come lo dicono” continuando a mantenere un’espressione gentile e disponibile mentre ascolto le peggiori assurdita’]

Comunque. Parlavamo del fatto che in italiano si usano tante parole inglesi, ma che questo non e’ necessariamente un vantaggio perche’ a volte le pronunciamo in modo completamente diverso e altre volte gli diamo addirittura un significato diverso.

Per esempio, pensate all’espressione tanto cara ai nostri giornali: baby killer.

Ci avete mai pensato? A loro fa venire in mente un assassino di bambini, per noi invece il significato e’ esattamente opposto.

Buffo no?

mercoledì 27 gennaio 2010

spaghetti e hot dog? ma davvero?

Premettiamo che questo blog non disprezza la cucina americana (e nessun’altra conosciuta), che non facciamo troppe scene e mangiamo piu’ o meno tutto (tranne cio’ che si spaccia per italiano quando evidentemente non lo e’, tipo la salsa “prego” o la pasta sottomarca che si scuoce in un  minuto). Anzi vi diro’ di piu’, a noi quelli che fanno tutte le facce schifate di fronte a una grassissima pizza americana (americana appunto) e poi se la spazzolano sottobanco, quelli che vanno da Starbucks e ordinano la San Pellegrino per dire, fanno anche un po’ tristezza, ma a tutto c’e’ un limite. Non lo si voleva credere ma anche a “l’integrazione” c’e’ un limite.

P1020573Di cosa si tratta?

P1020574

Eccolo qua. Il limite.

sabato 23 gennaio 2010

il mio tesoro

P1190397 E cosi’ oggi dovrei fare una piccola magia rimandata da tempo: provare a fare entrare negli scaffali tutti i libri che ho portato dall’Italia. La maggior parte mi sono stati regalati e gli altri sono cose vecchie che ci tenevo ad avere a portata di mano. Leggevo da qualche parte, l’altro giorno che leggere piu’ libri contemporaneamente indica una sorta di piacere nella complessita’ della vita. Evidentemente allora, io ci sguazzo proprio nella “complessita’ della vita”: non leggo poi moltissimo, ma mai meno di tre libri alla volta (e possibilmente non nella stessa lingua). Oh- oh.

Comunque, mi lamento tanto di quanto sia difficile comprare libri in italiano qui, ma in realta’ si sta creando un meccanismo magico intorno a questi libri.

C’e’ poco da fare le cose piu’ desiderate sono sempre le piu’ gustose.   

venerdì 22 gennaio 2010

al fuoco!

Leggevo un opuscolo sull’autodifesa e diceva che molti, in caso di pericolo, fanno l’errore di gridare “aiuto!”. Le varie ricerche invece dimostrerebbero che il segnale a cui piu’ persone rispondono e’  “al fuoco!” perche’ “aiuto” indica un problema generico e personale, mentre “al fuoco” un problema specifico e collettivo. Quanto siamo egoisti.

giovedì 21 gennaio 2010

non capisco ma mi adeguo

Da un momento all’altro hanno chiuso la mia amata piccola palestra di quartiere. Cosi’ senza nessun preavviso. E dire che era sempre piena. Il giorno dopo cosa fanno? Ne aprono un’altra, poco distante. L’altra pero’ e’ immensa, incredibile, in una parola ‘texana’. Ci vai e ti sembra di essere in vacanza, tipo in un albergo di lusso. Con gli asciugamani bianchi piegati e sempre freschi di bucato, tutti i sanitari di marmo, perfino una piccolissima asciugatrice che ti strizza per bene il costume cosi’ non lo devi portare a casa bagnato! Il personale e’ ovviamente gentilissimo e sempre a tua disposizione. Come l’altra e’ aperta 24 ore su 24. L’unica limitazione che ho notato, tanto per darvi un’idea, e’ il pudico cartello “swimsuit required” all’entrata dell’elegante area piscina-varie-ed-eventuali. E mi sembra il minimo, tutto sommato.

Il tutto in automatico: allo stesso prezzo.

Insomma, io non so dove sia il trucco, questo capitalismo americano lo capisco sempre meno, ma cosa ci posso fare? Evidentemente dovro’ abituarmi anche a questo. Dura la vita a volte.

martedì 19 gennaio 2010

grigi no…

Comunque, a conti fatti, il piu’ grande shock del rientro in Italia dopo due anni e’ stato quello dei capelli bianchi che ho visto spuntare sulla testa di molti miei conoscenti e amici. A questo proprio non ero preparata. Lo confesso, ho anche provato a convincere qualcuno a tingersi, ma senza successo: sono tutti orgogliosi dei loro capelli grigi. Forse e’ solo che ancora, non essendomene trovata nessuno sulla testa, non ci avevo nemmeno pensato, ma questa cosa qui mi ha dato proprio – drammaticamente!- l’idea del tempo che e’ passato.

Ragazzi, stiamo invecchiando! 

E proprio io che in fondo mi sono sempre sentita cento anni dentro –ve lo dico- non mi sento per niente pronta, ancora no.

lunedì 18 gennaio 2010

di domeniche selvagge

Ogni fine settimana vado al lago con i bracchetti e ogni fine settimana faccio qualche strana esperienza naturalistica, e’ un dato di fatto, oramai ci sono abituata. Il problema e’ che stupidamente, dopo un mese di assenza, non ci pensavo piu’ alla natura selvaggia texana.

Eppure c’e’ chi asserisce di avermi chiaramente sentito esclamare, qualche settimana fa arrampicandomi con l’agilita’ di un capriolo valdostano sui monti francesi: - che bello scarpinare senza paura dei coyote, dei serpenti, delle puzzole malefiche, delle tartarughe azzannatrici, ecc. ecc.

[C’e’ anche chi asserisce di avermi sentito dire fico, camminare fra case piu’ vecchie di me… ma quella e’ un’altra storia…il solito shock culturale alla rovescia]

Evidentemente si fa presto ad abituarsi alla vita comoda europea, tant’e’ che ieri tranquilla e incosciente come non mai ho convinto Mr. Johnson a prendere una cosiddetta “scorciatoia”. Intrappolati in questa sorta di boschetto con i bracchetti, circondati da piante spinose, si arrabbiava, e molto:

- Ma come ho fatto a darti retta?! E’ la cosa piu’ stupida che abbia mai fatto in vita mia! Non abbiamo nemmeno un machete (!), ah e poi…stai un po’ attenta a dove metti i piedi che qua sotto e’ pieno di serpenti!

Ecco, io capisco tutto, ma non credo che dire a una persona bloccata fra le spine guarda che e’ pieno di serpenti aiuti piu’ di tanto la situazione…

…E invece si’! Anche questo fine settimana ho imparato qualcosa di nuovo. Pare che solitamente si venga morsi dai serpenti perche’ non vedendoli, li si pesta. E io che pensavo si spostassero.

sabato 16 gennaio 2010

le migliori scuse del secolo

- Non ho dato l’acqua alla tua pianta perche’ pensavo fosse di plastica

[ovviamente me l’aveva regalata lui…]

venerdì 15 gennaio 2010

maschili femminili

Appena arrivata in Italia un mio amico mi aveva chiesto di segnarmi tutte le cose che trovavo cambiate. Ovviamente presa dal vortice che vi dicevo, non l’ho fatto. Aspetto sempre che inventino una sorta di taccuino mentale, o qualcosa del genere, ma per quello che mi ricordo, non credo di aver notato grandissime differenze tranne una: l’abbigliamento maschile. Non tanto quello che ho visto indossato (anche se un po’ si ogni tanto…), ma quello delle vetrine. Ho fatto un salto in un paio di negozi che a Mr. Johnson piacevano relativamente quando vivevamo in Italia (relativamente perche’ non gli piace nulla davvero, il suo guardaroba consiste in tre cose di quattro colori) e ho visto con grande stupore che sono diventati molto piu’… femminili. Piumini dall’effetto smaltato, giacche luccicanti, accessori chic, magliette e golfini tendenzialmente molto strette e dei miei colori preferiti….Questa cosa mi ha sorpreso. Mentre i vestiti da donna sono molto molto simili, quelli da uomo sono diversissimi. Mi chiedo se lo fossero anche prima e non me ne accorgessi perche’ ci ero abituata o se c’e’ stata davvero un piccola svolta fashion in questi ultimi due anni...

giovedì 14 gennaio 2010

pensieri sparsi da fuso

In questi giorni dopo il rientro, come e’, credo, facile capire, e’ scesa un po’ di malinconia. Va tutto bene, ma mi rendo conto che una scelta e’ tale sempre, che prenderle certe decisioni costa, ma portarle avanti forse ancora di piu’ ed e’ un prezzo (relativo poi, se la felicita’ ha un prezzo) che si paga tutti i giorni in un certo senso. Cosi’, mi guardo un po’ intorno. Sono le sette del mattino e sono sveglia da due ore. Il fuso orario mi sta facendo vedere delle albe incredibili, proprio qui dal mio backyard. Quando mi sono trasferita qui avevo deciso di fotografare il cielo almeno una volta al giorno, ma ho smesso quasi subito, chissa’ perche’.P1020563   P1020562 

 

 

 

 

 

 

Ieri, tornando a casa dal lavoro, sentivo Bill Clinton a proposito del terremoto di Haiti. La giornalista gli faceva una domanda terribile. Qualcosa tipo: Haiti e’ uno dei paesi piu’ poveri del mondo e recentemente sembrava in una fase di leggera ripresa, dopo questa catastrofe potranno mai risollevarsi? Lui, che era li’, che a quanto pare li’ ci va da trent’anni ad aiutare e li’ conosce molte persone, comincia con un well per prendere tempo, poi fa per dire qualcosa lentamente, sceglie le parole con cautela. Poi si ferma all’improvviso, come per gettare la maschera per un istante prima di rientrare nel suo ruolo istituzionale. E dice senza esitazioni quasi con rabbia, solo una cosa: le conseguenze di qualunque tragedia nella vita sono determinate dal modo in cui a quella tragedia si risponde. Un’osservazione semplice tutto sommato, ma profonda, che parla di forza e di autodeterminazione sempre. Raramente ascoltare il telegiornale italiano, mi suscita questo genere di riflessioni. Specialmente ora, dopo quello che e’ successo in Calabria. E’ successo quando ero in Italia presissima da tutti i miei giri e non ho avuto per niente in quel momento la misura della gravita’ di quei fatti. Una notizia fra le altre, non avevo minimamente capito. Ma perche’ non ne parlavano tutti  dappertutto? E’ una roba gigante, mostruosa. Non so in tv, ma su internet dalle homepage dei maggiori quotidiani la notizia e’ gia’ sparita. Ieri, lavavo i piatti e guardavo Blob, l’unico programma che ti da’ davvero un’impressione della situazione italiana, a mio parere. E’ possibile che le uniche parole sensate in televisione siano venute da Pippo Baudo? Spero tanto di no. Ho ancora nelle orecchie quelle grida scomposte sono delle bestie, se ne devono andare. Proprio durante il mio viaggio, il mio vicino di casa (calabrese, ironia della sorte), chiedendomi come era l’America, mi faceva notare: – Ma il razzismo? Eh l’America deve essere un paese razzista con il Ku Klux Klan e tutto…

E’ inutile stare qui a raccontarcela, se quelli con la pelle scura, dovunque e comunque, sono i piu’ poveri della terra, il razzismo c’e’ ed e’ dappertutto. La differenza secondo me sta fra chi lo riconosce e lo combatte e chi se  lo vive in maniera bestiale e poi fa finta che non sia successo niente.

mercoledì 13 gennaio 2010

one more thing about dallas

E cosi’ ieri mattina sono tornata al lavoro. Dopo tre settimane via, mi ero un po’ dimenticata dell’indicibile, a tratti surreale devo dire,  cordialita’ della scuola Flanders, cosi’ faccio per entrare, in ritardo ovviamente, digito il mio codice, parolaccia, non funziona, cominciamo bene. Vado in direzione sperando che non sia colpa mia, soprattutto questo, che’ gia’ ho avuto una settimana di vacanza in piu’ degli altri e non vorrei farmi notare troppo. La direttrice e’ impegnata alla sua scrivania, tira su la testa, mi guarda un attimo, io mi accorgo di bisbigliare e appena realizza che sono tornata esclama il primo di una serie apparentemente infinita di welcome back, we missed you, how was your trip, I’m glad you are back safe (!), ecc. ecc. che si sarebbero poi protratti per il resto della mia giornata lavorativa. E’ questo che mi manca quando sono in Europa, la simpatia e la gentilezza disarmante dei texani.

Oggi ho sentito molto parlare di questo video assurdo che ha realizzato il comune di Dallas. E’ fin troppo lungo, ma se lo guardate un po’ potrete vedere piu’ o meno com’e’ la citta’ (questa e’ sempre  senza dubbio la domanda piu’ gettonata per quanto mi riguarda) e soprattutto il grado di follia (e autoironia) dei suoi abitanti.

Anche perche’ se Vanilla Ice e’ la celebrity piu’ famosa che hanno trovato…

“Living large and thinking big”

lunedì 11 gennaio 2010

my guilt trip

Questo ritorno in Italia e’ stato una sorta di spartiacque: prima ero un’emigrante che stava lontano e che tornava relativamente spesso ora sono un’emigrante (che per una serie di motivi eccezionali bla bla bla) non e’ tornata per due anni e che in teoria potrebbe non tornare piu’. “Partire e’ un po’ come morire” diceva la saggezza del cioccolatino e in effetti ci ho pensato diverse volte da quando mi sono trasferita qui. Parliamo delle dinamiche assurde che questo comporta. Fenomeni stranissimi. Ho scoperto a mia insaputa di essere diventata, ad esempio, una cuoca eccezionale. E poi la pazienza: sono diventata la persona piu’ dolce e paziente sulla faccia della terra. Ma quando mai? Nel ricordo. Nel ricordo di una mamma tutto e’ piu’ bello in questi casi e questo mi sembra abbastanza normale, ma cio’ che mi ha stupito veramente e’ il fatto che il mio essere cosi’ lontana abbia fatto si’ che anche persone che conosco di vista o con cui non ho mai avuto nessun rapporto particolare (vicini di casa, parenti lontani, conoscenti vari…) mi volessero vedere a tutti i costi. La dirimpettaia, per esempio, mi ha invitato a prendere un caffe’ ad agosto, appena un uccellino le ha detto che sarei tornata per Natale. Un giorno, appena ho avuto un minuto libero, le ho detto vengo fra un’oretta e in quell’oretta ha fatto in tempo a chiedere il burro a quella del piano di sotto e prepararmi una fantastica torta di benvenuto. Ospitalita’ italiana spiegavo a un Mr. Johnson piacevolmente stupito, ed e’ proprio cosi’, e’ un modo di fare splendido e unico. Ho visto le case dei miei vicini di casa, non ci posso ancora credere. Mi hanno raccontato esattamente in cosa consiste il loro lavoro e mi hanno chiesto della mia vita qui instaurando cordiali e simpatiche conversazioni che in passato si fermavano in genere a un buongiorno o buonasera. Qualcuno si e’ commosso fino alle lacrime ed e’ molto bello suppongo. Eppure prima non abbiamo mai veramente parlato. Pero’ ci vedevamo sempre ed evidentemente non vedermi piu’ mi ha reso importante. E allora cosa fai? Ti rifiuti di assecondarli perche’ sei obiettivamente in un tour de force, una centrifuga di emozioni e impegni fra i piu’ disparati allucinante? Io non ce l’ho fatta, ma alla fine sembravo il medico della mutua: vedevo una persona ogni mezz’ora. Non credevo sarebbe stato tutto cosi’ complicato prima di partire. Tempo di qualita’ molto molto poco purtroppo. Mi e’ rimasta una sensazione di… criceto nella ruota. Frustrazione per il voler fare e non poter concretamente fare perche’ il tempo e’ quello, le ore sono solo ventiquattro, senza contare che in teoria quelle sarebbero dovute essere le mie vacanze per quest’anno. Forse ha ragione chi una volta mi ha detto che mi preoccupo troppo per quello che pensano gli altri, che non si puo’ non deludere mai nessuno. Soprattutto se poi vedere il cugino mai visto e improvvisamente affranto per la tua lontananza toglie il tempo all’ennesima chiaccherata con il vecchio amico con cui invece sei sempre rimasto in contatto. Un senso di colpa continuo insomma, che mi sono portata a casa fin qui. Possibile che in tre settimane non trovi un minuto per me? Non me ne ero resa conto, ma purtroppo e’ possibile. Ho fatto i salti mortali. E ora non so se ho fatto bene, ma non ho idea di come fare diversamente. Come ci si rapporta agli altri in questi casi? Voi che mi leggete e che vivete una situazione simile alla mia come vi regolate? Ho fatto quello che mi sembra sempre giusto in generale, cercare di dare retta a tutti senza deludere nessuno, ma non ha funzionato poi cosi’ bene, o si? Ha funzionato per me? Era quello che volevo? Questa situazione e’ nuovissima anche per me. Ieri mattina sono partita prestissimo e la mia nonna adorata ha lasciato la porta della sua camera aperta per essere sicura di sentirmi e salutarmi di nuovo prima che me ne andassi. Quando ha visto la luce accesa e’ spuntata sulla porta in camicia da notte, tutta assonnata e stropicciata. E’ stato tristissimo. Poi e’ tornata a letto e l’ho sentita piangere a lungo mentre mi preparavo. La nonna che piange di notte nel suo letto per te. Ma c’e’ qualcosa di piu’ penoso al mondo? Ne dubito. Un banalissimo vai e sii felice nella mia famiglia mai, eh. Poi arrivata qui, ho chiamato un attimo per avvisare che era andato tutto bene. Voci dall’oltretomba. E non e’ che io invece faccia i salti di gioia a essere gia’ tornata. Anche a me avrebbe fatto piacere stare un po’ di piu’, fare un po’ di piu’, ma cosa ci posso fare? E’ cosi’, non e’ colpa mia. O almeno me lo auguro.

back in texas

A questo punto, si sospetta che la bilancia italiana non fosse rotta come si e' sempre sostenuto, ma che "qualcuno" l'abbia volontariamente manomessa per ragioni che allo stadio attuale delle indagini appaiono... chiarissime.

sabato 9 gennaio 2010

pronti?

Fra ventiquattro ore sarò in viaggio per tornare a casa.
Il problema è che non mi sento per niente pronta. Queste tre settimane sono passate troppo in fretta e ci sono troppe cose che non ho avuto il tempo di fare. L'idea di tornare presto qui non mi alletta, vorrei solo restare ancora per un po', lo vorrei proprio tanto.

giovedì 7 gennaio 2010

ci risiamo...

Sono esattamente due anni che non si passano piu' di quindici ore divisi.
E ancora non è poi facilissimo prendere sonno.