lunedì 31 ottobre 2011

il primo dolcetto o scherzetto

Questa sera portiamo Baby J a fare il suo primo giro di treat or trick. Non vedo l’ora di essere finalmente dall’altra parte della porta. I preparativi quindi fervono.

Ma c’e’ qualche piccola difficolta’ logistica.

All’inizio volevo farglielo io il costume (avevo trovato delle idee bellissime: da polpo con delle calze imbottite come tentacoli oppure da piatto di spaghetti, geniale), poi me ne hanno regalati ben due e mi sono impigrita. Uno e’ un costumino da tigre. Glielo abbiamo provato un paio di settimane fa e in qualche modo gli entrava, taglia 9 mesi, lui e’ quasi 11. Ecco stamattina ci abbiamo riprovato e non e’ andata altrettanto bene. Non so quanto abbiamo riso. Diciamo che essendo cosi’ tirato, gli rimane meta’ testona scoperta producendo un effetto comico che unito alla sua espressione ignara e’ da schiantarsi. A questo punto, gli sto lavando anche il secondo costume, anche quello della stessa taglia, ma sembra un po’ piu’ largo, visto che e’ un costume da zucca. Rimane da vedere se si asciughera’ in tempo, probabilmente non e’ il caso di rischiare che si restringa nell’asciugatrice…

Tra l’altro mi sono sempre chiesta: ma che succede se uno dice scherzetto?

venerdì 28 ottobre 2011

e il nero?

In classe ho diviso vari oggetti a seconda del colore. Fa molto comodo quando si tratta di inventare qualcosa o fare un collage. Ho una scatola di plastica trasparente con delle cose gialle. Una retina di quelle che ti danno al supermercato quando compri i limoni, della carta da regalo, dei bottoni, delle perline, dei fili di lana, cose gialle insomma. Poi ho una scatola di cose rosse, P1210540blue, arancioni, marroni, bianche, verdi, rosa, viola perfino una con le cose d’argento e una con quelle d’oro. Notavo, pero’, mentre mettevo a posto l’altro giorno, che non ho mai avuto una scatola di cose nere e fra me e me ragionavo sul fatto che qualche bambino prima o poi me lo avrebbe chiesto il perche’ (prima o poi fanno qualunque tipo di domanda, basta aspettare). Perche’ non c’e’ una scatola di cose nere? Cosa avrei potuto rispondere?

Beh…il nero non mi piace.

Non va molto bene come risposta, specialmente se me lo chiede un bambino nero.

Riproviamo allora, pensiamoci meglio.

E’ solo che se gli do il nero, poi coprono tutti gli altri colori e tutto diventa scuro e brutto e deprimente, e’ la verita’. Ma non va bene nemmeno questa di risposta.

In effetti, ora che ci penso, i gessi neri, sono gli unici ancora intatti. Tante volte non li tiro nemmeno fuori, non so quanti disegni sono stati rovinati dai gessi neri. Idem per la pittura. E che dire dei pennarelli neri?  Li usiamo quasi solo per ripassare i contorni.

Sara’ una cosa banale, pero’ magari non lo e’ dal punto di vista di un bambino di colore circondato per lo piu’ di compagni biondi con gli occhi azzurri. Puo’ avere una sua chiara valenza simbolica, non so come non mi sia mai venuto in mente e sono felice nessun bambino l’abbia mai notato, cosi’ ho avuto il tempo di rimediare.

Ho messo insieme al volo una scatola di cose nere, non e’ stato difficile. Dei fagioli neri, una busta di plastica della spazzatura tagliata a rettangoli, della carta velina, dei tappi di plastica. Guardando quella scatola di cose nere, mi sono venute in mente diverse idee, tanti lavori che potemmo fare anche con il nero.

Raccontavo questa cosa a Mr. Johnson e secondo lui il problema principale e’ che dopo aver dato una connotazione decisamente negativa al nero, chiamiamo le persone di colore nere. Tutto quello che e’ positivo invece, e’ splendente, e’ chiaro, e’ bianco e noi quindi siamo i bianchi quando poi in realta’ anche da un punto di vista prettamente cromatico, noi non siamo bianchi e loro non sono neri. Lavoro con i colori (e con I bambini) tutti i giorni, certe riflessioni sono tenuta a farle.

E poi ci sono le parole.

Fair vuol dire sia chiaro che giusto. Un po’ come candido in italiano. Quanto e’ razzista questa cosa a pensarci? A pensarci.

giovedì 27 ottobre 2011

il ristorante egiziano piu’ grande del mondo?

Vicino a casa mia stanno costruendo un palazzo grandissimo che potrebbe sembrare quasi una sorta di centro commerciale, solo che sulla facciata ci sono due…faraoni. Proprio cosi’ due faraoni giganteschi, alti almeno sette otto metri a testa.

Tutte le mattine ci passo davanti per andare al lavoro e tutte le mattine mi chiedo che cosa diamine possa essere.

Il ristorante egiziano piu’ grande del mondo?

Oramai e’ quasi finito. Devo sapere.

Si accettano scommesse.

martedì 25 ottobre 2011

ti mando un paio di ragazze

C’e’ una mia collega che dall’inizio dell’anno mi fa questa gentile offerta:

- Se hai bisogno di una mano a ripulire la classe, ti mando un paio di ragazze

Il bello e’ che tante volte ci sono dei ragazzini che sentono e chiedono specificamente di aiutare, ma lei niente. Li rimanda fuori a giocare, i maschi.

Poi chiediamoci perche’ il mondo va come va.

lunedì 24 ottobre 2011

il regalo perfetto

Nel mio gruppo di amici qui il cibo e’ molto importante. Come ho gia’ detto, siamo per lo piu’ stranieri e il cibo e’ in fin dei conti, la cosa che ci mette davvero tutti d’accordo indipendentemente dal livello d’inglese. Mi e’ sempre sembrata una cosa simpatica, pero’ devo dire che ultimamente mi sento quasi un po’ a disagio. Mi sembra che si esageri. Ogni cena si trasforma in una sorta di gara di cucina, perfino un ‘vieni a prendere un caffe’’ diventa una scusa per sfornare torte e biscotti di primo mattino. Insomma, mi sembra si perda spontaneita’. Per me un caffe’ e’ solo una mera scusa per fare quattro chiacchere e stare un po’ insieme, non e’ cosi’ per tutti?
Allora mi e’ tornata in mente una cosa che e’ successa quest’estate. Un pomeriggio, verso le 5, dopo la siesta, e’ arrivato mio zio con questo stupendo cesto di fichi appena raccolti. DSC02687 (2)In Salento e’ una cosa molto comune. Quasi tutti hanno un albero di fichi a portata di mano, nessuno li compra credo. Mr. Johnson l’ha guardato e ha esclamato:
- Ma questo e’ il regalo perfetto! Non si compra e non si prepara, quindi non fa sentire l’altra persona in debito, pero’ ti fa capire che c’e’ stato un pensiero, un’attenzione… 
Gia’, e’ proprio cosi’. Basti pensare al dettaglio delle foglie, puramente decorativo, che delicatezza, che meraviglia. E pensare che ho visto cesti di fichi come questo mille volte prima e non ci avevo mai pensato. E’ anche questo che mi manca dell’Italia, non solo tutte quelle cose belle che si fanno, ma anche il come le si fanno.

mercoledì 19 ottobre 2011

la questione dell’identita’ torna sempre a galla, ovunque

Di ritorno dal Giappone, Cassandra mi racconta che alla fin fine, quello che piu’ l’ha colpita durante il suo viaggio, e’ la magrezza dei piccoli Johnson giapponesi.IMG_20111019_090125 Dice che Sashimi li sottopone a una disciplina ferrea. Nessun dolce, m-a-i, questa probabilmente la cosa che l’ha scioccata di piu’. E poi porzioni moderate e via a lavarsi i denti immediatamente dopo i pasti per non farsi venire strane idee di andare avanti a mangiare. Nessuna merenda, a parte un paio di ‘pezzi di frutta’ al giorno. Mentre me lo raccontava un po’ soffrivo anch’io, lo ammetto. Non ci sono dubbi che la madre sia un piccolo generale, ma ho visto con i miei occhi come mangiano e sicuramente i bambini stanno benissimo. E’ che tutta questa atmosfera da caserma mi crea insofferenza. Insomma, dice Cassandra che il piccoletto che ha un anno piu’ di Baby J porta la sua stessa taglia, ma con la cintura perche’ se no gli cascano i calzoni. E’ minuscolo di costituzione, ma non mi sembra un bambino da mettere a dieta.

Ma veniamo al punto. Perche’ lo fa?

Pare che Sashimi abbia il terrore che i figli abbiano ereditato “i geni della grassezza” dal padre americano. Ha spiegato a Cassandra che nella cultura giapponese la grassezza e’ vista in modo molto negativo e non vuole che i figli vengano discriminati, o almeno non piu’ di quanto lo saranno gia’ per il fatto di essere per meta’ non giapponesi. Cassandra mi raccontava che in due settimane non si e’ imbattuta in nessun altro occidentale la’ dove abitano, appena fuori una delle citta’ piu’ importanti del Giappone. Ci raccontano di una societa’ ancora piuttosto chiusa verso gli stranieri, tanto e’ vero che il Johnson Giapponese, che conosce la lingua alla perfezione e ha un livello di istruzione altissimo, ha trovato solo lavoro da casa.

Quando Cassandra mi ha spiegato tutte queste cose a me e’ venuto spontaneo raccontarle la mia esperienza completamente diversa a riguardo, anche per tranquillizzarla in qualche modo.

Quando ero piccola in Italia, eravamo anche noi quasi tutti italiani, ma io ammiravo tantissimo quei rari compagni di scuola con una mamma o un papa’ francesi o olandesi o tedeschi, stranieri. Quando andavo a casa loro era diverso. Altri suoni, altri sapori, mi sembrava cosi’ interessante in confronto alla mia banalissima situazione di italiana al 100%. Banale poi evidentemente dipende sempre dai punti di vista.

Cassandra, infatti, era ammirata.

- Devi essere contenta di essere italiana al 100% perche’ almeno tu sai chi sei. Io non lo so mica.

martedì 18 ottobre 2011

national boss day?

Oggi, girando in un negozio, ho scoperto che il 16 ottobre qui ci sarebbe stata la festa nazionale dei capi (National Boss Day). Mai sentita questa cosa.

Li’ per li’ ho pensato anche di aver letto male, poi invece ho visto che c’erano ben tre file di biglietti di auguri. C’erano quelli che quando li apri suonano, quelli commoventi e anche quelli scherzosi.

Quelli in offerta erano addirittura esauriti!   IMG_20111017_111814

Pero’ mi viene un dubbio. Non e’ una burla?

Guarda caso il capo si celebrerebbe proprio di domenica, quando la maggior parte della gente non lo vede. In fondo sarebbe geniale, sottile e ironico.

Mi immagino il protagonista di 500 Days of Summer che nella sua foga autodistruttiva si inventa questa stupidata immensa e inspiegabilmente viene preso sul serio. National Boss Day? Di domenica?

Oh c'mon! 

lunedì 17 ottobre 2011

bambini da copertina

IMG_20111015_131756Sabato pomeriggio al centro commerciale, abbiamo notato una piccola fila davanti all’Apple Store, niente di che a dire il vero. Un’impiegata del negozio con un baracchino ambulante distribuiva bottiglie d’acqua ai clienti, una ventina forse, in paziente attesa di poter provare l’Iphone 4. Ci siamo resi conto che qualcosa di strano stava succedendo quando, proseguendo la nostra passeggiata, siamo stati letteralmente travolti da un’orda di passeggini e mamme su di giri. Erano tutti in fila da chissa’ quante ore per poter far fare un provino ai propri figli. Numerosi manifesti chiarivano che si stavano cercando dei piccoli modelli per una nota rivista locale. IMG_20111015_124555Alcune mamme erano davvero agguerrite, lo si capiva da come avevano agghindato i bambini. Capelli sparati con il gel, piume, vestitini corti. Diverse mamme avevano l’aria delle modelle o ex modelle loro stesse e pretendevano una certa serieta’ dai figli annoiatissimi, ma in qualche modo a loro agio nella parte dei piccoli divi. Nei cinque minuti cinque in cui mi sono fermata a curiosare ho notato una madre giovane e bellissima ordinare alla figlia di sette o otto anni di camminare. Lei timidamente faceva un paio di passi nel suo vestitino nuovo e veniva bloccata. Non cosi’ sweetie! E a quel punto la madre stessa le mostrava come ancheggiare e sorridere per risultare piu’ ‘adorabile’. Ho pensato che ci fossero in palio dei soldi, magari tanti perche’ mi era difficile trovare un altro motivo per costringere un bambino in fila per ore in quel delirio e poi magari vederlo sottoposto a un'umiliazione, uno sguardo sbagliato, un qualche trauma. Ho scoperto poi che ogni bambino ha sganciato 45 dollari per buttarsi nella mischia e che il tutto era organizzato dal piu’ importante ospedale per bambini della zona. Proprio cosi’ un’ospedale pediatrico che organizza un concorso di bellezza per bambini.

Poi non so cosa sia successo. Non volevamo fare i guastafeste e siamo scappati via prima che qualche talent scout notasse Slipino e fermasse tutto.

domenica 16 ottobre 2011

nonsi su facebook

Non so esattamente come sia successo (come non ci credete?), ma d’ora in poi potrete seguire le avventure di Nonsisamai anche su Facebook.

Lo so, ci abbiamo messo un bel po’ piu’ degli altri, ma eccoci qua (la’). E’ l’ennesimo strumento, ora bisognera’ ragionare un po’ su come usarlo.

L’importante e’ non farsi mancare mai niente, no?

Vediamo un po’ come va almeno.

(In realta’, ve lo dico soprattutto perche’ in questo momento il box vuoto qui a destra fa un po’ tristezza , quindi magari se vi aggiungete…a domani, quando vi raccontero’ (se Slipino e’ d’accordo) di un incredibile concorso di bellezza per bambini in cui mi sono imbattuta ieri al mall).

Buona domenica!

giovedì 13 ottobre 2011

a good enough mother

Prima o poi doveva succedere ed e’ successo. Slipino ha cominciato ad avere l’ansia da separazione. E’ stato martedi. Appena ha visto la maestra, ha cominciato a fare la sua faccia strappalacrime quella con il labbro inferiore su quello superiore e gli occhietti increduli. Lei ha detto che e’ normale e sano, ma che lei suo figlio cosi’ piccolo non ci sarebbe mai riuscita a lasciarlo, infatti ha ricominciato a lavorare molti anni dopo. La capisco, quanto la capisco. Quando me ne sono andata ha pianto fortissimo e io mi sono fermata a guardarlo da dietro il vetro. Fortunatamente, dopo un attimo si deve essere dimenticato di me e la maestra mi ha fatto il pollice per dire vai pure, tutto a posto. Per il resto, continua a essere lo Slipino di sempre a scuola, ma quei cinque minuti…quei cinque minuti.

Anche la mia collega, quella che appena sono tornata dopo la maternita’, mi ha detto fossi in te piangerei tutto il giorno, appena e’ rimasta incinta, ha lasciato il lavoro e ha annunciato orgogliosa I’m gonna be a stay-at-home-mom.

Penso che possa essere una scelta di vita fantastica e ci ho pensato seriamente anch’io, pero’ poi quando sono arrivata al dunque ho capito che non mi sarebbe bastato. Io il mio lavoro lo amo al punto che sinceramente ora come ora nelle 15 ore di asilo per Baby J ci sto molto stretta. Dopo tre anni, ho voglia di crescere professionalmente, faccio tutto quello che posso, sto sveglia fino a tardi la sera o approfitto dei fine settimana in cui c’e’ Mr. Johnson a darmi una mano, ma mi sento sempre imbrigliata, anche mentalmente. Credo sia normale. Mi sembra che il famoso equilibrio di cui si parla tanto fra carriera e maternita’ non esista: quando sono con Baby J il lavoro scompare e quando sono a scuola ci sono dei momenti in cui mi dimentico di tutto il resto, lo ammetto.

Ieri sera ero distrutta, completamente a pezzi, ma mi sentivo un po’ come superman perche’ incredibilmente ero riuscita a fare tutto, ma proprio tutto quello che mi ero ripromessa di fare. Mai avuto una giornata simile, con ogni singolo minuto pianificato, senza un attimo di tregua o un cambio di programma. Al ritorno c’erano dei lavori in autostrada e quasi arrivavo in ritardo all’asilo. Se arrivo in ritardo devo pagare una specie di multa piuttosto salata, ma per fortuna complici un paio di semafori verdi ce l’ho fatta e ho anche fatto quella che non aveva corso neanche un po’. Arrivati a casa ero talmente stressata e agitata che ho preso il passeggino e me ne sono andata a fare una camminata di quasi due ore. Al parco e’ stato fantastico. Per la prima volta, ha giocato anche lui, come i bimbi piu’ grandi, era cosi’ contento sull’altalena, gli ho fatto un sacco di foto. 

Sto cercando di fare tutto, ma e’ possibile? I’m no superman come diceva la canzone e sono stremata.

Poi ieri sera mi e’ arrivata un’email speciale, da una mia collega, che diceva:

Thank you, Ema.  Wow!  What a wonderful art experience you are giving these children!  Thank you!  

Mai email abbe tempismo fu piu’ perfetto. Una volta ho letto un’intervista a una psicanalista che spiegava questa famosa teoria secondo cui le buone madri esistono, ma sono estremamente rare. La maggior parte delle madri sono good enough mothers e dovrebbero essere soddisfatte di loro invece di porsi traguardi al di fuori della loro portata. O almeno questo e’ quello che ho capito.

martedì 11 ottobre 2011

il colpo d’aria e un paio di altre cose

Leggendo i commenti al post di ieri, abbiamo notato un paio di altre cose.

Il ‘non correre che sudi’ e’ tutto nostro. Tra l’altro che ridere, non avevo mai pensato al controsenso di quest’espressione.

Il ‘sei sudato mettiti davanti al ventilatore che ti asciughi’ invece e’ tutta saggezza popolare americana che fa rabbrividire le nostre mamme e relative cervicali (rimane sempre aperta la famosa domanda: ma la cervicale esiste davvero o e’ un’illusione collettiva nazionale? Non lo so, ma se vado a dormire con i capelli umidi, poi mi viene la cervicale)

Sul ‘non fare il bagno dopo mangiato’ ci troviamo tutti d’accordo (tranne i tedeschi, pare).

E per finire, c’e’ il ‘colpo d’aria’ che mi sembra un po’ l’equivalente non tragico del ‘malore’. Cos’ha? Ma niente avra’ preso un colpo d’aria. Cioe’? Influenza, mal di stomaco, mal di testa…? Chi lo sa, e’ un colpo d’aria e basta. Sempre per la serie non si capisce niente, ma tranquillizza.

lunedì 10 ottobre 2011

che cos’e’ il malore esattamente?

Nel bel mezzo di una piacevolissima cena con una coppia di amici italiani, viene fuori un argomento piuttosto curioso.

Non ricordo esattamente di cosa si discorresse in quel momento, ma a un certo punto lei si rivolge a Mr. Johnson e gli fa:

- Ah, ma non lo sai che in Italia si muore di “malore”?

- E che cos’e’ il “malore”? Chiede lui.

- Uno va a sbattere contro un palo della luce? Ha avuto un “malore”. Un treno deraglia? Il macchinista deve avere avuto un “malore”. Un bambino di 11 anni perfettamente sano muore durante una partita di calcetto? Ha avuto un “malore”. Nessuno lo sa, ma se c’e’ di mezzo il “malore”, la gente dice ‘ah, ha avuto un malore’ e finisce li’.

- Inquietante, commenta Mr. Johnson mentre rapido tira fuori il telefono e controlla cosa dice google translator a proposito: “illness” sarebbe la traduzione.

- Ma “malore” non e’ assolutamente “illness”! Se hai un malore non sei malato, anzi si presuppone che tu sia sano, ma che….non ti sei sentito bene.

- Non ti senti bene e muori?

Le facce dei tre italiani a quel punto annuivano quasi costernate, e’ proprio cosi’.

Allora abbiamo cominciato a cercare di trovare un equivalente di questa parola in inglese o spagnolo, visto che i due hanno vissuto vent’anni in Messico e sono quasi madrelingua, ma niente.

E’ venuto solo fuori che in Italia, ogni tanto c’e’ qualcuno sano come un pesce che da un momento all’altro rimane stecchito, come colpito da un fulmine divino o da una maledizione.

(E anche che quando succede qualcosa i giornali italiani specificano sempre il colore e il modello della macchina coinvolta e anche la nazionalita’ di chi era alla guida, ma solo se straniero, preferibilmente “rumeno”, “albanese” o “extracomunitario”)

venerdì 7 ottobre 2011

nonsi goes green (un minimo)

IMG_20111006_091552

Avete presente quelli che dicono da quando ho avuto un figlio, sono piu' attento all'ambiente e bla bla bla?

Mi hanno sempre dato un po' fastidio, ma mi rendo conto che anche questo luogo comune ha del vero.

Quando vedi tutti quei pannolini (no, i pannolini di stoffa non li ho nemmeno considerati, mi spiace, conosco i miei limiti) che se ne vanno, le batterie (mi dicono che perfino 'indovina chi? ora ha le batterie!), le mille bottigliette, salviette e tutti i giochi usati per 15 minuti e poi dimenticati, qualche riflessione finisce che la fai.

Cosi’ noi abbiamo preso qualche piccola decisione, niente di che’, cose tipo scambiarci quello che si puo’ con i nostri amici e anche fare il compost finalmente. A dire il vero, Mr. Johnson lo diceva da anni, ma io ho sempre avuto paura che attirasse strani animali, sapete come e’ qui. Invece, lo facciamo da mesi e non abbiamo mai avuto problemi. In un angolino del giardino buttiamo tutti i rifiuti umidi della cucina. Quando butto l’uva vedo qualche uccellino e mi fa anche piacere, tutto qui. Non vedo nemmeno mosche, probabilmente il clima e’ quello giusto. E se tutto va bene in primavera useremo il terriccio per il nostro piccolo orticello.

martedì 4 ottobre 2011

amanda knox e la mia dentista

Avete presente l’abitudine fastidiosissima dei dentisti di farti delle domande mentre chiaramente non puoi rispondere perche’ hai la bocca spalancata e comunque, non ti senti certo in vena di conversare?

Ecco, ieri mattina, ero li’ con la bocca aperta, quando la mia dentista mi ha chiesto di dov’ero, uno dei suoi argomenti preferiti, dopo la siccita’ e il suo cane.

In qualche modo le faccio capire che sono di Milano e lei sente l’impellente necessita’ di farmi sapere che brutta storia sia l’omicidio di Perugia (no ma io sono di Milano…fa niente va, tanto non posso parlare), che non vede l’ora che sia tutto finito e che e’ molto preoccupata per la sorte di Amanda Knox.  

Ecco, questo l’ho preso come un chiaro segno che forse, in quanto italiana, avrei dovuto cominciare a preoccuparmi anche io delle sorti di Amanda Knox. In questi giorni, ci sono stati talmente tanti speciali sul caso che era impossibile non imbattersi in qualche resoconto, pero’ quando la dentista ti tira fuori l’argomento cosi’, vuol dire davvero che e’ ‘popolare’, che la gente l’ha presa davvero a cuore questa storia. E non si e’ parlato per niente bene dell’Italia, a me sembra spesso anche a torto.

Tempo fa mi ero abbastanza appassionata a questa storia. Vedendo una tale differenza fra le cronache americane e quelle italiane volevo capirci qualcosa di piu’. E sinceramente, colpevoli o innocenti che fossero Amanda e Raffaele, mi sembrava assurdo che li avessero condannati con quegli indizi.

Poi si e’ trasformato tutto in una sorta di stupida partita Italia - Usa, ma l’impianto accusatorio e il modo in cui sono state condotte le indagini avevano del grottesco.

Qui si e’ parlato molto dei precedenti del pm che gia’ in passato aveva prodotto tesi complottistiche e moventi basati su ipotetiche abitudini sessuali sconcertanti e molto macchinose come questa qui.

Nei programmi che ho visto qui, non si accennava mai, e dico proprio mai, alla vittima. Dopo la sentenza, alla CNN hanno addirittura inquadrato la famiglia di Meredith, la sorella che piangeva, e i commentatori hanno continuato imperterriti a parlare d’altro. Mi ha disturbato.

A un certo punto la giornalista ha detto qualcosa tipo ‘guardate, in italia sono le 10 di sera, eppure la gente si e' riversata in strada a festeggiare’. Certo, in italia si festeggia sempre gridando 'vergogna' con un altoparlante.

Ecco, anche questa voglia di gridare ‘vergogna’, questa rabbia, che ho visto anche in tanti commenti su FB da parte di persone da cui non me lo sarei aspettato, mi ha colpito.

Non la capisco proprio questa cosa. Non e’ sempre meglio che un colpevole sia fuori che un innocente dentro? Se le prove non ci sono, non ci sono. Non basta sembrare colpevoli, bisogna che si dimostri. Infatti, proprio poco tempo fa, si e’ concluso un caso di cronaca orribile qui, uno di quelli che tengono la gente inchiodata davanti alla televisione per anni. Un altro di quelli di cui parlano tutti ovunque, quelli che toccano delle paure, delle corde delicatissime della societa’. Ebbene, tutti sanno che la madre c’entrava con l’omicidio della figlia e che ha mentito, ma alla fine e’ stata assolta perche’ non esisteva una prova inconfutabile. Fa rabbia, e’ terribile, ma se si spediscono delle persone in carcere per il resto della vita bisogna andare oltre il ragionevole dubbio.

Ad ogni modo, una cosa gli americani non capiranno mai: perche’ se erano innocenti hanno fatto quattro anni di carcere. Vaglielo a spiegare. 

lunedì 3 ottobre 2011

a volte basta un barbatrucco

E cosi’ quest’anno ho deciso di cercare di essere un minimo piu’ risoluta dal punto di vista della disciplina in classe. Mi sono resa conto che e’ una cosa importante e che mi permette di lavorare molto meglio.Probabilmente era ora, dopo tre anni. Il problema e’ che la fermezza non e’ proprio una delle mie innumerevoli qualita’ innate. Sono piu’ per il vivi e lascia vivere, non so come dire. Io li lascerei volentieri fare quello che vogliono, creare in liberta’, cosa c’e’ di piu’ bello? Il problema e’ che insegno in una scuola elementare non all’accademia.

D’altra parte, mi rifiuto di essere pedante. Voglio comunque evitare di dare regole su regole e dire troppi ‘no’. Cosi’, mi sto sforzando di usare la creativita’ per superare anche questo ostacolo, di solito faccio cosi’ quando ho un problema.

Ci sono diversi sistemi che sto studiando, in rete si trovano tante buone idee. Per ora ho fatto un solo esperimento ed e’ stato molto divertente.

C’era una classe che durante la prima lezione mi ha dato un po’ del filo da torcere. Avevo pensato di fargli un discorsetto, qualcosa del genere, ma poi mi sono resa conto che avevo bisogno di qualcosa che catturasse la loro attenzione sul serio per fargli capire come volevo impostare l’anno.

Durante la seconda lezione avremmo dovuto finire il progetto che avevamo iniziato, ma a sorpresa, gli ho fatto fare una verifica.  Oh-oh.

Avreste dovuto vedere le loro faccette, poverini.  Una verifica a sorpresa e per di piu’ una verifica di arte, non si fanno le verifiche nella classe di arte!! In quarta elementare poi, figuriamoci. Mi veniva tantissimo da ridere, ma avevo il mio piano da portare a termine e sono stata impassibile.

- Visto il vostro comportamento della settimana scorsa, ho deciso che faremo una verifica. Potrete girare il foglio e leggere le domande solo dopo che tutti i vostri compagni l’avranno ricevuto. Mi raccomando. Leggete TUTTO il foglio prima di cominciare a rispondere.

- Ma…ci darai i voti?!

- Ricordate che non vi chiedo mai di fare nulla che sia al di sopra delle vostre capacita’. Comunque, non vi preoccupate di questo ora, non e’ importante. Leggete TUTTO il foglio FINO ALLA FINE e poi cominciate. Come sempre: seguite le istruzioni e non avrete problemi.

Quali sono i colori primari? Come fai a fare diventare un colore piu’ scuro? Quale artista ha dipinto”La notte stellata”? Quale artista ha dipinto la “Gioconda”?

Domandine cosi’ a cui in teoria avrebbero potuto anche saper rispondere, ma erano agitatissimi. Tutti quanti.

Di certo, se fossero davvero arrivati in fondo al foglio come gli avevo detto piu’ volte e come era richiesto ripentutamente all’inizio della verifica si sarebbero risparmiati un bel po’ di ansia.

L’unica cosa che dovevano fare era: girare la pagina e fare un disegno a piacere.

Su 16, credo che solo tre bambini abbiano capito il trucchetto da soli e sembravano molto molto contenti.

C’era questa bambina che vuole sempre essere la prima della classe, una simpaticona, a cui ho seriamente temuto venisse un infarto. Rossa, sudata, non poteva sopportare di non sapere rispondere a tutto (o forse gia’ pensava all’ira della madre, che poi se siamo come siamo molte volte basta dare un rapido sguardo intorno…)

Comunque.

Credo abbia funzionato. Ci siamo fatti una grande risata, pero’ poi ne abbiamo parlato. Del fatto che bisogna ascoltare bene, soprattutto, altrimenti poi non sanno cosa fare. A volte, mi rendo conto che ancora adesso non ascoltano tutto -poi con quello che insegno si vede subito se si distraggono- pero’ mi sembra abbiano capito quello che volevo insegnargli con quella finta verifica e infatti va meglio e la cosa piu’ importante e’ che non ho dovuto strillare o cercare di essere quella che non sono, che i bambini tanto poi ti sgamano subito se fingi.