mercoledì 27 novembre 2019

la mia ragazzina

Un paio di giorni prima dell'inizio della scuola, ad agosto, sembrava che La Ragazzina avesse all'improvviso perso la vista. Nel giro di pochissimo, dopo una visita dal veterinario, è tornata più o meno come prima. Più o meno. Qualcosa era cambiato, sembrava sempre un po' ubriaca, non sveglia e pimpante come sempre (del resto il nome Ragazzina Pimpante se l'era ampiamente guadagnato).
Diversi veterinari mi hanno assicurato il contrario, ma non riuscivo a mandare via il dubbio che il cambiamento nel suo comportamento fosse dovuto a un qualche effetto collaterale delle medicine che ha cominciato a prendere dopo quell'episodio.

Un po' di tempo fa sono tornata dal veterinario semplicemente per comprarle le stesse medicine e continuare la cura, ma avevo sempre questo tarlo che potesse essere la medicina sbagliata, che non stesse funzionando. C'era una veterinaria che non conoscevo quel giorno e mi hanno detto che se volevo potevo aspettare e avrebbe risposto alle mie domande. Ho aspettato per quasi un'ora, oramai avevano già chiuso, c'ero solo io.
Quando ho spiegato il mio dubbio, la veterinaria mi ha guardato come nessuno mai mi ha guardato prima, con pietà credo.
E' tutto normale. Dice che La Ragazzina sta semplicemente invecchiando.
- Ma guardi che le assicuro che un mese fa era un altro cane - ho provato a controbattere.
Mi aspettavo che mi mettesse di fronte a una qualche scelta, che dicesse che potevamo provare un'altra cura, che facesse delle ipotesi, invece è stata categorica: sta solo invecchiando.
Dice che va cosí. All'improvviso le cose cambiano. Un giorno pimpa, il giorno dopo è l'ombra di se stessa. Che è una delle cose più angoscianti della vita, al di là di questa situazione specifica.
Non vorrei drammatizzare troppo però. Non soffre, mangia, sta relativamente bene, è la vista che continua a peggiorare e influenza il suo modo di essere. Credo che non veda più nulla da un occhio e molto poco dall'altro. A volte la trovo immobile davanti a un armadio o al frigo, forse pensa che sia la porta?
Ora dobbiamo stare attenti a ogni gesto. Tu apri una porta e lei non si sposta più, la prende in faccia. Woody per la prima volta in vita sua può andare in giro con il cibo in mano, lei non glielo ruba più. Voglio dire, volendo cercare bene bene qualche lato positivo c'è.
Posso finalmente scattarle dei primi piani fantastici senza che mi salti addosso cercando di leccarmi la faccia.
Devo dire che si sta adattando in maniera piuttosto sorprendente al suo handicap. Sta imparando tante cose nuove. Da quando non ci vede, ad esempio, ha imparato a rubare il cibo dai tavoli, cosa che non ha mai osato fare prima. Ha imparato perfino a mangiare i pomodori e i meloni (sì, i meloni) in giardino. Si sta ingegnando.
Qualche settimana fa abbiamo installato una doggie door per agevolarla. E' stato abbastanza complicato fare capire a lei e a quell'altro vecchietto di Mr. Boomer che la porta adesso aveva un buco e potevano passarci dentro e fuori, ma ora sembra che la cosa piaccia molto a tutti e due. Insomma, stiamo cercando di renderle questa nuova fase della sua vita un po' più sopportabile e sembra stia funzionando, però è difficile mandare via quella sensazione brutta, bruttissima, che non sia più lei. Anzi più che altro è difficile accettare che questa sia lei ora e che La Ragazzina che ho conosciuto e ho amato alla follia in tutti questi anni, non ci sia più.

sabato 23 novembre 2019

il perchè

Gli insegnanti di arte sono sempre piuttosto isolati. Facciamo un lavoro molto solitario rispetto al resto del corpo docente. Ogni tanto però parlo con qualcuno di nuovo a scuola e quasi sempre torno a casa e mi metto a fare ricerche su ricerche con la testa che mi scoppia di curiosità nuove. Questa settimana ho conosciuto una collega che avevo intravisto qualche volta, ma di cui non conoscevo il ruolo. Ha cominciato a raccontarmi quello che fa e sono rimasta rapita. In realtà non è proprio un'insegnante, ma una sorta di consulente. Fuori da scuola aiuta i malati gravi (ad esempio chi ha subito un ictus o ha una forma grave di autismo) a comunicare con il mondo esterno tramite il computer e tanti altri mezzi che variano a seconda dell'età e dei casi. La mia reazione alle meraviglie che mi stava raccontando è stata immediata e spontanea: offrirle il mio aiuto. Lei all'inizio è rimasta stupita perchè in teoria i nostri lavori non avrebbero moltissimi punti di contatto, ma ci ha messo giusto un secondo a intuire cosa avessi in mente. Abbiamo un bambino con dei problemi piuttosto seri che sembra sereno solo quando disegna e per di più disegna benissimo. Al tratto fermo di un Keith Haring associa le frasi evocative, misteriose e talvolta inquietanti di un piccolo Yoda. Io credo che potrebbe avere talento sul serio. Insomma, in quattro e quattr'otto ci è venuto in mente di proporgli di disegnare delle magliette da vendere per beneficienza (nella nostra scuola ogni studente usa due ore alla settimana per creare un progetto di largo respiro basato sulle proprie passioni e i propri interessi) e poi da lì mille altre idee. Sono tornata a casa così contenta. E' da mesi che mi chiedo come posso aiutare questo studente e finalmente forse è spuntato qualcosa di concreto. Quando ne ho parlato alla sua maestra, anche lei ha immediatamente iniziato a dare il suo contributo al progetto con un altro pezzettino e poi da lì un'altra idea e un'altra ancora.
Questa settimana è già la seconda volta che succede qualcosa di simile.
Non ero mai stata in un ambiente di lavoro così stimolante, in cui se ti guardi un po' intorno vedi prodigi come questo in ogni dove.
Un paio di settimane fa, ad esempio, c'erano delle elezioni in Texas. Giro per i corridoi e mi imbatto nei piccoletti di kindergarten tutti in fila che aspettavano orgogliosi di votare per il coniglietto o per il gattino. Da quanto ho capito le maestre gli hanno letto una storia e poi gli hanno chiesto di votare per il personaggio preferito. Il bello è che hanno ricreato il meccanismo di voto in modo abbastanza simile alla realtà con tanto di cabina elettorale e tutto: educazione civica ai massimi livelli, considerando che si parla di bambini di 5 o 6 anni.
Un altro giorno parlo con un'insegnante delle medie e mi dice che fa una sorta di educazione emotiva. Spiega ai ragazzi il funzionamento e lo sviluppo del loro cervello e sostanzialmente li aiuta a capire i disagi dell'adolescenza e come gestire le proprie emozioni e pulsioni. In un minuto mi ha spalancato anche lei un mondo.
Il mio programma stesso, quello che poi alla fine ho creato io, sta cambiando tantissimo in questa scuola. Mi sento ispirata da tutti questi stimoli. Appena accenno un'idea a qualcuno (che sia una classe, un genitore, la direzione o qualche collega) quell'idea prende forma concreta, cresce fino a diventare quello che avevo in mente oppure qualcosa di nettamente superiore o diverso che in passato non avrei mai immaginato possibile.
Leggo che qui negli USA la maggior parte degli insegnanti abbandonano la professione entro cinque anni e non mi stupisce.
Questo è un lavoro così pesante sia fisicamente che psicologicamente che si può fare solo tenendo ben presente il perchè si è cominciato a farlo.
Adesso, ad esempio, ho una classe che mi sfianca. Sono i più grandi e saranno con me solo per tre mesi, ma sono indifferenti a tutto, completamente in balia dei propri alti e bassi adolescenziali, alcuni sembrano manifestare dei disagi profondi che gli impediscono di seguire normalmente le lezioni. E' la prima volta che mi capita tutta una classe così. Certi giorni mi hanno fatto venire voglia di fare il minimo e lasciare perdere perchè la sensazione di parlare al muro è una di quelle che non ho mai tollerato. Parliamo molto apertamente di tutto questo. Ieri, abbiamo finalmente avuto una lezione tutto sommato positiva. Gli stavo spiegando un'ultima cosa sulla porta prima che uscissero e all'improvviso li ho persi, stavo di nuovo parlando al muro. Gli ho detto quello che pensavo e cioè che avevo l'impressione che si stessero attivamente opponendo a imparare qualcosa. Sì è così, mi hanno risposto senza nessun timore. E allora? Via con la sperimentazione.
Ti scatta un senso di rivalsa, di rabbia quasi vedendoli buttare via tante occasioni di crescita. Così la prossima volta lavoreremo con un materiale nuovo, gli porterò dei palloncini. Parleremo di Jeff Koons, dell'importanza del respiro. Partiamo dalle basi, ma con creatività.
Sono convinta che prima o poi il loro muro crollerà, prima o poi ci sarà qualcosa che li risveglierà dal loro torpore. E se non ne fossi convinta, non potrei mai trovare la forza per trovarmeli di fronte un'altra volta.

domenica 17 novembre 2019

quello che conta

Quando, qualche anno fa, la nonna Johnson decise di trasferirsi dalla figlia, fu costretta a disfarsi della maggior parte delle sue cose. Ironia della sorte ha voluto che il suo unico grande tesoro, i suoi adorati libri di arte e materiali per dipingere, non fossero apprezzati da nessuno dei suoi eredi, così decise di regalare tutto alla sottoscritta. Mi sentii incredibilmente onorata da questo gesto e credo anche che aver trovato qualcuno che in qualche modo capisse e soprattutto apprezzasse le stesse cose le fu di un qualche conforto nel separarsi da quello che di più caro aveva posseduto.
Ad ogni modo, ti tocca sempre fare i conti con la realtà nella vita. Lo spazio per tenere tutta quella roba non ce lo avevamo. Pennelli, tele, colori a olio, ecc. li potevo usare e se non li potevo usare tutti personalmente li poteva usare un carissimo amico artista, ma dei libri proprio non sapevo che farne. A me interessa la storia dell'arte, la critica, le monografie, cose così, quelli invece erano tutti libri tecnici, specificamente legati al genere di quadri che dipingeva la nonna. Libri su come dipingere i fiori di campo texani o le piume degli uccelli locali, cataloghi di oscuri paesaggisti texani degli anni Settanta e Ottanta...tanti, tantissimi libri. Così, dopo infinite riflessioni, decidemmo di tenere i più significativi e vendere il resto dei libri a un bellissimo negozio vintage della zona.
L'altro giorno appena arrivata alla conferenza, ho notato un bel cartello con la foto di un'anziana insegnante di arte deceduta, suppongo: avevano organizzato la vendita dei suoi disegni e soprattutto libri, libri molto simili per gusto a quelli della nonna Johnson.
Questa cosa mi ha un po' rattristato in questi giorni. Mi spiace molto non aver avuto un'idea simile per onorare il lascito della nonna.
Ieri però mentre stavano smontando la conferenza, ripassando di lì ho notato che non avevano venduto granché. Avevano cominciato a regalare tutto, ma nemmeno così riuscivano a disfarsi di quei libri obsoleti e di quei disegni amatoriali.
Continuo a pensare a questa cosa e al suo significato.
Cioè più che altro mi chiedo...che significato ha?
Passi una vita a inseguire un sogno o una passione e non rimane assolutamente nulla.
L'unica cosa che mi è venuta in mente è solo che forse non importa.
Tendiamo a dare agli oggetti un valore che non hanno. Quei libri, così vissuti e così amati, erano il tesoro di una persona, una sola, e quella persona non c'è più. Vedere quei libri in qualche modo rivivere in altre mani, è una sorta di consolazione a cui ci piace aggrapparci, ma in fondo... non conta, no? Conta il ricordo, solo questo.

domenica 3 novembre 2019

un circolo virtuoso che non si ferma mai

Prima dell'inizio della scuola, ad agosto, ci fu una serata a porte aperte in cui genitori e studenti potevano venire a fare quattro chiacchiere con gli insegnanti e guardarsi intorno. Quella sera mi resi conto che ci sarebbero stati dei grandi cambiamenti rispetto alla scuola Flanders, che era una scuola privata, cristiana, in uno dei quartieri più ricchi di Dallas. La scuola Wonka è una scuola pubblica, gratuita, ma charter (significa che abbiamo più autonomia nei metodi usati per raggiungere gli stessi risultati) e c'è davvero di tutto. Dalle famiglie che sono lì perchè hanno fatto le loro ricerche e credono nella filosofia della nostra scuola ad altre che mi pare siano capitate un po' per caso.
Quella prima sera una studentessa di otto anni mi chiese se facessi delle lezioni sul Natale. Io le lezioni sul Natale non le ho mai fatte nemmeno nell'altra scuola che era cristiana. Non è il mio campo e francamente non è quello che voglio insegnare, ma so quanta aspettativa si crei che la maestra di arte faccia fare il lavoretto di Natale. Così ho cercato di mediare:
- Non faccio lezioni sul Natale, ma qualche volta faccio vedere un'opera astratta di Matisse che si chiama "La vigilia di Natale" o qualcosa a tema di Andy Warhol. Mi dispiace non facciamo lavoretti.
E lì è arrivata la doccia fredda:
- Va bene allora, in quei casi dovrò uscire dalla classe oppure fare un lavoro alternativo perchè non festeggio il Natale.
Di episodi come questo ne sono successi parecchi. L'altro giorno era Halloween e tenevo l'incontro settimanale con il mio art club. Una bambina era arrivata in anticipo. Quel giorno erano quasi tutti travestiti a scuola e usciti da lì sarebbero andati a fare dolcetto o scherzetto. Mi è venuto spontaneo chiederle se avesse dei piani, dopo il club, così per spezzare il silenzio.
- Vado a casa, non festeggio Halloween.
Gelo.
Ho degli studenti a cui non puoi dire 'buon compleanno' perchè non lo festeggiano o altri che si indignano perchè sentono parlare degli dei egizi, per dire.
Il tessuto culturale è decisamente variegato. Cercare di venire incontro a tutte le esigenze per me è la sfida più grande di questo lavoro.
Quando, pensando ai greci, dici "E ora parliamo di un'altra importante civiltà del passato" e tre bambini in coro esclamano "India?" e altri due "Cina?" capisci che è arrivato il momento di introdurre dei cambiamenti nel tuo programma. 
I bambini indiani, per ora, sono quelli che mi hanno fatto le richieste più dirette e si sono dimostrati più entusiasti di condividere le proprie tradizioni. Così mi sono messa a studiare e ora tutte le classi sono impegnate in progetti legati all'arte indiana. Fra qualche settimana avremo una grande mostra di arte indiana così come abbiamo fatto con l'arte egizia e greca. Poi faremo lo stesso per la Cina, per l'Africa e tutto ciò che i bambini mi chiederanno di approfondire. 
Stiamo parlando molto in classe di quanto siamo fortunati a venire da esperienze diverse, così possiamo tutti imparare gli uni dagli altri. Voglio fargli capire che viaggiare e soprattutto viaggiare con qualcuno del posto, è un fenomenale strumento di apprendimento, più che stare seduti a scuola. Ma se proprio dobbiamo stare in classe e non possiamo muoverci, possiamo prima di tutto parlare fra noi e poi usare la tecnologia per esplorare i luoghi in cui non possiamo recarci di persona. Basta un semplice street view del Taj Mahal per lasciarli a bocca aperta.
E' tutto assolutamente meraviglioso.
L'altro giorno seguendo i ragionamenti e le domande di una classe di quarta elementare siamo arrivati a paragonare le opere astratte del pittore indiano S. H. Raza all'Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Se abbiamo studiato i capitelli greci perchè non dare un'occhiata anche quelli indiani che sono stati influenzati da quelli greci?
Le possibilità sono infinite.
Mentre si parlava di tutto questo, è venuta da me una bambina un po' timida e mi ha detto che i suoi nonni vengono qui dall'India la settimana prossima. Non parlano inglese, ma lei potrebbe tradurre, potrebbero raccontare com'è la vita in India, ha azzardato. 
Idea splendida! Ho chiesto un parere ai grandi capi per sapere se fosse fattibile e in un minuto è diventato un vero e proprio evento in cui i bambini potranno vedere i sari indiani, mangiare qualcosa di tradizionale e fare delle domande.  
Ai bambini vengono delle idee e io li seguo. A me vengono delle idee e la scuola per ora mi segue. Siamo in un circolo virtuoso che spero non si spezzi mai.
Nel frattempo sto già pensando al bambino che mi ha raccontato che il suo papà in Nepal vedeva gli elefanti e la bambina russa, l'altra pakistana, il piccolo coreano... 
E il circolo è sempre in movimento.

P.S. Se volete vedere quello che facciamo in classe, trovate qualcosa qui