giovedì 31 maggio 2012

l’intuito tecnologico che a noi manca

Si avvicina alla televisione in modo sospetto e temo fortemente che tentera’ di tirarsela in testa, chissa’ perche’ non ci ha mai provato prima.

Invece, con il suo piccolo dito indice cerca di aprire I thumnails dei cartoni animati di Netflix.

Di sicuro fra un po’ anche la tv sara’ touch screen, lui gia’ lo sa.

il mio giorno fortunato

Mi ero appena seduta per scrivere finalmente dei legendari modesty shorts, quando hoIMG_20120530_134847 sentito dei rumori provenienti dal tetto. Il sole e la grandine, cosi’ all’improvviso.

Primo pensiero: la macchina!

Proprio stamattina per qualche oscura ragione del mio animo, ho deciso di fare spazio in garage e parcheggiarcela dentro dopo un sacco di tempo.

Che soddisfazione estrema. Di sicuro oggi e’ il mio giorno fortunato e io l’ho passato tutto a inseguire il piccolo Joe e a ridere con Mr. Johnson. Forse avrei dovuto comprare un biglietto della lotteria , ma non vorrei chiedere troppo alla fortuna.

mercoledì 30 maggio 2012

mamme e lavori gioie e dolori

Quest’anno, a scuola, sono stata dispensata dalle varie riunioni del collegio insegnanti per non arrivare troppo tardi all’asilo a prendere il piccolo Joe. Sono riunioni a cui prima andavo perche’ avevo il tempo di farlo e mi veniva richiesto, ma a cui in qualita’ di insegnante di arte, non avevo mai assolutamente nulla da dire. Un piccolo gesto di buon senso che ho molto apprezzato e che mi ha reso la vita molto meno complicata.

La settimana scorsa, nella mia scuola, sono finite le lezioni. Gia’ mi vedevo in vacanza, o meglio alle prese con il pestifero, quando all’ultimissimo momento mi e’ stato comunicato che avrei dovuto partecipare alla riunione fiume di oggi. Mandatory. Un’intera giornata di discorsi che, ancora una volta, ben poco avevano a che’ vedere con il mio lavoro. Immagino si siano semplicemente dimenticati di dirmelo per tempo, ma per me, con il bimbo ora, e’ importantissimo sapere queste cose in anticipo. La mia idea e’ che tutta questa urgenza fosse dovuta al fatto che veniva anche offerto un ‘fantastico’ pranzo per ‘salutarsi e chiudere questo splendido anno come si deve’ e volevano che fossimo tutti presenti. Una questione di buone relazioni fra colleghi che non mi stupisce neanche un po’ visto che alla scuola Flanders si gioca quasi tutto su l’affiatamento e il gioco di squadra.

Ecco, il fatto e’ che per partecipare a questa giornata di chiacchere piu’ pranzo in famoso ristorante pseudoitaliano, ho dovuto lasciare per la prima volta Slipino per tutto il giorno e non mi e’ piaciuto per niente. Ho dovuto chiedere al suo asilo il favore enorme di riammetterlo, nonostante la sua iscrizione fosse gia’ stata annullata e ho anche pagato una bella cifra mentre io non ho ricevuto nessun tipo di retribuzione per oggi.

Certo, avrei potuto inventare una scusa. Sarebbe stato fin troppo semplice spiegare che non e’ facile parcheggiare un bambino cosi’ da un momento all’altro, ma mi sembrava giusto esserci senza creare problemi, visto che non capita praticamente mai che mi venga chiesto qualcosa con questa ansia, e poi non sono l’unica ad evere figli piccoli. A volte e’ cosi’ quando si lavora, ci sono le riunioni, i pranzi, si butta via un sacco di tempo, ma bisogna essere presenti, non c’e’ niente di strano.

Forse e’ l’immensa stanchezza di questi giorni di viaggio e del non aver dormito per niente bene ieri notte preoccupata com’ero per il terremoto in Italia, ma mi sento davvero scarica stasera. Ripenso a quello che ho fatto oggi e mi sembra sia stata tutta una grande fatica sprecata di cui nessuno si e’ nemmeno accorto.

Se ripenso un attimo a quest’anno, invece, in fondo sono contenta di come e’ andata, ma mi e’ costato tanto, forse anche troppo in termini di stress, raggiungere i miei piccoli risultati. Mi chiedo semplicemente quando potro’ tornare a concentrarmi davvero sul mio lavoro invece di avere sempre i minuti contati e la testa da un’altra parte. 

giovedì 24 maggio 2012

non firmare il libro delle orecchie

Mr. Johnson e io parliamo praticamente sempre in italiano, ma piu’ passa il tempo e piu’ si inseriscono parole in inglese, per quelle cose che in italiano non si dicono o solo per quelle che risultano piu’ brevi. In effetti, potremmo parlare in inglese, ma sembra che spontaneamente si sia scelto l’italiano da quando viviamo qui. Probabilmente se vivessimo in Italia sceglieremmo l’inglese, ma quella e’ un’altra storia. Ad ogni modo, stamattina piu’ che mai mi sono accorta che dopo piu’ di cinque anni il mio inglese ha ancora un bel po’ di strada da fare.

- Oggi c’e’ l’earbook signing.

- Vuoi dire l’yearbook signing?

- Si perche’ che cosa ho detto?

- Earbook, il libro delle orecchie

- Davvero?

Mi sono fatta ripetere le due parole diverse volte.

Yearbook Earbook Yearbook Earbook Yearbook Earbook Yearbook Earbook

Sono riuscita ad azzeccare la pronuncia solo quando ho ripetuto subito dopo di lui. Se ci penso ora, a distanza di ore, onestamente non riesco gia’ piu’ a sentire la differenza. Yearbook, earbook, chi lo sa che cosa ho firmato.

mercoledì 23 maggio 2012

spaghetti squash?

Come al solito sono a dieta e come al solito mi ritrovo a nutrirmi principalmente di verdurine scondite. Che’ poi mi piacciono anche le verdure, il problema e’ che dopo un po’ sono sempre quelle, allora sono disponibilissima a provare cose nuove.

Recentemente ho provato la patata dolce coreana e un paio di altre cose al supermercato asiatico, ma non e’ andata per niente bene. Probabilmente avrei bisogno di qualcuno che mi guidi e mi faccia vedere come fare. O forse solo di smettere di cambiare le ricette.

Ogni tanto in questi anni, qualche americano, mi ha raccontato che c’e’ una verdura che sostituisce perfettamente la pasta, e’ lo spaghetti squash.

Vi confesso di non aver mai minimamente preso la cosa sul serio. Una verdura che sa di pasta, come no? nel mondo dei sogni forse! Ma con l’avanzare della dieta e della fame, ho deciso di dare anche a questo spaghetti squash una possibilita’.

A vederlo e’ un po’ una zucca gialla. La sua particolarita’ e’ che se lo si gratta con la forchetta dopo averlo cotto si sfila come spaghetti, da qui il nome. Diverse persone qui lo mangiano proprio come gli spaghetti, con il pesto, con il sugo, il fomaggio e tutto il resto. Non riesco nemmeno a immaginarlo. Spaghetti squash alla carbonara, potrei morire.

Era da un po’ di giorni che mi guardava dal ripiano piu’ basso del frigorifero, cosi’ stasera ho preso coraggio e l’ho cucinato. Sono stata cauta e l’ho condito solo con un po’ di sale e burro, ma di sicuro devo avere sbagliato qualcosa perche’ non solo non mi ricordava nemmeno lontanamente il sapore degli spaghetti, ma me ne ha anche fatto venire una gran voglia che prima non avevo.

Ne ho mangiato comunque un po’. Il sapore non era poi tanto diverso da altri tipi di zucca, ma era proprio brutto da vedere.

Sembrava un po’ vomito come consistenza, pero’ al piccolo Joe, che e’ diventato schizzinosissimo, e’ piaciuto un sacco, quindi certamente ci riprovero’. Sul fatto che sia un cibo sano non ci sono dubbi, forse e’ solo il nome che crea false aspettative.

Lo spaghetti squash, in un certo senso e‘ il paradigma perfetto dell’ottimismo americano che si basa sull’autoconvincimento a dispetto delle circostanze piu’ nere.

martedì 22 maggio 2012

lo sviluppo del linguaggio

Sia io che Mr. Johnson teniamo molto al fatto che il piccolo Joe impari l’italiano. Abbiamo visto tramite l’esperienza di tanti nostri amici che l’inglese viene naturale in questi casi, cosi’ gli parliamo quasi sempre in italiano. Lui ha diciassette mesi e dimostra di capire entrambe le lingue allo stesso modo, pero’ quando viene il momento di parlare vedo che sceglie praticamente sempre l’inglese. In italiano dice solo grazie (a suo modo), cacca e nonnononna (proprio cosi’, tutto attaccato).

Quando cerco di insegnargli delle parole in italiano, m’imbatto sempre nello stesso problema: in inglese sono quasi sempre molto piu’ semplici.

ScaRRpa…Shoe

CapeLLi…Hair

MaCCHinina…Car

E via dicendo.

Il piu’ delle volte non c’e’ paragone, l’inglese per lui e’ piu’ semplice e veloce, ma noi si insiste. Continuiamo a parlare, a leggere e a cantare in italiano, sperando che quando un giorno decidera’ di usare questa lingua, avra’ gli strumenti per farlo.

In inglese c’e’ stata una grande svolta quando ha imparato a dire bye bye. Per lui bye bye vuol dire praticamente tutto quello che piu’ importa nella vita e quando proprio vuole essere sicuro che lo si prenda sul serio fa dei bellissimi sorrisoni e manda anche tanti baci con le mani, tutte cose che gli ingenui interpretano come gesti di affetto. In realta’, quello che cerca di dire e’basta, me ne vado, sono stufo, non mi va piu’, mi annoi a morte ti saluto oppure vai via che voglio arrampicarmi sul divano, masticare qualcosa che so perfettamente non essere cibo o scappare o chiudermi a chiave da qualche parte. Concetti fondamentali insomma perche’ ho visto che nel suo piccolo mondo quello che piu’ conta sono le frasi negative. No, infatti, rimane sempre la sua parola preferita con mille diverse intonazioni a seconda della situazione, come un attore consumato.

Gli e’ bastato passare una mattina con un bambino qualche mese piu’ vecchio la settimana scorsa, per imparare un’altra parola fondamentale: mine. Mine mine mine, tutto mio. 

Fra i figli dei tanti amici stranieri che ho qui, ho visto situazioni completamente diverse. Bambini che a tre o quattro anni parlano perfettamente tre lingue (se i genitori sono entrambi stranieri che vivono qui) e altri che fanno fatica e si confondono e ci mettono un po’ di piu’ anche solo a utilizzarne una o due. Anche all’interno della stessa famiglia, ci puo’ essere un bambino che parla benissimo l’italiano e l’altro che si rifiuta completamente per poi recuperare qualche anno dopo. Mi sembra molto una questione di indole personale.

Forse mi aiuterebbe a chiarirmi le idee capire esattamente come Mr. Johnson ha insegnato al piccolo Joe che tutti i telecomandi sono suoi e che ogni volta che ne trova uno deve riportarlo a lui e mai a me senza fare i capricci, ma probabilmente questo credo rimarra’ un segreto fra padre e figlio.   

Sono contenta che il piccoletto, abbia la possibilita’ di essere bilingue. Sono convinta che questa cosa gli aprira’ un’infinita’ di porte nella vita e poi e’ molto interessante assistere ogni giorno allo sviluppo del suo linguaggio. Certo, mi fa sempre impressione che mio figlio un giorno possa non parlare la mia lingua, ma non credo accadra’ se ci impegnamo a fondo, sotto sotto non mi sembra possibile.

lunedì 21 maggio 2012

le brutte notizie

Ci sono quelle pubbliche che ovviamente arrivano in tempo reale ovunque [soprattutto in questi giorni purtroppo…] e poi ci sono quelle personali e in quest’ultimo caso e’ molto difficile stabilire che cosa vale la pena di fare arrivare dall’altra parte del mondo e cosa no.

Quando si tratta di me, in genere tendo a non nascondere nulla. Lo faccio perche’ vorrei ricevere lo stesso trattamento e anche perche’ in fondo non ho molta scelta, sono piuttosto trasparente. Se c’e’ qualcosa che mi preoccupa di solito si vede e se non dico nulla creo allarme finche’ non sputo il rospo.

Dall’altra parte, invece, e’ tutto piu’ complicato.

Forse e’ una questione culturale, generazionale, chi lo sa, ma si fa molta piu’ fatica a essere chiari su queste cose. C’e’ sempre questa bizzarra idea di non fare preoccupare chi e’ lontano ‘inutilmente’. La prima volta che sono tornata in Italia dopo essermi trasferita qui, infatti, e’ andata malissimo. Mi erano state risparmiate un sacco di brutte notizie, ma poi arrivata li’ ovviamente mi sono crollate tutte addosso. Funerali, malattie, separazioni… davvero una brutta esperienza il primo ritorno.

Il risultato e’ che da allora mi preoccupo molto di piu’. Ne abbiamo parlato molto in casa e ora va meglio, ma resto convinta che non mi si dica tutto, sotto sotto non mi fido piu’.  Alcune cose filtrano, ma ne scopro tante altre per caso oppure quando torno. Insomma, ho i miei buoni motivi per stare sul chi va la’.

Poi succedono delle cose che non so bene come interpretare. Sono stata male tutto il giorno pensando alla morte di una persona che conoscevo di vista (non sono nemmeno sicura di averci mai parlato) alle medie, che non vedevo da allora e che probabilmente non avrei mai piu’ incontrato nella vita. Mi chiedo che motivo ci fosse di raccontarmi questa storia orribile e tristissima in ogni dettaglio, ma non ho avuto il coraggio di lamentarmi perche’ in fondo ho chiesto io di sapere quello che succede. E’ un terreno davvero scivoloso questo.

Voi come vi regolate sulle brutte notizie? Dite o nascondete? Volete sapere o preferite rimanere all’oscuro?

domenica 20 maggio 2012

aggiornamenti dall’uccellino blu

Solo per dire che poi ne e’ sopravvissuto solo uno. A un certo punto e’ sparito per un paio di giorni e abbiamo pensato al peggio, poi pero’ e’ ricomparso. Una mattina inavvertitamente mi ha proprio bussato alla finestra durante uno dei suoi numerosi e caparbi tentativi di imparare a volare. Credo non andasse via, malgrado fosse a dir poco terrorizzato dai bracchetti (che pure, bisogna dirlo, sono stati bravissimi a imparare a conviverci come hanno fatto del resto anche con il bimbo), perche’ non era capace di volare oltre il recinto. Poi l’altra mattina, eccolo li’, sul recinto. Gia’ cambiato, gia’ senza molte di quelle piumine grigie che aveva da piccolino. E indovinate chi e’ apparso dopo un minuto?

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E questa e’ una poesia meravigliosa di E. E. Cummings, che mi sembra perfetta per festeggiare questo uccellino coraggioso e anche noi stessi. Ringrazio Silvia Pareschi per avermela fatta conoscere.

sempre sia il mio cuore aperto ai piccoli

           uccelli che sono il segreto del vivere

           qualsiasi loro canto è meglio del sapere

           e gli uomini che non li sentono sono vecchi

           sempre la mia mente vaghi affamata

           intrepida assetata e agile

           e anche s'è domenica il torto sia mio

           ché se la gente ha ragione non è giovane

e che io non faccia mai nulla di utile
e il mio amore per te sia più che sincero
perché nessuno giammai fu così stolto
da non attirarsi con un sorriso il cielo

venerdì 18 maggio 2012

settimanina

L’altro giorno una mia amica, casalinga con due figli, mi ha detto di volersi trovare un lavoro. Bisogna dire che non ne ha bisogno a livello economico e non ha passioni particolari da seguire. Vorrebbe un lavoretto cosi’, qualsiasi diciamo, perche’ fondamentalmente si annoia e vorrebbe fare nuove esperienze. E’ un po’ brutto da dire, ma fra me e me le ho augurato quasi di non trovarlo. Ora come ora la vedo cosi’ tranquilla. Cucina benissimo, credo sia l’unica italiana che conosco qui a preparare ancora primo, secondo e tutto, e’ sempre libera e disponibile e organizza feste grandissime. Non che lavorare sia un dramma, anzi lo considero sempre un privilegio immenso, ma me la sono immaginata a correre anche lei come una matta da una parte all’altra e mi e’ venuto da dirle ma chi te lo fa fare come un becero maschilista qualunque. In realta’ il mio probabilmente e’ mero egoismo. E’ cosi’ raro avere vicino persone rilassate che non ti tocca inseguire nei meandri di tutti questi accidenti di schedules, che sono piu’ o meno sempre li’, che hanno tempo per ragionare sui dettagli delle cose, per farsi una dormita al limite o una chiaccherata, che non hanno le occhiaie.... Che dite? Mi sa tanto che qui c’e’ bisogno di una vacanza.

mercoledì 16 maggio 2012

alla fine dell’anno

Ieri pomeriggio, dopo scuola, e’ venuto a trovarmi in classe il papa’ di un bambino per dirmi che apprezza molto il mio lavoro e ringraziarmi per quello che insegno a suo figlio. Gia’ qui si usa cosi’, si ringrazia sempre anche quelli che fanno DSC08145semplicemente il proprio lavoro. Ma insomma il punto e’ che mi sono resa conto che io i complimenti non ho ancora imparato a riceverli accidenti. Sembrava quasi che cercassi di smentirlo. E’ che dopo aver ringraziato lui non diceva niente e io mi sono sentita in dovere di riempire quel vuoto imbarazzante. Con dell’altro imbarazzo purtroppo.

Alla fine, comunque, sono riuscita a salvare quel progetto gigantesco di cui vi avevo parlato tempo fa. E’ un sollievo perche’ non passava giorno che chiunque mi chiedesse notizie. Erano tutti talmente curiosi di vedere il risultato finale dopo tanto lavoro e tanti misteri che se fosse stato proprio impresentabile, mi sarei vergognata molto.

Certo, e’ stato un gran lavoraccio e sarebbe potuto venire molto meglio, su questo non ho dubbi, pero’ non e’ andata male in fondo.

Come sempre, adoro spiare le reazioni dei bimbi che lo vedono per la prima volta e il loro entusiasmo, quello che si dicono, lo stupore nei loro occhi, e’ tutto cio’ di cui ho bisogno. Hanno imparato qualcosa e si sono divertiti davvero tanto, e’ questo quello che conta.

Mi sono quasi commossa come una stupida ieri. Insomma, la settimana prossima finisce la scuola, non ci posso credere. Quei bimbi saranno cosi’ diversi in autunno e alcuni non li rivedro’ mai piu’.

Il tempo passa troppo in fretta, e’ questo che mi commuove. 

martedì 15 maggio 2012

ben mi sta

L’anno scorso per la festa della mamma, avevo chiesto a Mr. Johnson un cactus pensando che lui, conoscendomi come mi conosce, comprendesse perfettamente che non volevo davvero un cactus. Ecco quel fantastico cactus e’ stato al centro di discussioni e battute per mesi e mesi, anzi ancora viene nominato di tanto in tanto.

Allora quest’anno, ho deciso di sforzarmi tantissimo e, per una volta, di essere chiara e semplice. Ho detto e ridetto quello che volevo senza nessuna possibilita’ di malinteso. Giuro, stavolta si capiva.

Il mio vicino - quel fenomeno che si era scusato perche’ aveva pensato fossi messicana - mi aveva subito messo in guardia.

- Non puoi chiedere una bicicletta per la festa della mamma, e’ un errore immenso! Dammi retta se non vuoi ricevere un frullatore l’anno prossimo!

Ma io volevo proprio una bicicletta, non ne ho mai avuto una da quando viviamo qui e mi serve, la voglio.

L’altro giorno, Mr. Johnson era tutto contento come quando non vede l’ora di darmi un regalo e continua a parlarne e a darmi mille indizi non richiesti (che a me piacciono le sorprese, anzi mi piacevano) e puntualmente non riesce a resistere e mi obbliga ad aprirlo in anticipo.

Il pacchetto era davvero piccolo, ho subito escluso fosse una bicicletta. Non ci sarebbe stato nemmeno il cestino in quel pacchetto.

Infatti, era un braccialetto, un altro braccialetto. Mr. Johnson adora regalarmi braccialetti. Bello, eh, molto. Ma, non riuscivo proprio a smettere di chiedermi perche’ non ho ricevuto quello che avevo chiesto.

Si, alla fine glielo ho chiesto, non riuscivo a vivere con questo tarlo, ero troppo curiosa.

- Ah la bicicletta… ma non ti avrei mai regalato una bicicletta! Ti saresti offesa a morte. Sarebbe stato come regalarti un frullatore e poi ti ricordi l’anno scorso con il cactus?

Ben mi sta.

lunedì 14 maggio 2012

di persone tristi e felici. e fine settimana andati male

C’era un tempo in cui le persone tristi esercitavano un forte fascino su di me, ora mi accade esattamente il contrario. Sono attratta dalle persone felici, forse perche’ ho scoperto che sono molto piu’ rare. Mi piace studiarle, vedere come se la cavano. In genere sono piu’ belle le persone felici.

Questo fine settimana non e’ stato per niente semplice. Cassandra e’ venuta qui a festeggiare la festa della mamma, ma non e’ andata molto bene. E non e’ andata bene perche’ lei e’ una persone profondamente infelice ad esempio. Senza volerlo mi ha rovesciato addosso una valanga di questioni appiccicose che non mi riguardano piu’ di tanto, ma che oramai mi e’ impossibile ignorare.

Per fortuna, nella vita c’e’ sempre la possibilita’ di sedersi un attimo e ragionare sulle cose e io credo di avere capito una cosa oggi. Che, come genitori, abbiamo tanti doveri ovviamente, ma ce n’e’ uno che puntualmente sottovalutiamo, quello di essere felici. Non so se sia per un discorso generazionale o che’, ma i genitori del novanta per cento di quelli che conosco sono infelici e mi viene il dubbio che non si rendano conto di quanto questa loro condizione esistenziale gravi su chi gli sta attorno, soprattutto i figli. Quando i genitori dicono che non vogliono essere un peso, di solito si riferiscono a un peso economico o a qualcosa che bisogna fare per loro, ma il vero peso e’ quello di saperli infelici.

I genitori che conosco pensano troppo a ‘sacrificarsi’ come dicono loro e troppo poco ad essere felici. Ma se quello che vogliono piu’ di tutto e’ la felicita’ dei propri figli, cosa vale piu’ del buon esempio?

Look at me I am old, but I’m happy dice quella vecchia canzone ed e’ questo che vorrei poter dire un giorno al piccolo Joe.    

domenica 13 maggio 2012

a volte ritornano (e si moltiplicano)

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Forse qualcuno di voi si ricordera’ di questo simpatico pennuto che venne a farmi visita un po’ di tempo fa. Ecco, non solo ha deciso di tornare, ma si e’ anche moltiplicato.  

Tutti ci hanno messo subito in guardia. Questo uccelletto gode di una pessima fama da queste parti. Eppure in fondo e’ cosi’ simile a noi, o magari a come ci piacerebbe essere.

Costruisce il nido insieme alla sua compagna e poi si prende cura di lei e la nutre mentre cova per diverse settimane. Quando nascono i piccoli la mamma e il papa’ li curano insieme e non li perdono di vista un attimo.

La nostra convivenza e’ andata molto bene fino ad ora. Il problema e’ che ieri i pulcini, tre credo, hanno lasciato il nido, e da allora ci tengono sotto scacco. Gli acchiappaconiglietti non possono uscire in giardino perche’ abbiamo paura che possano dargli fastidio e noi non possiamo uscire perche’ siamo minacciati da mamma e papa’. Se per sbaglio ci avvicinassimo troppo a uno dei piccoli, rischieremmo di essere attaccati e dicono che non sia un’esperienza particolarmente piacevole.

Probabilmente ho rischiato la vita anche per scattare questa foto. DSC08686

E’ quello che vedo dalla finestra in questo preciso momento. Mi sembra di essere dentro a un documentario. Lui e’ li’ da un bel po’. Ogni dieci o quindici minuti mamma e papa’ vengono a imboccarlo e lui saltella un minimo, ma non sembra per niente interessato a spiccare il volo. Il fratellino invece si e’ appollaiato sotto al tavolo ed e’ molto piu’ tenace, continua a provare e riprovare, non fa altro che cadere e rialzarsi senza scoraggiarsi. E’ di una tenerezza indescrivibile.

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Il terzo purtroppo non ce l’ha fatta. E’ rimasto semplicemente li’ sul prato immobile con i genitori che lo vegliavano per ore. Non sembra sia stato attaccato da nessun animale, forse semplicemente non era abbastanza forte, chissa’. La natura e’ cosi’ spietata e misteriosa.

Quanto coraggio ci vuole a crescere e a buttarsi, a imparare a volare. E quanto coraggio deve avere una mamma a farsi da parte e a guardare le cadute e i voli dei suoi piccoli. Non sono in buona compagnia da queste parti, ma cosa vi posso dire? A me questi uccellacci blu stanno molto simpatici.

In fondo le mamme sono tutte un po’ come loro, no?

Auguri a tutte le mamme allora.

venerdì 11 maggio 2012

quel ninja di mr. johnson

Non so se sia tanto normale nei padri, spero di no, ma Mr. Johnson farebbe qualunque cosa pur di non cambiare un pannolino caccoso e devo dargli atto che in effetti in questo quasi anno e mezzo ha fatto davvero qualunque cosa. Ha fatto la spesa a mezzanotte, lavato qualunque quantita’ di piatti e vestiti senza fiatare, e’ corso in farmacia agli orari piu’ improbabili e si e’ soprattutto esercitato nell’antica arte della mimesi e della fuga sugli alberi diventando in poco tempo praticamente un ninja.

Un suo amico, padre anche lui, gli ha fatto notare che non siamo nell’Ottocento e che non c’e’ nulla di strano a cambiare un pannolino, ma lui niente, e’ proprio recidivo. Sostiene di avere una reazione fisica, di sentirsi male, molto male, che e’ meglio non rischiare di mettere a repentaglio la salute per un pannolino. Oh, certo che no. Certificato medico non pervenuto.

Ieri mattina il bimbo si sveglia e lui va a prenderlo, ma torna a mani vuote.

- Credo di aver capito perche’ si e’ svegliato…

- Ah davvero. Me lo spieghi?

Ennesimo inseguimento acrobatico della sottoscritta con piccolo puzzone in mano che evidentemente non sente la puzza e non smette di ridere. E’ che io penso sempre che se si allena un po’ anche Mr. Johnson puo’ entrare nel XXI secolo, in fondo lo faccio per lui. E lui con cosa se ne viene fuori?

Ancora una volta, si conferma come il piu’ fantasioso inventore di scuse che abbia mai conosciuto.

- Ma abbiamo fatto un patto: io il vomito e tu la cacca!

Superfluo aggiungere che non c’era nessun patto, solo un pazzo potrebbe stipulare un patto del genere, ma oramai si era gia’ volatilizzato.

mercoledì 9 maggio 2012

miti da sfatare?

Mi viene chiesto in un commento:

"Mi spieghi il concetto di solitudine? Riesco a capire che stando in un posto nuovo, con nuove persone e una cultura ci si senta più "soli" ,ma spesso la scelta di andar via non è motivata proprio dal voler tagliare i ponti col passato e dal desiderio di rimettersi in gioco da capo?"

Ecco, correggetemi se sbaglio, ma a me questo sembra proprio un mito da sfatare sugli emigranti. Certo, ci piace tanto pensarci come coraggiosi avventurieri e a volte siamo tentati anche a dipingerci cosi’, ma la verita’ e’ che in tutti questi anni all’estero, non credo di aver mai conosciuto un solo straniero (fatta eccezione per gli studenti, che poi pero’ in genere finito quello che devono fare, se ne tornano a casa) che sia venuto qui davvero per “tagliare i ponti col passato” e “rimettersi in gioco da capo”.

A me pare che per lo piu’ le persone si spostino perche’ in qualche modo la vita le aiuta a spostarsi. Incontri, opportunita’, chiamatelo destino se vi piace di piu’. Non che non siano scelte ragionate e consapevoli, ma noto che molto di rado la spinta a cambiare sia semplicemente l’insoddisfazione a casa propria o un impellente bisogno di cambiamento. Fra tutte le persone che conosco, vedo che quelle che piu’ parlano di quanto vogliano ‘mollare tutto e ricominciare’ sono proprio quelle che in genere poi non vanno da nessuna parte. Perche’ non e’ facile andare via, ci vogliono tanti buoni motivi diversi per aver davvero voglia di imbarcarsi in un’impresa simile. Infatti, la maggior parte di noi emigranti poi magari sta benissimo e finisce che non torna piu’ indietro, ma sente sempre una grande nostalgia e si aggrappa a qualunque cosa pur di non staccarsi del tutto dalla vecchia vita. Spendiamo cifre spaventose e usiamo tutti i nostri giorni di ferie per tornare, che ne so, a Quarto Oggiaro, mentre i nostri colleghi americani se ne vanno magari alle Hawaii. E non e’ tutto: ne siamo anche ben contenti e lo rifacciamo ogni volta che ci e’ possibile, altro che porte sbattute e ponti tagliati, facciamo qualunque cosa in nostro potere per non slegarci del tutto e non essere dimenticati. Il vuoto che troviamo nel posto nuovo, quello che all’inizio puo’ al limite anche divertirci, alla lunga ci fa orrore e tutto quello che vogliamo e’ riempirlo in qualunque modo, con chiunque non sia proprio peggio del vuoto stesso. Non so se mi sono spiegata bene stavolta, e’ tardi e sono stanchissima, ma grossomodo e’ questo il concetto di solitudine a cui mi riferivo, grazie per la bella domanda 70 Millimetri.

martedì 8 maggio 2012

cosa ci cambia davvero

Un po’ di tempo fa vi avevo raccontato di un’esperienza piuttosto spiacevole con una coppia di stranieri che si erano appena trasferiti a Dallas. La loro dieta ferrea vegana era diventata il pretesto per un comportamento piuttosto ingrato e antipatico ed era finita che nessuno li aveva piu’ invitati. E’ passato qualche mese e ho risentito parlare di loro. Completamente cambiati a quanto si dice. Grande simpatia e disponibilita’, tutto il contrario di prima insomma.

Non mi ha stupito piu’ di tanto, penso che sia stata la solitudine. In questi anni ho visto che la solitudine e’ una di quelle poche cose che cambiano davvero le persone. Quella di cui parlo e’ la solitudine vera, quella che fa paura perche’ e’ subita, all’inizio sembra (e forse lo e’) inevitabile. Ci si sente come sradicati qui e costretti a giocare con regole che non sono le nostre e che non capiamo. E piu’ perdiamo, piu’ cambiamo, se siamo persone intelligenti.

lunedì 7 maggio 2012

e le fessure nei bagni allora?

Ancora una volta, si chiaccherava con degli amici americani delle differenze fra il senso del pudore americano e quello europeo (come se in Europa non ci fossero poi mille distinguo da fare, non so se qualcuno si ricorda di questo simpatico aneddoto ad esempio). Come al solito loro vengono in vacanza da noi, danno un’occhiata alle copertine delle riviste, alle pubblicita’, alle donne in topless sulla spiaggia, alla televisione, soprattutto a tarda sera ma non solo, e si fanno l’idea che gli europei siano dei libertini o dei peccatori o dei gaudenti o che so io. Alla fine del discorso, io e la mia amica americana andiamo al bagno e ci troviamo davanti a uno spettacolo un po’… poco edificante per cosi’ dire. Dovete sapere che i bagni pubblici americani molto spesso, quasi sempre da queste parti almeno, perfino nelle scuole, non hanno dei muri normali, ma hanno delle pareti leggere (stalls) con fessure che a volte sono molto larghe da cui in teoria si vede perfettamente cosa sta succedendo dentro. Tu non dovresti guardare, e’ vero, ma non posso credere che nessuno abbia mai nemmeno per sbaglio buttato un occhio. Insomma, succede, a volte nella vita non si puo’ proprio fare a meno di vedere purtroppo. Perche’ e’ questo che hanno sostenuto gli altri quando siamo tornate al tavolo e abbiamo raccontato l’accaduto. Tutti che cadevano dalle nuvole completamente sconvolti, come se non ci avessero mai fatto caso. Dunque, ricapitolando. Tutto questo scandalo per fare vedere ai bambini delle elementari le foto degli aborigeni o il David di Michelangelo e poi i bagni sono ‘see through’. Chi ci capisce.

In compenso ora la mia amica mi odia, dice che per colpa mia adesso vede old lady butts dappertutto! :)

martedì 1 maggio 2012

il mondo puzza

- Da quando ho smesso di fumare, ho scoperto che il mondo puzza.

- Anche che profuma pero’.

- Si ma le cose che profumano mi fanno venire le allergie.

Credo di avere sposato uno degli americani meno ottimisti del mondo.