martedì 24 aprile 2018

vivere in città

- Per favore, rendetevi conto di quanto siete fortunati ad avere tutta questa natura proprio dietro casa. 
Mi guardano un po' come se stessi parlando cinese, allora mi spiego meglio. 
- Dovete pensare che non tutti hanno la possibilità di vedere questi bei boschi, i fiumi, i laghi e gli animaletti tutte le volte che vogliono. Per esempio, quando io ero piccola non ho mai visto uno scoiattolo o un coniglietto o un airone o un serpente vicino a casa mia. 
- Perché?
- Perché abitavo in città. 
- Ma anche noi viviamo in città.


Touché. 


lunedì 23 aprile 2018

c'erano un'italiana, una coreana e un cubano

Era una bella giornata, così dopo scuola, siamo andati a fare merenda al parco insieme a un compagno di classe di Joe. Chiacchieravo amabilmente con la mamma di questo bambino quando è arrivato il nonno di un'altra compagna di classe. Un nonno che vedo sempre fuori da scuola, molto sprint per la sua età, cubano, all'apparenza molto simpatico. Non faccio in tempo a salutarlo che si rivolge all'altra mamma:
- Sei giapponese?
E già lì ho capito che ne avremmo viste delle belle. 
Non bisogna essere fanatici del politicamente corretto per capire che NON si va da una sconosciuta con gli occhi a mandorla a chiedere sei giapponese?
Lei risponde senza nessun problema:
- No, sono coreana.
Apriti cielo. 
- Adesso - comincia il vecchio- ti dirò una cosa che forse non sai della Corea e quindi apri bene le orecchie e ricorda: la Corea diventerà un unico paese. Il Sud verrà risucchiato dal Nord. E sai perché? Perché voi del sud siete deboli, è il benessere che vi rende deboli. Voi del sud verrete inghiottiti dal nord, ricordati queste parole!
Comincio a sentirmi leggermente a disagio. Stavamo così bene a goderci il bel tempo e a parlare delle nostre piccole cose e questo non solo ci interrompe, ma si mette pure a fare il Nostradamus dell'Havana con il ditino puntato. Che fastidio, che cafone.
La mia conoscente invece non si scompone per niente, ascolta con attenzione e risponde a tutto educatamente. Io mi allontano con una scusa sperando che la cosa finisca lì. Quando torno però stanno ancora parlando di politica. Mi metto in disparte, l'intera situazione mi risulta decisamente sgradevole, ma non voglio fare una scena. Cerco per quanto posso di non ascoltare perché davvero: non voglio fare una scena. 
- E sai cos'altro ti dico cara mia? - continua il nonno- Ti dico che fin dalla prima volta che ho sentito parlare Obama non mi è piaciuto. Obama ha due difetti: è socialista ed è nero e i neri sono il problema numero uno di questo paese.
- CHE COSA? - lo interrompo io facendo del mio meglio per non fare una scena senza riuscirci.
- Sì, i neri sono il problema più grande di questo paese. Devi pensare che la schiavitù...
- No guardi, qualunque cosa voglia dire sulla schiavitù non può partire da un'affermazione razzista di questo tipo, squalifica tutto il suo ragionamento.
Allora interviene la coreana cercando di mediare:
- Ma no, il signore non è razzista, c'è stato un malinteso. Chiaramente fra di noi ci sono delle barriere linguistiche, tu parli italiano, io il coreano, lui non so che lingua parli...
Ha fatto davvero i salti mortali per cercare di metterci d'accordo, ma io lo so cosa ho sentito, (anche perché la medesima frase é stata ripetuta almeno tre volte: i neri sono il problema numero uno di questo paese) non c'era nessuna barriera linguistica, tanto più che io e il signore abbiamo ben due lingue in comune. 
Dopo un po', cerco di stemperare la tensione anch'io perché davvero a me di discutere con uno che ha certe idee, non può importare di meno. 
- Guardi, va bene, la pensiamo diversamente, magari possiamo parlare di qualcos'altro la prossima volta che ci incontriamo al parco giochi, va bene? 
Allora lui mi chiede scusa (di che cosa non si capisce, forse di aver cominciato un discorso simile) e, come tutti i razzisti che ho incontrato nella vita, mi assicura due cose: di non essere razzista e di avere tanti amici neri. Ma, aggiunge, è così: i neri sono il problema principale della società americana. 
Sono sul punto di girare i tacchi e andarmene quando fa un ultimo tentativo:
- Va bene, non siamo d'accordo su questo, ma ti faccio una domanda: secondo te è giusto che un'attrice pornografica [usa proprio queste parole, si riferisce a Stormy Daniels, la donna che è stata pagata sottobanco da un avvocato di Trump, al momento indagato, centinaia di migliaia di dollari per mantenere il silenzio su una relazione che i due avrebbero avuto mentre Melania era incinta] si presenti davanti ai giornalisti dopo un sacco di anni per mettere in imbarazzo il presidente degli Stati Uniti? 
Vi risparmio il resto della brevissima conversazione, aggiungo solo che in quel momento indossavo una maglietta con la scritta Girls just wanna have fundamental rights, il mio interlocutore avrebbe decisamente potuto immaginare chi aveva di fronte.
Quando finalmente se n'è andato io e la coreana ci siamo confrontate un attimo su quello che era successo.
Lei non era minimamente offesa da nulla. Nè dal sei giapponese? iniziale né dal fatto che ci avesse brutalmente interrotte e si fosse messo a fare profezie nefaste sul suo paese. Mi è piaciuto questo suo modo di fare, soprattutto l'ironia. L'unica cosa che le ha dato fastidio, ha detto ridendo, è che il tipo tendeva a sputare mentre parlava. Per il resto per lei, in quanto anziano, aveva come una sorta di lasciapassare per poter dire qualunque cosa gli passasse per la testa. Per me invece, non è così: un anziano se non manifesta segni di demenza, è una persona adulta che deve fare i conti con le conseguenze delle sue azioni come chiunque altro. 
A parte questo, a lei sembra che gli americani siano troppo permalosi e poco riconoscenti per quello che hanno. Mi ha detto:
- Noi coreani siamo dei gran lavoratori. Ci chiamano yes man.
E lo diceva come se fosse una cosa positiva, un complimento, mentre in realtà non lo è assolutamente. Ecco mi ha colpito che una persona intelligente come lei, con un'ottima padronanza della lingua e che ha vissuto qui per moltissimi anni, non capisca questa cosa. Yes man si riferisce a un arrivista, un leccapiedi, qualcuno che si fa calpestare pur di rimanere nelle grazie dei superiori. Di sicuro in Corea la società è organizzata in modo diverso se lei ha questa impressione, ma ho preferito non cominciare altri discorsi in quel momento. 
Insomma, alla fine di tutta questa diatriba, mi sono resa conto che le barriere fra noi ci sono e sarebbe interessantissimo esplorarle meglio, ma non sono linguistiche, sono squisitamente culturali. 

domenica 22 aprile 2018

misteri da expat

Ero con un gruppo di amici e una ragazza, amica di un amico, raccontava una cosa che secondo tutti faceva molto ridere. Suo padre, aveva fatto uno scherzo a sua sorella sedicenne, una volta. Le aveva detto che erano messicani ed erano clandestini e sarebbe stata deportata. La sorella ci ha creduto e ha cominciato ad agitarsi tantissimo finché il padre le ha detto la verità e cioè che era uno scherzo. 
Ecco, potrebbero sembrarlo fisicamente, ma loro non sono messicani. La madre è americana e il padre é arabo, dell'Arabia Saudita. 
Tutti ridevano, ma io avevo mille domande. 
Come è possibile che in sedici anni non ti venga mai in mente di raccontare a tua figlia da dove vieni e come è possibile che a tua figlia non venga mai in mente di chiederti dove sei nato?
Evidentemente è possibile. Come non lo so.

martedì 17 aprile 2018

tanto tempo fa e ancora oggi



Stamattina mentre accompagnavo Joe a scuola, la radio dava la notizia che due uomini di colore, ieri, sono stati arrestati da Starbucks perché secondo il barista erano stati seduti al tavolo troppo tempo senza comprare nulla.
La sua reazione:

- Ma come? Queste non sono cose che succedevano tanto tanto tempo fa?

Stasera invece del Grande Libro dei Peanuts che adora e che gli sto leggendo da qualche settimana, senza dire niente, è andato a prendersi la storia di Rosa Parks che rifiutandosi di cedere il posto a un bianco, innescò il boicottaggio degli autobus di Montgomery che fu fondamentale nello sviluppo del Movimento per i Diritti Civili. 
Di solito leggo io la sera, questa volta invece ha voluto fare da sè anche se era un libro molto lungo. Mi fa piacere che la piccolissima conversazione di stamattina abbia scaturito altre riflessioni e che in completa autonomia, abbia deciso di approfondirle andandosi a studiare la storia. Il mio piccolo Joe sta crescendo. 

domenica 15 aprile 2018

le amicizie (dis)interessate

Non è un segreto che ancora oggi, dopo tutti questi anni, abbia difficoltà a costruire amicizie importanti qui in Texas, ma ultimamente mi sono resa conto di una cosa piuttosto deprimente. 
Ogni volta che qualcuno si comporta nei miei confronti esattamente come faccio io, cioè in modo gentile e premuroso, viene fuori che vuole vendermi qualcosa.
Vuoi venire a questa festa a casa mia? E si scopre che alla cosiddetta festa, c'è una vendita di qualcosa. Andiamo a fare una passeggiata? E per tutto il tempo mi parla di quanto sia fantastica la sua vita ora che usa questi prodotti che cerca di vedermi o addirittura di farmi vendere. Che pelle meravigliosa che hai, sei sempre così curata...e vuole rifilarmi qualche crema o qualche trucco. Vedo che avete l'orto... guarda io uso queste capsule che ne prendi una sola e hai tutte le vitamine del mondo senza nessuna fatica.
Ecco. Ogni volta. Potrei andare avanti due ore con tutti gli esempi che ho. Non la prendo sul personale, figuriamoci, non credo sia un problema legato a me in particolare. Mi limito a osservare il fenomeno, chiamiamolo così. 
Le persone (le nuove conoscenze intendo) che si impegnano veramente per vedermi o per passare del tempo insieme o che chiamano, hanno inevitabilmente qualche interesse di questo tipo e io -non fraintendetemi- apprezzo molto chi si impegna nel suo lavoro, davvero, ma forse bisognerebbe mettere dei limiti, dividere gli affari dall'amicizia. 
Tanto un amico sa che lavoro fai, se è interessato ai tuoi prodotti, viene lui da te, no?
Dopo l'ennesimo episodio di questo tipo, pochi giorni fa, pensavo... forse è anche per questo che faccio fatica a fare amicizie significative. 
Forse la gente qui è abituata al fatto che una persona disponibile e cordiale in realtà stia cercando di vendere qualcosa, che abbia un interesse nascosto. 
A voi succede? In Italia com'è?

martedì 10 aprile 2018

indovina chi

Stavo per attraversare un ponticello al parco, ma mi sono fermata per aspettare che passasse una persona con un grosso cane. Quando ci incrociamo all'imbocco del ponticello, questa persona si scusa in maniera profusa per avermi rallentato, ma non è mica colpa sua, è il ponte che è troppo stretto o il cane che è enorme. 
Indica il seggiolino vuoto di Woody e osserva con un pizzico di frenesia nella voce:
- Wow, una volta ho visto uno di quelli in un film!
Penso... siamo alle solite. I texani sembra sempre che non abbiano mai visto una bicicletta. Abbozzo e faccio per tirare avanti.
Poi questa persona con due occhi verdi, due occhi trasparenti, larghi, come in quella vecchia canzone di De André, cambia improvvisamente espressione. Si ferma, mi guarda con intensità e aggiunge:
- You look like you have a beautiful story. Hai l'aspetto di qualcuno con una bellissima storia.
Non so che dire... Grazie? Sorrido e abbasso gli occhi in imbarazzo pensando...ma che dice? Che aspetto ho?
Ma non ha finito. Fa una pausa abbastanza lunga e poi continua:
- You have a beautiful soul. Hai una bella anima.
Grazie, buona passeggiata. Arrivederci. Devo aver risposto qualcosa del genere mentre questa persona, continuando a guardarmi fisso con quegli occhioni di vetro, dichiara:
- You made my day. Hai dato un senso alla mia giornata.
Basta. Finisce così. Mi guardo intorno. Non c'è nessuno. Intorno è così. 


Per un attimo mi chiedo se sia successo davvero. 
Ma chi era? Cioè secondo voi chi era? Uomo, donna, giovane, vecchio? 
La storia cambia completamente a seconda di chi sia il personaggio principale. 

domenica 8 aprile 2018

i pregiudizi uccidono

Non so se avete mai visto il film dell'orrore Get Out, è molto bello, parla del razzismo di persone all'apparenza insospettabili. Ecco la storia vera che sto per raccontarvi molto brevemente, me lo ha ricordato molto.

C'è una coppia di donne bianche di sinistra, rispettabilissime, che adotta sei bambini neri. I bambini subiscono nel corso degli anni abusi gravi. Una volta, nel 2011, una maestra si accorge che una delle figlie aveva subito percosse e una delle madri viene condannata per questo. Una condanna decisamente blanda. Non fa nemmeno un giorno di prigione, anzi le si accorda il permesso di trasferirsi in un altro stato e di non mandare più i figli a scuola, di poterli cioè istruire a casa, come si usa molto qui negli Stati Uniti. Gli abusi così sono continuati nell'isolamento più totale, proprio come in un film dell'orrore. I bambini hanno cominciato a chiedere aiuto ai vicini. Le madri gli rifiutavano il cibo, avevano fame. Una volta una di loro si presenta alla porta dei vicini con due denti spaccati da una madre, chiede aiuto. I vicini pensano mmm ... strano e tornano alle loro cose. Nel 2014, diventa virale questa bellissima immagine di uno dei sei bambini, Devonte, che abbraccia un poliziotto durante una manifestazione di Black Lives Matter.


Un'immagine che spezza il cuore ancora di più alla luce di quello che sappiamo oggi, forse un'estrema richiesta di aiuto, chissà. 
Abusi terribili perpetrati nell'indifferenza delle istituzioni per molti anni. Così un giorno, il mese scorso, le due signore -pazze, criminali o più probabilmente entrambe le cose- hanno preso i bambini, li hanno messi in macchina e si sono buttate insieme a loro da una scogliera della California. 
Ora. Considerate che i genitori di colore qui vengono costantemente criminalizzati. Viene segnalato se le donne incinte fumano o se non si presentano alle visite di controllo, viene segnalato se i figli vengono lasciati soli anche per pochi minuti o se non sono in grado di pagare l'affitto. Spesso queste persone finiscono in galera o perdono la custodia dei figli a causa di questo tipo di segnalazioni e i figli entrano nel famigerato sistema dell'affido.
La disparità di trattamento è palese. 
Questa coppia invece é stata difesa e lodata e giustificata fino all'evidenza dei crimini che aveva commesso. 

Persone come loro salvano, non uccidono. E i bambini, si sa, esagerano. Maledetti pregiudizi.

Qualcuno mi dice che qui non si sentono le parolacce che si sentono in Italia contro gli extracomunitari, che qui è meglio. Forse è vero che si dicono meno parolacce o forse semplicemente é che si trovano formule un minimo più elaborate per affermare concetti analoghi. Fatto sta che, non so in Italia, ma qui esiste certamente qualcosa di più terrificante di quel tipo di razzismo lì: il razzismo istituzionalizzato. 
Quello della polizia che spara all'uomo nero, quello dei servizi sociali che non credono alle vittime, quello della scuola che punisce gli studenti di colore più dei bianchi, quello delle banche che rifiutano mutui a parità di reddito. 
Non so come se ne possa uscire, le disparità sono talmente radicate che sembra impossibile che qualcuno riesca a estirparle. 
E infatti succedono queste tragedie immani. Poveri bambini.

di laurie anderson e della felicità dopo la catastrofe

Qualche giorno fa ho ascoltato Laurie Anderson raccontare di quando l'uragano Sandy, nel 2012, ha inondato la casa che condivideva con Lou Reed e ha distrutto tutto il loro archivio. Non riesco a smettere di pensarci. Una donna così intelligente e affascinante, di quelle poche che ti incantano con la voce e l'intelligenza.
Diceva che chiaramente sul momento ha vissuto questa cosa che le è capitata come una tragedia, però poi questo grosso incidente di percorso le ha dato la possibilità di arrivare a tutta una serie di realizzazioni che le hanno permesso di raggiungere una serenità e delle consapevolezze nuove.
La prima è stata Ehi! Non dovrò mai più mettere a posto lo scantinato in vita mia! Perché una donna intelligente non può che essere dotata anche di una notevole autoironia.
Poi si è detta...cosa me ne facevo, alla fine, di uno scantinato pieno zeppo di cose che non sarei mai andata a rivedere?
Ha realizzato che queste cose paradossalmente hanno acquisito valore proprio nel momento in cui sono andate perdute.
Questo evento imprevisto, questa catastrofe naturale, le ha dato la possibilità di meditare per la prima volta forse, su degli oggetti che aveva conservato con cura per tutta la sua vita, ma che oramai non facevano più parte del suo quotidiano. Nel caos generale di quell'archivio, non si era mai probabilmente fermata a ragionare su quello che era davvero importante per lei. E' così facile perdere di vista quello che è importante. Ed è vero, adesso quegli oggetti non ci sono più fisicamente, ma sono presenti nei suoi pensieri, prima esistevano fisicamente sì, ma era come se non ci fossero in un certo senso.
Un oggetto importante per te ha più senso che esista nella tua mente che nella polvere di un vecchio archivio, no?
La vita però è una gran carogna a volte e in quello stesso periodo, nel giro di pochissimo tempo, Laurie ha perso anche il suo cane adorato, sua madre e il compagno di una vita, Lou Reed. Ci pensate?
Il dolore.
La cosa incredibile è che lei non è rimasta schiacciata da tutti questi lutti, al contrario è come rinata e anche la sua produzione artistica è riesplosa in questi ultimi anni.
Tutto questo dolore l'ha come catapultata, dice, in una sorta di strano stato di felicità. Ha imparato a essere felice di eventi infelici, ha imparato ad abbracciare la tristezza invece di cercare di cacciarla via.
Ha guardato in faccia e con immensa serietà il fatto che la persona con cui ha vissuto e dormito e mangiato e parlato ogni singolo giorno per più di vent'anni non c'è più e si è sentita di fronte a una scelta, vivere o morire. Così ha deciso di raccogliere dentro di sè tutto quello che ha perso, ma che - ed è la cosa fondamentale qui- ha avuto la fortuna infinita di avere, e trasformarlo in felicità.
Perché nonostante tutto si può scegliere di essere felici, conclude.

[Se ve la cavate con l'inglese, potete ascoltare direttamente lei qui]

martedì 3 aprile 2018

così stanno le cose

E' arrivata la primavera e io e Joe abbiamo cominciato ad andare a scuola in bici. Vedo tanti bambini andare a scuola in bici qui, ma nessun adulto. Evidentemente questo fatto ha mandato in crisi la guardia pedonale di cui già vi avevo raccontato una volta quando pensavo ingenuamente fosse un volontario lì per aiutare il prossimo in maniera disinteressata. Secondo lui dovremmo usare il marciapiede come tutti gli altri e aspettare di fronte alla scuola che lui ci faccia attraversare. E non è stato pacifico, diciamo così, nel comunicare le sue intenzioni. Il primo giorno ci ha sbraitato contro come impazzito. E' per la vostra sicurezza, voi siete sotto la mia responsabilità, non posso permettere che vi succeda qualcosa di male, si è sgolato. Gli dico che apprezzo la serietà con cui affronta il suo lavoro -un lavoro piuttosto superfluo dato che ben pochi si muovono a piedi qui e le auto vanno a passo d'uomo intorno alle scuole- ma che io sul marciapiede in bici non ci vado. Mi dice, anzi mi urla, vai pure a chiedere alla polizia se non mi credi! Toh guarda, c'era un poliziotto proprio lí dietro l'angolo. Mi reco dal poliziotto, gli spiego brevemente l'accaduto dato che si sta facendo tardi e mi dice che il signore deve essere un po' confuso e di non preoccuparmi che dopo ci va lui a spiegargli il codice stradale. Non so cosa sia successo di preciso, ma uscendo dalla scuola, ho visto la guardia pedonale che si agitava e gesticolava contro il poliziotto e poi il poliziotto che ha girato le spalle e se ne è andato.
Non ho mai assistito a una scena simile, soprattutto non ho mai in vita mia visto qualcuno rivolgersi a un pubblico ufficiale in quel modo, nemmeno al controllore del treno figuriamoci a un energumeno come quello, alto due metri e armato fino ai denti.
La mattina seguente si ripete la stessa scena, noi che cerchiamo di raggiungere la scuola in bici e lui che ci urla dietro.
- Vai pure a chiedere alla polizia se non mi credi!
Sbraita come se non ci fossimo mai incontrati prima. Gli rispondo che l'ho fatto e che il poliziotto ha detto sia a me che a lui che io ho ragione e lui torto.
- Non mi importa cosa dice quell'uomo!
- Quell'uomo è un poliziotto.
- Non è un poliziotto! Non mi importa chi sia, se vi succede qualcosa io sono responsabile!
Un pazzo? Non lo so, un personaggio molto bizzarro di sicuro.
Per me questo è uno dei tanti emblemi del white privilege. L'uomo bianco adulto che può fare tutto quello che gli pare senza conseguenze. Ogni tanto al posto suo, c'è una guardia di colore. Sono pronta a scommettere che non si rivolgerebbe mai a un poliziotto in quel modo.
Proprio pochi giorni fa un ragazzo di colore in California, padre di due bambini, è stato ucciso con 20 colpi di pistola VENTI mentre si trovava nel giardino di sua nonna a far niente. I poliziotti sono passati di là, si sono sognati che avesse una pistola, mentre in realtà aveva solo un cellulare in mano e lo hanno massacrato (leggete qui la notizia). Io che sono una donna e sono bianca e non ho mai fatto nulla di illegale, ero in soggezione davanti a quel poliziotto, il vecchio bianco tranquillissimo.
Riassumendo. Se un vecchio bianco inveisce contro un pubblico ufficiale, il pubblico ufficiale gira i tacchi e lo lascia cuocere nel suo brodo. Se un ragazzo nero, spippola sul cellulare nel giardino di sua nonna, il poliziotto dice di sentirsi intimidito dalla sua presenza e lo uccide quasi certamente senza conseguenze.
Così stanno le cose.

lunedì 2 aprile 2018

la nostra pasqua tex-italiana - riassunto

La sera prima di Pasqua, da qualche anno, facciamo la caccia all'uovo che brilla al buio. Non è una tradizione americana, è una cosa che faccio io perché mi diverto come una pazza. 

La mattina seguente, Joe si è svegliato e ha cominciato a chiedermi a che ora arriva il coniglietto. Cosa dovevo rispondere? Non è la mia materia, chiedi a tuo padre, no? Pensavo avessimo un tacito accordo: il coniglietto di Pasqua ovviamente non esiste, infatti non ne abbiamo mai parlato. In quel momento ha chiamato sua nonna americana e gli ha detto: 
- Che belle quelle uova fosforescenti, sicuramente le avrà portate un coniglietto molto speciale!
- Scusa nonna, ma quelle uova le hanno portate i miei genitori. Il coniglietto non è ancora arrivato.
Panico. 

Quando hai decisamente troppe tradizioni e non sai più cosa devi fare.

Vabbè, cominciamo a videochiamare i nonni italiani e ad aprire le uova italiane. Poi si vedrà. Il cioccolato extrafondente, come tutti sanno facilita la chiarezza mentale.
Dopo aver aperto le uova italiane, sono arrivati i nostri amici e seguendo alla lettera le tradizioni americane abbiamo non solo fatto la caccia all'uovo, ma anche decorato le uova sode. Il fatto è che sono avanzati dei colori bellissimi e siccome la casa non era sufficientemente sottosopra, ho proposto ai nostri ospiti di aggiungere il bicarbonato al composto colorato a base di aceto per fare un po' di esplosioni. Niente, erano tutti troppo sazi e troppo stanchi. L'unico a darmi corda è stato Woody. Così dopo che gli ospiti sono andati via, ci siamo lanciati nell'esperimento scientifico. Joe è stato scongiurato di partecipare. A lui non interessava, l'aveva già fatto mille volte questo esperimento e che sarà mai. 
Quello che salta esaltato nel video chiaramente è lui.


Quando arriva l'ora di andare a letto, Woody non ne vuole sapere, è ancora esaltato dalla giornata intensa che abbiamo avuto. Inventa qualunque scusa.
- Woody basta, adesso devi dormire.
- I want to wake up - comincia a ripetere lui con una certa creatività, voglio svegliarmi. 
- Woody non puoi svegliarti se sei già sveglio.
Interviene Joe:
- A meno che lui stia dormendo e noi facciamo parte del suo sogno...