sabato 27 gennaio 2018

cose che succedono a casa Johnson di sabato mattina

Woody si è fatto male (si suppone...) e piange disperato. Joe vuole in tutti i modi aiutarlo. Prima gli porta il ghiaccio, poi comincia a leggergli un libro, ma Woody urla troppo. Allora Joe a sette anni decide di andare a prendere la sfera per fare gli esercizi di respirazione. 
Una scena assurda. 
Joe che apre e chiude lentamente la sfera e fa vedere al fratello di due anni come respirare.
E... funziona.


Woody si calma quasi immediatamente e gli strappa la sfera dalle mani. Solito prepotente, penso. E invece no! Comincia a condurre lui l'esercizio di meditazione.


Sono senza parole.

giovedì 25 gennaio 2018

i nemici

Ieri ho scritto questo piccolissimo pensiero su Woody e un commentatore anonimo mi ha chiesto se avrei scritto lo stesso per una figlia femmina. Certo, mah...ho capito bene la domanda? 

Sarei felicissima di avere una piccola belva femmina! 

Proprio l'altro giorno un'amica mi ha raccontato un aneddoto fantastico. Stava facendo shopping con il suo bambino. Stava comprando una maglia per sé. Lei è un tipo molto sobrio e il figlio le ha portato da provare una maglia rosa con le paillettes. Ha guardato il figlio probabilmente con un certo sbigottimento e gli ha chiesto:

- Ma sei sicuro? Ti piace proprio questa?
A quel punto è intervenuta la commessa e parlando direttamente al bambino lo ha rassicurato: 
- Tesoro, quella maglia è bellissima e non c'è niente di male se ti piace.
La cosa divertente è che la mia amica è dichiaratamente lesbica da qualcosa come 25 anni quando ancora le cose erano veramente complicate anche qui. Mi fa guarda te se devo essere presa per la giacchetta dalla commessa di Target e ci siamo fatte una bella risata. 
Insomma, non si è mai aperti o chiusi abbastanza al giorno d'oggi e anche questo è un segno dei tempi. Siamo sempre più divisi, sempre più con il coltello fra i denti a cercare di smascherare il cosiddetto nemico. Ma sono ben altri i nemici. 
A volte basterebbe farsi davvero una risata in più insieme per capirlo.

mercoledì 24 gennaio 2018

la mia piccola belva

Non scrivo tanto di Woody perché non parla ancora molto. È una forza della natura lui, è un ciclone che non si ferma un attimo, ride, strilla, si arrampica, fa di tutto. Woody è pura vita, ma di quella vita che si vive, non di quella che si scrive. 
Ieri vado a prenderlo all'asilo. Lui è lì che gioca, non mi ha notato, allora mi fermo un attimo a osservarlo. È sempre un piacere spiarli, vedere cosa fanno quando non ci sei. 
È concentratissimo su un qualche gioco finché la maestra lo chiama ad alta voce e lo risveglia di colpo esclamando il suo nome.
Lui si gira, la guarda con un sorriso furbastro e:
- ROOOAR!
Ruggisce come il T-Rex che ha stampato sulla maglietta.
Perché lui è così, è la mia piccola belva.

domenica 21 gennaio 2018

non ci strappiamo i capelli

Ieri, mentre Joe e Mr J trionfavano al Pinewood Derby, io e Woody siamo andati alla seconda edizione della Marcia delle Donne. Un po' tutti lí avevamo l'impressione che quest'anno ci fossero più persone e che l'organizzazione fosse decisamente migliore, ma l'atmosfera era completamente diversa. L'anno scorso era pesante, Madonna che dramma. Ricordo quel giorno come quello in cui riuscii finalmente a tirare un po' il fiato vedendo che così tante persone provavano più o meno quello che provavo io a proposito del passaggio da Obama a Trump. E ricevemmo diversi sguardi di disapprovazione prima di raggiungere la manifestazione con i cartelli in mano, perfino i bambini.
Quest'anno invece tanti sorrisi, tutto molto più rilassato. Ecco, sembrava una festa, ma è strano perché a ragion del vero, se eravamo depressi l'anno scorso, ora che si parla addirittura di un secondo mandato, dovremmo tutti strapparci i capelli.



sabato 13 gennaio 2018

il compleanno di dr. king

Lunedì non c'è scuola perché qui per ora si festeggia il compleanno di Martin Luther King così stamattina abbiamo fatto vedere a Joe un bel video educativo su di lui (a scuola non credo ne abbiamo parlato molto...) e poi l'abbiamo portato a visitare il museo afro-americano di Dallas. Tutti, sia i visitatori che gli impiegati del museo erano di colore, tranne noi. Joe, lo nota subito ed esprime tutta la sua sorpresa esclamando ad alta voce e in inglese: 
- Mamma, in questo posto assomigliano tutti a Dr. King!
 
Il museo è in un bell'edificio. Non ha una grande collezione di arte afroamericana purtroppo, però abbiamo visto alcune opere interessanti e soprattutto abbiamo imparato molto. 
La visita che era partita come un semplice omaggio a Martin Luther King per ricordarlo nel giorno del suo compleanno, si è trasformata presto in un'esperienza emotiva piuttosto forte. Non avevo mai visto un'uniforme del KKK dal vivo, è un oggetto che sprigiona un'energia negativa pazzesca. Sono dovuta uscire dalla stanza, mi si è fermato il fiato. 
La storia è così tragica che sembra essere successa ieri, a un tuo amico, ai tuoi vicini di casa...Ma aspetta, forse è proprio così.


p.s Un piccolo aggiornamento. 
Sono una pazza. 
Ero così emozionata oggi dopo la visita al museo che prima di andarmene ho chiesto se avevano un guest book. Volevo solo lasciare un ringraziamento. Quel museo (completamente gratuito tra l'altro) è l'unico posto dove qui a Dallas puoi imparare qualcosa sull'arte e la storia afro-americana. Non avevano un guest book, ma un modulo con diverse domande.
Una delle quali era: cosa ti piacerebbe vedere in questo museo nel futuro? E io senza nemmeno pensarci ho scritto il nome di due dei miei artisti afroamericani preferiti, uno morto da molti anni e una molto anziana, ma viva e vegeta.
Tornando a casa, dicevo a Mr J quanto sarebbe bello se questa artista, così rappresentativa dell'arte nera americana contemporanea, una legenda vivente, regalasse un'opera a questo povero piccolo museo dallasiano.
Appena arrivata a casa, senza fare nessun ragionamento serio, le ho scritto, così di getto.
Avete presente, no? Quando sei convinto che non serva a nulla, ma... ci devi provare.
Ecco, dopo un paio d'ore, mi ha risposto una persona a lei molto vicina e mi ha spiegato come rintracciarla.
Gulp.
Chissà se mi risponderà e cosa mi risponderà. Chissà se un'artista importante come lei sarebbe davvero disposta a fare un gesto simile per un piccolo museo texano.
Steve Jobs diceva che per ottenere i più grandi risultati, a volte, tutto quello che devi fare è chiedere.
Vedremo se è vero anche in questo caso.

giovedì 11 gennaio 2018

il problema di tutti

All'inizio della scuola, la mamma di un'ex compagna di classe di Joe, mi fermò per chiedermi come stessero andando le cose in prima. Bene grazie e voi? Pensavo fosse il solito small talk senza importanza, invece lei colse l'occasione per raccontarmi che sua figlia stava avendo delle serie difficoltà. Un gruppetto di ragazzine della sua nuova classe l'avevano esclusa a causa del colore della sua pelle. Il classico tu non giochi perché sei nera + una serie di altre frasi razziste da manuale. La psicologa della scuola prese queste due iniziative per sistemare le cose: fare scrivere una lettera di scuse alla capetta del gruppo e separare le due bambine in modo che non sedessero più una accanto all'altra. La mamma evidentemente non era soddisfatta e non si dava pace. 
Dice a me non è mai successa una cosa simile, mai avrei pensato che mia figlia dovesse subire questo nel 2017. Dice mia madre era l'unica bambina nera della sua scuola e non ha mai ricevuto questo trattamento, ha sempre avuto rispetto da tutti e a mia figlia invece viene fatto questo nel 2017
Mamma e figlia si sono trasferite qui da poco da una città più piccola sempre in Texas. 
Dice forse qui è diverso, forse dovremmo andarcene. Mi spiega che ha perfino cambiato pettinatura perché dopo questo incidente la bimba, per la prima volta, ha cominciato ad avere insicurezze sul proprio aspetto fisico e così lei ha smesso di stirarsi i capelli per dimostrarle un fatto che lei per prima fa fatica ad accettare e cioè che i capelli afro sono eleganti e belli quanto quelli delle donne bianche. 
Si commuove lei, mi commuovo io. 
Ma cosa si può fare concretamente per migliorare le cose? 
Lei si stupisce di questa mia domanda, evidentemente non ha nemmeno considerato l'ipotesi di poter fare qualcosa. Il suo racconto era inteso solo come sfogo personale, ma io sono convinta che qualcosa si possa fare, almeno per educare meglio i bambini all'uguaglianza e far sì che fatti simili non si ripetano. 
Passano le settimane e i mesi, ma questa cosa rimane lì, continuo a pensarci finché mi imbatto in un articolo che parla di un incidente simile in un'altra città. La comunità in quel caso ha reagito organizzando una giornata di giochi e attività contro il razzismo. Mi piace, può essere un buon punto di partenza. Mi piace soprattutto perché non sento mai parlare di razzismo nelle scuole di qui. Per quello che ho visto, in Italia negli anni Ottanta e Novanta, quando andavo a scuola io, si parlava di razzismo forse più che in Texas oggi ed è allarmante considerando quanto sia recente la segregazione razziale e quanto i bambini siano bombardati di messaggi razzisti attraverso la viva voce di un presidente che è associato -e nessuno ne fa mistero- al movimento suprematista (KKK, neonazi, ecc.). Le maestre che hanno parlato a Joe in modo approfondito di queste cose finora, sono state sempre quelle afroamericane e dubito sia un caso. Io stessa come insegnante, non ho mai visto grandi iniziative nella scuola in cui ho lavorato per molti anni (tanto è vero che). Lí di insegnanti di colore non ce n'erano, per dire. Tutto il personale delle pulizie che volevi, ma nemmeno un insegnante. 
Insomma, decido che devo essere io a prendere in mano la situazione perché quella mamma, molto giovane, che già si fa in quattro per tirare su una figlia da sola, non ha  certo bisogno di ulteriori stress. Ne parliamo e mi ringrazia moltissimo, è entusiasta.
Il problema, per come la vedo io, è di tutti, incluso mio figlio che non c'entra assolutamente nulla con questo fatto specifico. 
Il problema è di tutti perché è profondo, culturale, e la mentalità, in qualunque paese, si cambia a partire dalla scuola.
Mi sembra giusto cercare di contattare prima l'associazione dei genitori. Conosco solo una persona, tra l'altro di colore. Sono sicura che mi aiuterà, che sarà sufficiente spiegarle l'accaduto e che prenderà subito in mano la situazione insieme agli altri genitori. 
Ci metto più di un mese solo a riuscire a incontrarla. Ci diamo appuntamento nell'atrio della scuola. Mi concede una decina di minuti. Mentre le parlo, mi accorgo che non guarda me, ma segue i movimenti della direttrice che si aggira alle mie spalle. Taglia corto, mi ringrazia e corre a bloccarla per parlarle subito. Suppongo sia una cosa positiva, ma non sento più nulla. Dopo qualche settimana, la contatto per chiederle cosa abbiano deciso e con mio immenso stupore, scopro che non aveva capito assolutamente nulla. Aveva parlato alla direttrice, ma dell'incidente specifico non del problema educativo alla base e delle possibili soluzioni, come l'organizzazione di un qualche evento. Voleva correre a denunciare non si sa bene cosa, magari solo a mettersi in mostra, e non mi aveva ascoltato.
Mi resta a quel punto solo una cosa da fare: parlare direttamente con la direttrice. Ha più o meno la mia età, ne ho sentito dire piuttosto bene e mi aspetto che capisca. 
Mi riceve il giorno prima delle vacanze di Natale. Mi sorride, ma non vuol dire molto, ha una sorta di sorriso perenne lei, ogni volta che la vedo sorride. E' bella, bionda, ispira simpatia. Indossa una di quelle sconcertanti collane con le luci intermittenti e non se la toglie. E' un'inezia, ma mi dà sui nervi questa cosa. 
Mi ringrazia mille volte durante il nostro incontro. Grazie di essere venuta, di portare delle idee, di qualunque cosa. Cerca di convincermi che quello sia stato solo un incidente isolato e che la diversità è un vanto della nostra scuola. In effetti, è una cosa che ho pensato anch'io alla recita scolastica...guarda quante belle famiglie di tutti i colori. La mamma di uno studente di colore, però notò esattamente il contrario e me lo disse. Secondo lei c'erano pochissime famiglie nere. Magari un genitore asiatico o sudamericano avrà fatto altre valutazioni ancora. Anche questo la dice lunga sulla complessità della questione e dei punti di vista da considerare. 
Cerco di concentrarmi sul viso della direttrice e di non farmi distrarre dalle luci intermittenti della sua collana natalizia, mentre parla e parla. Ma sapete di cosa? Dell'altra bambina, quella che ha detto le frasi razziste e della sua povera famiglia che ci è rimasta così male. Così male che non hanno sentito il bisogno di scusarsi personalmente e di cercare di stabilire nessun contatto con la famiglia nera. Sostengono di non essere razzisti (come tutti i razzisti) e che la colpa sarebbe di youtube. La figlia, secondo loro, avrebbe guardato un video su youtube e avrebbe ripetuto delle frasi sentite solo ed esclusivamente lì. 
Ecco, io tendo sempre a credere a tutti, ma c'è un limite. Ammettiamo che esista davvero un qualche video razzista su youtube che possa essere colorato e attraente per una bambina di sette anni e ipotizziamo anche che la bambina lo abbia trovato per puro caso e non che sia stato suggerito dal sito a causa di un'abitudine di chi usa quel computer a guardare video simili, la storia non sta in piedi. Dov'erano i genitori mentre la figlia si sorbiva ore e ore di questa roba? Perché non può essere stata una visione isolata, non prendiamoci in giro. Non posso immaginare Joe, vedere un video di quel tipo e non correre a chiedere spiegazioni. Ancora meno posso immaginare che dopo aver visto un solo video, vada dai suoi compagni di classe neri a insultarli, dopo tutto quello che gli abbiamo insegnato tutti quanti noi a casa e anche a scuola. A sei o sette anni un bambino comincia a separare il bene dal male, il preside di una scuola elementare dovrebbe saperlo. 
Mi sono vista costretta a ricordarle che forse non tutti gli incidenti arrivano al suo orecchio. Che forse se questa cosa, particolarmente grave le è arrivata, potrebbe voler dire che c'è molto altro che non viene riportato. Forse no, ma forse sì e io credo che valga la pena approfondire invece di sminuire. Non dico scavare nel singolo episodio che ormai è successo e pazienza, ma almeno rinforzare il messaggio generale, parlare ai bambini di questi temi così fondamentali per la formazione di ogni buon cittadino. 
Perché la scuola ha il dovere di tirare su, insieme alle famiglie, dei buoni cittadini, no? 
Il punto è che chiaramente per lei le due studentesse non sono sullo stesso piano e questo mi ha davvero colto alla sprovvista. Ho dovuto fermare il suo monologo per spiegarle quanto sia stata ferita la bambina nera in tutto questo. Lei non ci arrivava. E' bianca e riusciva a immedesimarsi nella bambina bianca che ha detto le frasi razziste e nella sua famiglia, ma non nella bambina nera che le ha subite e nella sua famiglia. Il motivo non lo so e non lo posso sapere non avendola mai incontrata prima, ma questa è stata la sua reazione. 
Siamo tutti d'accordo che una bambina di prima elementare non possa aver compreso la portata delle sue parole e del suo comportamento, ma gli adulti intorno a lei sono tenuti a rendersene conto e a farle capire che le parole possono fare molto male e che la sua compagna di classe di colore sarà segnata da questa esperienza. 
La prima volta che non solo qualcuno l'ha esclusa, quello succede a tutti prima o poi, ma che qualcuno le ha detto che qualcosa non andava nel suo aspetto e nel suo modo di essere. 
Ha ricevuto una sorta di lettera di scuse, é vero, ma nei fatti ha continuato a rimanere esclusa da quel gruppo. 
Dunque, la direttrice non la finiva più di ringraziarmi e di elogiarmi e tante belle cose. Mi farà sapere, ha detto. Può darsi che il nostro incontro l'abbia fatta riflettere e che mi contatti, ma non ci conto per niente visto com'è andata. 

E archiviamo anche questa, con grande amarezza, anche se non demordo e continuo a pensarci. Chissà che prima o poi non riesca a trovare una qualche chiave per aprire la porta al dialogo. 
Si dice sempre che il Texas sia razzista e anch'io come straniera con un forte accento e carnagione olivastra, non posso dire di avere mai avuto una singola esperienza negativa in tutti questi anni. Ma sono italiana, europea, è completamente diverso, non è come se fossi messicana o cinese.  
Ho raccontato quello che è successo solo a un'altra mamma, l'unica fra quelle che conosco lì a scuola, che mi sia sembrata in grado di comprendermi. 
- E ti stupisci? Hai notato che  ci sono due insegnanti di colore in tutta la scuola? Il Texas è razzista, mia cara.
Già, questo paese tutto è profondamente razzista, altrimenti Trump non avrebbe mai vinto. 
Con questi grandi sorrisi che ti fanno, non sono tutti cattivi per carità. E' solo che il più delle volte, l'amara verità di cui sono stata testimone in questi anni è che sono buoni con te perché gli somigli, ma non necessariamente con tutti allo stesso modo. Non si rendono conto fino a che punto hanno assorbito i pregiudizi della società in cui sono cresciuti e non hanno avuto l'opportunità di conoscere persone con esperienze diverse dalla propriaQui nessuno viaggia, nessuno parla un'altra lingua, tu vai in giro e anche così basandosi su uno sguardo del tutto superficiale, vedi dei gruppi molto ben definiti. I neri con i neri, i bianchi con i bianchi, i latinos con i latinos e via dicendo. 
Ognuno sta beatamente nel suo e si sa che le cose che non si conoscono sono quelle che fanno più paura. Basterebbe parlarne tutti quanti. Ecco io rimango convinta di questo.

mercoledì 10 gennaio 2018

sette anni

Siamo in macchina e come sempre la radio è accesa. Quando arriviamo Joe mi fa:
- Io ho capito di cosa stavano parlando.
- Chi? 
- La radio.
- Dimmi.
- Parlavano di quegli scherzi.
- Quali scherzi?
- Quelli che dicono le notizie sbagliate e poi le persone ci credono.
- Vuoi dire le "fake news"?
- Sí.
- Ma Joe quelli non sono "scherzi", possono fare molti danni, è un problema molto serio...
- Sí. Infatti è per questo che il presidente Trump non crede al surriscaldamento globale, lui ascolta quegli scherzi invece degli scienziati.
Beh, non avrei saputo dirlo meglio.

martedì 9 gennaio 2018

di tacchini blu e grammatica

La maestra di Joe mi sta molto simpatica, ma questa volta, non sono per niente d'accordo con lei. 
Hanno fatto questo libricino che dovrebbe spiegare dei fatti scientifici sui tacchini, ma il protagonista è il tacchino Tom, un cartone animato, e Joe l'ha colorato di blu. "I tacchini non sono blu" ha corretto lei togliendogli ben 5 punti. E correggendo ha infilato uno spettacolare errore di grammatica.
Allora.

  • I tacchini blu esistono
  • Il tacchino Tom che nelle altre pagine indossa cappello da pellegrino e stivaletti, evidentemente non é realistico e potrebbe essere di qualunque colore. 
  • Prima di mortificare la creatività di un bambino, ci si dovrebbe almeno assicurare di sapere quello che si sta facendo.
Insomma.
  • Epic fail della maestra (di cui Joe non sa nulla, non vogliamo confondergli le idee mostrandoci contro di lei)
E questa è l'ultima opera di Joe. Raffigura Pecora Nera (personaggio di una canzone che gli piace), che spara slime su un lupo con in mano un taco.

Non è molto più costruttivo lasciarli liberi di creare e divertirsi questi bambini?

sabato 6 gennaio 2018

il colpo di coda

Dopo quattro giorni passati a fare assolutamente niente che valga la pena raccontarvi, ieri sera il colpo di coda: andiamo non a una, ma a due feste, una dopo l'altra. 
La prima era la festa di compleanno di un amichetto di Joe in uno di quei posti terrificanti dove li fanno saltare per un'ora e mezza con la musica a palla, le luci pulsanti, li riempiono di zucchero e te li mandano a casa così, ancora mezzi esagitati. La seconda invece era una festa un po' più normale. La mia vicina di casa ha deciso di dare un disco party, senza nessuna ricorrenza, cosí per divertimento. Bello, ci voleva. Luci basse, musica disco anni Settanta in sottofondo, nessuno ballava come prevedibile, però c'era una bella atmosfera rilassata com'è giusto che sia in un venerdì sera di festa a una festa.
- Cosa bevi? Birra, vino?
- Mah, guarda, considerando come ho passato le ultime due ore direi che un bicchiere di vino me lo sono meritato, no?
La seguo in cucina. Apre una bottiglia di vino, solo per me. Mi versa un grosso bicchiere ignara del fatto che non solo reggo malissimo l'alcool, ma sono completamente a digiuno. Però l'ha aperto solo per me il vino. Gli ha messo un tappo di gomma e l'ha rinfilato subito in frigo. Che strano...non lo offre a nessun altro e non lo lascia nemmeno fuori in modo che gli altri invitati possano prenderselo da soli. Bevo un sorso e lo sento subito in testa. Buono è buono. Che faccio? Non posso non finire il bicchiere visto che ha aperto la bottiglia solo per me. Non si fa, sta male e poi mi sento sotto osservazione essendo l'unica con il bicchiere bello di vetro.
Niente, vi dico solo che mi sono dimenticata Joe a casa della vicina e quello che è peggio è che nessun altro ha poi effettivamente bevuto. Quando ho fatto per andarmene, è corsa a prelevare la bottiglia di vino aperta dal frigo e me l'ha regalata in modo che potessi finirla a casa. 

Mah...Ho fatto per caso la figura dell'alcolizzata per aver bevuto un bicchiere di vino a una festa? 

Giuro che non ho capito davvero niente. 

Perché non ha offerto il vino a nessun altro?
E soprattutto:


Perché tutti qui fanno le cose in modo diverso da "come vanno fatte" le cose? 

Anche nel 2018 #noncelasifa