venerdì 29 ottobre 2010

bunga che?

Ieri avevo da fare e non e’ che ci abbia capito molto. Spero. Insomma, se ho capito e’ davvero assurdo, troppo troppo assurdo, spero che non sia vero, e soprattutto che nessuno mi faccia domande strane. Anche se lo so che con gli americani posso ancora ancora cavarmela, ma poi arrivera’ il francese o il tedesco di turno e li’ ci sara’ da incassare. Parlare di quello che succede in Italia comincia a diventare umiliante sul serio. Mi sono appena svegliata e finora non ho sentito nulla qui, chiedo conferma a Mr. Johnson che infatti non ne sa nulla. Ma aggiunge: – Qualche anno fa ne parlavano tanto perche’ lo scandalo era che fosse ancora al potere, ma ora…

Ora che’? Non si sprecano nemmeno a discuterne tanto e’ assurdo? In effetti e’ proprio cosi’, dell’Italia non si sente mai quasi nulla oramai come se i normali criteri di discussione non fossero applicabili alla nostra situazione politica e sociale.

Per fortuna che c’e’ Elio.

giovedì 28 ottobre 2010

lo squalo sulle torri gemelle

 

P1210422Ieri con una classe si e’ parlato dell’Headington Shark che e’ una scultura che si trova in Inghilterra e rappresenta uno grosso squalo conficcato in una normalissima casa. I bambini adorano l’Headington Shark. Quando glielo si presenta, non possono fare a meno di sorridersi complici e immaginare come e’ arivato la’, immaginare storie. Cosi’ il compito era proprio immaginare altri posti in cui lo squalone sarebbe potuto atterrare. Ho trovato di tutto: le piramidi, la Torre di Pisa, un pianeta, un parco giochi, ecc. ecc. Mi ha colpito che un bambino abbia immaginato lo squalo atterrare sulle Torri Gemelle. In effetti, la forma e il colore dello squalo e quella dell’aereo non sono poi cosi’ differenti. Guardando il disegno da vicino si vede proprio la gente che vive ai piani di sotto come se tutto fosse sotto controllo. Questo bambino non era nemmeno nato all’epoca dell’attentato eppure, questa e’ stata la sua prima associazione mentale. Noto spesso insegnando arte che i bambini tendono ad aggiustare la realta’, a renderla migliore, e questo mi sembra proprio uno di quei casi. Che bello il mondo dei bambini, dove uno squalone si schianta sulle Torri Gemelle e le persone continuano a vivere tranquille e felici.

mercoledì 27 ottobre 2010

una mamma o due mamme o due papa’ o…

Volevo raccontarvi una cosa che mi e’ successa quando ci stavamo preparando per l’adozione che mi sembra interessante, una cosa che credo in Italia funzioni in maniera completamente diversa. Alla prima riunione di presentazione, ci aspettavamo di trovare una sala gremita, decine di coppie. Una volta scoperta questa incredibile possibilita’ immaginavamo tantissimi come noi, ci si buttassero ogni giorno. Ci stupimmo di ritrovarci invece in quattro o cinque, ma era solo un incontro preliminare. Piu’ avanti dovemmo iscriverci a un seminario per discutere oltre che di adozione in generale, principalmente di quello che qui viene chiamato adozione transraziale, transracial adoption, che era il discorso che avevamo bisogno di approfondire noi. Anche in quel caso rimanemmo stupiti. Oltre a noi, gli unici altri candidati genitori erano una coppia formata da due donne e una donna single. Devo ammettere che in maniera molto egoistica la prima cosa che pensai fu che girasse bene per noi dal momento che nel nostro caso, era la madre a scegliere i futuri genitori. Quel seminario fu un un’esperienza molto forte, intensa, di quelle che ti cambiano in qualche modo e per tanti motivi diversi. Non avevo mai avuto nulla contro questo tipo di famiglie, o contro qualunque tipo di famiglia, ma leggendo diversi libri sull’adozione transraziale in quel periodo (scusate, uso questa parola perche’ non ne ho trovata una buona in italiano), lo confesso, avevo cominciato a dubitare. Il mio dubbio principale riguardava il fatto che ci sono talmente tante questioni da affrontare per un bambino adottato da genitori con la pelle di un colore diverso dalla sua che aggiungere anche quella dei genitori dello stesso sesso o single potesse essere un po’ troppo. Avevo letto talmente tanto sulla discriminazione a cui inevitabilmente il bambino sarebbe andato incontro che per un momento ho pensato che vedere discriminati anche i genitori potesse nuocergli ulteriormente. Un discorso, questo, che poi mi sono resa conto sta in piedi benissimo anche ribaltato: chi e’ stato discriminato capisce anche meglio la discriminazione degli altri, ha degli strumenti per affrontarla. Quello che mi sembrava uno svantaggio, se usato bene, puo’ diventare un ulteriore punto di contatto e di bonding. Ad ogni modo, avevo completamente perso di vista il senso della cosa, finche’ qualcuno mi ha fatto una semplicissima domanda: e’ meglio che un bambino passi da un istituto all’altro, da un affido all’altro o e’ meglio che venga adottato da due persone dello stesso sesso o da una da sola che hanno fatto sacrifici su sacrifici per stare con lui, che gia’ prima di conoscerlo lo amano cosi’ tanto da sfidare ogni difficolta’ e ogni pregiudizio?

Bingo. La questione sta tutta qui. Cosa ne sara’ di quei bambini che non vengono adottati? Ci avete mai pensato?

Ogni tanto, perfino io che il pragmatismo non so nemmeno dove stia di casa, credo che si debba essere pragmatici nella vita e questo per me e’ uno di quei casi.

Mi e’ tornata in mente questa storia perche’ spesso seguendo programmi o notizie dall’Italia sento affermazioni di una intolleranza feroce che scivolano via come niente. Anche parlando con persone molto aperte per altre cose, a volte sembra quasi che abbiano paura ad accettare un’ipotesi di questo tipo, che si sentano di dover fare mille distinguo o semplicemente opporsi perche’ e’ troppo, perche’ no perche’ la famiglia e’ la famiglia. Rimasi stupita quando questo tipo di atteggiamento lo vidi in un amico gay in Italia. Era cosi’ entusiasta dell’adozione da parte mia che mi regalo’ un libro a proposito, era talmente commosso che voleva sapere tutto, ma quando si arrivo’ alla sua di situazione lo vidi ritrarsi. Nemmeno lui, era convinto che fosse una buona idea, nemmeno in linea di principio.

Per tante cose, si puo’ dire che le differenze culturali non siano poi cosi’ notevoli fra l’Italia e gli Stati Uniti o almeno non lo sono se comparate a quelle fra questi paesi e quelli asiatici o africani, ad esempio, pero’ vivendoci ti rendi conto che ce ne sono di differenze, infinite sfumature o cambi drastici di tonalita’, e sono davvero tante.

Vivo in un banalissimo quartiere dei suburbs, della perferia, e le mie dirimpettaie sono una coppia di donne con un paio di bambini, niente di strano. Espressioni come my two moms o my two dads sono relativamente comuni qui. Ho un’amica,della mia eta’ con due mamme, me l’ha raccontato per caso fra una chiacchera e l’altra, nessuno si sconvolge. E poi ci sono i film, la tv. In Modern Family, c’e’ una simpaticissima coppia gay con una bambina piccola. Non credo nessuno si sia scandalizzato di vedere rappresentata in prima serata in uno spettacolo di enorme successo una famiglia di questo tipo, pero’ una polemica c’e’ stata. A un certo punto, sono stati accusati di non essere realistici, di non aver inscenato nemmeno un bacio. In questa nuova stagione, iniziata da poco ne ho visti almeno due di baci, spontanei, quotidiani, credibilissimi. E sembra niente, ma sono cose importanti, ci si abitua ai cambiamenti  a poco a poco e anche cosi’ si va avanti come societa’, accettando pian piano tutti o almeno facendo uno sforzo in questo senso.

martedì 26 ottobre 2010

la scoperta dei feromoni

Anche il giorno dopo le convulsioni la Ragazzina non stava per niente bene. Sembrava esausta fisicamente e questo credo sia abbastanza comprensibile, ma sembrava anche ancora molto spaventata, persa. Non siamo nemmeno usciti per paura che avesse un’altra crisi quando non c’eravamo. A un certo punto, osservandola, mi sono ricordata che il veterinario una volta mi aveva parlato del collare D. A. P., che sta per dog appeasing pheromone, feromone che calma i cani. Me lo ero segnata, ma poi nel mio scetticismo, non avevo piu’ approfondito l’argomento. Vedendo quanto stava male, pero’ ho deciso di provare a fare qualche ricerca in piu’ e ho letto diverse recensioni positive. In pratica, si tratta di un collare (oppure di uno spry) che rilascia una sostanza chimica, la cui composizione e’ simile a quella che la cagna emette durante l’allattamento, ha un effetto tranquillizzante e non ha nessuna controindicazione. Dopo una giornata di indifferenza totale, infatti, quando abbiamo tirato fuori il collare ha subito reagito, e’ sembrata interessata almeno. Con il passare delle ore e’ andata sempre meglio e oggi, non dico che pimpasse, ma era quasi normale. Non so se sia tutto merito dei feromoni pero’ credo abbiano influito positivamente. Se avete come me un cane ansioso, considerate magari anche questo rimedio. Va bene contro qualunque situazione di stress, la paura dei temporali o dei fuochi d’artificio, per esempio. Qui lo abbiamo trovato in un normale negozio di animali, in Italia non so, ma basta fare una semplice ricerca su Google, ho visto che c’e’ anche su Amazon.

Potere del profumo della mamma.

lunedì 25 ottobre 2010

quando la lezione te la da’ la ragazzina

Il Johnson Giapponese per me e’ un enigma. In teoria dovrebbe essere abbastanza simile al mio di Johnson e invece, se l’involucro e’ piu’ o meno lo stesso, il contenuto e’ tutta un’altra cosa. Conoscerlo e’ stato un po’ come addentare una torta al cioccolato che invece sa di taleggio, sorprendente ma anche molto poco piacevole. Viene piu’ o meno ogni due anni a trovarci dal Giappone, ci complica la vita giusto quel tanto che basta e se ne torna come se niente fosse da dove e’ venuto. Il mio principale problema nei suoi confronti riguarda i cani. Non ce l’ho con quelli che non amano circondarsi di cani. Mi spiace molto per loro, ma lo trovo del tutto legittimo: i cani sono impegnativi, puzzolenti, bauscioni, si puo’ capire se uno preferisca starne alla larga. Tra non amare i cani e disprezzarli, c’e’ una differenza pero’. E se poi a disprezzarli e’ una persona che ha vissuto tutta la vita con almeno due o tre di loro alla volta in una famiglia di persone che adorano i cani, davvero non ci provo neanche a capire, non mi interessa, per me li’ manca della sensibilita’, manca qualcosa. Fatto sta che quando arriva lui, i miei cani devono sparire anche perche’ nel frattempo e’ riuscito a convincere i suoi bambini piccolissimi che questi due soggetti in basso possano essere pericolosi.1215081803aA me questa cosa che arriva lui e spariscono i cani (non e’ che spariscono poi, e’ solo che dobbiamo chiuderli fuori o da qualche parte) non e’ mai andata giu’, ma dopo aver visto la reazione di terrore di quei bambini alla vista dei cani (IIE! IIE! IIEEEE! che sarebbe no in giapponese), mi e’ sembrato piu’ semplice lasciare perdere una volta ogni paio d’anni che impuntarmi. Ora mi accorgo di aver sbagliato a sottovalutare il problema. In fondo se in una famiglia c’e’ questo livello di incomprensione, c’e’ qualcosa che non funziona. Ci si sarebbe dovuti sedere intorno a un tavolo e se ne sarebbe dovuto parlare, invece si e’ preferito rimanere con questo immenso non detto. Ci ha pensato la Ragazzina a farci riflettere. Lei cosi’ paurosa, cosi’ ansiosa, lei che non si e’ mai ripresa completamente dal trauma dell’abbandono e della fame, dopo giorni e giorni di questa situazione non ha retto piu’ e ci ha fatto prendere un grande spavento. Ancora ho negli occhi l’immagine di lei che soffre mentre non posso fare nulla per aiutarla. Tre ore e quattrocento dollari dopo, il medico del pronto soccorso veterinario ci spiegava in modo molto chiaro che questo tipo di cane spesso non sopporta lo stress e che potrebbero anche esserci altre cause, ma sicuramente la situazione particolare con gli ospiti l’ha spaventata a tal punto da provocarle delle convulsioni piuttosto gravi. Un minimo sollevati, ma ancora scossi ce la siamo portati a casa e abbiamo fatto sapere ai nostri ospiti che i cani non sarebbero piu’ stati rinchiusi. Il bello e’ che non e’ successo assolutamente nulla. Hanno detto va bene, niente piu’ strilli e pianti in giapponese, niente problemi, niente di niente.  Certo, non e’ che facesero i salti di gioia e nemmeno noi del resto dopo una serata del genere, ma evidentemente bastava parlarsi in modo chiaro e senza giri di parole per arrivare a una soluzione. Mi dispiace tantissimo che a rimetterci sia stata la mia Ragazzina Pimpante.

Da non dimenticare, l’ospitalita’ ha sicuramente dei limiti.

giovedì 21 ottobre 2010

riflessioni sul registry, e non solo

Il registry e’ la lista dei regali che si fa nelle grandi occasioni, come la lista nozze da noi, credo. A me e’ toccato farlo per la prima volta in occasione dei vari Baby Showers di cui vi raccontavo qualche giorno fa e devo dire che mi sono divertita moltissimo. Non sapendo praticamente nulla ne’ di quello che mi serviva, ne’ di come funzionava un registry, mi sono fatta aiutare ancora una volta dall’amica Mrs. Monkey che come al solito, si e’ lasciata un attimo prendere dall’entusiasmo. In teoria, puoi riportare indietro tutti i regali fino a tre mesi dopo la presunta data del parto senza scontrino, cosi’ la sua idea credo fosse sostanzialmente di fare una lista sterminata e scriteriata, tanto poi ci pensi dopo. Quel pomeriggio, sembravamo due invasate, non facevamo altro che ridere e scannerizzare e in effetti, il caos regna sovrano. I regali sono strabordati dalla futura stanzetta di Baby J fino a ricoprire la superficie calpestabile della sala quasi per intero. Abbiamo ricevuto diversi completini identici, tre seggioline rimbalzanti (bouncers), tre passeggini piu’ la telefonata della mamma di Mr. Johnson ieri che ci diceva di averci fatto una bella sorpresa, un bel passeggino nuovo! e via di questo passo.

E’ tutto stupendo e fa tutto parte del gioco del Baby Shower, ma contemplando questa marea di inutile e costoso (ho ricevuto anche tantissime cose di seconda mano da tutte le mie amiche che posso usare benissimo), mi e’ venuta un po’ di malinconia. Per la maggior parte delle persone avere un bambino e’ la cosa piu’ naturale e normale del mondo, ma per me tutte quelle certezze iniziali, hanno subito a un certo punto una brusca frenata e quando abbiamo deciso di adottare, mi si e’ aperto un mondo davanti, un mondo che non conoscevo, a cui non avevo mai veramente pensato. Quello che voglio dire e’ che avere un bambino e’ la cosa piu’ bella del mondo certo, ma averlo dopo essersi accorti e avere interiorizzato cosi’ profondamente quanti bambini gia’ ci siano in questo mondo senza una mamma e un papa’, e’ completamente un altro paio di maniche. Non so se superero’ mai questa specie di senso di colpa. Da una parte spero di no, in modo cosi’ da continuare ad aver voglia di realizzare un giorno anche questo sogno e non per aiutare nessuno, ma per aiutare me stessa, perche’ possono essere anche queste le cose che danno un senso alla vita. 

ci provi anche a sentirti a tuo agio, tutto inutile

Per la prima volta ti metti un vestito per andare a scuola. Nessun intento fashion, fa caldo e vuoi solo stare comoda. Non fai in tempo a entrare che fioccano i commenti. Ma che bel vestito, ma che bella panciona, allora ci siamo quasi e via dicendo fino alla fine del corridoio. Raggiungi finalmente la tua classe e ti ci barrichi dentro. E’ in quel momento che ti accorgi di avere messo il vestito al contrario.

Dopo tutto, forse il riposo forzato non mi fara’ poi cosi’ male.

mercoledì 20 ottobre 2010

il baby shower

Il Baby Shower e’ una festa che originariamente si organizzava per dare il benvenuto ai neonati e ora invece si organizza per lo piu’ prima che i bambini nascano per aiutare i genitori ad arrivare il piu’ possibile equipaggiati al fatidico momento. In genere e’ una festa tutta fra donne e la organizza qualcuno della famiglia o un’amica molto stretta. Da italiana all’inizio non me ne facevo tanto una ragione: una festa senza festeggiato, no, non mi convinceva. Diverse conoscenti italiane mi hanno detto di essersi rifiutate di festeggiare in anticipo anche solo per scaramanzia, ma quando e’ venuto il mio turno alla fine ho deciso che se Baby Shower doveva essere, lo volevo proprio all’americana. Il tutto poi e’ stato trainato da una persona, una persona molto speciale per me, la mia amica Mrs. Monkey, la migliore amica che ho in questo paese. Ci teneva piu’ lei di me, non potevo deluderla e non l’ho fatto anche se le ho ripetuto mille volte in questi ultimi due mesi che poteva provarci a organizzare, ma che di sicuro lo avremmo dovuto cancellare, dato che i medici dicevano che sarei di sicuro finita in ospedale per un sacco di tempo. Il Baby Shower qui mi sembra importante quasi o forse di piu’ del matrimonio per certi aspetti. Quel giorno infatti, lei non stava nella pelle dalla gioia per me come solo i veri amici sanno fare e io ho realizzato quanto mi sentissi felice di questa cosa solo nel momento in cui mi sono ritrovata li’. Una festa piccola perche’ dopo quattro anni qui non ho molte amiche (ma quelle che ho sono molto molto buone mi sembra, forse ho imparato la lezione…), organizzata alla perfezione in ogni minimo dettaglio, proprio come narravano le varie legende metropolitane. Un sacco di regali e dei giochi a tema. Cose che possono essere di una noia mortale, ma non in questo caso. E’ stato divertente anche perche’ Mrs. Monkey e’ la mia unica amica americana e le altre che vengono dai luoghi piu’ disparati del pianeta, come me non avevano mai assistito a un vero Baby Shower americano. A dire la verita’, si era anche state spesso scettiche sulla cosa fra noi straniere, ma poi al momento, grazie all’entusiasmo trascinante di Mrs. Monkey tutte abbiamo realizzato quanto non sia importante il cosa si fa a una festa, ma con che spirito e con che compagnia lo si fa.

In realta’ poi questo non era il mio primo Baby Shower. Il primo me lo hanno organizzato un paio di settimane fa i miei studentelli a scuola. Una delle feste a sorpresa piu’ riuscite della storia, mi hanno lasciato letteralmente senza parole.

E non e’ stato nemmeno l’ultimo perche’ il giorno dopo le mie colleghe me ne hanno organizzato un altro, questo davvero grande. Sono venuti praticamente tutti, e cosi’ si puo’ anche capire meglio forse perche’ oltre ad amare il mio lavoro follemente, ami in particolare quella scuola con tutte le sue contraddizioni, e quelle persone.

Insomma, un sacco di festeggiamenti per questo pupetto e non so nemmeno se sia tanto tipico. La settimana prossima perfino Mr. Johnson avra’ il suo Baby Shower e io davvero un Baby Shower per il papa’ non lo avevo mai sentito.

Forse e’ solo che il cammino che ci ha portato fino a qui e’ stato un po’ tortuoso e le persone si sono affezionate alla nostra storia, non lo so. Comunque e’ un’esperienza splendida, sotto tutti i punti di vista. Pensare a quanto avevo temuto questi giorni e a quanto invece mi senta bene e’ una grande cosa di per se’. E poi per la prima volta avere una dimostrazione reale e tangibile di affetto da cosi’ tante persone, significa moltissimo per me, per la mia integrazione qui, se cosi’ la vogliamo chiamare. Mi sento cosi’ grata, ecco, di una profonda gratitudine che non avevo mai provato prima. E alcuni a volte mi guardano un po’ come fossi matta perche’ obiettivamente il persorso continua a essere ad ostacoli, ma io sono tranquilla e contenta e non do nulla per scontato. Dopo tutto era quello che volevo e il prezzo non potra’ mai essere troppo alto. In pochi giorni, ho scritto decine e decine di biglietti di ringraziamento, lunghi, personalizzati, forzando la mia mano dopo anni a ricordarsi come si scrive. Io che ho sempre odiato queste cose, mi sono proprio sentita di farlo. Quanto sto cambiando. Non posso fare a meno di chiedermi come sara’ dopo.

martedì 19 ottobre 2010

un pugno in faccia a lei e uno nel nostro stomaco

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Un italiano adulto, pienamente responsabile delle sue azioni, da’ un pugno in faccia e uccide in questo modo una giovane donna rumena, madre di due bambini, per una banale disputa davanti a una biglietteria e scoppia l’indignazione. Niente di strano.
E invece no, l’indignazione di molti, anche politici, scoppia perche’ il colpevole viene arrestato. 
A volte preferiresti non capire.

Foto da Repubblica (Stato di prostrazione?)

lunedì 18 ottobre 2010

la lista della spesa bilingue - i falsoletti

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Dichiaro solennemente che non correggero’ mai piu’ l’italiano di Mr. Johnson: i suoi (pochissimi) errori sono troppo troppo carini :)

sabato 16 ottobre 2010

baby on board!

Apro il Corriere on line e vedo un titoletto che mi fa raggelare il sangue nelle vene. Magari un anno fa non l’avrei nemmeno notato, ma ora…

Dice: “Scoppia l’airbag muore un neonato”

Io, che proprio pochi giorni fa vi raccontavo di aver fatto dell’ironia su chi ci consigliava di fare una car seat class, mi sento un po’ mancare. Come e’ potuto succedere?

Leggo l’articolo per cercare di capire cosa sia andato storto, ma e’ impossibile. Si capisce che verra’ aperta un’inchiesta per far luce sull’incidente. Si capisce che la madre “era di origini polacche” particolare fondamentale, ma non il perche’ sia accaduta una tragedia simile per una semplice sbandata e soprattutto come evitarla in futuro. Per quanto ne so, quell’airbag non sarebbe mai dovuto scoppiare/essere la’.

Ragionando un secondo, infatti, l’idea che ci si fa e’ che molto probabilmente il seggiolino era stato posizionato sul sedile anteriore. Se fosse cosi’ tutto sarebbe chiarissimo. Il seggiolino va posizionato dietro, dove non scoppiano gli airbag in corrispondenza della testa del neonato e possibilmente al centro, per proteggerlo da eventuali urti alla fiancata.

Ma questa e’ solo un’ipotesi. Non capisco questo tipo di giornalismo, anzi, io lo chiamerei piu’ che altro allarmismo. Perche’ non usare queste notizie per insegnare qualcosa ai lettori invece di limitarsi a scatenare il panico?

giovedì 14 ottobre 2010

mi fa specie

Ieri sono stata in un ospedale stupendo, per essere un ospedale certo. Come tutti gli ospedali che ho visto qui era lussuoso con tutti i comfort possibili, pulitissimo e profumato che qui la cosiddetta puzza di ospedale non sanno nemmeno che cos’e’. All’entrata, al desk delle informazioni c’erano due allegre anziane signore con un bel cartellino sulla giacca che diceva ‘volontarie’.

Mi fa specie, ecco.

Ci provo, ma non riesco davvero a immaginare per quale motivo un’istituzione del genere in questo paese ritenga opportuno avvalersi di personale non pagato. Un ospedale come quello trasuda soldi, quasi li puoi vedere fisicamente i milioni di dollari che grondano dai muri e dalle tasche dei dottori. E chissa’ perche’ dubito fortemente che l’ospedale in questione ricambierebbe il favore in caso di degenza o altre cure mediche delle stesse vecchiette nello stesso ospedale.

Un conto e’ un volontario che fa qualcosa di utile, un conto un volontario che fa un normalissimo lavoro, togliendolo ad altri poi, senza farsi pagare, magari perche’ si annoia.

C’e’ anche un’altra cosa che mi fa specie pero’. Dopo avermi terrorizzato a lungo, i miei dottori americani sono ritornati a quel tipico ottimismo americano che gli e’ piu’ consono. Ora, non so bene per quale motivo questo accada. La situazione non e’ cambiata poi cosi’ tanto, ma evidentemente, tutto considerato, le cose si evolvono nel migliore dei modi. Non voglio starci a pensare piu’ di tanto perche’ non vorrei cambiare idea, ma questo cambiamento di atteggiamento da solo, mi fa vivere molto meglio.

E per la prima volta, abbiamo anche visto una chiara faccetta paffuta da bimbo. Che felicita’.

martedì 12 ottobre 2010

l’eta’ della pensione qui

Come ho ribadito spesso, da queste parti si lavora tanto, spesso per tutta la vita, a volte per finire di pagare il mutuo o l’assicurazione sanitaria, a volte volontariamente per incapacita’ di fermarsi. Non e’ raro imbattersi in ultrasettantenni al lavoro. Nella mia scuola fino all’anno scorso c’era la signora Dietrich, sui settantacinque anni credo. Il marito era stato a lungo preside della scuola e dopo che mori’, molti anni fa, lei rimasta sola, comincio’ a venire ad aiutare con il doposcuola. Tre ore di pomeriggio, dava la merenda a una decina di bambini, li faceva sedere in cerchio a fare un gioco o a cantare una canzoncina e questo le bastava per sentirsi un po’ meno sola. Poi, quest’estate l’ho incontrata a un matrimonio e non era per niente contenta. Era stata licenziata in tronco, su due piedi e non sapeva farsene una ragione. Raccontava la stessa storia a tutti gli invitati, era molto triste. E anche noi altri, non riuscivamo tanto a capire. La sua salute era perfetta, non era successo nulla di male, non ci sembrava possibile che la cacciassero solo per l’eta’. Quando la scuola e’ ricominciata e’ stato tutto piu’ chiaro. Al posto della signora Dietrich e’ stata assunta una ventenne. A me e’ spiaciuto, un po’ a tutti immagino. Lei ci teneva talmente tanto a quel lavoro, era tutta la sua vita, l’unica cosa che la facesse sentire utile e importante era venire a scuola. D’altra parte, mi posso mettere nei panni della direzione per un momento. Forse avrei fatto lo stesso o piu’ che altro sarei stata tenuta a fare lo stesso. Pagare di piu’ una persona che puo’ fare poco (con gli anni lo stipendio cresce) o pagare poco una persona giovane che puo’ fare molto? Se fosse stato possibile le avrei spiegato la situazione e chiesto di venire quando voleva a trovarci come volontaria, invece lei e’ stata completamente bandita, senza mezzi termini. Qua usa cosi’: l’idea e’ che rimanendo non avrebbe fatto altro che lamentarsi e creare un brutto clima all’interno della scuola. Sara’. A me sembra tutto cosi’ estremo. Tutto questo pretendere di essere una grande famiglia, tutto questo rivestirsi di valori cristiani, per poi buttarti via quando non servi piu’.

lunedì 11 ottobre 2010

sospesi

Siamo completamente sospesi nell’attesa, e’ una sensazione strana. Mr. Johnson ha tirato fuori una pazienza che non ho mai sospettato, e’ un compagno di viaggio fantastico, anche in questo particolare viaggio qui. Ieri ha passato la giornata a costruire una cosa stupenda per la stanzetta di Baby J. C’erano altre cose da fare, tipo lavare i piatti, svuotare e riempire lavatrici, cose cosi’, ma il fatto che, dopo tutti questi mesi, si sia finalmente sentito di iniziare a costruire questa cosa per lui con le sue mani, mi ha commosso. Del resto era stata una mia idea, sempre brava a trovare lavori per gli altri, e all’inizio non lo avevo visto molto entusiasta, anzi. Tanto lo facciamo per noi stessi, lui mica capira’. E invece si’ che capira’. Ci dividiamo fra appuntamenti dal dottore e quei corsi, che -confermo- esistono davvero, dove ti danno una bambola per insegnarti a cambiare i pannolini o fare complessi avvolgimenti di copertine. Ridevamo tanto che a un certo punto ho pensato ci buttassero fuori come studentelli indisciplinati. Per il resto, io riposo e riposo il piu’ possibile, doctor’s orders, ma probabilmente non abbastanza. Siamo entrati nella fase critica, quella che ci avevano detto da questo momento in poi tutto puo’ succedere e invece di impazzire, abbiamo perso quasi tutta l’ansia per strada, interessante anche questa cosa. In fin dei conti, viviamo nella ‘zona rossa’ da una settimana e il mondo non e’ crollato, siamo qui, ci sentiamo benone e vediamo un po’ come va. Certo, come spesso mi succede nei momenti importanti, sono un po’ fuori dalla realta’. Pianifico, lavoro tanto con il pensiero per cercare di lavorare il meno possibile con il corpo, che’ nella normalita’ non ti rendi nemmeno conto di quanto fai durante una giornata.  Gioco tanto a scacchi, ci provo piu’ che altro, da quest’estate dopo aver letto La Regina degli Scacchi di W. Tevis, guardo miriadi di vecchi film e documentari e leggo libri, prevalentemente sul cervello. Ho letto da qualche parte che paradossalmente hanno piu’ possibilita’ di essere felici quelli che hanno subito una tragedia di quelle immense che quelli che devono vedersela tutti i giorni con problemi del tutto minori, tipo la perdita di un lavoro o una relazione in crisi. Dice che se sei davvero messo male, non hai scelta: o ti tiri su o muori. E allora e’ piu’ facile che ti tiri su. Invece, se sei in una situazione piu’ aperta e hai tante possibilita’ davanti, e’ piu’ probabile che la situazione nella sua complessita’ ti logori. L’ho sempre pensato anch’io, piu’ possibilita’ hai, piu’ ti incasini. In una situazione come quella che sto vivendo io ora per esempio, di possibilita’ non ne vedo e non e’ bello, certo, ma non e’ neanche tanto brutto. Almeno sappiamo cosa dobbiamo fare, che non e’ poco.

E stiamo qua.   

venerdì 8 ottobre 2010

forse dovrei cominciare a leggere di piu’ la stampa locale…

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“La polizia riceve la segnalazione di un neonato trovato in un bidone della spazzatura. Dopo investigazioni, gli agenti scoprono che si trattava solo di un burrito”

giovedì 7 ottobre 2010

pensando ad alta voce

Mi vede prepararmi per andare al lavoro con questo pancione enorme e mi chiede sorridendo -sorride SEMPRE lei- fino a quando lavorero’. Le dico che non lo so di preciso, fino a quando non me lo vieteranno probabilmente. Allora, in un inglese un po’ stentato, comincia a raccontarmi di un magico paese, il suo, il Giappone, in cui le donne incinte ‘vanno in vacanza’ due mesi prima di partorire e volendo ci possono rimanere per un altro anno e mezzo continuando a essere pagate e senza perdere il lavoro. Sogno. In realta’, anche in Italia non mi sembra per niente male: ho un’amica che e’ gia’ in maternita’ al quarto mese perche’ nel suo lavoro e’ a contatto con sostanze tossiche. Qui invece niente di niente, soprattutto se hai un lavoro part-time. E cosi’ ora si tratta per me di fare delle scelte molto ma molto serie e difficili.

A un certo punto il mio dottore -che ultimamente devo dire ha tirato fuori un’insospettabile vena ottimista, ed era anche ora…- mi disse che l’unica cosa che poteva fare per alleviarmi lo stress dei vari problemi che sono sopraggiunti era farmi un permesso per smettere di lavorare. Dottore, guardi non ha capito, lavorare e’ l’unica cosa che allevia il mio stress. Tanti non lo capiscono infatti, ma per me e’ davvero cosi’, e non solo in questo momento. Dopo due anni, sono ancora convinta di aver trovato il lavoro dei miei sogni, stipendio a parte. Pero’ non so davvero cosa fare adesso.

Mr. Johnson e’ finalmente riuscito a esprimere la sua opinione in proposito. Si e’ sempre tenuto in disparte, ma ora dice chiaramente che saremmo tutti piu’ felici se non tornassi al lavoro prima del prossimo anno scolastico, quando il bimbo avra’ otto o nove mesi. Piu’ ci penso anch’io e piu’ mi sembra la cosa giusta da fare. D’altra parte, chi glielo dice alla direttrice? Lei ha sempre accenato a due o tre mesi…e se mi licenzia? E poi ci sono tante di quelle cose che voglio ancora fare quest’anno al lavoro, e’ una scelta difficile, difficilissima. E’ un lavoro di tre giorni alla settimana ed e’ un lavoro che adoro, mi darebbe tantissimo fastidio perderlo. Pero’ mi sento anche egoista: lavorerei praticamente solo per pagare l’asilo, non ho un’esigenza reale di farlo e tre giorni sono un’eternita’ per un neonato. E’ un rompicapo che non riesco a risolvere.

Tutti mi dicono che la matassa si sbrogliera’ immediatamente quando vedro’ il mio bambino, ma e’ davvero giusto cosi’? Lasciamo decidere ancora una volta agli ormonacci?

Forse dentro di me so perfettamente cosa devo fare, il problema vero e’ che non ne ho nessuna voglia.

martedì 5 ottobre 2010

zen

Chissa’ da dove viene il buon umore.

Succedono un po’ di cose in questi giorni che normalmente mi farebbero arrabbiare, tanto. Eppure sto cosi’ bene. Tranquilla, serena, pacata. Prendevo un te’ con un’amica ieri che mi diceva che tutto questo non ha senso e devono per forza essere gli ormoni. Innanzitutto grazie per la stima, eh, ma perche’ quindi esistono anche gli ormoni buoni, che non ti fanno diventare isterica e odiare cose per cui fino a un momento prima andavi pazza? Dice di si’. Dice che l’istinto di autoconservazione e’ piu’ forte di tutto, che il corpo sa di cosa hai bisogno e te lo da’. Speriamo.

sabato 2 ottobre 2010

il paradigma della globalizzazione

Una volta andava parecchio di moda parlare di globalizzazione, ma che cos’e’ poi?

Ho un esempio che calza a pennello: la tua famiglia meta’ americana meta’ giapponese che vive in Giappone, viene a trovarti negli Stati Uniti e ti porta in regalo un paio di fantastiche tazze di Starbucks Kyoto e una serie di souvenir di Tokyo Disneyland.

Momenti di pura (involontaria) perfezione consumistica.