lunedì 29 ottobre 2012

l’usato

Quando sono arrivata qui, mi sono subito accorta che il mercato dell’usato e’ molto piu’ vivace che in Italia. Ci sono i ‘garage sale’, per esempio, che da noi non riesco proprio a immaginare e non so nemmeno spiegarmi il perche’. Forse, paradossalmente, mi sembra che sia un meccanismo troppo semplice per funzionare in Italia, ma ditemi voi. In pratica, se decidi di fare un po’ di pulizia in casa e ti rendi conto di avere un sacco di cose che non sono da buttare, ma che non ti servono piu’, nel fine settimana metti su un banchetto fuori dal tuo garage e vendi quello che vuoi ai tuoi vicini di casa. Conosco delle persone che se ne intendono proprio di garage sale e fanno ottimi affari, ci trovano davvero di tutto.

In realta’, ho cominciato a pensare all’usato solo da quando e’ nato il piccolo Joe. Quando ti nasce un bambino ti rendi conto davvero dello spreco sia economico che ambientale in cui viviamo. Devi comprare tantissime cose che nella migliore delle ipotesi userai per poche settimane o mesi e vorresti per lo meno risparmiare un po’ su certe cose secondarie. Non so come sia in Italia, ma qui, fra amiche ci si scambiano tranquillamente le cose ed e’ un bell’aiuto reciproco. Mia cognata in Giappone invece mi dice che li’ non si fa e che e’ quasi offensivo. Il problema e’ che con i bambini non sai mai di preciso cosa ti serve, con cosa si sentiranno piu’ comodi e con cosa gli piacera’ giocare, non e’ cosi’ facile capire cosa comprare. Ma anche volendo comprare tutto nuovo, resta la questione di cosa fare con tutta questa roba dopo che l’hai usata. A parte i garage sale, qui ci sono diverse catene di negozi che vendono cose per bambini ‘usate in modo gentile’. E’ semplicissimo, vai li’, vendi le tue cose al momento e ti pagano in contanti.

Ogni volta penso che sia un’idea geniale: potrei vendere le cose che non gli stanno piu’ e usare i soldi che ricavo (che non sarebbero pochi) per comprarne delle nuove. Ma poi non lo faccio mai. All’ultimo momento decido sempre che in fondo quei soldi non mi cambieranno la vita e che dovrei dare tutto in beneficienza. Che brava. Il problema e’ che alla fine non faccio nemmeno quello, o molto raramente. E’ che le cose che ha usato tuo figlio da piccolo hanno un valore affettivo immenso e a me viene molto difficile separarmene. Di solito, se decido di farlo lo faccio d’impulso davanti a un’amica col pancione e il resto sono cassetti che stanno per scoppiare.

Come vedete questo progetto di riorganizzazione della mia casa pian piano va avanti e mi sta facendo capire e affrontare moltissime cose di me. Comincio a pensare seriamente che magari quando avro’ finito con la casa, se mai finiro’, anche la mia vita sara’ un po’ piu’ in ordine.   

venerdì 26 ottobre 2012

bugire

Lie -> To lie

Bugia -> Bugire

Non fa una piega e a noi piace cosi’, giusto?

A scuola e’ arrivata una persona nuova. All’apparenza, sembrerebbe una persona qualunque, ma ha una caratteristica molto particolare che nessuno ha potuto fare a meno di notare: mente. La cosa bella e’ che mente bene! Ma quante persone conoscete che sono in grado di mentire bene? Sono rarissime, per questo mi sento molto fortunata ad averne incontrata una. Racconta delle storie fantastiche. Parte da un granello di noiosa, banalissima realta’ quotidiana e lo lavora e lo lavora finche’ non lo trasforma in una perla dell’immaginazione, una storia che vale davvero la pena raccontare ed escoltare e riportare in giro a tua volta. A me questa persona piace un sacco, ma davvero tanto. Mille volte di piu’ di quelle persone che parlano solo di se stesse e mai che facessero qualcosa di speciale. L’unico difetto e’ che a volte dice la verita’. Voglio dire, se mentisse sempre sarebbe perfetta, invece il fatto che ogni tanto dica la verita’ crea qualche confusione, speriamo nessun danno in futuro. Ma quanto e’ divertente. Chissa’ perche’ lo fa. Forse si annoia pure lei.

giovedì 25 ottobre 2012

esserci

Un giorno e’ venuto in classe per dirmi quanto fosse contento del mio programma e che a giudicare dal mio lavoro, probabilmente avevamo anche gli stessi gusti in fatto di arte. Mi racconto’ della sua collezione e delle opere che aveva donato alla scuola, fece dei nomi prestigiosi. Un signore distinto, ma cordiale, sorridente, forse un po’ anziano per avere due figli alle elementari, questo pensai.

Successivamente ho scoperto che li ha adottati i due bambini e da solo.

La bimba che e’ di una dolcezza disarmante, sembra completamente sprovvista di autostima. E’ una pena vederla disperarsi ogni giorno nell’insoddisfazione perenne per qualcosa che sa fare esattamente come tutti gli altri bambini della sua eta’ se non meglio. Ma qualcuno a casa glielo dice? Sembra non lo sappia.

Il bimbo, simpaticissimo, vivace, carino, ha quello sguardo inconfondibile di chi ha avuto una mamma alcolizzata. Va seguito passo passo.

Vivono nel quartiere piu’ ricco della citta’, con un ex presidente come vicino di casa, una tata per il giorno e una per la notte. Keeping up with the appearances. Ma avere un figlio, che sia adottato o no, non e’ solo apparenze, e’ un continuo lavoro che non si ferma a quel desiderio iniziale per quanto profondo e struggente possa essere, di essere genitori. E’ un lavoro che nessuna tata al mondo potra’ mai fare per te. In qualunque circostanza, c’e’ un’unica cosa fondamentale da fare: esserci.  

mercoledì 24 ottobre 2012

un’impressione dell’italia

La settimana scorsa ho cercato di togliere il ciuccio al piccolo Joe e, dopo tre giorni di puro delirio, ho tamponato uno. Un tamponamento davvero insignificante con la mia macchina che non si e’ fatta nulla e la sua appena un graffio sul paraurti (ammesso che glielo abbia fatto io quel graffio…). Ma la colpa era mia e mi sono subito scusata.

- Guarda, non so nemmeno come funziona esattamente, e’ il mio primo incidente…

- Tranquilla, io so tutto ormai, mi e’ successo un sacco di volte, sembra che abbia una calamita su questo paraurti!

Considerando che l’interlocutore era un ragazzino neopatentato e che sembrava ‘telecomandato’ dal padre al telefono, il tutto ha cominciato ad assumere un contorno un po’ sospetto. Sempre piu’ sospetto finche’ mi e’ arrivata una telefonata dell’assicurazione che mi faceva sapere che il tipo aveva dichiarato successivamente di essersi ferito durante l’incidente. Insomma, a giudicare dalla velocita’, dai danni e, soprattutto, da come l’ho visto io dopo l’incidente, secondo me voleva fare il furbo.

Ma tutto questo ve lo racconto perche’ mi ha fatto tornare in mente un’altra cosa, una mia parente in Italia. Ci ha campato per anni lei con questo scherzetto del colpo di frusta. Ricordo che una volta fece uno di questi suoi fantomatici incidenti proprio davanti a casa mia e ci spaventammo tutti a morte. Era senz’altro molto piu’ esperta del ragazzino che ho incontrato io. Finse di perdere i sensi e venne portata via in ambulanza, era cosi’ cadaverica. Poi al pronto soccorso prese tutti in giro per ore, finche’ finalmente, riusci’ a fare un occhiolino o a dare un qualche segno (non ricordo bene perche’ e’ successo moltissimi anni fa) per far capire che era tutta una messa in scena. C’e’ qualcuno che non ha piu’ voluto rivolgerle la parola dopo quella volta.

Raccontavo questo episodio a Mr. Johnson, spiegandogli che pero’, nonostante quello che possa sembrare, questa parente non e’ una persona cattiva e che anzi ha aiutato tantissima gente nella vita e senza ricevere mai niente in cambio.

Ragionando ad alta voce ho detto:

- E’ che lei… frega solo gli sconosciuti.

- Sai che e’ proprio questa l’impressione che ho avuto dell’Italia?

- In che senso?

- Che se le persone ti conoscono fanno di tutto per te, ma se non ti conoscono, cercano di fregarti.

lunedì 22 ottobre 2012

lunedi

Martedi scorso, mentre sono al lavoro e sto facendo mille altre cose, mi chiama la segretaria del mio medico per ricordarmi che ho un appuntamento lunedi alle dieci. Li’ comincia il panico: dove metto il bambino? Niente sembra funzionare, cosi’ non ho scelta: chiedo aiuto alla vicina, quella che ha inchiodato la croce alla porta subito dopo il trasloco. Lavora part time in un asilo nido, ha due figli, due cani e sembra molto dolce. Mi ha sempre detto che potevo chiamarla se avevo bisogno, cosi’ lo faccio, vado da lei.  

Soluzione perfetta. Sono tranquillissima. Anzi le dico che la chiamero’ spesso visto che siamo cosi’ vicine e piace anche ai bracchetti.

Infatti, faccio uno di quei sogni. L’unica cosa che vi racconto e’ che ho sentito il cuore rimpicciolirsi e fermarsi, tanto che mentre mi preparo per uscire ancora mi fa male. O almeno cosi’ mi sembra.

Lei arriva puntualissima. Le spiego tutto, anche di piu’.  

Approfitto di un momento di distrazione del piccolo Joe (che nel frattempo ha deciso che gli piacerebbe di piu’ chiamarsi Mimmo) e sguscio fuori dalla porta.

Ce la faccio. E’ tutto sotto controllo. Un paio d’ore con la baby sitter, che sara’ mai, prima o poi doveva succedere.

Arrivo dal medico e penso che una volta era il medico ad innervosirmi.

L’appuntamento era lunedi prossimo.

crudini

- Come sono venuti i cornetti?

- Un po’ crudini...

- Perche’ non li hai lasciati dentro ancora un po’ allora?

- Perche’ il primo andava bene era il secondo che era un  po’ crudo.

- Quindi ne hai mangiati due…?

- Tre.

venerdì 19 ottobre 2012

l’odore della classe di arte

Quante possibilita’ ci sono che distribuendo dei giornali da mettere sul tavolo per dipingere, alla bambina a cui e’ appena morto il padre capiti la pagina con il suo elogio funebre?
Quante possibilita’ ci sono che la direttrice arrivi esattamente nel momento in cui Ms. Guorton risponde al suo medico che, tra l’altro, finalmente le da’ una sorta di buona notizia, e quasi la licenzi perche’ non si telefona al lavoro?
Succedono delle cose un po’ cosi’ a volte a scuola.
Quasi tutti i giorni, pero’, c’e’ qualche ragazzino che entra in classe e dice:
- Che buon odoore! Ma cos’e’?
E qualcun’altro risponde: - E’ la classe di arte!
E la classe di arte non ha un buon odore. Neanche un po’. E allora sorrido perche’ penso che deve essere buono quello che provano quando sono li’ dentro allora.

martedì 16 ottobre 2012

la signora di ieri aveva ragione

Qualcuno ieri mi ha dato quasi dell’esagerata per la mia opposizione a qualunque tipo di pena corporale, pero’ io rimango convinta della mia idea.

Principalmente per i seguenti motivi (in ordine sparso).

1. Mr. Johnson mi ha raccontato che quand’era piccolo, le pene corporali erano ancora legali nelle scuole texane, anzi proprio ora, mentre parlavamo del post abbiamo scoperto che incredibilmente in molte contee lo sono ancora. Questa

e’ una mappa dei distretti di quest’area dove e’ legale picchiare i bambini nelle scuole e fra parentesi trovate il numero dei casi verificatisi negli anni 2005-2006. Lui era un bambino piuttosto ribelle quindi, l’argomento lo conosce abbastanza bene. Quando combinava qualcosa chiamavano sua madre nell’ufficio del preside, lei doveva lasciare il lavoro e precipitarsi li’. Poi il preside le spiegava cosa aveva fatto il figlio e a turno procedevano a picchiarlo con questo aggeggio fatto apposta, lo spanking paddle. La prima volta che me lo ha raccontato ho pensato ‘questo e’ proprio il far west’. Ad ogni modo. Successivamente la famiglia si trasferi’ in uno stato dove le maniere forti erano illegali e indovinate come ando’? A quel punto divento’ davvero un bulletto. Dice che dopo che ti picchiano, nulla funziona, nessun discorso. Le parole ti scivolano addosso come acqua fresca, anzi ti fai anche una bella risata. Non hai piu’ limiti perche’ i limiti che avevi prima erano imposti, non autoimposti.

2. I miei non hanno mai picchiato ne’ me e ne’ mia sorella. E’ una cosa che quasi un po’ mi sorprende, pensando a quanto erano giovani e agli esempi che avevano avuto loro crescendo, eppure questa e’ stata la loro strategia educativa, niente botte. Mi ricordo grandi chiaccherate, soprattutto con mio padre fin da molto piccola, su qualunque argomento. Mi sono sempre state spiegate le cose e anche se non le capivo immediatamente, mi tornavano in mente al momento opportuno. Non ho mai avuto una punizione, un limite di orario, un ‘vai a fare i compiti’. Sapevamo cosa bisognava fare e di solito, con i nostri tempi e i nostri modi, lo facevamo. Qualche volta no, certo, ma nessuna delle due ha mai combinato grossi disastri perche’ ci erano state insegnate non delle regole specifiche, ma un modo di ragionare generale credo.

3. Appena arrivata qui ho avuto la fortuna di imbattermi in Mrs. Guorton. Proprio l’altro giorno sentivo una storia su una maestra che conosco molto molto piu’ giovane e fresca in teoria, che in preda alla frustrazione, ha scotchato le scarpe di un bambino che proprio non voleva saperne di tenerle su. Sapete cosa ha fatto il bambino? Ha tolto lo scotch e ha ricominciato daccapo a togliersi e scarpe. Ho visto succedere la stessa cosa quando lavoravo con Mrs. Guorton, e’ un comportamento molto tipico quello di non voler tenere le scarpe, ma il suo sistema e’ molto piu’ efficace. Per prima cosa si assicura che banalmente le scarpe siano comode. Se non lo sono, ne parla con i genitori in modo che lo mandino a scuola con un paio di scarpe piu’ adatte, altrimenti asseconda il bambino. Va bene, stai pure scalzo. Dopo un po’ puntualmente e’ il bambino a chiedere le sue scarpe indietro perche’ ha capito a cosa gli servono. A quel punto non togliersi piu’ le scarpe diventa una sua scelta, non un’imposizione incomprensibile. E questo e’ lo schema che lei segue in ogni situazione, potrei fare altri mille esempi. Ho visto tante persone scettiche, tantissime criticarla ancora oggi perche’ il caos iniziale sembra una sconfitta dell’educatore, ma alla lunga per me e’ questo il sistema che paga: fare in modo che sia il bambino a scegliere. 

lunedì 15 ottobre 2012

genitori alla frutta

La settimana scorsa e’ stata davvero pesante per me. Il piccolo Joe non e’ per niente facile da gestire in questo periodo e il fatto che senta dire sempre e solo cose positive su di lui e su quanto sarebbe piu’ bravo e tranquillo degli altri bambini della sua eta’, mi ha fatto venire un bel po’ di sensi di colpa per questa improvvisa stanchezza mentale che sento, per questo bisogno di staccare un attimo la spina proprio da lui visto che e’ sempre con me perfino al lavoro e non ho davvero mai un momento di silenzio. Vorrei solo non sentirmi chiamare, tirare, non capire cosa vuole almeno per qualche ora ogni tanto. Sto considerando addirittura di mandarlo all’asilo una mezza giornata in piu’ se continua cosi’. Fa fatica a dormire e fa fatica a stare sveglio, nel senso che sembra che voglia dormire solo quando c’e’ qualcosa da fare. L’altro giorno ho invitato due amichetti a casa per giocare. Quando se ne sono andati sembrava che avessero lanciato una bomba a mano in salotto, la casa era completamente sottosopra e io avevo rimediato un fantastico mal di testa visto che dopo un’oretta di inseguimenti, mentre i suoi amici si divertivano, lui era gia’ esausto e nervoso. Insomma, e’ un momento po’ cosi’, i famigerati terrible two, suppongo.

Ho fatto tutta questa premessa semplicemente per farvi capire quanto possa essere solidale con un genitore alla frutta, stanco, frustrato e che non dorme a sufficienza come me.

Pero’.

Pero’ poi questi sono momenti che passano e che comunque all’interno di una giornata sono intervallati da mille sorrisi e da innumerevoli altri momenti pieni di gioia e scoperte e cose indicibilmente meravigliose.

Posso capire molto bene il momento di demoralizzazione di un genitore, ne ho anch’io, ci sta, ma non di piu’. Quello che voglio dire, e ci tengo a dirlo chiaro e tondo, e’ che un genitore che alza le mani sul figlio, non lo giustifico in nessun modo, sotto nessun tipo di circostanza.

E’ successo che sabato pomeriggio, essendomi resa conto di avere davvero bisogno di una pausa, ho lasciato il bimbo con il papa’ e sono andata a farmi un bel giro per conto mio. Era da talmente tanto che non succedeva che all’inizio non sapevo quasi cosa fare con quel tempo libero, avevo paura di sprecarlo.

Che cos’e’ che proprio non posso fare con lui? Shopping!

Cosi’, dopo mesi, sono andata a fare un bel giro per negozi. Mi sono divertita e rilassata al punto che dopo tre ore non vedevo l’ora di tornarmene a casa da lui. E’ per questo che ogni tanto e’ giusto staccare, per tornare insieme piu’ carichi di prima. Ero li’ che mi provavo l’ultimo paio di jeans quando ho cominciato a sentire dal camerino accanto delle urla di bambino disperate.

Qualcosa tipo shhh e botte, proprio rumore di botte, e poi ancora rimproveri, shhh e ancora urla e pianti.

Mi sono rivestita in fretta e furia e sono uscita chiedendo ad alta voce ma cosa sta succedendo? C’e’ qualcuno che sta picchiando un bambino la’ dentro! 

Un altro paio di clienti sembravano turbate quanto me e un’altra invece ha cominciato a fare tutt’altro ragionamento a bassa voce, verso di me, ma senza guardarmi in faccia.

- No, no! Non e’ contro la legge, non lo e’ nello stato del Texas. In Texas puoi picchiare i tuoi figli, lo dice la legge.

- Ma cosa dice? E’ assurdo!

- No cara! C’e’ stato un poliziotto che mi ha detto di sculacciare mio figlio una volta! La signora non sta facendo niente di illegale!

A un certo punto sembrava quasi una questione razziale, una cosa un po’ complicata da spiegare ora, ma che ho avvertito piuttosto chiaramente nella voce di questa donna che continuava stranamente a prendere le parti della madre manesca senza essere stata nemmeno interpellata.

Nel frattempo i rimproveri e i pianti continuavano dentro a quel camerino. Dieci minuti forse. Avevo lo stomaco aggrovigliato dalla tensione e dal fastidio.

Il problema e’ che non sapevo come comportarmi, sono stata colta completamente alla sprovvista. Li’ per li’ mi e’ sembrato che la cosa migliore fosse che intervenissero i proprietari del negozio. Ho pensato fosse loro responsabilita’ che nessuno si facesse del male la’ dentro. Mi ci e’ voluto un po’, ma alla fine ho trovato il manager, mentre le urla continuavano dentro al camerino, ma niente. Mi ha detto che non possono dire a un genitore come comportarsi con i figli.

Me ne sono andata furibonda, tanto che ho dimenticato li’ una camicia che avevo appena comprato (e che poi gentilmente mi e’ stata restituita).

Mr. Johnson mi ha detto in seguito che se pensavo che quella persona stesse davvero picchiando la figlia avrei dovuto semplicemente chiamare la polizia, il 911 che si fa per le emergenze. Il fatto e’ che non ho visto, ho solo sentito anche se molto chiaramente. Avrei potuto bussare forse, ma per dire cosa? A che tipo di persona e in che stato? Cosi’ me ne sono andata e non ho risolto niente. La prossima volta, se mai ce ne sara’ una, cerchero’ di perdere meno la calma e rendermi piu’ utile. Che brutta esperienza pero’, non smettevo piu’ di tremare.

venerdì 12 ottobre 2012

justin bieber si spezza ma non…

Magari voi ve lo siete dimenticato, ma ogni giorno in una scuola elementare si consumano dei veri e propri drammi.

Oggi c’era questo bambino sconvolto, quasi in lacrime, che ha preso un pastello a cera e l’ha spezzato in due.

Ovviamente tutti i compagnuzzi spioni hanno cominciato a denunciarlo alla maestra, che sarei io.

- Allora, va bene, ora stai tranquillo, voglio solo capire. Perche’ hai spezzato quel pastello?

- Io…veramente…emm…cioe’…

- Forza, ti ascolto, non ti preoccupare.

- Stavo facendo finta che fosse Justin Bieber.

giovedì 11 ottobre 2012

il metodo johnson

E’ una di quelle sere, anzi uno di quei giorni. Qualunque cosa succeda c’e’ sempre questa voce in sottofondo che si lamenta e si lamenta e piagnucola e strilla e non vuole mangiare e soprattutto non vuole dormire.

Sono le undici di sera e lui incredibilmente ancora strilla nel suo letto.

Che’ a un certo punto, dopo che le hai provate tutte, rimani li’ impalato e non sai davvero piu’ cosa fare se farlo alzare o farlo piangere.

Poi all’improvviso, la pace.

Arriva Mr. Johnson.

Sottovoce:

- Sai come ho fatto?

- Ti prego dimmelo!

- L’ho fatto sdraiare, l’ho messo sotto le coperte, gli ho acceso la musica e gli ho detto: “Joe, adesso devi dormire perche’ domani avrai una giornata molto lunga a scuola e devi riposarti. La mamma e papa’ ti vogliono bene e domani giocheremo ancora con te, ma ora devi dormire”. E lui ha chiuso gli occhi e si e’ addormentato.

Spero che i genitori disperati la’ fuori abbiano preso appunti. 

mercoledì 10 ottobre 2012

catene

Ci siamo ritrovati in un negozio in un quartiere, non dei peggiori credo, ma certamente dei meno, diciamo, pittoreschi della citta’. Era un negozio di catena dove eravamo gia’ stati e in teoria di solito sono tutti uguali.

Ecco, questo qui era orribile. Sporco, con le cose buttate per terra, le scatole aperte e nessuno che se ne preoccupasse. E comunque era pieno di gente, con I prezzi uguali agli altri posti. A un certo punto avevamo avuto la mezza idea di comprare una cosa, ma abbiamo subito lasciato perdere perche’ la coda per pagare, era di almeno mezz’ora.

Mi ha fatto impressione questa cosa. Come se fosse ovvio che certi clienti, non meritassero di essere trattati come tutti gli altri.

Come se.  

martedì 9 ottobre 2012

art is full of creativity

C’e’ un compito che do quasi tutti gli anni. Chiedo ‘che cos’e’ l’arte?’ e loro devono rispondere con una frase e poi la devono illustrare. Adoro leggere i loro pensieri e lasciarli completamente liberi di esprimersi ogni tanto.

Quest’anno, ho posto la domanda ai ragazzini di terza.

Come sempre, ho avuto delle risposte fantastiche.

- Arte e’ qualunque disegno, dipinto o qualsiasi cosa con le forbici, i pennarelli, la matita, la penna, la pittura o i pastelli a cera (non deve essere bello).

- Arte e’ dove la tua immaginazione comincia!

- Arte e’ usare la tua mente.

- Arte e’ creativita’, immaginazione, design ed esprimere le tue emozioni.DSC02943

- L’arte riguarda esprimere te stesso e chi sei.

- Arte e’ immaginazione su un pezzo di carta.

- Arte e’ lasciare la tua immaginazione correre selvaggia!

La mia preferita e’ questa:

Arte e’ quando stai cercando di afferrare quello che e’ nella tua mente per farlo vedere al mondo.

Ma c’e’ stato anche un bambino che ha scritto:

Arte e’ qualcosa che fai quando non hai nient’altro da fare.

E poi ha disegnato un tipo incavolato che disegnava.

Mi sono quasi pentita di averglielo chiesto, ma quanto sono belli questi ragazzini. Spontaneita’ e poesia. Chissa’ cosa diventeranno da grandi.

lunedì 8 ottobre 2012

lui e’ cool, la babysitter non gli serve

Oramai vanto una collezione di numeri di telefono di babysitter da far invidia a qualunque genitore o playboy della zona. Il problema e’ che, il bimbo si avvicina ai due anni e io non ho mai chiamato nessuno di quei numeri. Ora pero’, Mr. Johnson e io cominciamo davvero a sentire l’esigenza di passare del tempo da soli, cosi’ giusto per parlare senza essere troppo stanchi o interrotti ogni minuto.

Di giorno, non ho grandi remore, ma per me non e’ per niente facile lasciare il piccolo Joe la sera. La sera e’ un momento delicato. Stavo tranquilla l’estate scorsa quando potevo lasciarlo con i miei in Italia, ma qui non abbiamo parenti. Senza contare che mi serve una babysitter che non solo sia perfetta per lui, ma anche, e forse ancor piu’, per la Ragazzina che ha paura di tutto e se si ritrovasse in casa una persona che non le garba potrebbe letteralmente farsi venire un infarto.

Ci ho pensato e ripensato e la baby sitter perfetta e’ la mia amica Mrs. Monkey, che e’ come una zia per il piccolo Joe e che sta simpatica anche agli acchiappaconiglietti.

Quando finalmente ho trovato il coraggio per chiederle di aiutarmi con questa cosa, pero’ Cassandra ha deciso di farci un’improvvisata. Cosi’ per la prima volta ci siamo trovati addirittura con due babysitter per la stessa sera.

Cassandra e’ la nonna del piccolo Joe, solo che non vive in citta’ e non ha poi tutta questa familiarita’ con le sue abitudini, ma abbiamo deciso di provare.

Le abbiamo lasciato cibo e istruzioni dettagliate e, per la prima volta, siamo andati a cena, non molto lontano. Una di quelle cose, andare a cena e avere una conversazione normale, a cui prima non abbiamo mai fatto alcun caso e che ora invece e’ diventato un lusso impensabile.

Arrivati li’, mi sono resa conto di essermi dimenticata il cellulare. Non potevo crederci. Non dimentico mai il telefono, mai. Sara’ stato un atto mancato? Misteri della mente umana.

Tanto ci ha rintracciato lo stesso.

L’ultima volta che le abbiamo lasciato il bimbo di pomeriggio, dopo un paio d’ore ci ha mandato un mms con una foto tristissima di lui con gli occhi lucidi e l’orsacchiotto e il sottotitolo ‘I miss you mommy’. Diciamo che non ero poi cosi’ tranquilla quando sono uscita di casa.

Infatti alle nove in punto e’ squillato il telefono di Mr. Johnson.

A quanto pare, hanno giocato un po’. Poi il piccolo Joe, l’ha presa per mano, le ha fatto vedere il cassetto dove c’e’ il pigiama, il ciuccio e il suo orsacchiotto e ha detto ‘nanna’. Praticamente si e’ autobabysitterato.

Chi l’avrebbe detto che sarebbe stato cosi’ facile, chi? Non io. Ancora non ci credo (e ho avuto cene senz’altro piu’ piacevoli e rilassanti).

venerdì 5 ottobre 2012

ancora di biglietti

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Un vecchio biglietto che dice:

“Speriamo che abbiate un trasloco tranquillo e che vi godiate la vostra nuova casa.

Noi abbiamo portato in questa casa tutti e tre i nostri amati bambini, quindi c’e’ stato tanto amore e felicita’ fra queste mura!

Vi auguriamo la stessa felicita’ e benedizione”.

Mi sono commossa a rileggerlo. Quando venderemo questa casa ne lascero’ anch’io uno come questo.

Oltretutto, devo dire, che quando stavamo considerando di fargli causa questo biglietto ha pesato parecchio. Non si fa causa a qualcuno che ti lascia un biglietto cosi’. 

giovedì 4 ottobre 2012

il primo dibattito

Prima delle elezioni americane si tengono tre dibattiti presidenziali e stasera c’e’ stato il primo. La mia impressione a caldo e’ che purtroppo Obama fosse decisamente sotto tono, ma spero di sbagliarmi. La cosa che piu’ mi colpisce in questi casi e’ -come dire- la civilta’.

Il seguire scrupolosamente le regole stabilite, il rispetto per l’avversario, la chiarezza, il fair play. E poi quest’idea stessa dei tre dibattiti. E’ un’occasione preziosa non solo per i candidati, ma soprattutto per i cittadini. Milioni e milioni di persone attaccate alla televisione per novanta minuti hanno la possibilita’ di farsi un’idea da sole, senza intermediari, confrontando i programmi su questioni precisissime, tecniche, anche noiose, ma cruciali.

Quando il dibattito finisce, i candidati per prima cosa si ringraziano a vicenda. Poi scendono dal palco, ricevono le rispettive famiglie che gli vanno incontro per congratularsi e si intrattengono tutti quanti allegramente per qualche minuto.

Tu, spettatore, potresti anche al limite non capirci nulla di politica o non aver ascoltato niente, ma il messaggio visivo che ti arriva e’ chiarissimo ed e’ un messaggio di competenza, di correttezza e di rispetto per l’avversario. Un messaggio che e’ positivo sempre per chiunque, un insegnamento di vita.

Non voglio dire che questo sia il sistema politico migliore possibile perche’ non lo e’, ma certi meccanismi di questo sistema, sono senza dubbio da ammirare e possibilmente da copiare.

mercoledì 3 ottobre 2012

certe battaglie sono perse in partenza

Ma a chi la racconto con tutta questa mania del decluttering?

Perche’ l’ho presa davvero sul serio questa cosa, e’ da settimane che non parlo d’altro, ma prima, mentre dopo anni, frugavo nel mio comodino pensavo che trovare cose importanti dimenticate e’ stupendo, mi piace proprio, anzi mi e’ sempre piaciuto. Ricordo pomeriggi interi passati a casa dei miei ad aprire scatole piene di ricordi e foto, a rileggere biglietti, lettere e diari e quelli troppo recenti li lasciavo li’ ancora un po’ a decantare perche’ piu’ passa il tempo e piu’ cresce l’emozione. Un vecchio biglietto del cinema, l’abbonamento scaduto della metropolitana, tutte quelle imbarazzantissime fototessere che non si usano piu’. I piaceri della vita altroche’ decluttering.

L’organizzazione, le etichette e i contenitori trasparenti sono piu’ che altro un’aspirazione, una necessita’, una missione da compiere per non impazzire del tutto, ma il caos… sono io. Il disordine fa parte di me profondamente in tutti i sensi. E’ una disposizione mentale, una complicazione immensa, ma anche un’apertura alla vita, al caso, a quello che puo’ portare l’imprevisto.

Insomma, non e’ che abbia buttato via moltissimo questa volta.

Pero’ mi sento ricchissima. Ho trovato dieci dollari nel mio vecchissimo portafogli africano comprato alla fiera di Senigallia chissa’ quanti anni fa. Adoravo quel portafogli, ho smesso di usarlo solo perche’ era in brandelli e poi non ho avuto il coraggio di buttarlo, ma di lasciarlo sei anni in fondo a un cassetto e dimenticarmene si’. Poi ho trovato una serie di altri portamonete, tasche e taschini: centoundicidollariesettantasei centesimi, mica male! Oramai e’ come se non fossero nemmeno miei, mi sembra di aver vinto la lotteria.

Poi ho trovato alcuni disegni e una vecchia agenda su cui avevo appuntato il giorno in cui abbiamo preso la Ragazzina e il nome che le avevano dato al canile: Guinevere, elegantissimo, ricercato, non le si addiceva minimamente.

E poi il blog cartaceo, se cosi’ si puo’ dire. Le cose che scrivevo su fogli volanti perche’ dovevo per forza scriverle in quel momento ovunque fossi e che poi ho cominciato a scrivere qui.

Il mio preferito e’ un appunto che credo risalga ai primissimi mesi qui. Dice qualcosa tipo:

L’altro giorno ci si e’ rotta l’asciugatrice. Mr. Johnson era preoccupatissimo: -Ce la fai senza asciugatrice fino a dopodomani?

Che tempi quelli, quando tutto era cosi’ nuovo che mi sembrava di essere atterrata su un altro pianeta, ero cosi’ concentrata su quello che mi capitava..ora non ho nemmeno il tempo di respirare in confronto.

In mezzo alle altre cianfrusaglie, c’era una citazione di Kafka, scritta da me su un foglietto un po’ ingiallito. In orizzontale sulle righe verticali, tanto per non smentirmi.

Non occorre che tu esca di casa. Resta al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare nemmeno, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, restatene tutto solo e in silenzio. Il mondo verra’ da te a farsi smascherare, non puo’ farne a meno, si voltera’ estatico ai tuoi piedi.

martedì 2 ottobre 2012

incontri

E’ venuta a cercarmi a scuola la mamma di una bambina di quinta elementare. Voleva chiedermi di occuparmi della decorazione dei muri vicino all’orto scolastico, ma ovviamente siamo finite a parlare di sua figlia. Zeta ha una malattia molto rara e bizzarra. La sua salute sembra abbastanza buona in generale, ma appena si addormenta, il suo corpo si spegne. Tutte le funzioni vitali si azzerano e per sopravvivere deve essere collegata a delle macchine. Questo succede ogni volta che si appisola anche in macchina per dieci minuti. La diagnosi e’ arrivata quando Zeta era ancora una neonata. I medici consigliarono ai genitori di staccare la spina e lasciarla andare, posso solo lontanamente immaginare che cosa abbiano potuto provare.

Fatto sta che Zeta e’ ancora viva e vegeta e fa piccoli progressi. Fa una vita piu’ o meno normale, e’ riuscita anche ad andare in vacanza quest’estate, ma la sua malattia non e’ curabile e la sua sopravvivenza sara’ sempre legata a delle macchine.

Ascoltavo questa madre con tutta l’attenzione possibile, nutrendomi di quell’energia, di quella determinazione, di quella positivita’ che non si incontrano tutti i giorni. Qui non stiamo parlando una persona che si piange addosso, per quanto possa averne tutti i motivi del mondo, ma di qualcuno che sta cercando in questa situazione particolare, di essere felice e non ha paura di comunicarlo a chi la guarda con pieta’. Qualcuno che crede che si possa avere una vita serena e essere felici perfino in una situazione come questa.

- Non ti dico di non essermi mai buttata per terra a piangere e a chiedermi perche’ io, ma poi, ogni volta, ho scelto di rialzarmi e andare avanti e di cercare di insegnare sia a Zeta che all’altra mia figlia che tutti hanno dei problemi, che fa parte della vita e questo e’ semplicemente il nostro problema. E’ un problema grave? Si, ma ad ognuno i propri problemi sembrano enormi finche’ non capiscono come affrontarli e noi lo abbiamo capito.

Mi diceva che per lei e’ sempre un po’ come avere un neonato. Ha un allarme rumorosissimo che si accende ogni volta che la figlia si rigira nel letto perche’ se accidentalmente le si dovesse staccare un cavo o qualcosa smetterebbe di respirare. Va avanti cosi’ da undici anni. E noi comuni mortali che ci stravolgiamo dopo pochi mesi.

Un po’ di tempo fa, avrei rinunciato a capire, avrei semplicemente pensato che certe persone sono fuori dal comune, superiori, eroiche. Ora che ho un figlio, penso che per loro faresti davvero tutto, cose che nemmeno tu prima pensavi di poter fare, che ti tirano fuori una forza, un qualcosa che non sai nemmeno tu da dove viene. Cio’ non toglie che ci voglia coraggio, tantissimo, non e’ da tutti mettersi in secondo piano e vivere con la sola precisa missione di tenere in vita qualcun altro.

Ed e’ proprio questa la parte del suo discorso che mi e’ piaciuta di piu’.

- La gente pensa che il coraggio sia prendere in mano la situazione e fare tutto, ma questo non e’ vero. Il coraggio e’ alzarsi ogni mattina e ricominciare tutto daccapo. Non importa se il giorno prima non ti sei comportato come avresti dovuto, se hai fatto degli errori, se eri disperato. Il coraggio e’ ricominciare ogni volta e riprovare e mettercela tutta.

lunedì 1 ottobre 2012

paroline

Assistere allo sviluppo del linguaggio del piccolo Joe e’ incredibilmente affascinante per me. Non ho mai avuto a che fare con bambini della sua eta’ e non avevo idea di come un bambino cominciasse a parlare. Da mesi oramai alterna lunghe frasi incomprensibili o parzialmente comprensibili ad altre, molto piu’ rare, assolutamente perfette che ti lasciano senza respiro dalla sorpresa. La maestra, che e’ anche una mia vecchia amica, l’altro giorno mi ha detto ‘ho dovuto dire a tuo figlio di rallentare, io non lo capisco l’italiano e lui parlava, parlava…’. L’italiano certo. Tante volte non lo capisco nemmeno io, ma lasciamo credere anche a lei che parli in italiano, e’ molto piu’ divertente.

Ci sono delle parole che sono dei veri e propri rompicapi. Per mesi ha ripetuto invano questo cachi cachi cachi con estrema frustrazione mia e sua. Solo un paio di giorni fa, ho scoperto che si riferiva a un certo gioco. Al momento il mistero piu’ grande riguarda la nostra macchina: la chiama qualcosa tipo ‘paimi’. Solo la nostra macchina, pero’ le altre sono ‘car’. Ma perche’ paimi? Che senso ha? E soprattutto: ha senso chiederselo?

Da tante piccole cose che capitano, pero’, sono convinta che capisca molto di piu’ di quello che potrebbe sembrare.  L’altro giorno ha fatto una cosa che non fa spessissimo. Ha abbracciato forte Mr. Johnson e ha detto chiaramente I need you. Noi ci siamo guardati sbalorditi. Un’illusione collettiva?

Un’altra volta qualcuno gli ha mostrato una sua foto, lui l’ha guardata un attimo, l’ha indicata con quel suo piccolo indice e ha esclamato I know you! Ci ha fatto molto ridere.

Stamattina, sono rimasta di nuovo sbalordita. C’era una scritta e lui mi ha indicato due lettere e ne ha ripetuto il suono come se davvero le leggesse. E’ da un po’ che ha questa passione per l’alfabeto, come vi raccontavo, ma non pensavo che stesse gia’ imparando, dopo tutto ha solo 21 mesi.

Un altro aspetto appassionante e’ il connubio fra italiano e inglese. Capisce entrambe le lingue allo stesso modo, pare. Ci sono parole, pochissime, che pronuncia in entrambe le lingue (water= quaqua), ma normalmente sceglie. Quindi, per esempio, dice star e una (luna), e’ tutto mischiato.

I denti sono titi, da teeth immagino.

Una scarpa pappa, due scarpe pappi.

I pesci, una delle sue cose preferite in assoluto, sono un universo piu’ che una parola: in principio erano pifpi, un miscuglio di fish e pesci. Recentemente sono diventati fish e ora stanno diventando pesh. Non e’ proprio un progresso, ma attendiamo sviluppi.      

Un’altra cosa che gli piace moltissimo sono i versi degli animali, li sa tutti.

Il cane fa bau, ma i suoi cani fanno proprio quel rumore li’ che sente con le sue orecchie quando si rincorrono in giardino. Uououou. Piccolo Mowgli.

Ora che sta prendendo dimestichezza con l’inglese pero’, anche sui versi degli animali, c’e’ un bel po’ di confusione.

Come fa l’orso? Bear!

Come fa il cavallo? Horse!

E poi dice ‘uppa’ come James Brown.

O come me?

Povero bambino.