mercoledì 11 maggio 2016

qui la malasanita' non esiste

L'altro giorno alla radio hanno dato una notizia bomba. In questo paese ogni anno muoiono 250.000 persone a causa di errori medici. Dicevano 'se l'errore medico fosse una malattia, sarebbe la principale causa di morte'. Ci sto ancora pensando non tanto per la notizia in se', ma per il modo in cui e' stata data: senza nessun clamore. Il discorso seguente verteva sui motivi che creano questa situazione. Niente malasanita', medici incompetenti, infermiere killer. 
Semplicemente: dando per scontata la buona fede di tutti, cerchiamo di capire perche' abbiamo questo problema. Qual e' la falla nel sistema educativo, prima ancora che sanitario che porta i medici a sottovalutare o a confondere determinati sintomi? 
Mi sembra un discorso di grande civilta'. 
Discutere per cercare davvero di risolvere un problema invece di discutere per discutere, poi magari azzuffarsi e spostare l'attenzione sulla rissa.

martedì 10 maggio 2016

le enchiladas piu' buone del mondo

C'e' stata una giornata che non dimentichero' facilmente e che riflette piuttosto bene quello che e' stato tutto il mio ultimo anno.
Mr. J. stava per partire per un lungo viaggio, il piu' lungo che abbia mai fatto per lavoro. Negli ultimi mesi ha avuto una promozione e ha cominciato a viaggiare molto. Sono felice per lui, tutti i suoi sacrifici stanno cominciando pian piano ad essere ripagati, ma ogni volta che viaggia, per uno strano caso, succede qualche imprevisto poco piacevole qui a casa. Scherzavamo...chissa' cosa succedera' stavolta...proprio quando incredibilmente il mio telefono ha cominciato a impazzire.
Sembra una stupidata, ma il cellulare e' fondamentale se rimani in citta' da solo con due bambini.
Cerchiamo fino all'una di notte di salvare i dati e di rimetterlo in sesto. Sembra tornato in se' (il telefono, si' l'ho umanizzato), ma la mattina dopo, giusto una mezz'ora prima che arrivi l'Uber per l'aeroporto, muore definitivamente.
Mr. J allora si precipita a comprarne un altro, il primo che capita, in fretta e furia. Nel frattempo, non mi fermo un secondo come ogni mattina, sveglio un bambino, cambio l'altro, do da mangiare ai cani. Non voglio arrivare in ritardo al lavoro, ma so che anche in un giorno normale e senza intoppi, facendo conto che tutto fili liscio come l'olio, ho i minuti contati quindi. Corro. Quando finalmente mi guardo allo specchio, quasi mi viene un colpo. Ho un globo oculare ricoperto di sangue.
Tipo quando ti svegli e ti senti uno zombie. Ecco, io assomigliavo anche a uno zombie quel giorno.
Cosa faccio? Non ho nemmeno il telefono! Chiamo il mio medico con il computer, mi dice di andare da un oculista. Si, ma non ho tempo. Oculista o google? Google. Pare sia semplicemente un capillare rotto, una cosa banalissima e innocua. Ammazza quanto sono brutta pero'...anche solo uscire di casa cosi' mi deprime, mi imbarazza e ancora non so quante spiegazioni mi tocchera' dare a chiunque nell'arco delle due settimane successive.
Ansia ansia ansia. Penso a tutti quegli scemi che finiscono al telegiornale perche' invece di andare dal medico hanno consultato google. Rischio, non ho nemmeno l'energia di pensarci seriamente. Nel frattempo il mio telefono riprende a funzionare e Mr. J torna con quello nuovo, adesso ne ho due, dovrei sopravvivere.
Mr. J parte.
Mollo i bimbi a scuola. Arrivo alla mia di scuola e cerco di non guardare letteralmente in faccia nessuno. Vorrei sotterrarmi con quell'occhio orribile, ma c'e' questa bambina meravigliosa dell'ultimo anno che proprio quel giorno decide di fermarsi un attimo dopo la lezione per dirmi che sono la sua maestra preferita, che mi vuole bene e quanto le manchero' l'anno prossimo.
- Mi mancherai tanto anche tu, ho un tuo disegno sul frigo dal 2007.
Ma lei mi risponde che l'unica cosa che si ricorda del 2007, quando aveva tre anni, e' la sua maestra. La sua maestra quell'anno era Ms. Guorton e comincia a raccontarmi un paio di aneddoti stupendi, cosi' veri, cosi' dolci e io sorrido perche' non si puo' non sorridere, ma cerco anche con tutte le mie forze di trattenere le lacrime che stanno gia' scendendo e lo so che una maestra non dovrebbe mai farsi vedere piangere, ma stavolta non c'e' nulla che possa fare tranne asciugarle.
Mi riprendo, sorrido e dico qualcosa di profondo tipo che fortuna avere tutti questi bei ricordi, eh? Finisco le mie lezioni e proprio mentre sto per chiudere la classe, arriva il padre di un altro bambino e mi porta una cena messicana preparata da lui in persona. Le enchiladas piu' buone che abbia mai mangiato con riso, fagioli, salsa, due bottiglie di vino e perfino il dolce. Piu' un biglietto di ringraziamento per il mio lavoro in tutti questi anni, visto che suo figlio sta per cambiare scuola.
Arrivo a casa e Joe in qualche modo si fa male, niente di grave. Abbandono un secondo Woody sul tappeto per recuperare del ghiaccio in frigo, ma lui non e' per niente d'accordo e smette di nuovo di respirare. Woody e' un bambino sempre felice e contento, tranne quando non lo e' e in quei momenti non e' in grado di esprimere la sua frustrazione in nessun altro modo se non trattenendo il respiro, qualche volta anche fino a svenire. Mi ci sto abituando, mi hanno spiegato e rispiegato che non e' nulla di grave, ma mi sembra peggio del solito, mi spavento, mi preoccupo. In realta' non ho nemmeno il tempo di spaventarmi e preoccuparmi piu' di tanto. La vita va avanti inesorabile e lui si e' gia' ripreso alla grande. Questi episodi durano pochissimi istanti e poi sta benissimo come se non fosse successo nulla. Nel frattempo Joe si e' messo a costruire una delle sue folli invenzioni e ne spara una dietro l'altra, ridiamo tutti e tre a crepapelle. Questa volta ha inventato una specie di gioco a premi in cui lui ti fa una domanda senza senso e se tu rispondi correttamente devi dargli un soldino (possibilmente di quelli rossi).
Quando tutto si calma e cala il silenzio mi ritrovo da sola con questa cena incredibile e mi faccio una domanda per la prima volta. Mi chiedo se non sia stato un grande errore. Mi chiedo se sono capace di fare quello che sto facendo. Mi chiedo se non sono troppo egoista per avere due bambini, troppo presa da me stessa. Uno si', nessun dramma, ma due sono impegnativi sul serio. Non me lo sarei mai immaginato, ma ti succhiano qualunque energia. Quando uno e' tranquillo, comincia l'altro, giorno e notte in un ciclo continuo e nei rarissimi casi in cui entrambi sono in pace nello stesso momento, e' uno dei cani ad avere un problema. Sono responsabile di quattro piccoli mammiferi che dipendono totalmente da me. Io proprio io, quella che all'universita' chiamavano Svampi. Mi ricordo antibiotici, feste di compleanno, di tagliargli le unghie (di solito), qualunque cosa li riguardi ce l'ho stampata in testa... tutta la svampitezza la tengo per me, per le cose che riguardano me, come se fossi diventata un personaggio secondario, una sorta di comparsa nella mia stessa vita. 
L'unica cosa che faccio completamente per me stessa e' lavorare, ma non so mai se ce la faro' a finire la giornata senza una telefonata dall'asilo. Ormai ho un sogno ricorrente. Cerco di arrivare a scuola, ma succede sempre qualcosa e non arrivo mai.  
Il figlio di amici ha scritto sul pensierino per la festa della mamma che la sua mamma e' il capo della casa e che lavora sempre, come se fosse la schiava di se stessa. Non ci ho trovato moltissimo da ridere, a dire il vero. 
Eppure sono solo due, come fanno le mamme di tre, quattro, cinque, dieci come mia nonna? Non lo so, ma immagino che non siano cosi' sole. Immagino zii, cugini, nonne, nonni. Ho diverse buone amiche qui, ma non e' lo stesso. Ci sono delle distanze fisiche notevoli in Texas oltre che degli impegni per tutti. Diciamo sempre la stessa frase...se hai bisogno chiama e lo pensiamo davvero, non e' una frase fatta, pero' poi deve succedere davvero la fine del mondo sia per chiamare che per trovare qualcuno che appaia in tuo soccorso in un giorno lavorativo qualsiasi senza aver preso un appuntamento un mese prima. 
Ad ogni modo, dicevo che quel giorno lo ricordero' per un pezzo perche' c'e' tutto, c'e' il brutto e anche il bello. C'e' soprattutto la sensazione come di trovarsi perennemente sulle montagne russe. E' tutto cosi' intenso, cosi' viscerale e non c'e' niente di veramente negativo a pensarci, a parte la stanchezza fisica. E' solo che a volte vorresti scendere dalle montagne russe e semplicemente guardarti intorno. Questa cosa qui mi manca adesso e tutti dicono si tratta solo di pochi anni, ma pochi anni sulle montagne russe non sono poi cosi' pochi e poi come sei quando scendi, chi sei?