martedì 24 dicembre 2013

mettendo insieme gli indizi…

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Il 24 dicembre.

Il piccolo Joe si sveglia e come ogni mattina per prima cosa viene a svegliare me.   

- Che cosa vuoi, mamma?

- Niente, sai com’e’, stavo dormendo... Tu, Joe, che cosa vuoi?

- Voglio tanto bene mamma.

 

 

Insomma, tutti gli indizi fanno supporre che sara' un buon Natale da queste parti.

E tanti auguri anche a tutti voi.

lunedì 23 dicembre 2013

di cieli e prigioni

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Questo è senza dubbio il secondo tramonto per spettacolarità che abbia mai visto. L'altro è insuperabile perché è conservato solo nella memoria. Eravamo in macchina da ore e da ore osservavo il cielo che lentamente preparava il suo tripudio. Mi ero appisolata un attimo. Quando riaprii gli occhi vidi il mondo completamente inondato da una luce che non pareva di questo mondo. Sono fenomeni che durano pochi minuti, così ci  fermammo lì dov'eravamo senza nemmeno sapere con precisione dove eravamo. A occhio e croce, da qualche parte in Texas, in mezzo al nulla. Ecco, venne fuori che fra tutti i luoghi in cui saremmo potuti capitare, ci eravamo fermati a guardare il paesaggio proprio all'ingresso di una prigione. Arrivo' subito una guardia, giusto il tempo di scattare questa foto.
L'ironia della sorte a volte. La massima idea di libertà e la massima idea di mancanza di libertà una accanto all'altra.

venerdì 20 dicembre 2013

essere umani

Questa settimana sono successe due cose importanti a scuola.

La prima e’ che e’ morto il fratello maggiore di una mia bambina di quinta elementare. E’ venuta a scuola come sempre e non lo avrei mai immaginato se un’amica della famiglia non avesse deciso di inoltrare agli insegnanti un’email con copiato lo status di facebook in cui la madre raccontava a tutti l’accaduto.

Non posso dire di essermi stupita. Ci sono e ci sono stati casi incredibili, per me almeno, in questi anni a scuola. Il bambino, il cui padre si e’ appena suicidato che viene come se niente fosse il giorno stesso e non mostra mai (sono passati due o tre anni…) nessun segno esteriore di sofferenza o niente di diverso, idem la madre. La maestra con quattro figli al cui marito di trentadue anni hanno appena diagnosticato una malattia degenerativa del sistema nervoso che e’ sempre sorridente e a un certo punto manda un’email alle famiglie per spiegare la situazione e finisce addirittura con uno smiley perche’ gli hanno dato dieci anni di vita, ma puo’ essere anche che duri di piu’. L’altra collega che fa la chemioterapia da agosto e viene tutti i giorni e fa tutto come prima senza dire niente a nessuno e per fortuna qualcuno se ne accorge. Potrei continuare a lungo questa triste lista.

Vedo che qui il dolore non si mostra, non si deve mostrare mai.

Per questo mi ha fatto impressione la seconda cosa che e’ successa. Una carissima collega e’ tornata a scuola dopo essersi assentata alcuni giorni per organizzare il funerale della madre ultranovantenne. Le ho chiesto come stava ed e’ bastato questo per farla letteralmente crollare. Piangeva tanto che a un certo punto mi e’ sembrato di sostenerla anche fisicamente piu’ che di abbracciarla. Per permetterle di tornare al lavoro, le ho dovuto raccontare una di quelle cose assurde che dice il piccolo Joe, cosi’ ha smesso di piangere e ci siamo anche fatte una bella risata.

Ecco, avrei voluto ringraziarla. Per non aver avuto paura di mostrarsi cosi’ com’e’, come si sente in questo momento, per aver condiviso una sua emozione con me e avermi in qualche modo fatto sentire utile, umana.

martedì 17 dicembre 2013

segnali cosmici

Stamattina sono andata in libreria, ci vado sempre meno purtroppo, ma mi serviva un libro da regalare a un’amica e cosi’ ero li’. Mentre mi guardavo intorno, ho involontariamente sentito una conversazione da dietro uno scaffale. Una conversazione tipica:

- Sto cercando un libro…dice ‘I love you…’ o qualcosa del genere…un sacco di volte…

- Si ricorda il nome dell’autore?

- No, ma e’ un libro per bambini…e’ famoso…i disegni sono davvero belli…

- Va bene, vado a controllare sul computer.

Quante volte mi sono trovata in una situazione simile. Il libraio in questi casi di solito si fa una risata sotto i baffi o ti guarda dall’alto in basso. Chissa’ quante volte al giorno gli capita qualcuno che non sa nemmeno cosa sta cercando, ma pretende che glielo trovi lui. Chiaramente anche quel libraio non scalpitava dalla voglia di perdere tempo a scervellarsi. Pero’ mi aveva colpito con quanto entusiasmo la cliente parlasse di quel libro, sembrava ne avesse davvero bisogno, mi spiaceva che non lo trovasse. E poi ero curiosa, si’. Che storia c’era dietro a quel libro? O magari dentro? Magari era un buon libro, magari avrei voluto leggerlo anche io e magari lo avrei trovato allo stesso modo imprescindibile per qualche motivo. Da come lo descriveva, mi ricordava vagamente un libro che conosco, cosi’ ho fatto capolino e le ho chiesto se per caso fosse proprio quello li’. La risposta e’ stata negativa, ma ha continuato a descrivermi il libro che cercava mentre si guardava intorno.

- E’ un libro stupendo, piccolo eh, ma unico. La prima volta che l’ho letto ho pianto tanto, e’ stato meraviglioso, ancora me lo ricordo…la mia amica sta per avere un figlio e glielo DEVO regalare. Assolutamente, deve averlo domani per la sua festa.

A quel punto il libraio e’ tornato e come avevo previsto, le ha comunicato che non poteva aiutarla.

Non ero tenuta a farlo, ma vedendo la delusione nello sguardo della cliente, ho deciso di darle una mano perche’ sapevo perfettamente come risolvere il problema. E poi ho sempre sognato di lavorare in una libreria. Mi andava di fare questo gioco e vedere come andava a finire insomma.

Ho tirato fuori il telefono. Google, tutto qui. Non capisco perche’ nessuno ci abbia pensato prima.

- Senti, dimmi quello che ti ricordi. Il titolo? L’autore?

- Niente…ma diceva I love you…tante volte.

- Proviamo cosi’. Kids book I love you

Eccolo la’. Trovato in un secondo. La ragazza mi ha ringraziato e ha richiamato il libraio che ha immediatamente individuato il libro fra mille altri. Mi ha salutato e se n’e’ andata via tutta soddisfatta con il suo libro.

In teoria ero di fretta, ma ero anche sempre piu’ curiosa. Non potevo andarmene senza sapere di cosa trattava quel libro. In fondo noi tutti conosciamo il concetto di serendipity e anche le magie che possono succedere fra gli scaffali di una libreria. E se quella conversazione casuale fosse piombata nella mia vita per un motivo specifico? E se un qualche disegno cosmico avesse previsto che quel libro dovesse finire nelle mie mani proprio quel giorno?

Appena si e’ allontanata, ho ricercato il libro sullo scaffale. Ci ho messo un attimo perche’ era piccolissimo.

L’ho aperto e ho cominciato a leggere.

Noioso. Banale. Patetico. Uno dei libri peggiori che abbia mai letto.

Suppongo che ‘il destino’ volesse dirmi di farmi gli affari miei. 

lunedì 16 dicembre 2013

come nascono i bambini

Il figlio di una mia amica che stavo curando l’altra sera, quattro anni.
- Dov'e' la mia mamma?
- E' uscita con il tuo papa'. Sono andati a festeggiare il suo compleanno in un bel ristorante, poi andranno ad ascoltare un po’ di musica e piu' tardi mentre starai dormendo, verranno a prenderti e ti porteranno a casa.
- Stanno facendo un bambino?
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Il piccolo Joe, tre anni.
- Io ero nella tua pancia.
- E’ vero.
- Tu hai mangiato io.







lunedì 9 dicembre 2013

essere o non essere. social

Forse sono stata ingenua, ma per molto tempo ho pensato che Facebook fosse solo uno strumento fra i tanti per stare in contatto con gli amici lontani. Finche’ una volta, una mia amica mi ha fatto una confessione drammatica alle tre di notte:

- Io ho un problema: non riesco a smettere di guardare Facebook.

All’inizio pensavo che scherzasse perche’ io lei su Facebook non l’ho mai vista. Credevo si fosse perfino dimenticata di avercelo un profilo e invece se ne ricordava eccome e lo usava sempre, ma di nascosto, limitandosi a leggere e a guardare le cose che pubblicavano gli altri. Era diventata una specie di droga, mi raccontava. Che sorpresa.

E io? Da quanto tempo era che non passava giorno senza che lo aprissi? Ero forse diventata dipendente come lei e non me ne ero resa nemmeno conto? 

Proprio in quel periodo, online ho cominciato a notare vari articoli e notizie che parlavano piu’ o meno dello stesso argomento e negli stessi termini indicati dalla mia amica. Siamo diventati tutti degli spioni? Ci piace o ne siamo vittime?

Sono state condotte diverse ricerche per capire come Facebook influenzi l’umore delle persone e ne ricordo una che concludeva che renderebbe le persone piu’ infelici a causa del continuo ed estenuante confronto con gli altri. Un confronto impari perche’ tutti in genere tendono a mostrare solo il meglio delle loro vite. Insomma provocherebbe, invidia, gelosia, rivalita’, senso di inferiorita’, insicurezza e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

E’ che, non ci si pensa mai, ma sui social oramai si rischia moltissimo sia in termini lavorativi che di rapporti personali. A questo punto, non e’ piu’ una cosa che rimane li’ quando si spegne il computer, ma entra sempre piu’ nelle nostre conversazioni di tutti i giorni. Non so se capita anche a voi, ma a me tanti quando mi incontrano, chiedono conto di quello che hanno postato.

- Hai visto cosa ho scritto? Hai visto quella foto? Hai letto cosa mi hanno risposto?

(Fra le righe: perche’ non sei intervenuta?)

E’ diventato abbastanza normale basare il giudizio di simpatia o antipatia su quello che vediamo li’. Un dialogo tipico di questi tempi:

- Scusa, ma perche’ ti sta cosi’ sulle scatole? Ti ha fatto qualcosa di male?

- No, ma hai visto cosa posta?

E’ che alcune persone hanno passioni che non pubblicizzano a voce, ma che vengono fuori li’. Proprio la settimana scorsa, ad esempio, ho scoperto di aver cenato piu’ di una volta con qualcuno a cui “piace” un gruppo razzista tipo KKK. Uno shock che non vi so spiegare, al punto che avrei preferito non sapere. Ma al di la’ di questi eccessi, tante persone piacevolissime nella vita, per qualche imperscutabile motivo, spesso in quel contesto li’ hanno un modo di esprimersi che e’ fastidioso all’inverosimile. C’e’ gente che riesce fastidiosa perfino quando condivide la tua stessa opinione o i tuoi stessi gusti, e’ pazzesco.

Sono fastidiose le coppie. Sempre. Sia quelle che si dichiarano amore eterno che quelle in crisi. Vi vedete tutti i giorni, d-i-t-e-v-e-l-o. Sono fastidiosi i lamentosi a oltranza, i polemici e quelli che usano i social network per regolamenti di conti personali. Ma sono fastidiosi perfino gli ultrapacifisti che condividono solo citazioni del Dalai Lama e quelli che ringraziano tizio e Caio per la bella serata. Un messaggio privato e’ troppo scontato, eh? Sono fastidiose le persone che scrivono e fotografano TUTTO quello che fanno, ma anche quelle che fanno solo battute e considerazioni che possono capire in tre e che si aspettano che tutti gli altri chiedano spiegazioni. I piu’ irritanti di tutti restano quelli che si sforzano troppo a dimostrare che la loro vita e’ migliore di quella degli altri perche’ si vede che si sforzano. Tipo questo mio contatto che un mese fa posta la foto instagrammata dei suoi cinquanta adorabili biglietti di Natale fatti a mano, giustificandosi perche’ gliene mancano ancora quattordici e tu pensi che davvero questa persona ha tutto sotto controllo nella vita. Poi viene fuori che e’ alcolizzata e il marito la tradisce nei bagni dei bar con la prima che passa. Quando esci con questo tipo di conoscenze ti aspetti che ti portino nel loro magico mondo perfetto e invece non fanno altro che fotografare e aggiornare lo status in tempo reale e non c’e’ niente di perfetto in questo.

Il punto vero e’ che essendoci tutti prima o poi macchiati di una o piu’ di queste colpe, siamo tutti potenzialmente irritanti e fastidiosi sui social. La domanda vera e’: c’e’ un modo per non esserlo?

Esiste anche un fenomeno leggermente inquietante e inverso. Ci sono persone praticamente estranee che ti piacciono per quello che pubblicano li’, con cui scambi opinioni quotidianamente e che pian piano sembra che entrino davvero un po’ nella tua vita.

- Hai visto cosa ha fatto B? Fantastico!

- Si davvero, e’ un genio…

- Ma ci pensi che non lo vediamo da tre anni e anche prima che si trasferisse l’avevamo incontrato giusto un paio di volte? Eppure a me sembra di conoscerlo da una vita...

- Anche a me...

Il che forse dimostra che la storia della vicinanza percepita attraverso i social potrebbe essere tutta un’illusione.

Sui social ci conosciamo meglio o nella maniera sbagliata (dando cioe’ un’idea di noi che non ci corrisponde del tutto perche’ non sappiamo ancora usare bene il mezzo che abbiamo a disposizione)?

L’unico aspetto che a me, in quanto emigrante, e’ sempre piaciuto soprattutto di Facebook, e’ questo senso rassicurante e illusorio di sapere o poter immaginare che in qualche modo stanno tutti bene. Tanto e’ vero che non riesco ad aprirlo senza cliccare ‘mi piace’. Mi trattengo molto perche’ se no diventa ridicolo, ma mi piace quasi tutto quello che i miei amici pubblicano semplicemente perche’ in qualche modo mi dice che e’ tutto piu’ o meno a posto. Gia’, ma sono tutti miei amici quelli li’? Assolutamente no. Le persone si aggiungono per i piu’ vari motivi, non e’ un segreto.

E’ proprio come nella vita: ci si imbatte in chiunque, ma bisogna ascoltare e seguire solo chi ci piace e chi ci passa qualcosa di buono.

Anzi ripensandoci non e’ proprio come nella vita: volendo se ne esce in maniera molto piu’ semplice e indolore.

mercoledì 4 dicembre 2013

insegnare l’empatia

Una volta ho parlato con una mamma che ha fatto una scelta radicale. Ha lasciato il lavoro dei suoi sogni per stare a casa con i figli. Quando le ho chiesto perche’ lo avesse fatto, mi ha risposto che per essere sicura che imparassero l’empatia doveva essere presente, insegnargliela attraverso il suo esempio.

Secondo lei solo dalle reazioni di tua madre o di chi passa piu’ tempo con te nei primi anni di vita, impari ad ampliare il tuo sguardo agli altri esseri umani e a capire veramente come si sentono.

Ci pensavo oggi.

Il piccolo Joe imita i miei comportamenti in una maniera inquietante. Mi sta facendo prendere coscienza di cose che ho sempre fatto o detto e che non ho mai notato in nessun modo.

Sembrava sempre una scusa quando a scuola i genitori sgranavano gli occhi e dicevano non riesco proprio a capire dove abbia potuto imparare una parolaccia del genere! Ora che sono un genitore anch'io, lo so per certo: era una scusa.

Il lato serio della faccenda e’ che i figli non copiano solo le parolacce o i gesti stupidi, ma soprattutto il modo in cui si relazionano agli altri. In questo periodo sbatto in continuazione contro al fatto che quei valori che sono del tutto acquisiti e naturali per me non lo sono assolutamente per lui, che magari dice per favore e grazie perche’ glielo ho ripetuto mille volte, ma non sa affatto che cosa sia giusto o sbagliato e per quale motivo.

A volte, quando sono in difficolta’ con lui, mi sorprendo a dirgli cose ridicole.

E’ bello aiutare gli altri. Non bisogna fare sentire gli altri tristi. Se ti viene chiesto ‘per favore’ devi farlo.

Non ci avevo mai pensato, ma anche tutte quelle cose che non ti ricordi nessuno ti abbia mai insegnato, quelle che pensi che facciano parte di te perche’ tu, banalmente, ti ritieni quello che si dice una brava persona, da qualcuno le hai imparate, le hai viste. Di sicuro, non ti sono venute spontanee e bisogna che in qualche modo le insegni a tuo figlio. Gia’ ma quale modo? L’unico plausibile mi sembra proprio quello che dice quella mamma di cui accennavo all’inizio, l’esempio.

Ti faccio vedere come si lavano i denti e ti faccio vedere come si rispettano le persone.

Non si puo’ mica mandare in giro per il mondo uno a cui non gliene frega nulla degli altri.

Questa, fra tutte quelle della vita, e’ davvero una responsabilita’ da cui e’ complicato non farsi schiacciare.