sabato 31 gennaio 2009

perche' rimandiamo?

Io sono di quelli che rimandano. Sempre. Figuratevi che Mr. Johnson all'inizio dell'anno, mi ha passato una specie di prontuario per inconcludenti intitolato "Progetta il miglior anno della tua vita. Una formula dimostrata per raggiungere grandi obiettivi", con tanto di esercizi che vi lascio immaginare. Devo specificare a suo favore che non l'ha comprato questo libercolo, ma gli e' stato mandato dove lavora e non sapendo che' farsene ha provato a giocarsi anche quest'ultima carta con la sottoscritta. Non e' che io sia una persona pigra, anzi, faccio mille cose. E' che non sono ambiziosa (che non e' una cosa negativa) per niente (che e' una cosa negativa). Cosi' la mia personale scala delle priorita' fa in modo che passare il pomeriggio a scrivere o dipingere mi interessi molto di piu' che passarlo a cercare un vero lavoro o, come dice il mio amico commerciante di diamanti, a mostrare la mia faccia in giro (regola numero uno, dice lui: networking, networking, networking).
Capirete anche voi che quando, su suggerimento di un amico, ho scoperto che The Economist pubblica un articolo che spiega nientemeno che il perche' certe persone tendono a rimanadare continuamente tutto nella vita, mi ci sono tuffata a capofitto. L'inizio dell'articolo e' bellissimo e crudele.

"Per qualcuno non c'e' nulla di cosi' urgente che non possa essere rimandato a favore una tazza di te'. Questo tipo di procrastinazione e' un mistero per gli psicologi che si chiedono perche' queste persone saboterebbero loro stesse in questo modo."

E si ritorna ancora una volta, al famoso Club dell'autoboicottaggio. Se siete anche voi dei procrastinatori autoboicottatori degni di questo nome, leggetevi l'articolo per scoprire perche' lo siete e come chi vi sta intorno puo' aiutarvi a uscire da questo tunnel.

Buon fine settimana.

Ah, dimenticavo! Sono aperte le iscrizioni al club dell'autoboicottaggio 2009/2010.

giovedì 29 gennaio 2009

della comicita' involontaria di vasco rossi

Dovete sapere che come tutti gli emigranti anche la sottoscritta comincia ad avvertire i primi sintomi della temibile sindrome di Toto Cutugno. E' una malattia dai segni inconfondibili che colpisce per lo piu' l'apparato uditivo. Da un momento all'altro tutto quello che prima veniva considerato musica di sottofondo e perfettamente trascurabile, comincia ad appassionarti, con una sola discriminante pero': la lingua italiana. Cosi' parenti e amici, preoccupatissimi per la tua salute cominciano a mandarti musica dall'Italia, qualunque cosa. E tu l'ascolti e te ne nutri e stai subito meglio. Pensi perfino per un attimo di poter cominciare ad ascoltare Francesco Guccini a trent'anni. Poi alla seconda canzone con Venezia che muore e Stefania che non stava mai male, ma che tanto muore anche lei, metti via il cd depresso, sapendo in fondo al cuore benissimo che appena finirai le scorte, in terribile crisi di astinenza, anche quel piccolo cd diventera' prezioso nettare per le tue orecchie. E ti piacera', eccome se ti piacera' e negarlo nient'altro sarebbe che vile menzogna. E cosi' ascolti, ascolti tutto, preferibilmente in solitudine. Succede in macchina, in genere, ma anche magari mentre ti fai un te'. In certi momenti, avverti anche una leggera commozione partire dagli occhi ed estendersi fino alla gola. Ah, la tua lingua quant'e' bella! Poi, di colpo, ti riprendi. Qualcuno stava ascoltando? E che fa? Ride? Come ride?
Ecco, in sostanza, questo e' quello che ho scoperto e che vorrei dirvi oggi.
Ci sono almeno due cantanti italiani che per noi sono normalissimi, che vendono milioni e milioni di dischi, che fanno belle canzoni senza dubbio, ma che qui spesso fanno ridere gli stranieri, ma proprio di gusto. E' imbarazzante. E fanno ridere indiscriminatamente sia a chi capisce che a chi non capisce le parole. Io rimango piuttosto perplessa di fronte a questo fenomeno, ma oramai mi vedo costretta a prenderne atto e farmene una ragione. Che' Toto Cutugno sia con noi.

mercoledì 28 gennaio 2009

la tempesta di ghiaccio


Una delle cose piu' affascinanti del Texas, e' il tempo.
Per noi europei, il clima da queste parti, supera spesso l'immaginazione e anche a raccontarlo non ci si rende mai conto finche' non lo si vede con i propri occhi. Credo che in media ci siano sui 300 giorni di sole all'anno, ma in realta' tutto puo' capovolgersi da un momento all'altro. Il tornado, il dust devil (cioe' la tromba d'aria, ma 'polvere del diavolo' e' molto piu' fico), la neve molto raramente, le inondazioni lampo, i passaggi repentini dal freddo al caldo e viceversa. E cosi' ci si ritrova sempre a parlare del tempo come i vecchietti, perche' il tempo e' davvero un argomento interessante. Vivo qui da un po' ma continuo a stupirmi. Ieri notte c'e' stata la tempesta di ghiaccio. Guardavamo la tele davanti al camino e sentivamo distintamente il ticchettio della pioggia ghiacciata sulla grondaia, non so come descriverlo, ma e' un rumore distinto dagli altri, particolare. Stamattina, come immaginavo, sono stata avvertita che la scuola rimaneva chiusa e mi e' presa un po' quell'euforia come quando a Milano nevicava tanto. Quando sono uscita di casa, erano le otto e mezzo del mattino, c'era un bel sole, ma tutto era come cristallizzato. Abbiamo pattinato sulla nostra strada, guardato gli alberi di vetro, ma la cosa piu' bella in assoluto era il cra crac dell'erba ghiacciata sotto i piedi, una sensazione del tutto nuova. La tempesta di ghiaccio e' una gelata piu' forte del normale in fondo, ma quello che la rende speciale e' che fino a pochissimi giorni fa sembrava primavera, siamo arrivati a sfiorare i trenta gradi per poi cominciare questa discesa vertiginosa. Succede piu' o meno una volta l'anno e in quei giorni rimane tutto chiuso perche' costa meno che ripulire le strade, cosi' mi hanno spiegato almeno. Non mi sembra nessuno se ne dolga particolarmente.

martedì 27 gennaio 2009

americano o statunitense?

Ripensavo a un commento che ho ricevuto da Miko riguardo al discorso dell'altro giorno sul mangiare da cristiani. Lui per aiutarmi nella mia diatriba linguistica, tirava fuori la vecchia storia dell'utilizzo improprio del termine americano per definire tutto quello che viene dagli Stati Uniti e io forse, come spesso capita per questioni di tempo, nella mia risposta ho liquidato la cosa in modo affrettato, poi pero', come altrettanto spesso capita, ci sono tornata sopra fra me e me.

Queste sono le cose che mi sono venute in mente in rigoroso ordine sparso, ditemi poi anche voi cosa ne pensate.

- Lui dice, ma non solo lui giustamente, che America e' il nome di un continente, non di un paese. Gia', pero', America rientra anche nel nome di una nazione, United States of America appunto, l'unica ad avere questa parola all'interno del nome. Se ci pensate e' un po' come gli abitanti di Cinisello Balsamo: si chiamano cinisellesi mica cinisellesi balsamesi, che risulterebbe inutilmente lungo.

- Inoltre, avete mai considerato che per esempio, a noi a scuola e' sempre stato insegnato che per convenzione i continenti sono cinque (Europa, Africa, Oceania, Asia e America) mentre a loro che sono sette (Nord America, Sud America, Antartico, Asia, Africa, Australia e Europa)? Lo ricordo, giusto per ribadire che tutto va visto in prospettiva e spesso si parte di punti di vista contrastanti senza nemmeno rendersene conto.

- Gli abitanti degli Stati Uniti d'America dunque, a torto o a ragione, si sono sempre autodefiniti americani mentre il termine piu' corretto sarebbe statunitensi, si dice. E sono d'accordo in pieno anch'io, peccato per un piccolo dettaglio: in inglese il termine statunitense non esiste. Bisognerebbe inventare una parola nuova di punto in bianco, per definire gli statunitensi nella loro lingua.

- In pratica, a me sembra che la questione sia molto semplice. Succede solo che lo stesso termine, americano, indichi cose diverse, ma questo succede un po' in tutte le lingue. In spagnolo, per esempio, esperar significa aspettare e anche sperare che per noi sono due concetti completamente distinti. E pensate a quante parole abbiamo in italiano che significano cose completamente diverse. Un esempio per tutti: il verbo sentire, che indica l'udito, il tatto, il gusto e l'odorato. Per noi un tale pasticcio di significati e' talmente naturale da non farci nemmeno caso, per molti stranieri invece tutto questo rappresenta un controsenso bello e buono.

- Certo, capisco bene che il caso di americano e statunitense implichi anche un valore politico e ideale particolarmente rilevante specialmente in questo momento storico, pero' visto che oramai la terminologia e' accettata e usata da secoli, non comprendo tanto tutta questa continua indignazione, tanto piu' che tantissimi americani che conosco sarebbero d'accordissimo con il definirsi statunitensi e non americani in linea di principio. In italiano, in questo caso, abbiamo la possibilita' di precisare quello che intendiamo, possiamo essere abbastanza soddisfatti di questo, mi pare. Dopo tutto, la codificazione della lingua dovrebbe seguire il modo di esprimersi delle persone e se le persone in inglese si esprimono da sempre in questo modo, non resta a tutti che prenderne atto. E probabilmente e' per questo che si parla continuamente di letteratura americana, cinematografia americana, economina americana, di cultura americana insomma, sapendo perfettamente a cosa ci si riferisce.

lunedì 26 gennaio 2009

la salsa alfredo

Il cibo italiano e' l'unica cosa su cui faccio apertamente la snob. E mi spiace anche per carita', perche' poi la cucina americana mi piace e tanto, ma almeno noi italiani abbiamo l'obbligo morale, secondo me, di dirglielo che non mangiamo tutti i giorni gli spaghetti con le polpette. E' ora di chiudere una buona volta con questo enorme malinteso culturale.
Ecco appunto, dopo due anni, ho deciso di scendere dal mio, chiamiamolo piedistallo dell'italianita', e di provare le famigerate fettuccine Alfredo.
Buone sono buone, abbastanza diciamo, devo ammetterlo, ma la ragione per cui siano, forse dopo la pizza (ammesso che la gente comune realizzi che non viene da New York o Boston ma da Napoli) il cibo italiano piu' conosciuto negli Stati Uniti, rimane per la sottoscritta un mistero imperscrutabile.

venerdì 23 gennaio 2009

oggi ho pranzato. credo

Oggi sono stata a pranzo con una persona molto simpatica. Credo. Cioe' sono sicura di esserci andata a pranzo, diciamo cosi'. Il fatto e' che anche questa persona e' straniera, comunicavamo in inglese e mi e' successa una cosa piuttosto...
Come dire? Imbarazzante? Surreale?
Insomma, io non la capivo, semplicemente non la capivo. E a dirla tutta non metterei nemmeno la mano sul fuoco che lei capisse me al cento per cento. Una situazione ridicola.
Si tratta di una persona che cosi', a pelle, mi risulta molto gradevole altrimenti non ci sarei andata a pranzo, ma prima di questo incontro pensavo di non capire bene tutto quello che diceva perche' magari ci vedevamo in situazioni un po' caotiche, un locale, una festa, ma oggi a tu per tu senza nessun rumore particolare intorno, si e' ripetuta la stessa cosa. Aiuto.
Dopo un po' ho anche smesso di chiedere di ripetere perche' era inutile.

- Dicevi scusa?

- Hgsdfkghsdlfkghf

- Cosa?

- Phsdkjhgdfo

- Aaaah, certo...

Come parlare con Woodstock. O come essere sorda, un'esperienza stranissima che mi e' capitata giusto una volta durante un'esame all'universita'. Dopo un po', quando mi sono resa conto di essere spacciata, ho cominciato ad annuire e sperare di fare la faccia giusta, proprio come la prima volta che sono venuta qui e non parlavo inglese per niente. Poi pero' e' arrivato il meglio.

- Sai bla bla bla supermercato bla bla bla andiamo bla bla bla un freddo bla bla bla capisci cosa vuol dire? bla bla bla fastidio bla bla bla un bel gelato bla bla bla mio fratello bla bla bla e allora eravamo li' bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla : insomma: tu cosa avresti fatto al mio posto?

- Ma non lo so, e' sempre difficile dirlo...pero'... bella gioranta, he?
Sai che e' uscito un film bellissimo, potremmo andare a vederlo la prossima volta, che dici? Si dai, la prossima volta si va al cinema!

Si perche' sono sicura che tra un po' capiro' tutto perfettamente. In fondo, capisco bambini di tre anni indiani che (non) parlano inglese, ce la faro' anche con questa persona che ha un accento giusto un po' marcato, e' solo questione di orecchio, ma posso farcela. Intanto penso proprio di essermela cavata bene, mi sembra non si sia accorta di nulla, tutt'al piu' avra' pensato che sono un po' strana o svampita. La mia lunga esperienza di ricerca di facce da fare quando non capisci un'acca, alla fine a qualcosa e' servita.
Il dubbio atroce che mi e' venuto e' un altro, che magari anch'io...

giovedì 22 gennaio 2009

mangiamo da cristiani?

- Ma dai, sediamoci, mangiamo da cristiani!

Ho esclamato senza pensarci. E subito dopo e' arrivata la strigliata.

- Cooosa? Nel senso che i cristiani sono superiori agli altri?

- Ma no e' un modo di dire. Non ci ho mai pensato, si dice e basta. Senti, guarda, mi spiace.

Poi ieri ho provato a rifarmi quando ho scoperto che i "punti neri' si chiamano blackheads, teste nere.

- Anche questo e' razzista allora, tie'.

- Affatto. Ci sono anche i whiteheads, teste bianche.

- Che schifo. Come non detto.

Non contenta ci ho riprovato di nuovo. In uno dei suoi discorsi di questi giorni Obama diceva qualcosa tipo tutti quanti, gay ed eterosessuali, cioe' "straight".

- Scusa ma non e' terribile? Straight vuol dire dritto, sembra che quelli che sono omosessuali allora sono storti, e' brutto.

Anche qui mi e' andata male. Dice che straight e' un termine politicamente correttissimo, anzi dice che e' addirittura uno slang che nasce in ambiente omosessuale. Da wikipedia:

"The term "straight" originated as a mid-20th century gay slang term for heterosexuals, ultimately coming from the phrase "to go straight" (as in "straight and narrow"), or stop engaging in homosexual sex."

A questo punto gioco sporco.
Se vi viene in mente qualcos'altro, fatemi una soffiata perche' vorrei vendicarmi, questa cosa mi e' un po' rimasta qua.

mercoledì 21 gennaio 2009

obama's day

Qui Dallas, Texas.

Stamattina esco da scuola, mi infilo in macchina e vedo una donna a piedi nel parcheggio con la coda dell'occhio. La guardo dallo specchietto aspettando che passi prima di mettere in moto. A un tratto sento bussare forte al finestrino. Mi giro ed era sempre lei con un sorriso da orecchio a orecchio. Chissa' cosa vuole. Abbasso e...

- I just wanted to tell you that I love your sticker, really... I love it!
(Volevo solo dirti che adoro il tuo adesivo, davvero lo adoro!)

Quello che ho sul retro della macchina dai tempi delle elezioni e' un normalissimo adesivo di Obama. Le dico lo so e' fantastico, che giornata! E lei che e' arrivata in ritardo a prendere il figlio perche' ha guardato la cerimonia di insediamento per tutta la mattina. E ha anche pianto tutto il tempo. Ha ancora gli occhi lucidi in effetti. Have a good day, you too.

martedì 20 gennaio 2009

la mia esperienza con il sistema sanitario americano

Eccoci qua, tutti me lo hanno chiesto e ora che e' passato un po' di tempo forse mi sento pronta per rispondervi. So che ci sono spesso persone che arrivano qui e continuano a frequentare questo blog cercando informazioni sugli Stati Uniti. Molti mi fanno delle domande in privato, anche molto specifiche perche' magari vorrebbero trasferirsi. E io rispondo sempre quello che so, ma chiarendo che non sono un'esperta e soprattutto che ogni caso e' a se', le variabili sono infinite, quindi l'esperienza degli altri spesso vale poco. Comunque so che serve anche quella a farsi un'idea. E so anche che quello del sistema sanitario americano e' un tema infuocato e che ci sono tanti a cui piacerebbe dire tutto bianco o tutto nero. Io, se devo essere sincera, non so nemmeno bene da cosa cominciare perche' e' strano, c'e' una parte splendida davvero e una parte disgustosa, che per noi europei e' inconcepibile.
Conosco diverse persone qui e per di piu' io stessa ho vissuto da vicino un paio di esperienze piuttosto serie negli ultimi tempi, quindi mi sembra di essermi fatta una vaga idea sull'argomento, ma non pretendo certo di dare un quadro generale. La premessa a questo discorso e' che io un'assicurazione sanitaria ce l'ho, quindi in teoria dovrei essere al riparo da brutte sorprese.
Allora e' andata cosi'. La mattina dell'operazione -immaginate quanto potessi essere felice e tranquilla- mi hanno chiesto 3000 dollari, cosi' al momento, senza tanti convenevoli. Anche la volta precedente era successo lo stesso, la cifra era minore, ma considerevole e si pago'. Poi pero' in quel caso successe che ogni singolo specialista comincio' a tempestarci di telefonate perche' l'ospedale non lo aveva ancora pagato e voleva che lo facessimo noi, di nuovo e subito. Insomma, pagammo tantissimi soldi in anticipo che poi, d'accordo, ci furono restituiti, ma dopo molto tempo. Cosi' in questo caso, vista la cifra abbiamo provato a discuterne. Per farla breve, alla fine sono arrivati due manager in giaca e cravatta a dirci che potevano dimezzare la cifra e che se non pagate, cancelliamo l'operazione. La mia poi non era vitale, ma piuttosto urgente, altrimenti avrei evitato volentieri di passare il giorno di Natale in ospedale. Tutto qui. Ho guardato il tipo dritto neglio occhi e gli ho detto you don't care about people here. E lui mi ha detto con la faccia congelata I'm sorry, this is business. Non lo dimentichero' mai. A quel punto abbiamo pagato e ce ne siamo andati.
C'e' da dire che poi ho raccontato l'accaduto al mio medico, che nel frattempo giustamente si chiedeva che fine avessi fatto, e se possibile era piu' infuriato di quanto lo fossi io. Dice che e' gia' successo e che non e' assolutamente una cosa normale, secondo lui nemmeno legale, e che a quanto pare cambiaranno presto la gestione dell'ospedale per questo motivo.
A parte questo, che non e' poco, non posso che dire bene. Anche prima dell'operazione, passavo i pomeriggi da uno specialista all'altro e non ho mai avuto nessun problema. Non ho mai dovuto aspettare e soprattutto i medici comunicavano benissimo fra di loro. Nel mio caso e' stato questo che ha permesso di capire cosa avevo. Anche la degenza e' andata bene. Innanzitutto, l'ospedale non puzzava di ospedale, e questo e' stato fondamentale, e poi avevo una sorta di monolocale milanese tutto per me, con due letti per gli 'ospiti', la sedia a dondolo e il mio bagno personale. Niente orari per le visite e potevo anche scegliere cosa mangiare da un menu' piuttosto vario. Le infermiere e i medici erano a dir poco amorevoli anche se scommetto che non fossero molto piu' felici di me di essere li' invece che a casa loro a festeggiare. Suonavo e arrivavano immediatamente. Se stavo troppo male poi mi davano delle cose che mi facevano essere felice di colpo, era bellissimo. Ma della scampata tossicodipendenza parliamo un'altra volta magari.
Per fare un bilancio.
Appunto, non so proprio come continuare la frase. Da un lato so che se in quel momento non avessi tirato fuori i soldi, non sarei stata operata e dall'altro so che questi soldi in parte mi verranno restituiti e la qualita' del servizio offerto e' stata eccellente in ogni ambito. In teoria quello che e' successo a me con il pagamento dovrebbe essere un incidente, in pratica non so. Magari se e' successo a me, ogni tanto succede, e se ti succede e non hai i soldi e davanti ti ritrovi un'altra bestia del genere, sei nei guai sul serio. E' anche vero che, se invece va tutto liscio, la cifra non e' eccessiva e vale la pena pagarla per avere un trattamento di quel tipo in un momento cosi' delicato della vita. Almeno questo e' cio' che personalmente preferirei, potendo scegliere. Bisogna tenere anche conto che qui il costo della vita e' piu' basso che in Italia, cioe' diciamo a Milano, dove vivevo prima, e che gli stipendi sono piu' alti per cui le famiglie mettono in conto anche questi incidenti nelle spese. In genere, mi si dice che non ci sono grandi problemi per chi ha un'assicurazione, anzi che funziona bene.
Insomma, non so, io vi ho raccontato la mia esperienza con il sistema sanitario americano, le conclusioni traetele pure voi, possibilmente senza alzare troppo i toni che non aiuta.
A parte tutto questo, aspetto Obama a braccia aperte.

sabato 17 gennaio 2009

di santoro e dell'anger management

Piu' o meno tutti quelli che frequento qui ascoltano Npr (National Public Radio). Mi ricordo che appena arrivata, spesso in macchina, la si ascoltava magari per ore e ovviamente io non capivo quasi nulla. Pero' non mi dispiaceva perche' e' in un certo senso conciliante. Tutti parlano sempre in modo estremamente tranquillo su quella radio, e' un piacere da ascoltare al di la' di quello che dicono, rilassa. Tanto che ogni tanto mi incuriosivo particolarmente perche' magari intuivo che stavano parlando di qualcosa di molto controverso, con due invitati che stavano difendendo posizioni diametralmente opposte e chiedevo spiegazioni.

- Ma come? Ma non stanno dicendo l'uno l'opposto dell'altro?
- Si'.
- E allora perche' sono cosi' calmi?
- Perche' si stanno confrontando.
- Si, ma e' stranissimo. Parlano uno alla volta. E si fanno anche i complimenti?

Insomma, la triste e cruda realta' e' che io raramente avevo assistito a confronti cosi' pacifici prima. Tanto raramente da pensare non fossero possibili. A casa mia, in Italia, soprattutto quando ci sono le riunioni di famiglia, il tono di voce e' altissimo e sono sicura che uno straniero penserebbe che ci stiamo per scannare quando chiediamo solo che ci sia passato il sale. Non parliamo nemmeno poi degli esempi esterni di voce alta e gente che non sa discutere civilmente. A scuola, al lavoro, sull'autobus, al bar.
Oggi, dopo due anni qui, ho aperto la pagina del Corriere e ho visto questo video.
Non credo di essere un tipo che si scandalizza facilmente, pero' un po' mi sono scandalizzata. Ma come si fa a essere cosi' cafoni? Me lo chiedo veramente.
Santoro lo seguivo anche quando vivevo in Italia e penso sia valido come giornalista, ma come ha potuto esplodere in quel modo? Aggressivo oltre che presuntuoso.
Non vorrei essere sua vicina di casa, vi immaginate le riunioni di condominio?
Non entro nel merito perche' non ho visto quel programma, ma e' proprio una questione di civita'. Un'ospite fa una semplice, senz'altro opinabile, ma tutto sommato educata critica e per questo merita una valanga di insulti. E il pubblico applaude pure. Si dice a questa persona di esprimere le sue idee e poi quando lo fa di stare zitta che sono sciocchezze. Qui stai zitto non si dice MAI, perche' e' molto maleducato. Qui Santoro sarebbe di sicuro stato indirizzato verso una bella terapia di anger management. E credo non solo qui.

venerdì 16 gennaio 2009

a me piacciono le farfalle che volano

Dear Mrs. Johnson, Have a beatiful day.

Dear Mrs. Johnson, Torna presto.

Dear Mrs. Johnson, Mi piaci.

Cose cosi'. Oppure.

Dear Mrs. Johnson, Il dottore dice che posso mangiare cibo solido ora.

Dear Mrs. Johnson, Io vengo da Mayflower.

Dear Mrs. Johnson, Mi piaci. Ho un cucciolo.

Dear Mrs. Johnson, Mi piacciono i telescopi verdi.

Dear Mrs. Johnson, Lo schiaccianoci e' carino.

Dear Mrs. Johnson, A me piacciono le farfalle che volano.

He, si', sono proprio loro. Potevo figurarmeli mentre si concentravano per dare la risposta migliore. Lunedi torno al lavoro. Non posso ancora credere che la direttrice mi abbia offerto praticamente di fare come voglio. Dice che posso andare li' vedere come sto la mattina e andare a casa quando sono stanca, almeno per la prima settimana. Sara' tutto piu' semplice cosi'.

giovedì 15 gennaio 2009

io dico si' al riciclo dei regali



Questo per esempio: non e' malissimo.







Pero' poi ho ricevuto questo.





E questo.




E diversi altri che vi risparmio.
Fra qualche giorno, ci sara' la festa piu' geniale dell'anno, White Elephant. Cosa succede durante White Elephant? Ci si scambiano i regali di Natale non graditi. Io ho l'imbarazzo della scelta, alcuni pero' sono irriciclabili, alcuni sono gia' stati riciclati e alcuni sono stati entusiasticamente rubati dalla mia mamma che a un certo punto era tutto quello che non troverei mai in Italia, non importa se fa schifo, deve essere mio. Si rendera' conto poi appena le passa l'entusiasmo americano. E menomale che non le hanno fatto pagare l'eccesso nel peso dei bagagli. I piu' belli, volevo ricordarmeli proprio cosi': in tutto il loro splendore. Quello rosso e' una borsa di simil -stoffa per fare la spesa suppongo, ma e' un regalo quello? Cosi' e' stato definito insieme a una...saponetta.
Mi perplimo.



mercoledì 14 gennaio 2009

del rispetto per l'ipocondriaco

Ecco che torno dal medico per l'ennesima volta. Mi mostra i risultati di tutti gli esami possibili. Elenca nomi di malattie che per un ipocondriaco sono come coltellate sferzate con indicibile freddezza, per poi sciogliersi in un perfect! great! don't worry about it!
Insomma, credo proprio che faro' la fine di quel conoscente di mio padre che quando finalmente il dottore in avanzata eta', gli disse che era sano come un pesce, esclamo':

- Che sollievo, dottore! Adesso si' che posso morire tranquillo!

martedì 13 gennaio 2009

il bambino di israele

I miei amici israeliani hanno avuto sei mesi fa un bambino. Lo hanno avuto qui, quindi e' cittadino americano. Se entrera' in Israele pero', i genitori saranno obbligati per legge a iscriverlo all'anagrafe e diverra' immediatamente cittadino israeliano. Le autorita' locali non si farebbero mai sfuggire un soldato in piu'. Ora Israele, come sanno tutti, e' entrato in guerra per l'ennesima volta. Se quel bambino fosse mio figlio, non lo porterei mai in quel paese, nemmeno se per assurdo quel paese fosse il mio, l'Italia. La situazione in Medio Oriente oggi e' tragica, non possiamo nemmeno immaginare cosa sara' tra 18 anni. Farei di tutto perche' mio figlio non fosse obbligato a combattere una guerra, qualunque guerra.
Questo bambino, invece, fra un paio di mesi verra' portato in visita dai nonni. Questo bambino, un giorno, sara' un soldato al servizio della causa israeliana.
Per me e' davvero dura questa cosa. Mi sento divisa in due e ne ho gia' scritto. Da una parte ci sono due persone carissime, che hanno le loro piccole fisime si', ma che si sono dimostrate mie amiche quando tutto andava bene e perfino ora che ho avuto dei problemi, nonostante non mi conoscano da molto. Dall'altra ci sono due persone che hanno idee politiche, di cui ammetto di aver cercato accuratamente di evitare di discutere, estremamente diverse dalle mie. Due persone che dici Gli Stati Uniti con Bush hanno visto un terribile calo di popolarita' all'estero e sgranano gli occhi meravigliati Davvero? Ma dove?
Hey voi, buongiorno! Vi dice niente l'11 settembre?
Due persone giovani che prendono in giro e criticano ferocemente gli ebrei ortodossi, ma che sono capaci di dire che i palestinesi vogliono solo ucciderli e che non la smetteranno mai. Due persone che sono scappate. Due persone che sono traumatizzate. Due persone che oggi hanno in mente un fratello o un amico che e' li' a combattere. Due persone che hanno talmente voglia di tornare a casa che non pensano nemmeno all'idea di rinunciare per evitare che il loro bambino un giorno, non cosi' lontano, sia costretto per questo a combattere e forse a morire. Ne deduco che non siano cosi' contrari all'idea. Ne deduco che nel loro modo di vedere forse questo e' quello che c'e' e ci sara' sempre da fare con i palestinesi: combattere.
Io lo so che non posso giudicarli su questo ambito. Che siamo cresciuti in realta' completamente diverse, che loro hanno perso delle persone care per mano palestinese e hanno vissuto tutti i giorni, nel terrore di morire, sin da piccoli. Che sicuramente non hanno avuto l'accesso all'informazione che ho avuto io o per lo meno la possibilita' di stare a contatto anche con persone di parere diverso. Pero' e' dura quando vedo un filmato come quello che ho linkato sopra, quando vedo civili massacrati per niente e loro non indignarsi, essergli amica. E non basta cercare di evitare l'argomento. Ne ho parlato con Mr. Johnson e lui mi ha fatto un po' vergognare.

- Cioe'? Fammi capire. Non puoi accettare che qualcuno sia buono e gentile con te, che sia un ottimo amico, ma che abbia idee politiche parecchio diverse dalle tue?

Lui dice che non si puo' non essere loro amici perche' ci mettono a disagio. Che' sarebbe una cosa davvero 'piccola' da fare. Ha usato proprio questa parola in italiano e mi ha fatto male perche' ha volutamente toccato un nervo scoperto. Dobbiamo capirli e magari aiutarli a vedere pian piano con grande delicatezza, anche l'altra faccia della medaglia. Forse si, ce la posso fare a essere loro amica, lo faro' credo. Ma, tutto considerato, mi costa e non dovrebbe mai essere cosi'.

lunedì 12 gennaio 2009

il curioso caso dell'arcobaleno intorno alla luna

L'altra sera siamo andati a vedere un film che degli amici ci hanno consigliato caldamente, The Curious Case of Benjamin Button. E' l'affascinante storia di un uomo che nasce vecchio e continua a ringiovanire fino a tornare bambino [ho letto che in Italia uscira' i primi di febbraio, se vi va di andare a vederlo]. Un film piuttosto lungo ma costruito pezzettino per pezzettino con una cura e un'eleganza tali da non stancare e quasi farti dimenticare il mondo fuori. Una storia di quelle in cui avendone voglia, ci si puo' immergere totalmente, anche perche' gli effetti speciali sono strabilianti, ma per l'appunto talmente realistici da non disturbare mai l'mmaginazione. L'uso della tecnologia in questo caso non fa mai scadere la vicenda nel grottesco.
Sapete quel momento splendido in cui si esce dal cinema dopo aver visto un bel film e ci si sente un po' sull'intontito con quell'atmosfera
ancora addosso e la mente che saltella di qua e di la' rielaborando quello che ha visto poco prima? Ecco, in quel momento li', mentre facevamo come sempre due chiacchere fuori dal cinema, ho alzato gli occhi al cielo e ho visto qualcosa di incredibile. Dico vedi anche tu quello che vedo io?
Il cielo sembrava come sempre qui immenso, di un blu scurissimo. Proprio sopra di noi, la luna piena e intorno un grande cerchio chiaro e ben definito, che' s
e guardavi bene i contorni riconoscevi anche un po' di rosso e verde, i colori dell'arcobaleno insomma. Non del tutto persuasa che non si fosse trattato di una specie di illusione collettiva, arrivata a casa ho fatto qualche ricerca su internet. A quanto pare si e' trattato di un moon halo. Non so come si chiami questo fenomeno in italiano, forse alone lunare, ma non e' il semplice chiaro di luna. E' una specie di arcobaleno rotondo intorno alla luna. Ho trovato diverse foto, quindi non deve essere poi cosi' raro, ma per me che non lo conoscevo e' stata una visione magica, indimenticabile, sicuramente piu' del film.

venerdì 9 gennaio 2009

il mio problema al supermercato e' che molte cose non so bene come siano fatte da crude

Tutti i miei amici erano curiosi di sapere come sarebbe andata la visita dei miei qui. Se avete vissuto all'estero un tempo ragionevole, saprete anche voi che sono sempre momenti delicati questi incontri dopo mesi e mesi di lontananza. Per quanta voglia si abbia di rivedersi ho imparato che, per una serie infinita di motivi, puo' andare molto bene o anche molto male. In questo caso, se non suonasse cosi' paradossale, direi che vista la situazione allucinante, ci siamo divertiti. Tutto e' andato piu' o meno secondo le previsioni. Mia madre come mi aspettavo e' stata fagocitata dal consumismo americano. Mio padre invece, che e' uno che quando guarda un film, nella scena clou nota magari il quadro appeso alla parete, osservava tutto e ci sommergeva di domande relativamente difficili per me. La bambina rompiscatole perche' perche' da qualcuno aveva pur preso.
In tutto questo, posso dire di essere una delle poche persone ad aver mangiato una perfetta cassoeula milanese a Dallas. Mentre ero ammalata, infatti, mio padre mi curava il giardino e mia madre cucinava e cucinava. E' riuscita per fino a trovare le cime di rapa per fare le orecchiette, una cosa da non crederci che sei dall'altra parte del mondo e tutto e' uguale. Il mio problema al supermercato e' che molte cose non so bene come siano fatte da crude, e' per questo che non le trovo. E poi chili e chili di pane fatto in casa finiti nel freezer.
La cosa piu' noiosa a volte era tradurre tutto, pero' poi alla fine ho visto che non era male perche' finalmente potevo censurarli a piacere. Avete presente quando i genitori raccontano quei piccoli episodi della vostra vita su cui fareste calare volentieri un bel velo? Ecco, quelli li', casualmente tutti lost in translation.
Hi hi.

giovedì 8 gennaio 2009

sensibilizzatissimi

Oggi ho fatto la visita di controllo che si fa a due settimane dall'operazione e il medico sembrava entusiasta dei miei progressi. Awwwwwsome, come mi dice dal primo giorno pero' il risultato e' che almeno per un altro paio di settimane non se ne parla di tornare alla normalita', voglio dire lavoro e un minimo di attivita' fisica. Non mi piace fare l'ammalata, soprattutto ora che mi sembra di stare meglio, ma purtroppo per ora e' cosi' e mi dovro' adattare.
Beh, vorra' dire che mi leggerete piu' spesso, questo si' forse.
C'e' anche dell'altro pero'. Dato che durante le feste sono venuti a trovarmi per la prima volta i miei genitori dall'Italia, appena mi sono sentita un po' meglio ho cercato di portarli a vedere qualcosina, almeno a fare un po' di shopping. E in quelle situazioni ho davvero sperimentato la vita dell'invalido. Purtroppo non posso ancora camminare a lungo o sforzarmi cosi' in molti posti se non c'era a disposizione una sedia a rotelle, non li ho potuti portare. La cosa positiva e' che le abbiamo trovate un po' ovunque: al supermercato, nei musei, allo zoo, nei centri commerciali... pero' che fatica. Insomma, voglio dire, non e' facile. Io avevo qualcuno che mi aiutava per fortuna e nonostante cio' spesso non riuscivo a passare o a vedere le cose. La gente che ti si mette davanti, i passaggi troppo stretti, le buche, le porte automatiche che non funzionano bene. E' davvero frustrante. Per lo meno, potevo sempre alzarmi e superare l'ostacolo a piedi, pero' ho pensato davvero tantissimo a tutte quelle persone che non lo possono fare. Che vitaccia.
E dire che basterebbe cosi' poco a volte.

martedì 6 gennaio 2009

facciamo un giochino?

Nel libro che sto leggendo, c'e' un personaggio che a un certo punto propone una sorta di gioco dei desideri. Lo parafraso un po' perche' non saprei dove trovare una traduzione in italiano della citazione che ho in mente.
Dice piu' o meno che sprechiamo sempre un sacco di tempo senza dire cosa vogliamo veramente perche' pensiamo di non poterlo avere o perche' suona infantile o banale. O perche' siamo cosi' disperati che fingiamo che tutto vada bene e non ci sembra una mossa intelligente ammettere che non e' proprio cosi'. Allora, suggerisce di confessare la verita' almeno a noi stessi, che' almeno questo ci fara' sentire un po' piu' liberi. Visto che sopravvivere significa mentire e che mentire corrode l'anima, ci farebbe bene smettere di mentire almeno per un minuto. Cosi' dice lui almeno.

Quindi. Se aveste tre desideri a disposizione, cosa chiedereste?

Io ci sto ancora pensando, tre desideri mica si buttano via.

lunedì 5 gennaio 2009

approssimando, si puo' dire che quasi tutto il male viene per nuocere

Vi e' mai capitato di essere stanchi di voi stessi? Delle vostre storie o dei vostri problemi magari? Di annoiarvi a morte da soli? Ecco a me e' successo un po' questo a un certo punto. Avrei tanto voluto smettere di essere cosi' pesante, di pensare all'operazione e a tutte le sue implicazioni, di sentirmi cosi' fragile e impotente e invece tutto era sempre uguale e tutto faceva talmente tanta paura da non permettermi di distrarmi veramente mai. Mi sarebbe piaciuto staccarmi un attimo da me e calarmi in un nuovo personaggio come fanno gli attori, ma la finzione purtroppo, in tutta la sua meraviglia, non fa per me, lo sanno tutti oramai. Anche adesso, mi piacerebbe raccontarvi di una coraggiosa giovane donna che ha affrontato tutte le difficolta' che sono capitate senza battere ciglio, ma non racconto balle.
La verita' e' che ho passato un periodo difficile. Quando mi sono risvegliata dall'anestesia, l'unica cosa che ho capito subito, a parte le potenzialita' della morfina, e' stata che ovviamente l'ipotesi di un'intervento breve e semplice era saltata e allora sono caduta per diversi giorni in una sorta di disperazione. All'inizio perche' stupidamente avevo paura che mi avessero mentito sulle mie reali condizioni, poi non so nemmeno io perche'. In fondo l'operazione, se pur piu' complessa di quello che si sperava e' andata bene, ma il dolore, tutto il dolore, era tanto, troppo per me. Ci sono cicatrici che non hai nemmeno il coraggio di guardare e che vogliono tempo per guarire e tu non puoi fare altro che darglielo questo tempo. Va da se' che se scrivo la parola cicatrice qui non mi riferisco solo a un segno sulla pelle. Siccome ultimamente poi, ho visto che, magari non proprio tutto tutto, ma quasi tutto il male viene per nuocere, immagino di avere imparato solo una cosa da tutta questa storia, e cioe' che quando stai male fisicamente e' impossibile ragionare in modo normale. La scoperta dell'acqua calda, penserete, e avete ragione perche' non ne valeva per niente la pena.
In queste settimane mi sembra di non aver pensato assolutamente a nulla, e' strano anche. Ho solo guardato ovunque, dentro e fuori, cercato istintivamente l'energia, la forza che mi servivano a riprendermi. Tutto qui.
Fino a stasera non mi e' mancato nemmeno scrivere, per dirvi quanto stavo messa male.
E' che davvero quando non riesci a stare seduto, a concentrarti due minuti o perfino a infilarti un calzino, non c'e' veramente nulla che importi tranne il fatto di cercare di tornare a quando i pensieri scorrevano senza il disturbo del dolore.
Ora sto bene, mi pare, o almeno molto meglio diciamo cosi', e allora sono corsa qui come sempre per dirvelo, per salutarvi e per ringraziarvi di cuore.