martedì 24 dicembre 2019

anche a natale

Vigilia di Natale. Siamo in macchina e c'è molta allegria, stiamo andando a incontrare nientemeno che Babbo Natale.
Woody: - Mamma, ti ricordi quando da piccolo Joe faceva finta di essere morto?
Io: - Veramente quello eri tu, ma non lo facevi apposta, svenivi.
Joe: - Guarda che lo fa ancora e lo fa apposta.
Io - Cosa? Woody fa finta di essere morto?
Joe: - Sì.
Io - Woody perché fai finta di essere morto??
Joe: - Perché sa che mi fa arrabbiare! Magari prima o poi qualcuno penserà che è morto davvero...
- Ma scusa, cosa fa quando fa finta di essere morto?
Joe imita Woody che si finge morto. Sostanzialmente guarda in su e tira fuori la lingua.
- Ma dai si vede che non è morto se fa così!
Joe: - Hai ragione, si capisce che non è morto. Quando si muore si fa la pipì e la cacca.
- ...
E parte la lunga spiegazione scientifica di Joe che vi risparmio e che francamente sto cercando di dimenticare.
Anche a Natale
#evvivajoe
#evvivawoody
#celasifa
Buon Natale!
🎄🎅

lunedì 23 dicembre 2019

benedizioni americane

Notizia di oggi, lunedi 23 dicembre 2019.
In una comunità rurale della Luisiana che si chiama Cow Island, Isola delle Mucche, un sacerdote cattolico doveva passare di casa in casa a fare le consuete benedizioni natalizie. Ha guardato un po' la mappa e si è reso conto che sarebbe stato un lavoraccio: una fattoria qua, una là, chissà quanto ci avrebbe messo.
Allora ha avuto un'idea geniale per ottimizzare i tempi. Pulire per bene un piccolo aereo di quelli che si usano per spruzzare i diserbanti sui campi, riempirlo di acqua benedetta e spruzzare tutti indiscriminatamente nel raggio di miglia e miglia.

"Così possiamo benedire un'area molto più grande in una quantità di tempo molto minore", ha spiegato l'uomo ai giornalisti.
L'iniziativa ha riscosso un tale successo fra i fedeli che già si pensa di trasformarla in una tradizione annuale. Altre chiese rurali, hanno sentito la notizia e si stanno mettendo in moto per seguire l'esempio di Cow Island.
Cose così.

ti tuffi?

Un pomeriggio mentre finivo di lavorare Joe e Woody giocavano in classe. Dopo un po' Woody ha trovato una gomma o qualcosa del genere e ha fatto per mettersela in bocca. La classe di arte è davvero un postaccio alla fine della giornata. No, meglio non mettere niente in bocca.
Lui accenna quel suo sorriso furbetto e Joe lo avverte:
- Don't do it, you don't want to get really sick and die (Non farlo, non vorrai mica ammalarti e morire).
- I don't want to dive (non voglio tuffarmi)! - e mette subito giù la gomma.
Woody dice "to dive", tuffarsi, invece di "to die", morire, e l'effetto è sempre notevole perchè immaginare la morte come un tuffo verso l'ignoto in un certo senso è acuto e anche molto poetico, a mio parere. E' un'immagine evocativa, onirica quasi.
Poi ha proseguito:
- Did Terry dive? (Terry si è tuffato?)
Terry, nonno Terry, era il papà di Mr J che purtroppo si è tuffato tanti anni fa. Nemmeno io l'ho mai conosciuto. Non parliamo spessissimo di lui, quindi sentirlo nominare così da Woody, come se facesse parte della nostra quotidianità, mi ha fatto un po' trasalire.
Joe, come sempre, si è incaricato delle spiegazioni.
- Sì, nonno Terry è morto.
- E dov'è adesso?
- Non c'è più, è morto.
- E dove abita?
- Woody... non c'è più.
- Sì ma dove abita? Dov'è la sua casa?
- Non ha una casa, non c'è più.
- Ah, non abita più in Texas?
Non ne siamo venuti a capo. Per lui, a quattro anni, che una persona non ci sia più, non ha nessun senso. E devo dire che posso capirlo: anch'io che di anni ne ho molti di più, faccio ancora fatica ad afferrare questo concetto.
Mentre tornavamo a casa, sono ricominciate le domande.
- Dove abita Terry?
Ho cercato di spiegargli che non abita da nessuna parte perchè il suo corpo non c'è più. Alcune persone credono che ci sia un paradiso dove vanno le persone come lui, ma non ne so molto, non ci sono delle prove scientifiche o delle fotografie del paradiso.
Lui riflette un attimo, poi guarda fuori dal finestrino e indica un tizio che cammina sul marciapiede:
- Well, good thing that guy didn't dive! (Menomale che quel tizio non si è tuffato!).
Ed è finita cosí, cioè non è finita per niente. La morte e il tempo che passa sono diventati - con molta serenità devo dire- gli argomenti preferiti di Woody. E' riuscito a intrattenerci per quattro ore di viaggio, una volta, parlandoci di tuffi, Terry e tutto il resto. Lo affascina la condizione umana, il mistero dell'esistenza. A chiunque capiti sul suo cammino per prima cosa chiarisce "Io ho quattro anni". Magari è a testa in giù al parco giochi, vede un bambino arrivare e mette subito in chiaro ancora dondolando: "Ho quattro anniiii". Gli adulti di solito si guardano alle spalle e quando realizzano che sta parlando proprio con loro, gli dicono qualcosa tipo bravo, anche se non ha molto senso oppure cercano di battere il cinque e lui li guarda stranito e glielo rispiega: "Ho quattro anni, tu quanti anni hai? Come ti fa sentire il fatto che l'anno prossimo avrai un anno di piú?".
A lui sembra una cosa entusiasmante e meravigliosa diventare sempre più grande. E' convinto che ogni anno diventerà sempre più grande e forte e a un certo punto, finalmente, andrà in terza come suo fratello. Dopo la terza, il futuro si fa più nebuloso.
Una volta stavamo giocando a farci il solletico e lui fra le risate ha urlato: "Mamma, tu non ti tufferai mai!".
Mi ha lasciato di stucco. Era completamente fuori contesto, non stavamo facendo un videogioco in cui si 'muore', nessuno stava parlando di 'morire' e a lui è venuta in mente questa cosa lo stesso.
A rafforzare le sue paure un piccolo incidente che è successo qualche settimana fa. Mentre ero con lui al parco, sono quasi stata investita da un automobilista molto distratto (spoiler alert: non mi sono fatta nulla - qui tutta la storia). Mentre io ero di spalle, lui ha visto questo macchinone dirigersi verso di me e fermarsi giusto un filo prima di toccarmi. Chiaramente si è spaventato tantissimo. Quando tutto è finito, si è raccomandato: non morire mai più mamma!

Come fanno i bambini a metterci di fronte a tutto il meglio e il peggio della vita ogni giorno, più volte al giorno? In un certo senso, tra l'altro, è buffissima questa cosa di Woody per la morte: è il bambino più allegro che abbia mai visto. Ride tutto il giorno. "Culetto! Puzzetta! e ride, ride come un matto. Poi magari all'improvviso, sempre col sorriso sulle labbra, torna al suo argomento preferito dopo i Pokemon: il mistero della condizione umana.

domenica 22 dicembre 2019

separare la vita dall'arte o no?

Pensieri della domenica mattina.
Si può dire che è invecchiato meglio Dirty Dancing di John Lennon?
Ho sempre considerato il mio grande affetto per un film come Dirty Dancing una specie di guilty pleasure e invece recentemente ho guardato un documentario sulla sua lavorazione e ho capito di averlo sempre sottovalutato. E' un film all'avanguardia sotto molti punti di vista. E' il progetto di due donne che riescono addirittura a metterci dentro il dibattito sull'aborto. Nell'87!
D'altro canto più conosco della vita di John Lennon, più faccio fatica ad apprezzarlo. E dire che l'ho sempre adorato come musicista. Però non sapevo, ad esempio, che maltrattasse la moglie (la prima di sicuro). Provate ad ascoltare Jealous Guy pensando a questo. E' una confessione:
"Stavo sognando il passato
E il mio cuore batteva velocemente
Ho iniziato a perdere il controllo
Ho iniziato a perdere il controllo
Non volevo ferirti
Mi spiace di averti fatto piangere
Oh no, non volevo ferirti
Sono solo un ragazzo geloso"
Ascoltavo una sua intervista con Yoko Ono che in teoria era stata postata per fare capire quanto si amassero e lui la azzittiva continuamente. A un certo punto la prendeva anche in giro, la trattava come una stupida o come una bambina. Mi ha messo tristezza perchè anche quelle sono 'botte' che rischiano di lasciare una donna in qualche modo 'zoppa', ma nessuno ci fa mai caso.
Tutta questa riflessione perchè prima ho ascoltato questa canzone che malgrado tutto per me è Natale, è bellezza, è poesia.
Per me non è giusto smettere di ascoltare John Lennon o Michael Jackson o tanti tanti altri, la lista sarebbe lunghissima. Sono per separare la vita dall'arte in generale però quando certe informazioni si possiedono, è inutile far finta di nulla e difendere l'indifendibile.
O no? Cosa ne pensate?

giovedì 19 dicembre 2019

il senso

C'è uno dei miei bambini che purtroppo è stato sospeso dalle lezioni di arte per un paio di mesi. Non so cosa sia successo e perché sia stata presa questa decisione, non ho mai avuto problemi particolari con lui. Forse doveva recuperare altre materie. Da quel poco che ho potuto vedere convive con una grande insicurezza, mancanza di autostima e soprattutto ha delle difficoltà di gestione della rabbia. La prima volta che questa sua rabbia è quasi esplosa in mia presenza si deve essere reso conto che con me quel meccanismo lì non funziona e non è mai più successo nulla. Mi è capitato varie volte di prenderlo in disparte e fargli fare dei bei respiri profondi, ma non è l'unico ad avere momenti di confusione o a sentirsi sopraffatto dalle emozioni. Queste cose capitano più o meno tutti i giorni in una scuola elementare. Magari ha combinato qualcosa di grosso altrove o ha una situazione complicata a casa. Ad ogni modo l'altro giorno è passato a trovarmi per dirmi che dopo le vacanze potrà tornare a fare arte. Ho cercato di trasmettergli il mio entusiasmo e di fargli capire che andrà tutto bene, che non deve preoccuparsi e che ci divertiremo. Lui mi ha raccontato solo che sta disegnando tanti Pokémon.
- Stai scherzando? - gli ho risposto- Sono un'esperta di Pokémon! Li disegno tutti i giorni per il mio bambino che va all'asilo!
Ci siamo messi a parlare un po' di Pokémon e poi timidamente mi ha chiesto se un giorno ne disegno uno anche a lui. Ho risposto di sì ma non ho dato molta importanza alla cosa. Invece lui, oggi mi ha rivisto e me lo ha richiesto.
Questo pomeriggio avevo una decina di minuti liberi e gli ho fatto il disegno che voleva. 
Gli ho scritto "non vedo l'ora di disegnare insieme l'anno prossimo".
Ecco, l'espressione che ha fatto quando gli ho portato quel disegnino è una di quelle cose che non vorrei dimenticare mai, senz'altro una delle cose più belle che mi siano successe quest'anno.
Sentirsi utile per qualcuno in difficoltà, specialmente uno studente, un bambino che per qualche motivo sta soffrendo e si vede, è una di quelle cose che danno senso alla vita.

un lavoro così

Che strano il lavoro dell'insegnante. Oggi ho proposto la stessa identica cosa a due classi diverse, stessa età, e ho ottenuto risultati diametralmente opposti.
I primi mi hanno chiesto di guardare un film visto che era l'ultimo giorno. Non ho mai guardato film in classe, ma odio stroncare qualunque tipo di entusiasmo. Così gli ho detto 'Un film no, ma un documentario sull'arte contemporanea molto volentieri'. Sono scoppiati a ridere. Ho detto 'Va bene, finite quello che stavate facendo la settimana scorsa allora'. E ho messo su lo stesso il documentario senza volume con i sottotitoli. È che era troppo interessante, adulto sì ma anche perfettamente nelle loro corde, e sapevo che non l'avrebbero mai guardato da soli. Ecco, sono rimasti in silenzio religioso per un'ora, non era mai successo. Alcuni ipnotizzati a guardare altri dipingendo e ascoltando. Mi è spiaciuto solo non avere avuto più tempo per discuterne. Si parlava di ispirazione, lo sviluppo di un'idea e poi anche di legami fra arte e scienza, l'architettura, lo spazio che ci circonda e l'ambiente, i cambiamenti climatici fino a come usare il linguaggio artistico per fare passare un messaggio ambientalista.
Visto il successo ottenuto, ho riproposto la stessa cosa alla classe successiva. Ed è stata l'ennesima delusione. Una persona ha ascoltato attentamente, tutti gli altri hanno perso tempo come fanno ogni settimana. E hanno anche lasciato la classe in condizioni pietose. C'è il pavimento coperto di vernice, nemmeno i piccoli di 5 anni hanno mai fatto un disastro simile. Con questa classe ho provato davvero qualunque cosa. La settimana scorsa per la prima volta li ho visti un minimo coinvolti quando abbiamo parlato di Banksy e street art, ma è stato un caso credo. Mezz'ora di attenzione in tre mesi di lezioni. Oggi era la nostra ultima lezione insieme. Da un lato mi spiace non vederli più. Avrei insistito e magari prima o poi sarei riuscita a colpire la loro curiosità. Dall'altra sono sollevata. Mi fanno quasi paura. Stanno sprecando tante di quelle occasioni per imparare e migliorare come esseri umani. Mi chiedo che tipo di persone diventeranno se non si danno una qualche regolata.
Ma forse dovrei solo essere contenta per quell'unico che si è fermato ad ascoltare.

lunedì 16 dicembre 2019

mentre guardiamo altrove

Mentre uscivamo dal supermercato prima è successa una cosa un po' bizzarra. Joe e Woody stavano mangiando tutti soddisfatti un bel pretzel appena sfornato. Un anziano, vestito in modo più che decoroso, se li è trovati davanti e ha esclamato con un bel sorriso qualcosa tipo:
- Mamma mia, quanto sembrano buoni quei pretzel! Quanto costano?
- Un dollaro - rispondo.
Adesso, io non so, forse ho frainteso tutto, ma ho avuto il dubbio che avesse dei problemi a mettere insieme un dollaro e che avesse fame.
- Posso offrirgliene uno? Mi fa piacere!
- Grazie mille, ma vede...-si fruga nelle tasche-
eccolo qua il dollaro!
Aveva tante monetine nel palmo della mano, sì forse tutte insieme avrebbero fatto un dollaro. Forse.
- Prenda questo, giusto per sicurezza, dovesse costare un po' di più - e gli ho dato l'unico dollaro che avevo.
Si è messo a ridere imbarazzato, ma ha accettato il mio dollaro.
E' un periodo che do da mangiare a tutti.
Ai corsi di formazione per insegnanti ho sempre sentito che ci sono bambini che soffrono la fame qui, ma non ho mai pensato proprio qui qui dove abito io. Questa è una zona abbastanza ricca o almeno normale mi pare, nè ricca nè povera. Eppure quando faccio qualche attività dopo scuola, mi capita spesso che qualche bambino mi dica che non ha la merenda. Una volta, due, tre. Potrebbero essere dimenticanze, anzi sicuramente saranno dimenticanze però nel dubbio, preferisco essere sicura che abbiano qualcosa nella pancia. Ora ho una specie di dispensa in classe.
Uno pensa sempre ai poveri come quelli seduti per terra a chiedere le monetine alla stazione, ma ci sono tanti tipi di povertà. Qui, ad esempio, costa tutto così poco che non ci vuole molto ad apparire curati, ma mangiare è un altro discorso...bisogna mettere qualcosa sotto i denti tutti i giorni.
Quante cose succedono intorno a noi mentre guardiamo altrove.

domenica 15 dicembre 2019

le conseguenze

L'altro giorno, durante la giornata Hawaiiana a scuola, guardavo la ghirlanda che era stata gentilmente offerta a me e a tutti i miei colleghi e notavo che i fiori sono tenuti insieme da tante piccolissime cannucce di plastica. Quanto inquinamento abbiamo prodotto per questa cavolata?

Certo, nella classe di arte si può 'riciclare' benissimo ogni parte di quelle collane.
All'inizio ingenuamente avevo pensato che avrebbero messo via tutte le collane per la prossima occasione, però per sicurezza, ho deciso di mandare un'email generale per chiedere a chi stava pensando di buttarle alla fine della giornata, di regalarle a me invece.
Ecco, me ne sono arrivate tantissime, 50, 100...non so bene perchè man mano che le ricevevo le smontavo.
E' tutto così eccessivo sempre. Gli americani vivono come se non ci fosse un domani letteralmente. Non hanno mai avuto un'educazione in questo senso.
A me ancora sembra di sentire la voce di mio padre che mi dice di spegnere la luce. Forse è anche una questione di prezzo degli oggetti e dei servizi...discorso lungo.

Per caso, stamattina ho ascoltato un bel podcast che spiega cosa succede agli oggetti che doniamo.
Discorso interessantissimo, ma la conclusione è una e una sola: comprare meno e cercare di usare qualunque cosa più a lungo possibile.

Questo è il link:

https://www.npr.org/2019/12/04/784702588/the-best-thing-you-can-do-is-not-buy-more-stuff-says-secondhand-expert

giovedì 12 dicembre 2019

il lato giusto del bivio

Oggi era la giornata Hawaii a scuola. Non è ancora finita la seconda settimana di dicembre e già non ne posso più con tutti questi costumi assurdi, così ho fatto la furba e mi sono presentata in borghese.
Indovinate chi c'era bella e pronta ad aspettarmi sulla maniglia della porta? Una collana di fiori hawaiiana.
Sigh.
Ci ho provato.
Passa con il solletico dei malefici fiorellini di stoffa sul collo, tutto il giovedi hawaiiano.
La notizia del giorno però è che l'altro motivo di martellamento continuo di questo dicembre, la raccolta di giocattoli per i bambini poveri, ha prodotto i suoi frutti. Abbiamo raggruppato più di mille giocattoli nuovi, che sono tantissimi ed è una cosa fantastica che ha fatto quasi resuscitare il mio defunto spirito natalizio.
Mentre finisco di mettere in ordine la classe, Joe spalanca la porta con un sorriso da orecchio a orecchio. E' un tipo serio lui. Che bello, penso, deve essergli successo qualcosa di speciale oggi a scuola. Dice solo una cosa:
- Perchè non mi hai dato la merenda oggi?
Forse sorrideva per non farmi sentire in colpa. Mi sono dimenticata di mettergli la merenda nella cartella, sono pessima lo so.
Mentre uscivamo abbiamo incontrato uno dei signori che dirigono il traffico all'entrata e all'uscita della scuola. Arriva tutti i giorni molto prima di me, con qualunque tipo di temperatura, è sempre lì: ero convinta che fosse un dipendente della scuola, invece è solo un papà. Di più: tutti quelli che dirigono il traffico, sono genitori. Sono rimasta senza parole di fronte a tale dedizione.
Mi ha raccontato come è arrivato alla nostra scuola e mi è piaciuto tanto il fatto che fosse così entusiasta.
Dice che la figlia nella scuola precedente, era sempre sotto stress "perchè gli insegnanti pensavano solo agli esami".
Qui in Texas ci sono degli esami standard a partire dalla terza elementare che sono fondamentali per la sopravvivenza stessa delle scuole visto che da quelli dipendono buona parte dei fondi che le scuole ricevono. Il buon nome della scuola si misura in un punteggio basato sui risultati di questi test. Gli insegnanti rischiano di perdere il posto se i loro studenti non passano i test e questo fa sì che spesso purtroppo l'ansia di tutti, fin dalle elementari, sia a mille.
Preoccupato per la serenità e l'educazione della figlia, si mise a cercare un'altra scuola e per caso trovò la nostra. La iscrisse ancora prima che esistesse un edificio scolastico vero e proprio. I primi tempi come mi hanno raccontato un po' tutti, furono pieni di inconvenienti logistici di ogni tipo, ma lui questo non me lo ha detto. Che non si è mai pentito della sua scelta, questo sì che me lo ha detto e ripetuto.
Mi è capitato qualche volta di chiedermi se questa scuola sia davvero quella giusta per Joe. Non ci sono compiti e ci sono materie che altrove non ho mai nemmeno sentito nominare. Funzionerà?
L'idea è che questi bambini stanno a scuola tutti i giorni fino alle tre del pomeriggio e queste ore se usate bene sono sufficienti a imparare tutto quello che serve. Dopo scuola devono pensare al gioco, ai rapporti sociali e allo sport.
Noi insegnanti non possiamo nemmeno nominarli questi esami standardizzati.
Gli esami vanno bene automaticamente seguendo questo metodo e le statistiche in effetti lo dimostrano.
Finalmente arriviamo alla macchina e Joe sorride di nuovo.
- Niente... stavo pensando alla medusa immortale.
E mi racconta vita, morte... cioè... vita e miracoli dell'unico animale attualmente conosciuto in grado di tornare bambino dopo essere diventato adulto. Interessante, non ne avevo mai sentito parlare.
- No guarda mamma che te ne ho già parlato, una volta ti ho anche fatto vedere un video.
Seconda figuraccia della giornata.
Dopo qualche ora, arriviamo a casa e mi racconta in tutta scioltezza:
- Lo sai che oggi la maestra quando ha corretto il mio esame mi ha detto una cosa bella?
_ Cosa ti ha detto?
- Che in quattro mesi sono migliorato quanto normalmente si migliora in un anno.
Non avevo idea che oggi avesse un test e probabilmente nemmeno lui.
Alla fine di una giornata come questa, al netto delle follie varie e della stravaganza del mio posto di lavoro e di un po' tutti quelli che ci lavorano dentro (inclusa la sottoscritta), mi sembra davvero di avere imboccato il lato giusto del bivio.

venerdì 6 dicembre 2019

il natale alla scuola wonka

Questo dicembre alla scuola Wonka, è incredibile. Feste di Natale, pranzi, cene, raccolte di cibo e giocattoli, cacce all'elfo... e tutto è così curato nei dettagli ed elaborato che mi lascia senza parole. Pensare, mentre io e tanti altri facciamo fatica a fare il minimo indispensabile, che qualcuno abbia la voglia e l'energia per pianificare e organizzare tutta questa roba mi sorprende.
In tanti posti di lavoro si fa quello che qui viene chiamato babbo Natale segreto, cioè si estraggono i nomi e ci si fa un regalino. Alla scuola Wonka, però questo semplice concetto viene portato alle estreme conseguenze. Ogni giorno un regalo a tema fino ad arrivare al grande regalo finale a piacere. Inutile dire che con il cuore di carbone che mi ritrovo, mi sono rifiutata di partecipare e so di non essere stata l'unica.
Ma non finisce qui.
Parliamo dell'abbigliamento.
Abbiamo un calendario in cui è segnato cosa dobbiamo metterci o g n i giorno.
Ci sono giorni relativamente semplici: quello in cui devi vestirti a strisce come gli aiutanti di Babbo Natale, metterti una sciarpa o vestirti di verde come il Grinch. Ma è come una corsa a ostacoli che si fa sempre più faticosa. Più sei stanco, più ti avvicini al traguardo delle vacanze e più é estenuante.
C'è un giorno in cui dobbiamo vestirci da pupazzi di neve: in bianco con la sciarpa.
Un altro in cui bisogna mettersi tutti gli accessori che si riescono a tollerare addosso e un altro in cui ci si deve vestire in stile Hawaiiano (boh).
E continua come un videogioco, passi un livello e quello dopo è sempre più ostico.
Il giorno degli scaldamuscoli. Va bene, si può fare.
Ma il 'giorno dei tuoi calzini natalizi preferiti' come me la sfango? Voglio dire... se ipoteticamente non avessi nemmeno un paio di calzini natalizi a casa sarebbe così scandaloso? Devo comprarli? Metterli sopra ai pantaloni per farli vedere?
Come vedete lo spirito gioioso delle feste è ancora ben lungi dalla sottoscritta.
Si sono inventati perfino il giorno della pelliccia ecologica. La pelliccia ecologica. Ma come gli è venuto in mente? Davvero tutti hanno una pelliccia ecologica nell'armadio?
Si va avanti così giorno dopo giorno fino ad arrivare alla bestia nera, allo scontro finale: la grande sfida a chi ha il maglione natalizio più kitsch della scuola. E chiaramente, che ve lo dico a fare... un maglione natalizio non ce l'ho.
Penso a questo mese di dicembre che già è faticoso di per sè, poi guardo questo calendario e no: noncelasifa.
Intorno ad Halloween c'erano state un altro paio di settimane di questo tipo, le ho ignorate. Il giorno del Ringraziamento idem, lo abbiamo festeggiato con mille iniziative per tutto il mese.
Mi pare di avere capito che in questa scuola le feste siano prese estremamente sul serio o forse è solo una questione di team building, non lo so.
E io che mi sono creata tutti gli scrupoli del mondo per non offendere o fare sentire esclusi gli studenti che non festeggiano il Natale. Non avevo capito niente. Il fatto è che non riesco a farmi trascinare da questo tipo di entusiasmo perchè non lo sento spontaneo oppure non lo capisco fino in fondo come quell'altra storia dei tacchini travestiti. Non ho mai lavorato in un posto così pieno di gente che ha voglia di giocare.
Da un lato è bello perchè facciamo un lavoro pesante, e bisogna pensare anche un po' al morale però a me ora, forse perchè è il primo anno, sembra di aggiungere lavoro al lavoro. Senza contare che è molto più difficile insegnare in un'atmosfera di festa continua.
Sapete cosa mi piacerebbe? Che noi insegnanti avessimo voglia di organizzare una semplice uscita fra di noi per farci gli auguri, fare due chiacchiere, un aperitivo... ma non funziona così, c'è tutto un protocollo che nessuno probabilmente se la sente di infrangere.
Avanti con tutti questi travestimenti e, ve lo dico: c'è il rischio concreto che diventi una persona seria.

mercoledì 27 novembre 2019

la mia ragazzina

Un paio di giorni prima dell'inizio della scuola, ad agosto, sembrava che La Ragazzina avesse all'improvviso perso la vista. Nel giro di pochissimo, dopo una visita dal veterinario, è tornata più o meno come prima. Più o meno. Qualcosa era cambiato, sembrava sempre un po' ubriaca, non sveglia e pimpante come sempre (del resto il nome Ragazzina Pimpante se l'era ampiamente guadagnato).
Diversi veterinari mi hanno assicurato il contrario, ma non riuscivo a mandare via il dubbio che il cambiamento nel suo comportamento fosse dovuto a un qualche effetto collaterale delle medicine che ha cominciato a prendere dopo quell'episodio.

Un po' di tempo fa sono tornata dal veterinario semplicemente per comprarle le stesse medicine e continuare la cura, ma avevo sempre questo tarlo che potesse essere la medicina sbagliata, che non stesse funzionando. C'era una veterinaria che non conoscevo quel giorno e mi hanno detto che se volevo potevo aspettare e avrebbe risposto alle mie domande. Ho aspettato per quasi un'ora, oramai avevano già chiuso, c'ero solo io.
Quando ho spiegato il mio dubbio, la veterinaria mi ha guardato come nessuno mai mi ha guardato prima, con pietà credo.
E' tutto normale. Dice che La Ragazzina sta semplicemente invecchiando.
- Ma guardi che le assicuro che un mese fa era un altro cane - ho provato a controbattere.
Mi aspettavo che mi mettesse di fronte a una qualche scelta, che dicesse che potevamo provare un'altra cura, che facesse delle ipotesi, invece è stata categorica: sta solo invecchiando.
Dice che va cosí. All'improvviso le cose cambiano. Un giorno pimpa, il giorno dopo è l'ombra di se stessa. Che è una delle cose più angoscianti della vita, al di là di questa situazione specifica.
Non vorrei drammatizzare troppo però. Non soffre, mangia, sta relativamente bene, è la vista che continua a peggiorare e influenza il suo modo di essere. Credo che non veda più nulla da un occhio e molto poco dall'altro. A volte la trovo immobile davanti a un armadio o al frigo, forse pensa che sia la porta?
Ora dobbiamo stare attenti a ogni gesto. Tu apri una porta e lei non si sposta più, la prende in faccia. Woody per la prima volta in vita sua può andare in giro con il cibo in mano, lei non glielo ruba più. Voglio dire, volendo cercare bene bene qualche lato positivo c'è.
Posso finalmente scattarle dei primi piani fantastici senza che mi salti addosso cercando di leccarmi la faccia.
Devo dire che si sta adattando in maniera piuttosto sorprendente al suo handicap. Sta imparando tante cose nuove. Da quando non ci vede, ad esempio, ha imparato a rubare il cibo dai tavoli, cosa che non ha mai osato fare prima. Ha imparato perfino a mangiare i pomodori e i meloni (sì, i meloni) in giardino. Si sta ingegnando.
Qualche settimana fa abbiamo installato una doggie door per agevolarla. E' stato abbastanza complicato fare capire a lei e a quell'altro vecchietto di Mr. Boomer che la porta adesso aveva un buco e potevano passarci dentro e fuori, ma ora sembra che la cosa piaccia molto a tutti e due. Insomma, stiamo cercando di renderle questa nuova fase della sua vita un po' più sopportabile e sembra stia funzionando, però è difficile mandare via quella sensazione brutta, bruttissima, che non sia più lei. Anzi più che altro è difficile accettare che questa sia lei ora e che La Ragazzina che ho conosciuto e ho amato alla follia in tutti questi anni, non ci sia più.

sabato 23 novembre 2019

il perchè

Gli insegnanti di arte sono sempre piuttosto isolati. Facciamo un lavoro molto solitario rispetto al resto del corpo docente. Ogni tanto però parlo con qualcuno di nuovo a scuola e quasi sempre torno a casa e mi metto a fare ricerche su ricerche con la testa che mi scoppia di curiosità nuove. Questa settimana ho conosciuto una collega che avevo intravisto qualche volta, ma di cui non conoscevo il ruolo. Ha cominciato a raccontarmi quello che fa e sono rimasta rapita. In realtà non è proprio un'insegnante, ma una sorta di consulente. Fuori da scuola aiuta i malati gravi (ad esempio chi ha subito un ictus o ha una forma grave di autismo) a comunicare con il mondo esterno tramite il computer e tanti altri mezzi che variano a seconda dell'età e dei casi. La mia reazione alle meraviglie che mi stava raccontando è stata immediata e spontanea: offrirle il mio aiuto. Lei all'inizio è rimasta stupita perchè in teoria i nostri lavori non avrebbero moltissimi punti di contatto, ma ci ha messo giusto un secondo a intuire cosa avessi in mente. Abbiamo un bambino con dei problemi piuttosto seri che sembra sereno solo quando disegna e per di più disegna benissimo. Al tratto fermo di un Keith Haring associa le frasi evocative, misteriose e talvolta inquietanti di un piccolo Yoda. Io credo che potrebbe avere talento sul serio. Insomma, in quattro e quattr'otto ci è venuto in mente di proporgli di disegnare delle magliette da vendere per beneficienza (nella nostra scuola ogni studente usa due ore alla settimana per creare un progetto di largo respiro basato sulle proprie passioni e i propri interessi) e poi da lì mille altre idee. Sono tornata a casa così contenta. E' da mesi che mi chiedo come posso aiutare questo studente e finalmente forse è spuntato qualcosa di concreto. Quando ne ho parlato alla sua maestra, anche lei ha immediatamente iniziato a dare il suo contributo al progetto con un altro pezzettino e poi da lì un'altra idea e un'altra ancora.
Questa settimana è già la seconda volta che succede qualcosa di simile.
Non ero mai stata in un ambiente di lavoro così stimolante, in cui se ti guardi un po' intorno vedi prodigi come questo in ogni dove.
Un paio di settimane fa, ad esempio, c'erano delle elezioni in Texas. Giro per i corridoi e mi imbatto nei piccoletti di kindergarten tutti in fila che aspettavano orgogliosi di votare per il coniglietto o per il gattino. Da quanto ho capito le maestre gli hanno letto una storia e poi gli hanno chiesto di votare per il personaggio preferito. Il bello è che hanno ricreato il meccanismo di voto in modo abbastanza simile alla realtà con tanto di cabina elettorale e tutto: educazione civica ai massimi livelli, considerando che si parla di bambini di 5 o 6 anni.
Un altro giorno parlo con un'insegnante delle medie e mi dice che fa una sorta di educazione emotiva. Spiega ai ragazzi il funzionamento e lo sviluppo del loro cervello e sostanzialmente li aiuta a capire i disagi dell'adolescenza e come gestire le proprie emozioni e pulsioni. In un minuto mi ha spalancato anche lei un mondo.
Il mio programma stesso, quello che poi alla fine ho creato io, sta cambiando tantissimo in questa scuola. Mi sento ispirata da tutti questi stimoli. Appena accenno un'idea a qualcuno (che sia una classe, un genitore, la direzione o qualche collega) quell'idea prende forma concreta, cresce fino a diventare quello che avevo in mente oppure qualcosa di nettamente superiore o diverso che in passato non avrei mai immaginato possibile.
Leggo che qui negli USA la maggior parte degli insegnanti abbandonano la professione entro cinque anni e non mi stupisce.
Questo è un lavoro così pesante sia fisicamente che psicologicamente che si può fare solo tenendo ben presente il perchè si è cominciato a farlo.
Adesso, ad esempio, ho una classe che mi sfianca. Sono i più grandi e saranno con me solo per tre mesi, ma sono indifferenti a tutto, completamente in balia dei propri alti e bassi adolescenziali, alcuni sembrano manifestare dei disagi profondi che gli impediscono di seguire normalmente le lezioni. E' la prima volta che mi capita tutta una classe così. Certi giorni mi hanno fatto venire voglia di fare il minimo e lasciare perdere perchè la sensazione di parlare al muro è una di quelle che non ho mai tollerato. Parliamo molto apertamente di tutto questo. Ieri, abbiamo finalmente avuto una lezione tutto sommato positiva. Gli stavo spiegando un'ultima cosa sulla porta prima che uscissero e all'improvviso li ho persi, stavo di nuovo parlando al muro. Gli ho detto quello che pensavo e cioè che avevo l'impressione che si stessero attivamente opponendo a imparare qualcosa. Sì è così, mi hanno risposto senza nessun timore. E allora? Via con la sperimentazione.
Ti scatta un senso di rivalsa, di rabbia quasi vedendoli buttare via tante occasioni di crescita. Così la prossima volta lavoreremo con un materiale nuovo, gli porterò dei palloncini. Parleremo di Jeff Koons, dell'importanza del respiro. Partiamo dalle basi, ma con creatività.
Sono convinta che prima o poi il loro muro crollerà, prima o poi ci sarà qualcosa che li risveglierà dal loro torpore. E se non ne fossi convinta, non potrei mai trovare la forza per trovarmeli di fronte un'altra volta.

domenica 17 novembre 2019

quello che conta

Quando, qualche anno fa, la nonna Johnson decise di trasferirsi dalla figlia, fu costretta a disfarsi della maggior parte delle sue cose. Ironia della sorte ha voluto che il suo unico grande tesoro, i suoi adorati libri di arte e materiali per dipingere, non fossero apprezzati da nessuno dei suoi eredi, così decise di regalare tutto alla sottoscritta. Mi sentii incredibilmente onorata da questo gesto e credo anche che aver trovato qualcuno che in qualche modo capisse e soprattutto apprezzasse le stesse cose le fu di un qualche conforto nel separarsi da quello che di più caro aveva posseduto.
Ad ogni modo, ti tocca sempre fare i conti con la realtà nella vita. Lo spazio per tenere tutta quella roba non ce lo avevamo. Pennelli, tele, colori a olio, ecc. li potevo usare e se non li potevo usare tutti personalmente li poteva usare un carissimo amico artista, ma dei libri proprio non sapevo che farne. A me interessa la storia dell'arte, la critica, le monografie, cose così, quelli invece erano tutti libri tecnici, specificamente legati al genere di quadri che dipingeva la nonna. Libri su come dipingere i fiori di campo texani o le piume degli uccelli locali, cataloghi di oscuri paesaggisti texani degli anni Settanta e Ottanta...tanti, tantissimi libri. Così, dopo infinite riflessioni, decidemmo di tenere i più significativi e vendere il resto dei libri a un bellissimo negozio vintage della zona.
L'altro giorno appena arrivata alla conferenza, ho notato un bel cartello con la foto di un'anziana insegnante di arte deceduta, suppongo: avevano organizzato la vendita dei suoi disegni e soprattutto libri, libri molto simili per gusto a quelli della nonna Johnson.
Questa cosa mi ha un po' rattristato in questi giorni. Mi spiace molto non aver avuto un'idea simile per onorare il lascito della nonna.
Ieri però mentre stavano smontando la conferenza, ripassando di lì ho notato che non avevano venduto granché. Avevano cominciato a regalare tutto, ma nemmeno così riuscivano a disfarsi di quei libri obsoleti e di quei disegni amatoriali.
Continuo a pensare a questa cosa e al suo significato.
Cioè più che altro mi chiedo...che significato ha?
Passi una vita a inseguire un sogno o una passione e non rimane assolutamente nulla.
L'unica cosa che mi è venuta in mente è solo che forse non importa.
Tendiamo a dare agli oggetti un valore che non hanno. Quei libri, così vissuti e così amati, erano il tesoro di una persona, una sola, e quella persona non c'è più. Vedere quei libri in qualche modo rivivere in altre mani, è una sorta di consolazione a cui ci piace aggrapparci, ma in fondo... non conta, no? Conta il ricordo, solo questo.

domenica 3 novembre 2019

un circolo virtuoso che non si ferma mai

Prima dell'inizio della scuola, ad agosto, ci fu una serata a porte aperte in cui genitori e studenti potevano venire a fare quattro chiacchiere con gli insegnanti e guardarsi intorno. Quella sera mi resi conto che ci sarebbero stati dei grandi cambiamenti rispetto alla scuola Flanders, che era una scuola privata, cristiana, in uno dei quartieri più ricchi di Dallas. La scuola Wonka è una scuola pubblica, gratuita, ma charter (significa che abbiamo più autonomia nei metodi usati per raggiungere gli stessi risultati) e c'è davvero di tutto. Dalle famiglie che sono lì perchè hanno fatto le loro ricerche e credono nella filosofia della nostra scuola ad altre che mi pare siano capitate un po' per caso.
Quella prima sera una studentessa di otto anni mi chiese se facessi delle lezioni sul Natale. Io le lezioni sul Natale non le ho mai fatte nemmeno nell'altra scuola che era cristiana. Non è il mio campo e francamente non è quello che voglio insegnare, ma so quanta aspettativa si crei che la maestra di arte faccia fare il lavoretto di Natale. Così ho cercato di mediare:
- Non faccio lezioni sul Natale, ma qualche volta faccio vedere un'opera astratta di Matisse che si chiama "La vigilia di Natale" o qualcosa a tema di Andy Warhol. Mi dispiace non facciamo lavoretti.
E lì è arrivata la doccia fredda:
- Va bene allora, in quei casi dovrò uscire dalla classe oppure fare un lavoro alternativo perchè non festeggio il Natale.
Di episodi come questo ne sono successi parecchi. L'altro giorno era Halloween e tenevo l'incontro settimanale con il mio art club. Una bambina era arrivata in anticipo. Quel giorno erano quasi tutti travestiti a scuola e usciti da lì sarebbero andati a fare dolcetto o scherzetto. Mi è venuto spontaneo chiederle se avesse dei piani, dopo il club, così per spezzare il silenzio.
- Vado a casa, non festeggio Halloween.
Gelo.
Ho degli studenti a cui non puoi dire 'buon compleanno' perchè non lo festeggiano o altri che si indignano perchè sentono parlare degli dei egizi, per dire.
Il tessuto culturale è decisamente variegato. Cercare di venire incontro a tutte le esigenze per me è la sfida più grande di questo lavoro.
Quando, pensando ai greci, dici "E ora parliamo di un'altra importante civiltà del passato" e tre bambini in coro esclamano "India?" e altri due "Cina?" capisci che è arrivato il momento di introdurre dei cambiamenti nel tuo programma. 
I bambini indiani, per ora, sono quelli che mi hanno fatto le richieste più dirette e si sono dimostrati più entusiasti di condividere le proprie tradizioni. Così mi sono messa a studiare e ora tutte le classi sono impegnate in progetti legati all'arte indiana. Fra qualche settimana avremo una grande mostra di arte indiana così come abbiamo fatto con l'arte egizia e greca. Poi faremo lo stesso per la Cina, per l'Africa e tutto ciò che i bambini mi chiederanno di approfondire. 
Stiamo parlando molto in classe di quanto siamo fortunati a venire da esperienze diverse, così possiamo tutti imparare gli uni dagli altri. Voglio fargli capire che viaggiare e soprattutto viaggiare con qualcuno del posto, è un fenomenale strumento di apprendimento, più che stare seduti a scuola. Ma se proprio dobbiamo stare in classe e non possiamo muoverci, possiamo prima di tutto parlare fra noi e poi usare la tecnologia per esplorare i luoghi in cui non possiamo recarci di persona. Basta un semplice street view del Taj Mahal per lasciarli a bocca aperta.
E' tutto assolutamente meraviglioso.
L'altro giorno seguendo i ragionamenti e le domande di una classe di quarta elementare siamo arrivati a paragonare le opere astratte del pittore indiano S. H. Raza all'Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Se abbiamo studiato i capitelli greci perchè non dare un'occhiata anche quelli indiani che sono stati influenzati da quelli greci?
Le possibilità sono infinite.
Mentre si parlava di tutto questo, è venuta da me una bambina un po' timida e mi ha detto che i suoi nonni vengono qui dall'India la settimana prossima. Non parlano inglese, ma lei potrebbe tradurre, potrebbero raccontare com'è la vita in India, ha azzardato. 
Idea splendida! Ho chiesto un parere ai grandi capi per sapere se fosse fattibile e in un minuto è diventato un vero e proprio evento in cui i bambini potranno vedere i sari indiani, mangiare qualcosa di tradizionale e fare delle domande.  
Ai bambini vengono delle idee e io li seguo. A me vengono delle idee e la scuola per ora mi segue. Siamo in un circolo virtuoso che spero non si spezzi mai.
Nel frattempo sto già pensando al bambino che mi ha raccontato che il suo papà in Nepal vedeva gli elefanti e la bambina russa, l'altra pakistana, il piccolo coreano... 
E il circolo è sempre in movimento.

P.S. Se volete vedere quello che facciamo in classe, trovate qualcosa qui

domenica 27 ottobre 2019

i sogni son desideri

Una cosa a cui la scuola Flanders non mi ha minimamente preparato è la mancanza di fondi della scuola pubblica americana. Quando ho cominciato questo nuovo lavoro, non avrei mai immaginato che avrei fatto fatica a ricevere il materiale minimo che mi serve per insegnare. Stavo usando tutto ciò che ha lasciato il mio predecessore nella convinzione che appena avessi avuto bisogno di qualcosa me lo avrebbero comprato. Poi un giorno sono rimasta senza cose basilari come la gomma, le matite o la colla, le ho chieste e qualcuno mi ha detto semplicemente: no. Non ci sono soldi, sorry. Non ci potevo credere. Mi togli i materiali, mi togli i superpoteri. I genitori sono molto generosi qui, chiedi a loro, mi hanno consigliato. Ma i genitori comprensibilmente dopo un po' hanno rallentato le donazioni. Non ci dormivo la notte. E' difficile pianificare anche solo una settimana di lezioni di arte se non hai il minimo indispensabile. Mi sono guardata intorno e mi sono accorta che molti miei colleghi organizzavano raccolte fondi di tutti i tipi, anzi la scuola stessa è sempre impegnata in mille fundraising. Ho cominciato a leggere, a informarmi, a studiare come scrivere una richiesta di donazione a fondo perduto, trovare degli sponsor... ma le mie necessità erano impellenti. Cosí l'altro giorno sono andata a parlare con la commercialista della scuola e ho spiegato la mia situazione. Non so bene cosa sia successo, ma poco dopo la preside è venuta a cercarmi per chiedermi se avessi tutto quello di cui ho bisogno. 
- Mi raccomando butta subito giù una lista e dalla direttamente a me. Me ne occuperò personalmente. Tutto quello che vuoi, non lesinare. Arte è la cosa migliore che abbiamo quest'anno e dobbiamo metterti nelle condizioni ideali per continuare così. Non devi preoccuparti di niente, devi solo continuare a fare quello che stai facendo.   
Avete presente Cenerentola quando arriva la fata madrina? Cosa posso dire? Evidentemente i sogni son desideri. Bah, ancora non mi sembra vero sinceramente.
Comunque mi sono messa di buona lena a passare al setaccio i vari siti di materiali artistici per trovare i prezzi migliori per un pomeriggio intero. Non ho un budget, ma conoscendo la situazione, non volevo assolutamente esagerare e soprattutto togliere risorse ad altri. La mia richiesta (un cifra folle, considerando i precedenti, ma più che ragionevole dato il numero di studenti) è stata firmata in bianco e con mille scuse per la confusione e il disagio causato. 
A volte ho la sensazione di non soffermarmi abbastanza sulla quantità di soddisfazioni personali e professionali che sto ricevendo da questo nuovo lavoro. A volte ho la sensazione di non riuscire a godermi a pieno l'attimo. Quell'impressione fetente di star sempre dimenticando o trascurando qualcosa.
Eppure sono così riconoscente. 
La maggior parte dei colleghi che ho conosciuto mi sembrano ottime persone che condividono le mie stesse idee sull'insegnamento. Ne ho visti diversi che sono pieni di entusiasmo e non si tirano mai indietro. Si buttano nelle cose come faccio normalmente io e mi danno il coraggio di spingermi anche oltre perchè so che se vado avanti mi seguono e mi sostengono. Qualche gelosia può esserci, ma per lo più è una competizione sana, costruttiva. Anche i vari sovrintendenti hanno una mentalità aperta e illuminata. I miei piccoli studenti sono una gioia infinita. E mi insegnano. Mi insegnano tutti i giorni molto più di quello che io possa mai insegnare loro. 
Le giornate volano. 
Poi la sera arrivo a casa e sono a pezzi. Voglio solo sedermi sul divano e stare in silenzio assoluto. Ma non posso, c'è troppo da fare (la cena, i piatti, i pranzi del giorno successivo...). Allora continuo a lavorare anche a casa, ma a casa non sono così brava, anzi sono davvero scarsa. Mi perdo in chiacchiere, mi metto a scrivere o a leggere nei momenti peggiori. Se Woody mi chiede di dipingere mentre sto preparando la cena, non dico mai di no. Lì per lì è fantastico, ma poi magari finisce che ceniamo tardi, ceniamo male e ci irritiamo perchè siamo affamati. Il lavoro casalingo ha il terribile difetto di non terminare mai, tutto quello che fai per forza di cose viene distrutto nel giro di mezz'ora al massimo. E così l'umore cambia, peggiora. Ti senti sempre di arrancare, di sbagliare.
A volte ho l'angosciante sensazione che per la mia famiglia rimangano solo le briciole di quello che sono, di quello che ho da offrire. E' vero anche che tutto questo sta creando altre vicinanze, altre complicità e nessuno sembra risentirne particolarmente, tranne io che vorrei sempre essere al centro delle vite di tutti quelli che amo. In questo periodo forse sorrido di più a scuola. E' che mi si è appena spalancato un mondo davanti agli occhi e non è un mondo ostile come avevo percepito all'inizio, al contrario è pieno di possibilità.
Il problema nella vita è sempre trovare un equilibrio fra gli inciampi di tutti i giorni e le cose che contano davvero. 
L'altro giorno una bambina stupenda mi ha regalato un disegno buffissimo di un vecchietto che sembra molto allarmato e allarga le braccia e ha i baffi sopra il naso.
- Grazie! Ma chi è?
- Mio nonno.
Ecco, è tutto un po' così nella mia vita e forse anche nella vostra. Un senso ci sarà, eh, ma vallo a trovare.  

venerdì 25 ottobre 2019

come dei fiori

Ho letto non so dove che nella cultura giapponese le cose non dette sono come dei fiori che si regalano all'altro per dargli la possibilità di riflettere, immaginare, riempire i vuoti come meglio crede superando il limite insito nella parola.
Magari gli americani non lo dicono così bene, ma è un po' lo stesso anche qui, si tende a non dire.
Ecco, non riesco davvero a immaginare un valido motivo, uno solo, per cui non dire come ci si sente, dialogare, affrontare insieme le situazioni, sia meglio di lasciare tutto in sospeso.
Cioè lo capisco dal punto di vista estetico. Effettivamente è più poetico, si vola più in alto e si evitano una marea di conflitti, però al di là di questo mi sembra si finisca per vivere le relazioni, di qualunque tipo siano, da soli, nella propria testa. E allora che relazioni sono?

mercoledì 23 ottobre 2019

la nostra energia

Mentre torniamo a casa da scuola Joe legge uno di quei libri intelligenti che gli regala sua zia. Normalmente si isola completamente. È in grado di leggere in qualunque circostanza senza badare al rumore o a qualunque altra possibile distrazione. Però deve essere rimasto colpito da qualcosa perché alza la testa e mi dice:
- Lo sai che nulla si crea, nulla si distrugge...ma tutto si trasforma?
- Ma certo, rispondo facendo palesemente finta di saperne più di quanto ne sappia.
Lui guarda fuori dal finestrino, sta un po' zitto e aggiunge:
- Chissà dove va la nostra energia dopo che moriamo.


Chissà.

domenica 13 ottobre 2019

l'importanza del guardaroba

Questa settimana di vacanza, è stata davvero perfetta. Non sapevo nemmeno che esistesse il "fall break", che invenzione geniale. Ho letto, sono andata in giro e un paio di notti fa ho anche smesso di sognare di lavorare tutta la notte, evidentemente sto cominciando davvero a rilassarmi. Giusto in tempo per ricominciare tutto da capo domani.
C'è una mia amica che ha appena avuto un bambino e mi sta facendo riflettere e tornare in mente tante cose a cui non pensavo da anni.
Avevo dimenticato, ad esempio, che qualche mese dopo la nascita di Woody regalai quasi tutti i miei vestiti. Mia sorella mi chiedeva...ma sei sicura? Che cos'hanno che non va? Un unico difetto, però enorme: mi ricordavano la me stessa di quei mesi. E poi ho cominciato gradualmente a vestirmi di nero. Mi è sempre piaciuto il nero, ma in questi ultimi anni sono arrivata all'eccesso. L'estate scorsa, la valigia per l'Italia è stata un disastro, ho dimenticato un sacco di cose: era tutto nero, non ci capivo più niente.
E' che il nero è semplice, è rassicurante, ma -lo capisco ora- quello non era un vestirmi, era un coprirmi con la prima cosa che mi capitava sotto tiro.
La mia amica mi parlava del non sentirsi più se stessa, del sentirsi solo un mezzo di sopravvivenza per un altro essere umano. Sensazioni che non mi sono del tutto sconosciute, diciamo.
A volte guardo le donne senza figli e le ammiro, mi sembrano spesso più curate, più affascinanti, più giovani o più giovanili. Ma il tempo passa e i bambini crescono.
Così, questa settimana ho preso una decisione molto seria. Ho deciso che mi rifaccio il guardaroba. Basta, non mi vesto più di nero.
O almeno non solo di nero.
Accidenti già comincio a ritrattare.

martedì 8 ottobre 2019

il mio primo open carry

In Texas e in molti altri stati è legale presentarsi in pubblico con la pistola in bella vista, in una fondina attaccata alla cintura o ad armacollo, ma in tutti questi anni, fortunatamente, non ho mai visto nessuno andarsene poi veramente in giro così. Mi sono sempre chiesta che effetto mi avrebbe fatto. 
L'altro giorno eravamo al lago, in Oklahoma, in una spiaggetta che definirei per bambini visto che lo spazio era una conchetta recintata e l'acqua era piuttosto bassa. Arriva un bizzarro signore barbuto con uno strano cappellone, gli stivali anti alligatore e la tipica cravatta di cuoio dei cowboy. Somigliava un po' all'amico di Curious George, ma invece della scimmietta lui aveva un  maiale selvatico con il fiocchetto. Tutti i bambini sono subito usciti dall'acqua e gli sono corsi intorno. Come si chiama? Cosa mangia? Cosa fa? Mille domande. Il signore ha risposto brevemente, ma era scontroso, quasi infastidito. Con tutta una foresta a disposizione, se non hai voglia di parlare perchè te ne vai con un maiale infiocchettato in un posto che è pieno di bambini? 
Quando ci ha voltato le spalle ho notato che aveva una pistola in bella vista alla cintura.
Brividi. 
La prima persona che vedo indossare una pistola a vista è uno che ha tutta l'aria dello psicopatico. Sarà un caso.

lunedì 7 ottobre 2019

piccolo il mondo, grande il numero di studenti

Mi prendo la briga di fare diverse ore di strada e andare in un altro stato per raggiungere un rifugio in mezzo alla foresta con i cervi sotto alla finestra che neanche Biancaneve, solo per rilassarmi qualche giorno e staccare completamente dal lavoro. 
La prima sera vado a cena con la mia famiglia in un ristorante della zona e un tale mi si avvicina: "Scusi, lei insegna arte alla scuola Wonka?". E indica la figlia, una mia studentessa. Erano seduti proprio accanto a noi. 
Piccolo il mondo, grande il numero dei miei studenti.



sabato 21 settembre 2019

un mese

La scuola è iniziata da un mese e la mia vita è cambiata radicalmente. Per la prima volta in vita mia, ho un numero di studenti che mi provoca giramenti di testa. Centinaia di bambini che qualche volta mi incontrano in giro, al supermercato o al parco, corrono ad abbracciarmi io ancora a mala pena li riconosco
Un giorno mi sono sorpresa a dire a qualcuno che mi sembra di essere stata catapultata nella vita di qualcun altro. Un pensiero bizzarro, ma non del tutto assurdo. 

In questo mese, ho passato nottate intere a non dormire e ripassare ogni cosa da fare il giorno dopo e altre nottate intere a sognare di rivivere la giornata. Il tempo è volato, non so nemmeno dove siano andati i giorni. Mi sembra di avere vissuto un anno in un mese.
Ho ricominciato a piangere. Ho pianto quasi tutte le sere. E non per disperazione o rabbia o tristezza. Ho pianto per stanchezza e senso di inadeguatezza o di sopraffazione, non so nemmeno io come spiegarlo. Troppo, tutto troppo. Piangere mi ha aiutato molto, mi ha sbloccato
Un giorno è successa una cosa stranissima. Ho incontrato una mia amica, le ho chiesto come stava ed è scoppiata a piangere anche lei, in mezzo alla folla. Si è giustificata dicendo che come chiedo come stai io, nessun altro. Mi ha detto con stupore, sembra proprio che tu lo voglia sapere! Sostanziali differenze culturali, machevelodicoafare. Poi però ho pensato che bello non sono l'unica a piangere. Glielo ho detto che in questo periodo piango anch'io come una fontana e si è sentita subito meglio anche lei. Everybody hurts, lo vogliamo ammettere o no? E' inutile fare gli splendidi a tutti i costi, è proprio inutile.
In questo mese ci sono state diverse brutte notizie, tante volte ho pensato...se casca un'altra tegola, una sola, qua crolla tutto o più che altro crollo io.
La scuola Wonka continua a essere un posto affascinante e imperscrutabile. C'erano un paio di persone che mi guardavano di traverso. Non era un'impressione. Dicevo buongiorno e non rispondevano, facevano in modo di non incontrare mai il mio sguardo, mi trattavano con sufficienza. Per una che viene da dieci anni di buongiorno buongiornino alla scuola Flanders, questo è un trauma bello e buono. E' che a me queste piccole cattiverie, fanno soffrire da pazzi. Sento il peso delle parole non dette. Mi risulta impossibile non scervellarmi per cercare di capire l'ipotetico motivo per cui una persona con cui non ho mai nemmeno parlato dovrebbe avercela con me, ma non ne vengo mai a capo.
Malgrado tutto ciò questa settimana, è andata molto meglio. Al punto che ho ricominciato a mettere i disegnini nel sacchetto del pranzo di Woody. Me lo aveva chiesto tante volte, ma mi sembrava impossibile trovare un minuto, aggiungere un altro impegno seppur minimo, adesso invece sento di riuscire a farlo contento con un disegnino al giorno, ci tiene davvero tanto. Le mamme serie fanno food prep la domenica e io invece mi porto avanti con i disegnini, a ognuno il suo.
La cosa fondamentale che è successa questa settimana è che magicamente ho ricominciato a divertirmi in classe e hanno anche cominciato a tornare le idee, per un po' era tutto bloccato. E' come se mi fossi riappropriata del mio unico superpotere, insegnare arte ai bambini. 
L'altro giorno durante una sorta di festa, la preside ha preso la parola per dire che sono la sua insegnante preferita, pensavo non si potesse dire una cosa così in pubblico. Dice che in sole quattro settimane ho messo la scuola sottosopra e ho fatto cose che nessuno si sarebbe mai potuto sognare e poi tanti altri complimenti, ma non li ricordo bene perchè dovevo concentrarmi per non fare uscire le lacrime. L'ho detto che sono diventata una fontana, vero? C'erano anche quel paio di persone che mi guardavano storto. Adesso mi salutano e mi sorridono e a volte mi chiedono anche come sto. Suppongo che mi odino. 
Il giorno dopo la preside è ripassata dalla mia classe, accompagnata dalla sua vice, per ripetermi le stesse cose e chiedermi se non starò mica lavorando troppo e mi raccomando riposati. Ho già avuto un aumento e dopo tutto questo, hanno deciso di mandarmi alla conferenza a cui volevo andare e a cui inizialmente non intendevano mandarmi. Suppongo che dovrei essere felice e lo sono, ma è tutto così surreale. Mi chiedo perchè mi sia torturata da sola per un mese. I toni entusiastici della preside e di tutti gli altri in fondo non sono una totale novità. Sono cose che ho sentito mille volte in passato, nei posti di lavoro, ai colloqui e ovunque sia andata. Sono mediocre un po' in tutto, ma il mio lavoro lo so fare bene. Perchè me ne sono completamente dimenticata? O meglio perchè sotto sotto non ci credo? Come si fa a imparare ad avere fiducia in se stessi da adulti? 

domenica 15 settembre 2019

la giornata Internazionale del puntino


Come tutti voi di certo saprete -e chi non lo sa?- oggi è la Giornata Internazionale del Puntino, #internationaldotday in cui si celebra la creatività attraverso il libro "The Dot" di Peter H. Reynolds che è la storia di una maestra che incoraggia una bambina recalcitrante a disegnare. La mia scuola mi ha chiesto di fare un lavoro di gruppo in cui ogni bambino avesse la possibilità di partecipare. Ho semplicemente chiesto a ogni studente dai 5 ai 12 anni di disegnare un puntino e quello che è venuto fuori mi ha lasciato molto spesso a bocca aperta.
C'è stato un ragazzino di prima media, non piccolo, un tipetto serio, che ha passato tutta l'ora a colorare furiosamente e quando gli ho chiesto dove fosse il puntino con gravità mi ha risposto: "È un puntino invisibile". Come mettere in discussione tanta sicurezza, va bene, puntino invisibile sia.
Ogni bambino mi ha raccontato la sua storia. Le opere sono belle e colorate, ma sentire da loro i motivi è impagabile.
Il lavoro che mi ha colpito di più è quello di una bambina che pazientemente ha ricalcato un cerchio, lo ha dipinto con i colori dell'arcobaleno e all'ultimo momento ha sollevato il foglio e ha fatto sbavare tutto. Quando l'ho vista mi sono precipitata a aiutarla. Pensavo si fosse confusa. Invece lei mi ha detto di non preoccuparmi, che era così che lo voleva. Poi in cima al foglio ha scritto queste parole: nobody is perfect, nessuno è perfetto.

Quanta bellezza, quanta profondità nei bambini. Una meraviglia infinita.

domenica 25 agosto 2019

la scuola wonka

Queste prime settimane di lavoro, com'era prevedibile, sono state complicate.
La fase più difficile è stata senz'altro quella precedente all'inizio delle lezioni. E' una scuola fuori dall'ordinario in tutti i sensi, come vi raccontavo qui
Alcuni esempi?
Faccio un colloquio perfetto, mi mandano il contratto dopo due ore riempiendomi di complimenti e pregandomi di accettare, io firmo e non li sento per quasi tre mesi. Un po' di ansia ti viene. E non sono l'unica a cui sia successo, ho scoperto dopo.
Il primo giorno di formazione è girato un foglio per segnare la presenza, normale. Il secondo hanno proiettato su una parete un codice QR che bisognava aprire per segnare la presenza, più o meno normale. Il terzo giorno non hanno detto nulla della firma, ma dopo un po' ho notato che c'erano delle fotocopie di codici QR appesi a caso su una porta, sulla macchinetta delle bibite, in giro per la scuola. Ho provato a scannerizzarne uno per vedere cosa succedeva: era il file delle presenze. Poi basta, nessuno ha più richiesto di segnare le presenze. Oppure io non ho capito cosa dovevo fare e non l'ho fatto. 
Un altro giorno, arriviamo alla formazione, siamo una quarantina di insegnanti, e la vicepreside comincia a distribuire dei regali. 
- Vi starete chiedendo perchè cinque persone stanno ricevendo un regalo. E' perchè hanno letto l'email fino in fondo. 
Lo scopo dell'email era dirci di essere lì ed eravamo lì, chiaramente quindi tutti avevamo letto l'email, ma solo chi aveva avuto la curiosità o la precisione di arrivare all'ultimissima riga dopo le figure, ecc. riceveva il regalo.
Ecco, di cose così ne sono successe varie. E' come se volessero tenerti sulle spine insegnarti a ragionare in un altro modo. 
Nessuno ti spiega nulla. Prima dell'inizio della scuola, ho fatto domande ovvie: l'orario delle lezioni, quante classi ci sono, quanti bambini in ogni classe, i nomi degli studenti. La lista degli studenti, dopo dieci giorni di scuola, ancora non ce l'ho, per dire.
E' una specie di ti buttiamo in acqua e vediamo se stai a galla. Tutti ti dicono sì, l'orario delle lezioni? Certo! La lista degli studenti? Come no! Ma poi non lo fanno, non lo fanno.
Sì significa no, ma a volte anche sì. 
Un inferno lavorativo, vero? Abbastanza. 
Però, come sempre, ci sono un sacco di però.
Il primo giorno di scuola, quando sono iniziate le lezioni vere e proprie, abbiamo trovato un regalo ad aspettarci in classe e la cena pronta da portare a casa e scaldare alla fine della giornata. Sono piccoli gesti, ma importanti.
A quel punto poi tutte le grane burocratiche non contavano più. Il mio lavoro, alla fine, è insegnare e appena ho cominciato a farlo, mi sono ricordata di colpo il motivo per cui volevo così disperatamente questo lavoro. Le ore volano, mi danno fiducia totale dal punto di vista dei contenuti e della creatività. Posso proporre quello che voglio e i bambini sono meravigliosi, come sempre del resto. Ogni giorno i genitori mi mandano materiale da usare in classe. Qui funziona così: se gli piace quello che fai, ti sponsorizzano. 
E' il lavoro giusto per me. Mi sento appagata da quello che faccio. Ci sono poche cose che mi piacciano di più che semplicemente essere in quella classe. 
E poi c'è Joe che si sta trovando benissimo a scuola. Viene nella mia classe un'ora alla settimana e fa finta di non conoscermi. Le sue maestre per ora sembrano stupende, si capisce che ci tengono tanto a quello che fanno e lo vedo su di lui, è tranquillo, contento, dorme bene.
Alla spicciolata, è arrivato anche Woody. L'ho iscritto in un asilo che è proprio accanto alla mia scuola. Lui ha sofferto un bel po' nel passare da quasi tutto il tempo con la mamma a tutti i giorni tutto il giorno all'asilo, ma adesso è contento, si vede. Abbiamo anche scoperto che c'è un tunnel segreto fra le elementari e l'asilo. La mia scuola permette generosamente agli insegnanti di tenere con sè i figli prima e dopo l'orario di lezione. Così Joe e Woody non devono andare al dopo scuola, possono semplicemente aspettare nella mia classe che è un posto divertente pieno di giochi e colori, mentre io finisco con calma il mio lavoro. 
Nonostante ciò, la pressione è notevole. Le email a tutte le ore, gli studi che sono costretta a portare avanti comunque, la casa che va a rotoli. Mi sveglio sempre prima che suoni la sveglia. Ci sono dei giorni che ho un nodo di gola che non se ne va, un senso di non avere niente sotto controllo. La costante paura di aver dimenticato qualcosa di importante perchè la verità è che dimentico ogni giorno qualcosa di importante. Chiamare un'amica che sta per partorire, portare i cani dal veterinario, pagare qualcosa, presentarmi a qualche appuntamento.
La cosa buona è che sono ancora all'inizio e mi accorgo che ogni giorno va un pochino meglio. Mi sono ritrovata a pensare tantissimo al concetto di comfort zone in questo periodo. Tutti dicono che bisogna abbandonarla, ma a me manca da morire, ci salterei sopra in un secondo se postessi. Nella mia comfort zone lavoro meglio, vivo meglio, vivo. 
Vediamo di costruirne un'altra in fretta di comfort zone. Certo che questa scuola va in tutt'altra direzione. Avevo soprannominato la vecchia scuola Scuola Flanders, come il personaggio irritante dei Simpson, quello dei buongiorno buongiornino, questa invece la intitolerò al mitico Willy Wonka generoso, geniale e spietato al tempo stesso. Altro che comfort zone.