venerdì 30 maggio 2014

l’unico modo per sapere chi sei

Oggi ero a lavorare da sola nella mia classe, o caverna dato l’isolamento e l’ineffabile silenzio che solitamente vi regna, quando all’improvviso, ho sentito qualcuno piombare la’ fuori e fare un enorme baccano. Subito dopo e’ arrivata una maestra. Si tratta di una supplente e si sa come sono i ragazzi con le supplenti. Ogni volta che la incontro, la povera donna mi sembra abbastanza provata da questa esperienza, ma stanca com’era, invece di strillare o dare punizioni ha tirato fuori una frase che mi ha colpito e mi e’ piaciuta.

Gli ha detto che era sbagliato che facessero i matti solo perche’ erano li’ da soli.

Gli ha detto di pensare a come si erano comportati.

Siete davvero cosi’ voi?

L’unico modo per sapere chi sia veramente una persona e’ vedere il modo in cui si comporta quando e’ da sola, quando nessuno la guarda.

E ora ognuno si faccia un bell’esame di coscienza, a partire dalla maestra di arte.

mercoledì 28 maggio 2014

se l'occasione fa l'uomo ladro. o no

Qualche tempo fa c’e’ stato il famoso Teacher Appreciation Week, la stupenderrima settimana in cui studenti e genitori le inventano tutte per dimostrare a noi insegnanti quanto apprezzino il nostro lavoro. 

I bambini di una certa classe, in quell’occasione, hanno fatto un regalo molto speciale alla loro maestra.PhotoGrid_1401214725199 Una mattina, le hanno fatto trovare un bel cartellone disegnato da loro (o dalle loro mamme) e decorato con delle 'gift card'. Le gift card equivalgono a contanti da spendere in un qualche negozio selezionato. In teoria possono valere qualunque cifra perche’ non c’e’ scritto sopra l’importo e il cartellone non si trova in uno spazio riservato a insegnanti e studenti, da li’ ci passa una quantita’ di gente. Per questo motivo, oggi quando mi sono ritrovata di nuovo da quelle parti, ho notato subito che, dopo quasi un mese, cartello e gift card (tutte suppongo/mi auguro) sono ancora li’.

Ecco, ho pensato che e’ stranissimo. E’ come se uno lasciasse duecento euro appesi alla porta di casa, cosi’ per sport.

Perche’ l’ha fatto? Qual e’ il messaggio che vuole fare arrivare? Apprezzo di piu’ il cartellone fatto a mano del regalo vero? Sono cosi’ indifferente al denaro che, anche a livello fisico, lo ignoro? Mi fido ciecamente di voi, anzi di chiunque passi di qui?

Gia’ perche’ l’ho visto tante volte e questa, in effetti, è un'altra di quelle cose fantastiche della scuola Flanders: la fiducia sconfinata nel prossimo.

Ma io ho la mia ipotesi.

La maestra in realta’ sta conducendo un raffinato studio antropologico per scoprire se il celebre proverbio, quello sull'occasione e sull'uomo ladro che c’e’ un po’ in tutte le lingue e’ vero o no.

Chissa’ come andra’ a finire.

venerdì 23 maggio 2014

solo tre parole

Avete mai provato a chiedere qualcosa di difficile a un bambino?
Se avete qualche esperienza di insegnamento, vi sara’ capitato mille volte.
Tu chiedi qualcosa di cui non hai ancora parlato giusto per vedere se per caso qualcuno lo sa gia’ e tutti si sbracciano per dirtelo, ma le risposte di solito sono a dir poco surreali.
Ecco leggevo che questo fenomeno, recentemente e’ stato studiato.
Sono state fatte a dei bambini domande semplici e domande impossibili (es. cosa pesa di piu’ il giallo o il verde?) e gli e’ stato detto e ricordato piu’ volte che potevano tranquillamente rispondere che non sapevano. Ma quasi nessun bambino lo ha fatto. Inventavano qualunque storia senza senso pur di non dire quelle tre paroline: non lo so.
Perche’? Perche’ e’ difficilissimo, e per tutti non solo per i bambini, ammettere la propria ignoranza.
Il problema e’ che se non si ammette di non sapere qualcosa e’ tecnicamente impossibile impararla.

giovedì 22 maggio 2014

del mancato dono dell’ubiquita’

L’anno scorso, quando sono tornata in Italia, per un banalissimo imprevisto non sono riuscita a salutare una persona a cui voglio molto bene.

Ecco, quella persona ieri e’ venuta improvvisamente a mancare ed e’ finita cosi’ questa storia.

Come se mancasse il punto.

Sarebbe stato importante rivedersi sapendo che forse sarebbe stata l’ultima volta.

Indugiare ancora un po’ su quella bella faccia da vecchio, sui capelli fini tirati indietro con la brillantina da ragazzo degli anni Quaranta, su quegli occhi piccoli e luccicanti, sempre con il sorriso finche’ non si commuoveva. E come fai a non commuoverti?

Lo so che queste cose possono capitare anche a chi vive nella stessa citta’, ma sento di non aver avuto scelta. Mi agito tanto, mi impegno al massimo per usare il mio tempo in Italia al meglio, ma poi a volte, nonostante tutto.

Nonostante tutto.

Fa comodo dare la colpa all’aereo se alle quattro del mattino spalanchi gli occhi e non dormi piu’, e’ una cosa che capiscono immediaatamente tutti, ma la verita’ e’ che non e’ tanto l’ansia del viaggio in se’, e’ l’ansia del mancato dono dell’ubiquita’. 

lunedì 19 maggio 2014

grande tony

Sono in questa sala d’attesa, mando messaggi e perdo tempo al telefono. C’e’ un anziano che in un certo senso incombe su di me. E’ molto alto e piuttosto robusto tanto da trabordare un po’ dalla sua sedia e sfiorarmi quando si muove. Lo ignoro. A un certo punto, prende coraggio e mi rivolge la parola:

- E’ inglese o spagnolo?

Si, ha sbirciato. O piu’ probabilmente voleva solo fare due chiacchere, come me del resto, che avevo ripiegato sul telefono giusto per non fare sempre quella che importuna gli sconosciuti.

- E’ italiano.

Da li’ come al solito e’ partita tutta la conversazione. Mi affascinava una cosa di lui: il fatto che pronunciasse sempre Aitaly e Aitalian, non l’avevo mai sentito. O forse l’avevo sentito e avevo sempre pensato di aver capito male. E’ americano, ma viene da un altro stato, a nord:

- Ci sono solo due posti in cui vivrei: qui e a San Francisco, ma San Francisco e’ troppo cara. Questo e’ un gran bel posto in cui vivere, sono qui da trent’anni e non ho mai conosciuto nessun texano che se ne sia andato. Siamo noi altri a voler venire tutti qui. Anyway. Conosci Tony?

- Veramente no...

- Oh c'mon! Come puoi non conoscerlo? Proprio tu che sei aitaliana! Tony e’ albanese e ha il ristorante aitaliano migliore della zona. Devi provarlo subito, davvero. E’ proprio qui vicino. Io e mia moglie ci andiamo almeno una o due volte al mese. Il nostro piatto preferito? I linguini con la salsa marinara, le melanzane e il pollo, da leccarsi i baffi. Grande Tony.

mercoledì 14 maggio 2014

l’idea di felicita’

Fa capolino alla porta della mia classe una persona che non ho mai visto in vita mia, sembra una nonna. Sorride, ma non troppo.
- Lei e’ l’insegnante di arte?
- Si sono io.
- Scusi se la disturbo, ma sono passata per dirle solo una cosa: il suo lavoro mi fa felice. Ogni volta che passo per i corridoi e vedo quello che fanno questi bambini, sono felice. Ecco grazie, grazie per quello che fa. Buona giornata.
Questa e’ una cosa meravigliosa e chiaramente ha reso felice me ancora piu’ di lei, ma facevo una piccola riflessione. Questo e’ uno dei complimenti piu’ frequenti che ricevo qui nel mio lavoro. Cioe’. Quelli che vogliono farmi un grande complimento, di solito, tirano in ballo la felicita’. Ma non mi immagino qualcuno dirmi niente del genere in italiano, forse giusto in un contesto romantico.
Mi direbbero brava, mi piace, vai avanti cosi, ma la felicita’ e’ un’altra cosa per noi. Mi sembra che abbiamo molto piu’ pudore a parlarne rispetto agli americani.
O sbaglio?

martedì 13 maggio 2014

qual e’ la lezione piu’ importante?

Ieri mi e’ stato chiesto –udite udite- qual e’ la lezione piu’ importante che ho imparato nella vita.

Una domandina da niente insomma.

Ci sto ancora pensando, ma la prima cosa che mi e’ venuta in mente e’ questa.

Non importa quale sia il problema, fai qualcosa. E non intendo necessariamente qualcosa per risolvere quel problema, ma qualcosa in generale. Stancati, tieniti occupato, cerca di non rimanere da solo. Evita di rimuginare per ore o continuare a parlarne all’infinito. Interrompere il circolo dei pensieri negativi e’ una delle cose piu’ difficili al mondo, ma se hai delle cose da fare, anche delle cose banali come andare a fare una corsa o lavare dei piatti, sei tecnicamente costretto a cambiare quello stato di contrarieta’ e a introdurre nuovi elementi che in un modo che ancora non conosci, potrebbero esserti d’aiuto. E poi avete notato che di solito il raggio di luce, l’idea, la soluzione, appare proprio quando esci di casa o fai qualcosa che non c’entra niente?

E voi cosa avreste risposto? Qual e’ la lezione piu’ importante che avete imparato nella vita?

domenica 11 maggio 2014

diciamolo un’altra volta

Scrivere di maternita’ e bambini puo’ risultare irritante o banale, e’ molto rischioso. Il fatto e’ che quando ti nasce un figlio, per un po’ tutto il resto ti sembra del tutto ininfluente al confronto. Che senso ha riflettere su un film, per esempio, quando tutto il giorno, hai uno spettacolo del genere davanti agli occhi? Che senso ha preoccuparsi della politica quando hai un cittadino da crescere ed educare e non sai da che parte iniziare? Ma una volta una lettrice mi ha detto una cosa che mi e’ rimasta dentro. Che questo blog la fa sentire vicina all’idea della maternita’, che le da’ occasione di pensare anche a questa possibilita’ nella sua vita. Ecco, lo considero un grande complimento. Credo di non avere mai ripostato un vecchio post, ma vorrei proprio ripeterla questa cosa che ho pensato in occasione della mia prima festa della mamma, tre anni fa. Un abbraccio a tutte voi, care amiche lontane e vicine, mamme biologiche, adottive, affidatarie, future, presenti...e soprattutto tutte voi che vi sentite mamme nel cuore.

 

Non mi sono mai soffermata a riflettere sulla festa della mamma. Facevo un regalino alla mia, ma a dire il vero non mi e’ mai sembrata una cosa importante. Quest’anno invece, lo ammetto, sono un po’ emozionata e si’, ci ho pensato. Sapete cosa ho pensato? Che in fondo, cosi’ com’e’, non e’ giusta questa festa. Da’ un’idea fuorviante della maternita’ almeno per me. Implica in qualche modo che la mamma sia una sola ad esempio, quando ho imparato che non e’ necessariamente cosi’, non per tutti. L’amore si moltiplica non si divide e tu puoi benissimo avere una mamma che ti lascia nelle mani di un’altra proprio per il troppo amore. Per me madre e’ chi si sente madre. Chi vuole esserlo davvero e’ gia’ madre. A volte si aspetta un bambino ben prima che cresca la pancia e non e’ certo un’attesa meno intensa o meno bella, e’ solo diversa. E poi ci sono tutte quelle mamme che per qualche scherzo della vita non lo sono mai diventate. Mi vengono in mente certe maestre, certe infermiere, certe suore. Mamma e’ chi dedica la propria vita alla crescita di un altro. Ho voglia di ringraziare soprattutto loro oggi augurandomi che passino una festa della mamma felice, come meritano.

venerdì 9 maggio 2014

bu!

- Joe ti va di andare all'acquario?
- Ma io volio vedele lo squalo!
- Ci sara' anche lo squalo, credo.
- Lo squalo fa li schelzi ai pesci.
- E che scherzi fa?
- Fa "bu!"
- E i pesci cosa fanno?
- Le bolle.
- ...
- Gualda, un albelo a folma di zebla...

giovedì 8 maggio 2014

di vittorie e fallimenti

All’improvviso, nel bel mezzo di un giorno qualunque, ti viene un’idea. Finalmente hai un progetto importante che ti risveglia dal torpore delle solite cose di tutti i giorni.

Ti entusiasma e ti spaventa. Sai che hai le competenze per realizzarlo, ma sai anche che e’ difficile, che tanti altri ambiscono allo stesso risultato. Cerchi di non illuderti, ma non vuoi avere rimpianti, ci provi.

E incredibilmente… va bene, va subito bene. Chi l’avrebbe mai detto?

L’entusiasmo raddoppia.

Sei felice, ce l’hai fatta, proprio tu, contro tutte le previsioni.

Il tempo di realizzare cosa e’ successo e l’entusiasmo si dimezza.

E poi si dimezza ancora.

E ancora.

A sera non solo non ne vedi piu’ traccia, non ti ricordi nemmeno piu’ perche’ eri cosi’ agitato e desideroso di raggiungere quell’obiettivo all’inizio.

Capisci che per te il punto non e’ quello che volevi e che hai ottenuto ma: era difficile e ce l’hai fatta o forse, dato che ce l’hai fatta senza nessuno sforzo, non era un obiettivo cosi’ difficile, dopo tutto?

E ti chiedi anche.

Ma perche’ il fatto che fosse un traguardo facile o difficile dovrebbe cambiare il modo in cui ti poni di fronte a questa cosa? Era quello che volevi tantissimo e l’hai ottenuto. Non dovrebbe bastarti?

E invece no.

Se conquisti una cosa difficile, ti senti soddisfatto facciamo… per un quarto d’ora? Su per giu’. Poi te ne dimentichi. Se ottieni una cosa facile, invece, sei soddisfatto per cinque minuti si e no e poi te ne dimentichi, ma senza nemmeno avere quel senso di aver ottenuto davvero qualcosa che volevi.

Se non ottieni una cosa, in realta’ non importa che sia facile o difficile, non te ne dimentichi mai piu’.  

Eh, il vecchio caro autoboicottaggio.

martedì 6 maggio 2014

speciale, ma non troppo

Ultimamente il linguaggio di Joe si e’ fatto molto piu’ articolato, soprattutto in inglese. Mi sono ritrovata a pensare, come mi succede con Mr. Johnson, che e’ un po’ come avere a che fare con due persone diverse. Il bambino italiano, piu’ piccolo e che mi fa sempre molta tenerezza e quello americano, molto piu’ sciolto e furbetto.

Non sono stata l’unica a notare questi progressi linguistici….

- Sai, raccontavo alla mia vicina quanto e’ cresciuto il piccolo Joe e quanto e’ migliorato il suo vocabolario e la facilita’ con cui passa dall’Italiano all’inglese…e’ strabiliante! Siamo convinti che sia un genio!

- Un genio.

- Si.

- Joe? Proprio il mio Joe?

- Certo!

- Ecco…mi sa che c’e’ un malinteso. Ti assicuro che non e’ un genio, e’ un bambino normalissimo. Ho visto tanti bambini fare lo stesso anche con tre lingue, non c’e’ niente di strabiliante, basta abituarli, specialmente da piccoli. Infatti, non escludo che piu’ avanti si rifiuti di parlare italiano, l’ho visto succedere a diversi bambini nella stessa situazione. Pensa che c’e’ questa ragazzina che e’ arrivata qui a sei anni e ora, a nove, fa finta di non capire l’italiano… la comunicazione tira in ballo tante di quelle sfumature psicologiche…

- Davvero? Beh tu comunque tu non dirle niente. A lei piace pensare che Joe sia speciale.

Il fatto e’ che anche a me piace tanto pensare che Joe sia speciale, anzi lo penso e lo dico: Joe e’ speciale. Ma speciale come ogni bambino, a maggior ragione per la sua mamma. Se penso alle persone che ho conosciuto nella mia vita, mi sembra che i talenti naturali, quelli fuori dal comune, di solito finiscano per trasformarsi in armi a doppio taglio che conducono all’infelicita’.

A me piace molto l’idea che abbia delle inclinazioni, come tutti, e che si debba impegnare per svilupparle. Mi sembra sano.