domenica 31 dicembre 2017

buona vita e buon anno a tutti noi

E così è passato anche il 2017. 
Un anno duro per me sotto certi aspetti. Non solo ho inaspettatamente perso un lavoro che facevo da moltissimi anni e che amavo più di qualunque altra cosa, ma soprattutto, forse per la prima volta in modo così profondo, mi è toccato fare i conti con la realtà. Ho capito che tante cose avevo cercato di non vederle in questi anni perché facevano male. Tante persone non erano quelle che avevo creduto. Sicuramente il clima politico che si è creato qui quest'anno e quello prima ha contribuito a frantumare molte delle mie illusioni. Quello che voglio portarmi dietro nel nuovo anno non è questo però, ma quello che ho imparato. Ho imparato a fare mia l'idea che davvero anche e soprattutto da quello che non mi è piaciuto sta passando la mia crescita personale attuale, paradossalmente mi sento più serena. Ho perso qualcosa a cui tenevo, è vero, ma so anche che impegnandomi posso trovare qualcosa di migliore, e non solo per me. Ecco questo. Quest'anno più che mai mi è venuta voglia di fare la mia parte nella società, di non girarmi dall'altra parte quando vedo un'ingiustizia, ma scegliere bene da che parte stare e di provare a cambiare le cose, per quanto mi sia possibile. Ho imparato che quei cinque minuti passati a scrivere qualcosa per cui essere riconoscente ogni sera prima di andare a dormire, sono preziosi. Del resto, il 2017 è stato anche un anno molto generoso. Mi ha regalato dei viaggi meravigliosi e inaspettati e tanto tempo speso bene con le persone che amo. Mi è capitato un po' per caso di fare finalmente pace con alcune situazioni del passato che mi hanno sempre dato da penare e questo mi ha fatto bene. 
Quest'anno non ho grandi propositi, vorrei semplicemente ricordarmi alcune cose che tendo a dimenticare. La prima dovrei stamparmela e incorniciarla: devo evitare tutte quelle persone che mi fanno sentire a disagio, soprattutto quelle che mi fanno dubitare della loro sincerità. Se mi vengono questi dubbi di solito, c'è qualcosa che non va alla base. Gira al largo, rivolgi la tua attenzione ad altro, non vale la pena, ci sono tante di quelle cose da esplorare, persone da conoscere, posti da vedere. Devo ricordarmi che il tempo è sempre poco e bisogna usarlo nel modo migliore, cioè per fare cose utili. È utile imparare cose nuove ed è utile regalare tempo e ascolto a chi ti fa stare bene e ti vuole bene, questa è forse la cosa più utile che uno possa fare nella vita. Devo anche ricordarmi di prendere in mano un bel libro quando mi sento sola, accidenti se aiuta. Per finire, devo ricordarmi di guardare i problemi da punti di vista nuovi quando si presentano. Sì, sono un po' stufa di me stessa, delle mie ansie, delle mie reazioni, dei miei meccanismi. Non so se si può, ma nel 2018 vorrei essere una versione riveduta e corretta in meglio di quella che sono. Nel 2018 vorrei sorprendermi di me stessa, vorrei scoprire di essere diventata un po' più forte e saggia di quello che pensavo. 
...Ragazzi, nel 2018 faccio 40 anni, è proprio ora... Ce la farò? Vedremo! 
A voi che leggete, auguro esattamente lo stesso.

Le gioie della vita. Gli affetti, i viaggi, l'arte. Nella speranza che si moltiplichino per tutti noi nell'anno nuovo.

Buona vita e buon anno a tutti noi.


sabato 30 dicembre 2017

contraddizioni da cowboy

In questi giorni siamo ospiti del cugino di Mr Johnson, l'unico vero cow boy che abbia mai conosciuto. In realtà, di lavoro fa il giudice, ma la sua passione sono i cavalli selvaggi così ha deciso di partecipare a un programma governativo che si occupa di spostarli dalle zone in cui ce ne sono troppi e fanno danni, a quelle in cui ce ne sono meno per evitare di sopprimerli. Al momento C. ha circa 150 cavalli, tutte femmine così non si riproducono. Secondo gli accordi dovrebbe semplicemente lasciarli pascolare sui suoi terreni, ma lui gli dà da mangiare e li cura quando stanno male. Oggi lo abbiamo accompagnato mentre gli dava la cena. Ogni cavallo mangia circa 5 kg di fieno o erba al giorno, potrebbero sopravvivere da soli, ma lui integra la loro dieta con delle proteine per rafforzarli. Ci ha raccontato che fino a due anni fa non riusciva a farli mangiare perché non si avvicinavano, ora invece la maggior parte di loro si fida di lui, ma possono essere comunque molto aggressivi, non sono come i cavalli a cui siamo abituati. Qui vivono bene, hanno cibo, acqua e nessun nemico naturale. C. ti racconta storie stupende su ognuno di loro. Li adora quanto io adoro i miei cani.


È vero C. dedica tutta la sua vita a questi cavalli. Li conosce uno per uno e ti racconta mille storie su di loro, ma ha anche molti altri interessi. Ama viaggiare soprattutto. Ha una madre ultraottantenne appena tornata dall'Ecuador e già in partenza per l'Europa e figli giovani sempre in giro per il mondo. Si tratta di una famiglia che vive in un luogo che più isolato e provinciale è difficile immaginare, ma che è anche aperta all'esterno, curiosa del diverso, sempre in cerca di stimoli e desiderosa di incontrare nuove culture. C. ci ha raccontato anche di viaggi che ha fatto per cacciare in vari posti. Ho ascoltato in silenzio, senza fare domande, non mi andava di tradire la delusione. Le pareti del ranch sono coperte di teste di animali imbalsamati. Oltre ai cavalli il ranch ospita delle antilopi e altri animali africani che in passato chi pagava poteva venire a cacciare. Sì, C. organizzava dei veri e propri safari sui suoi terreni. È una cosa a cui faccio una fatica enorme a pensare. Non riesco a conciliare l'immagine di un uomo che salva animali destinati alla morte (non solo cavalli, ma anche cani, gatti, ecc) con quella di qualcuno che uccide per divertimento. Eppure è così, la natura umana è perversa e complicata, imperscrutabile. Forse quando cresci con l'idea che sia giusto uccidere, ti ci abitui. Pare che negli ultimi anni abbia smesso sia di cacciare che di organizzare questi orribili safari, ma non sono sicura delle motivazioni. Non so, non capisco come uno possa essere disposto a donare la vita per alcuni animali e divertirsi a ucciderne altri. 

martedì 12 dicembre 2017

mi date una mano?

Blogamici, ho bisogno di una mano. 
Qualche mese fa vi raccontavo questo bruttissimo episodio di razzismo capitato nella scuola di Joe. E' una cosa che mi ha fatto molto male come madre e come membro di questa comunità e su cui ho continuato a ragionare in questi mesi. 
Ci devono essere dei modi per migliorare questa situazione, per forza! Ma quali? 
Prendendo spunto da come altre città americane hanno reagito di fronte a episodi simili, ho pensato a un paio di idee che la settimana prossima andrò finalmente a discutere con la direttrice e la psicologa della scuola. Ma mi piacerebbe avere più carne da mettere sul fuoco, in caso le mie proposte non convincano.
Voi che esperienze avete? Soprattutto voi in Europa, immagino, ma non solo.
A Milano ho tanti amici insegnanti e ogni volta che torno mi raccontano meraviglie. Laboratori sulla diversità, sulle emozioni... cose che qui non ho mai visto o che al limite ho cercato di fare io, nell'ambito della mia materia ogni volta che mi è stato possibile. La settimana scorsa leggevo di una scuola di Milano in cui si fa educazione alla non-violenza attiva non solo con gli insegnanti, ma anche con i genitori, tre ore al mese, se ho ben capito.
Vorrei chiamare degli esperti, coinvolgere i genitori... ma a volte mi sembra di combattere contro i mulini a vento.
Mi date delle idee, dei link, dell'entusiasmo?
Io penso che se a sei anni ci sono dei bambini che dicono tu con noi non giochi perché sei nero o io dalla fontana dove hai bevuto tu non bevo perché hai la sindrome di down, stiamo sbagliando qualcosa come società. Il messaggio dell'uguaglianza va decisamente ribadito e ribadito e ribadito ancora all'infinito il perché evidentemente a casa spesso e volentieri non viene supportato.
Ho provato a parlarne con una mamma dell'associazione dei genitori e mi ha lasciato a bocca aperta: non ha capito nulla. Credo che questi discorsi per molti qui siano inconcepibili. Aiutatemi voi, voglio provare a cambiare le cose!

mercoledì 6 dicembre 2017

che la gentilezza sia tutto

Un vicino di casa ha appeso questo cartello. Dice:
"In questa casa, noi crediamo che le vite dei neri importino, che i diritti delle donne siano diritti umani, che nessun essere umano sia illegale, che la scienza sia reale, che l'amore sia amore, che la gentilezza sia tutto."
In un primo momento, l'ho trovato avvilente. L'idea che uno senta il bisogno di affermare l'ovvio, per me è deprimente. Ripensandoci però ho cambiato opinione. Ringrazio chi ha appeso il cartello, mi fa sentire un po' meno sola in questo momento storico in questo paese. Mi dà sollievo il fatto che ci sia qualcuno che non ha remore a mettere in chiaro da che parte sta nella vita.


martedì 5 dicembre 2017

per fare tutto giusto

Ieri ho comprato due barattoli: uno pieno di animali e l'altro di dinosauri di plastica. Woody li svuota e li riempie nuovamente con grande precisione: animali da una parte e dinosauri dall'altra. Lo guardo ammirata, è cosí concentrato e meticoloso. Ma che bravo! Prima di quel momento, non ero nemmeno sicura che avesse capito che i dinosauri non erano animali come gli altri, ha solo due anni lui. Lo faccio notare a Joe.
- Guarda che bravo tuo fratello!
- Molto bravo, anche se veramente c'è un errore. Ha messo gli pterodattili fra i dinosauri.
- Allora diciamo che ha diviso gli animali estinti da quelli non estinti.
- Sí, ma c'è un altro problema, non lo vedi?
- No.
- L'etichetta del barattolo è sbagliata. C'è scritto dinosauri, ma hanno messo anche gli pterodattili. Bisognerebbe cambiare l'etichetta per fare tutto giusto.

sabato 2 dicembre 2017

sembra che dio stia spingendo via il sole

Alle sette in punto arriva Joe. - Posso svegliarmi?
- Guarda, a me sembri sveglio...io invece vorrei dormire ancora un po' visto che è sabato...
- Sì ma ho sentito che la mia pancia ha fatto un rumore, mi sa che le serve un po' di colazione.
- Alla pancia?
Andiamo in cucina e ci troviamo davanti a questo spettacolo. Corriamo in giardino e mi fa:


- It looks like God is pushing the sun away.
Sembra che Dio stia spingendo via il sole. 


Ecco, diciamo che Dio non è l'argomento del giorno a casa Johnson. A volte mi chiedo... ma da dove gli vengono certi pensieri a sette anni?


venerdì 1 dicembre 2017

living it all / 2

Mr J é stato qualche giorno a New York per lavoro. La sera prima che partisse mi è venuto un brutto mal di gola, ma poi mi sono sentita meglio. L'avevo anche rassicurato: "A parte questo leggero mal di gola, mi sento benissimo!".
Ieri, dopo che mi ha mandato un messaggio per dirmi che si era imbarcato e che stava tornando a casa, mi sono improvvisamente resa conto che non solo il mal di gola non se n'era andato, ma non mi reggevo quasi in piedi. 
Streptococco. 
Mi sono dovuta mettere a letto, fortuna che a quel punto c'era lui a prendersi cura di tutti gli esseri umani e non la cui sopravvivenza dipende solo da noi due. La mia unica preoccupazione, nel delirio dell'improvvisa malattia, era che avevo una lezione di arte questa mattina e non avrei mai e poi mai voluto cancellarla all'ultimo momento. E poi l'esame. Non potevo certo studiare in quelle condizioni. Dico con quel filo di voce che mi resta: 
- Però non è giusto! Già ho i minuti contati per studiare, per di più mi becco una bronchite e uno streptococco in tre settimane...
- Allora smettila di stressarti.
- Stressarmi? Io? No, guarda che io sono tranquillissima. Se non passo l'esame, lo rifaccio, che sarà mai.
- E' evidente che ti stanno venendo tutte queste cose adesso perché sei sotto stress. Stai tranquilla e vedrai che starai meglio e andrà tutto bene. 
E niente. Dice che lo stress non si vede, il disonesto.
E siamo ancora a novembre. 
Realisticamente dubito di poter superare l'esame e tutte le feste indenne.

                                              ...

Il giorno dopo, mi sento meglio. Ma sì, facciamo un salto al supermercato dopo scuola.
Avete presente quando i bambini di due anni fanno i capricci senza motivo, solo per stanchezza, e si disperano e non c'è assolutamente niente da fare tranne aspettare che si calmino da soli e ti si fa il vuoto intorno e tutti ti guardano e vorresti far finta di passare di là per caso, ma ti rendi conto che l'abbandono di minore è reato e così stai lì e abbozzi e rispondi di sì a tutti i geni che hanno consigli da darti anche se ti piacerebbe mandarli a fare un giro? Ecco così. 
Del tipo che se avessi scritto questo post in inglese sarebbero bastate due banalissime parole: temper tantrum.
Venti minuti. Non sapete le lacrime. La disperazione allo stato puro, l'angoscia. E adesso? Come se non fosse successo nulla, come se me lo fossi sognato. 



mercoledì 29 novembre 2017

living it all

In questi giorni mi sono tornati in mente gli ultimi tempi dell'Erasmus. C'erano gli esami e dovevo studiare molto, ma allo stesso tempo volevo divertirmi. Cose tipo, viaggiare, ubriacarmi, andare a ballare. Era stato senza dubbio l'anno più esaltante della mia vita. In inglese, c'è un termine perfetto per l'esperienza che avevo fatto: life-changing. Ma di lì a breve avrei dovuto dire addio a tanti amici e compagni di avventure indimenticabili e anche a un grande amore, un certo texano biondo e arrabbiato col mondo che sicuramente non avrei mai più rivisto né sentito (perchè sono sempre stata un'ottimista io, eh).
Ricordo che per qualche giorno ci provai a fare tutto, poi a un certo punto scattò qualcosa. Per la prima volta, mi ribellai al mio micidiale superego di ventenne con la testa fin troppo sulle spalle e decisi, sì decisi, che non avrei rinunciato a nulla. In fondo se i Queen ci hanno insegnato qualcosa, è proprio questo, no? Avrei continuato a uscire fino a tardi e andare in giro e avrei anche superato i miei esami. E lo feci. Volevo tutto e mi presi tutto con una determinazione che non avevo mai saputo nemmeno di avere.
Adesso, dopo tanto tempo, mi sento esattamente nello stesso modo. Ho un esame enorme la settimana prossima e tante altre cose fondamentali da fare non solo affinché questa casa non crolli con tutti i suoi abitanti umani e non, ma anche per raggiungere il mio agognato obiettivo professionale. Ecco, se vi dico che mi sento friggere dalla voglia di tornare a insegnare, immaginate una sensazione fisica. Ho veramente bisogno di tornare nella classe di arte, se non metto tutte le idee folli che ho nella testa da qualche parte, rischio di perdere la ragione. Però friggerei nella stessa misura se perdessi anche solo una tappa della crescita dei miei bambini. A loro, in fin dei conti, cosa frega dell'esame? Loro vogliono solo fare i bambini, pensare a Babbo Natale, ai nonni che arrivano, alla festa di compleanno e sapete che vi dico? Anch'io. Poi le cose prima o poi andranno come devono andare anche senza sbattere la testa contro il muro.
L'importante, certe volte, è sapere quello che si vuole.

martedì 28 novembre 2017

le tradizioni che ti inventi


Dovrei studiare, ma non posso rinunciare a mantenere certe nostre piccole tradizioni e ancora di più a vedere i loro occhioni spalancarsi la mattina del primo dicembre, anche solo per un attimo. 
🎄



giovedì 23 novembre 2017

happy thanksgiving a voi, ovunque siate

Oggi è il giorno del Ringraziamento. Le feste sono sempre un po' a rischio malinconia e per chi vive all'estero forse ancora di più. Noi, ad esempio, abbiamo una famiglia molto piccola e molto sfilacciata qui. Avremmo dovuto andare a trovare le nonne, come ogni anno, ma una di loro ha cancellato all'ultimo momento impedendoci di fare altri piani. Il giorno del Ringraziamento per gli americani è il giorno della famiglia. I grandi viaggi per riunirsi li fanno ora non a Natale. Così vedi tutti che si riuniscono e tu no e può essere triste, però devo dire che qui l'umore oggi è alto. Forse abbiamo davvero imparato a star bene fra noi anche in queste occasioni. Mr. J ha deciso di cucinare tutto il menù di Thanksgiving solo per noi quattro, avremo avanzi da smaltire per settimane. C'è un'atmosfera di festa e, davvero, di ringraziamento per tante e tante cose. Poi quest'anno i miei genitori ci hanno fatto la bellissima sorpresa di venire a trovarci a Natale così fra un po' avremo anche quella sensazione di festa lì, festa grande, un po' come in Italia.
🦃🍗
Happy Thanksgiving a voi, ovunque siate.

mercoledì 22 novembre 2017

impressioni sparse sulle hawaii

Ma alla fine come è andata alle Hawaii? Tutti mi chiedono se siano state all'altezza delle mie enormi aspettative.
Beh, la risposta corta è assolutamente sì. 
Chiaramente non ho trovato Fantasilandia -qualche collana di fiori forse sì, di golf cars e smoking bianchi neanche l'ombra - ma non sono rimasta per niente delusa. 
Siamo stati tutto il tempo sull'isola di Oahu.
La natura lascia senza fiato. 

Il colore dell'acqua, le scogliere a strapiombo, la vegetazione rigogliosa, le montagne vulcaniche, gli uccelli tropicali... è un posto incredibile. In alcune zone riparate puoi fare snorkeling tranquillamente e vedere una varietà di pesci tropicali, il resto della costa è meglio lasciarla ai surfisti invece. La potenza dell'oceano è spaventosa e affascinante al tempo stesso e loro, i surfisti, sono fighi come nei film, anche lì niente da recriminare. 
E' stato strano non sentire mai nemmeno una volta una lingua europea in dieci giorni. Ci sono tantissimi asiatici, soprattutto giapponesi. Il bilinguismo di fatto a Honolulu è inglese e giapponese, ogni scritta è tradotta in giapponese. 
La gente del posto mi è piaciuta molto in generale. I nativi hanno dei tratti somatici splendidi come tutti sanno, una bellezza intensa, inconsueta. Tutti gli hawaiani con cui sono entrata in contatto, nativi e non, mi sono sembrati accoglienti, cordiali e curiosi di me quanto io di loro. 
Una parola è tornata più delle altre: laid-back. Ti dicono sempre che loro sono gente rilassata, tranquilla che non cerca grane. Ed è vero. Voglio dire, i texani che mi sono sempre sembrati laid-back in confronto ai milanesi, sono delle furie in confronto agli hawaiani. Del resto, come si fa ad agitarsi quando si è su un'isola così, senza niente che cerca di ucciderti? Anche questo mi ha colpito dopo undici anni in Texas. C'è tutta questa natura
lussureggiante, ma non è come qui che appena ti giri trovi un serpente, un ragno velenoso, un tornado, un uragano o chissà cosa...lì hai l'impressione che la natura sia dalla tua parte. 
In effetti, se un posto viene comunemente definito paradiso terrestre, un motivo ci sarà pure, no?   
Le Hawaii fanno parte degli Stati Uniti, ma non hanno molto in comune con il resto. Tutti gli Stati che ho visitato, nella loro diversità, avevano determinate caratteristiche, le Hawaii per quello che ho visto no, sono un altro mondo. 
Honolulu ha un quartiere turistico che si chiama Waikiki. Tutto è splendente e perfetto a Waikiki. Fuori da questa zona (e se guardi bene bene anche dentro) però ti accorgi che di problemi la città ne ha. Ci sono moltissimi senzatetto. Un giorno, ad esempio, cercavamo una certa spiaggia che ci avevano indicato, siamo andati un chilometro più avanti per sbaglio e ci siamo imbattuti in un piccolo accampamento di homeless ed era surreale perché su una spiaggia da cartolina come quella normalmente ti aspetti al massimo ombrelloni e sedie sdraio. 
Un gallone di latte a Honolulu costa quasi 11 dollari, a Dallas circa tre e cinquanta.
Qualcuno quando ero lì mi ha detto di godermi il paradiso e di non pensare a niente e sono stata benissimo, certo, però non ho potuto fare a meno di notare queste situazioni. Si dice che la maggior parte degli homeless sia gente che ha cercato di realizzare il sogno di vivere lí e non ce l'ha fatta schiacciata da un costo della vita esorbitante e dalla disoccupazione. Tante volte rimangono lì a vivere per strada semplicemente perché non riescono a comprarsi un biglietto per tornare da dove sono venuti. Non è che uno possa fare l'autostop. Fra Honolulu e Dallas, ad esempio, ci sono di mezzo nove ore di volo.  
Mentre eravamo lì c'è stata la visita di Trump. Quando la sera c'erano i fuochi d'artificio e non facevo in tempo a uscire fuori a guardarli, li vedevo riflessi sulla Trump Tower che era di fronte al mio albergo, che metafora perfetta e che ironia della sorte. Durante la visita, ci sono state delle manifestazioni contro di lui, come ovunque del resto. Il giudice che ha bloccato per tre volte il muslim ban è di Honolulu, per dire. Le Hawaii sono uno stato a maggioranza democratica e infatti non vedo come lo spirito del posto possa sposarsi con la retorica bellicosa dell'attuale presidente, anche se nei quartieri residenziali qualche cartello pro-Trump, l'ho notato. Come mi hanno detto vari abitanti del posto, le Hawaii sono un melting pot. Ho visto che gli abitanti del posto non solo amano la loro isola, ma se ne occupano anche in prima persona pulendo le spiagge meno rinomate e sorvegliandole affinché i turisti non le danneggino. D'altra parte però ho visto uno spreco di plastica orribile e di bidoni per la raccolta differenziata in giro non se ne vedono. Tante contraddizioni e tante domande rimaste aperte, sarebbe necessario passarci dei mesi o degli anni per capire meglio come stiano realmente le cose.
A volte, però penso a tutti quelli che dicono di essere rimasti delusi dalle Hawaii. Ma?! Sarà vero? Sarà una forma di snobismo? Ci penso e ci ripenso e proprio non capisco come si possa rimanere delusi. C'è una cultura affascinante, c'è una natura mozzafiato, il cibo è ottimo, la popolazione è accogliente, cosa si può desiderare di più? 
Certo, bisogna cercare di esplorare il più possibile una volta lì, noi ci abbiamo provato per quel che potevamo con due bambini. Se fossimo rimasti nei dintorni dell'albergo, avremmo perso la parte più bella e interessante del viaggio, forse è questo l'errore che genera la delusione.
Abbiamo partecipato a un Luau che è una festa tradizionale Hawaiana, una sorta di celebrazione della vita. Abbiamo ascoltato la musica del posto...

...E assistito ad alcuni spettacoli di Hula, una danza elegante e meditativa, non pensavo fosse così, mi piacerebbe molto impararla.



Sotto molti punti di vista, Oahu mi ha ricordato un'isoletta meravigliosa del Messico dove sono stata qualche anno fa. Non saprei dire quale posto sia più bello, entrambi mi sono rimasti nel cuore. 
E' solo che le Hawaii sono proprio lontane. Ecco, è questo. C'è qualcosa di spirituale nell'essere in un luogo tanto remoto, qualcosa che mi ha fatto bene a livello mentale. Vedere tutto da lontano e gioire solo del presente. C'era una questione che mi angosciava prima di partire, ma lì non ci ho mai pensato, nemmeno una volta, me ne sono accorta una volta a casa. A quel punto, però quel brutto pensiero aveva perso quasi tutta la sua forza e in questo momento, dopo aver avuto l'opportunità di guardarlo da lontano, mi sento di essere riuscita a capovolgerlo. Non è stata una questione di essere in vacanza e dimenticare i problemi, è stato un oblio momentaneo, molto salutare, una cosa che non credo mi sia mai successa prima.
Un hawaiano mi ha detto che se ci si deve portare a casa una cosa sola della cultura  locale è il concetto di Aloha
Alo nella lingua locale significa condividere nel presente. Oha significa gioia, affetto gioioso e Ha è il respiro della vita

Non è meraviglioso?

Aloha. E mahalo, grazie.


Altre foto qui.

martedì 21 novembre 2017

quattordici dolcetti della fortuna

Stasera abbiamo ordinato il cinese e Joe mi ha chiesto un secondo dolcetto della fortuna. 
- Mi spiace, quello è di dada.
- E dove sono gli altri dodici?
Dodici? 
Poi ho capito. Io ho detto "fortune cookies" e lui ha capito "fourteen cookies". E niente, la parola "fortune" è una di quelle che mi creano dei problemi. 
Dopo undici anni.

sabato 18 novembre 2017

la mafia per gli americani

Una cosa che mi ha sempre urtato i nervi è la fascinazione degli americani per la mafia. Per loro la mafia è cool. Non credo che la percepiscano come un fenomeno reale. Per loro la mafia è il Padrino, la mafia è Marlon Brando, è un ciclo epico pieno di coraggio e temerarietà. Riina non sanno nemmeno chi sia, non è per niente cinematografico. E il fatto che sua figlia, oggi, mandi avvertimenti mafiosi e riceva centinaia di condoglianze via FB non li sfiora.

venerdì 17 novembre 2017

il test dell'invidia

Mi ha scritto oggi qualcuno nei commenti che gli italiani sono invidiosi, ma a me sembra che l'invidia invece, sia solo un sentimento come gli altri e che come tale appartenga a tutti gli esseri umani in qualche misura. Forse gli italiani ogni tanto tendono a essere meno bravi a nasconderla, diciamo così. Recentemente ho trovato il modo di scoprire se una persona é invidiosa: andare alle Hawaii. Lo so, non é un sistema molto pratico, ma andare alle Hawaii, soprattutto fuori stagione mentre gli altri lavorano, é la cartina di tornasole dell'invidia, ho potuto constatare. C'é questa mamma fuori da scuola -un classico- che l'altro giorno mi chiede con quel minimo di apprensione:
- Da quanto tempo! Come va, tutto bene? - Sì, siamo stati in vacanza... Cerco di tagliare corto perché se non spieghi bene tutta la situazione (questa), la gente si fa strane idee. A domanda precisa sulla destinazione rispondo, ma senza entrare nei dettagli per questioni di tempo e la reazione è questa: - Ommioddio che meraviglia le Hawaii! E com'è andata? Vi sono piaciute? Ma come avete fatto con Joe? La maestra lo sapeva che perdeva tutti quei giorni di scuola? L'avete avvertito il preside, no?Come farà a recuperare due settimane? Ha perso tantissime cose, c'è anche la recita, come farà avendo saltato tutte le prove? Con lei ho abbozzato, che pensi quello che le pare, ma diamine. Non poteva banalmente essere contenta per noi senza cercare problemi che non esistono? La recita poi è andata bene e la maestra era d'accordissimo sul viaggio. Dopo due mesi di scuola, mi ha detto:
- Guarda, Joe, ha quasi raggiunto gli obiettivi a cui deve arrivare alla fine dell'anno, andate e divertitevi.
Sono convinta che abbia imparato molto di più durante questo viaggio che a scuola. Adesso, per dire, dopo aver conosciuto a Pearl Harbor un superstite di Pearl Harbor, la sera invece delle favole, vuole leggere un libro sulla seconda guerra mondiale. E' in prima elementare, sono abbastanza sicura che non avrebbe maturato questo spiccato interesse per la storia altrimenti.
Per lui, dopo questo viaggio, la storia è improvvisamente materia viva. Ha parlato con una persona che c'era, ha visto. E' per questo che viaggiare è cruciale, trasforma le nozioni in immagini, suoni, sapori, odori. Quando siamo tornati, ho pensato a tutti quelli che mi avevano detto che le Hawaii non erano un granché e mi sono resa conto che, combinazione, non c'erano mai stati. Perché erano così negativi allora?
Una volta, un'amica non italiana -c'eravamo trasferite entrambe qui da poco- mi disse: - Non capisco. Quando sono partita erano tutti tristi e preoccupati. Quando mi sentivo sola e sperduta, all'inizio, mi sono stati vicino. Adesso che le cose mi vanno bene, nessuno si fa più vivo. Non capisco nemmeno io, ma a volte succede così e se ne possono trarre diverse conclusioni.
Di solito le persone sono incapaci di gioire per gli altri quando gli manca qualcosa e in un certo senso, capire questo e capire cosa gli manca, può migliorare la conoscenza reciproca, però l'invidia è causa di grande sofferenza da entrambe le parti, sia per chi la prova che per chi la riceve.
Forse con un po' di distacco e con tanta buona volontà, con persone davvero importanti per noi, la si può affrontare, razionalizzare, e la si può trasformare in qualcosa di meno tossico. Ma al momento la mia è solo una supposizione.

mercoledì 15 novembre 2017

l'opinione pubblica americana e quella italiana

Il caso degli scandali sessuali è orribile e angosciante, ma è anche perfetto per fare paragoni. I fatti sono praticamente gli stessi. Da una parte, qui, in un paradigma che continua a ripetersi apparentemente senza fine, chi viene accusato, confessa, si dimette o viene licenziato, si scusa e va a farsi curare, in poche parole: sparisce dalla circolazione. La gente per lo più dice di avere speranza che si sia arrivati al colmo della misura e che ora questo malcostume venga sradicato anche in altri ambiti professionali. 
Tutto per merito di chi, forte del gruppo che si sta formando, sta trovando anche dopo tanto tempo, la forza di denunciare. 
Quello che sta succedendo in Italia, invece, è raccapricciante. Sono le vittime che devono difendersi. 
Nessuno ammette, nessuno si scusa e per di più i colleghi prendono le loro parti. 
E' pazzesco. "Io non le farei lavorare", "non capisco perché denuncino", "cercano visibilità", "perché solo ora?"...ma ci credo che nessuna mai ha osato denunciare prima! 
E poi c'é la ciliegina sulla torta: le donne. Le donne italiane in questa storia sono le peggiori. Qui di solito divorziano le donne, che siano mogli o colleghe, salutano l'accusato e se ne vanno perché non possono ignorare le accuse di altre donne. In Italia senti di mogli che si espongono a difendere l'indifendibile e, va bene, puoi anche in qualche modo comprenderle, ma le altre? Come si fa a difendere qualcuno da un'accusa simile senza essere state nella stessa stanza in quel momento e avere visto con i propri occhi cosa sia successo? E' chiaro che le persone abbiano rapporti diversi. Non è detto che tutti vengano trattati allo stesso modo e anche se si è amici da tanti anni, come ci si può esporre? Chiaramente ognuno tende a tenere le proprie malefatte per sè. Dovreste ascoltare cosa ha detto in lacrime Marc Maron, uno dei migliori amici di Louis C.K. alla radio ieri: non lo ha mica giustificato, anzi, non lo abbandona come amico, ma non si sogna nemmeno di giustificarlo.
Ecco questa cosa in Italia, mi colpisce tantissimo. 
Come si fa a sentire certe storie, sempre simili fra loro, raccontate da diverse persone, e immediatamente schierarsi con l'accusato per partito preso? 
Come se una donna che denuncia un abuso di per sè avesse meno credibilità. Non capisco. Cioè capisco e mi fa piuttosto impressione questa mentalità. 
Qui non è così, escluse alcune fazioni estremiste del partito repubblicano (gugolatevi ---> Roy Moore se avete voglia di controbattere con un po' di whataboutismo). 
La mia sensazione, e mi dispiace, è che perfino nelle tenebre dell'era Trump l'opinione pubblica americana sia avanti anni luce rispetto a quella italiana. Sigh.

mercoledì 8 novembre 2017

un certo tipo di sogni

Chi mi conosce lo sa che c'è una sola cosa che non ha mai smesso di piacermi dai tempi dell'asilo: le tartarughe. Ebbene sì, ho una passione infantile e infinita per le tartarughe, infatti il mio più grande sogno di viaggio, ancora più grande delle Hawaii dove mi trovo ora, sono le isole Galapagos, dove ho sempre immaginato di vedere le tartarughe giganti. È un sogno che ho da quando ho scoperto che esistevano tantissimi anni fa, alle elementari credo. La prima volta che ho visto una tartaruga marina in un acquario, a Genova, sono scoppiata a piangere dall'emozione. Il passo successivo sarebbe stato vederle nel loro ambiente. Ci ho provato ogni volta che ho potuto in Messico, in Grecia, in Spagna... niente. Qui alle Hawaii c'è una spiaggia, famosa in tutto il mondo, dove quasi ogni giorno vengono a riposarsi le tartarughe verdi. Se leggi qualunque review o parli con chi ci è stato, sembra che queste tartarughe ci siano davvero, è il loro ambiente, stanno lì. Ecco, ieri no.
Ho avuto un attimo quasi di incredulità. Un'altra volta, dopo tutta questa strada. Non so se mi ricapiterà un'altra occasione simile nella vita.
Però sapete che vi dico? Non ho provato tristezza. Ho pensato a questi giorni indimenticabili e a tutte le fortune della mia vita e ho pensato anche che avere un sogno così, forse irrealizzabile per nutrire la fantasia, è una di queste. Nei giorni sereni, continuerò a nuotare con le tartarughe la sera prima di chiudere gli occhi. E va bene così.

martedì 7 novembre 2017

misteri della vita

Un po' mi spiace che i miei bambini abbiano visto le Hawaii, l'Italia e tante altre cose così presto. Senza un termine di paragone è impossibile godersi a fondo qualunque esperienza. Guardo Joe in questi giorni e non so se si rende conto. Se si fosse fatto almeno una ventina d'estati nello stesso posto sperduto, non turistico, non segnato sulla cartina, con mille parenti addosso, senza giocattoli, senza il telefono nè la televisione per due mesi, si renderebbe conto.
Si renderebbe conto che non importa se da grande vedrai i posti più belli del mondo, la nostalgia per quelle estati lì, quelle senza assolutamente nulla da fare, non ti abbandonerà mai.

martedì 31 ottobre 2017

il diabete a halloween

Quest'anno Joe ha un amico del cuore a scuola e questo bambino ha da poco scoperto di avere il diabete. La sua mamma ora lavora solo la sera quando il padre torna a casa. Ancora non si fidano a lasciarlo con altri e li capisco. C'è l'insulina da prendere, il cibo da controllare
scrupolosamente e soprattutto i possibili sintomi da osservare con attenzione, è ancora troppo piccolo lui per capire al momento opportuno cosa gli sta succedendo e come reagire. Ho un'amica con lo stesso problema da quando aveva la stessa età. Mi dice sempre che é una cosa con cui si può convivere benissimo. Lei fa una vita normale, anzi molto attiva, in effetti, ha anche avuto due bambini e stanno tutti bene, però bisogna prima un po' assorbirla una botta simile, credo. Per questo bambino sarà il primo Halloween dopo la diagnosi e la sua mamma era piuttosto angosciata mentre me lo diceva. La capisco. L'unica cosa vera che ho potuto dirle per consolarla è che ai bambini piace più che altro bussare alle porte con i loro costumi e che il giorno dopo alle caramelle non ci pensano più. Sono contenta del fatto che me lo abbia detto subito, appena ci siamo conosciute. Qui c'è sempre un po' questa volontà di nascondere le cose difficili, invece sapendolo, ci si può aiutare in tanti modi.
Certi pesi i genitori non possono portarli sulle spalle da soli.

Mi dicono che in Italia oramai Halloween va per la maggiore e infatti sento molte meno lamentele negli ultimi anni. Non ho mai capito cosa ci fosse da lamentarsi, se fosse una questione religiosa o politica. Chissà se un giorno arriverà il Carnevale qui. Per ora è ancora un segreto. Vi confesso che spero di no.
A ciascuno il suo, così è tutto più speciale, no?

mercoledì 25 ottobre 2017

da ricordare

Quando hanno chiesto al giudice della corte suprema Ruth Bader Ginsburg un commento sulla perdita di importanza della verità in questo nuovo corso politico, lei ha risposto di essere ottimista a lungo termine. 
"Un grande uomo una volta ha detto che il vero simbolo degli Stati Uniti non è l'aquila, ma il pendolo. E quando il pendolo oscilla troppo in una direzione, poi torna indietro".

martedì 24 ottobre 2017

nonsi l'hawaiana

Vi chiederete il senso di questa foto. Ecco, è che fra una settimana la famiglia Johnson al completo volerà proprio lì, nell'isola di O'ahu, alle Hawaii. 
Non è pazzesco?
Probabilmente no. Il fatto è che -mi capirete- sogno di andare alle Hawaii solo dai tempi di Fantasilandia, era il 1983. E' un paradiso, uno dei posti più esotici che possano venirmi in mente. I fiori enormi, i vulcani, le spiagge. Ripenso a Lost, a Magnum P.I.... vado alle Hawaii!
E in realtà vi confesso che sono fra l'esaltato e il dubbioso (perché non posso mai spegnere il cervello e rilassarmi io, figuriamoci).
Ho paura che mi deluda, forse questo più di tutto. 

Tu parli con un italiano delle Hawaii e parte un film, qui invece sì attirano e ben pochi ci sono stati in fin dei conti, ma non è la stessa cosa. Sono troppo care, bello ma non ci vivrei..
Mi stropicciano i sogni, uff. 

Che ci andiamo a fare dieci giorni a Honolulu a novembre in pieno periodo scolastico e lavorativo? 

Una riunione di famiglia. 

Quando una buona parte della tua famiglia vive a Kyoto, in Giappone, le riunioni di famiglia magari finisce che le fai alle Hawaii, così per comodità. 
Oh raga, ci si becca a metà strada. 

E cosí sta per succedere questa cosa stupefacente e io che faccio? Ovviamente autoboicottaggio duro. E' da settimane che temo che qualcuno si prenda qualche influenza e non si vada più e ieri mi sono ammalata sul serio io, un brutto virus intestinale, ora sto già meglio, speriamo. Ma la settimana è lunga e l'ipocondria tenace. Vedremo chi la vincerà.
Per il resto sono quasi nove ore di volo da Dallas e ho questa fantasia di far finta di non conoscere Mr. J, mettermi un seggiolino più indietro e vedere come se la cava lui, abituato com'è alla sua carta oro, per una volta a volare da solo con i due marmocchi.

E niente. Questa è la novità di questi giorni. Seguite Nonsisamai su Instagram per il reportage fotografico che non mancherà e se qualcuno di voi ci è stato e ha qualche buona dritta, si faccia avanti.

Comunque, sì è decisamente pazzesco.  

lunedì 23 ottobre 2017

chi mai?

Quale presidente o meglio, quale essere umano, potrebbe mai dire alla moglie (incinta del terzo figlio) di un giovane soldato appena deceduto sul campo di battaglia è un peccato, ma lui sapeva a cosa andava incontro e ripeterlo anche, senza mai pronunciare il nome del soldato e ringraziarlo e lodarlo? Beh, tutti possiamo dire una cosa sbagliata in quelle circostanze, nell'emotività, non è mai semplice fare delle condoglianze articolate. Chi allora invece di scusarsi immediatamente comincerebbe mai ad attaccare la giovane vedova di mentire via Twitter? Ad accusare falsamente il proprio predecessore di non aver mai fatto nessuna telefonata di condoglianze e farsi difendere da qualcun altro davanti ai giornalisti?
La telefonata era in vivavoce ed è stata sentita e raccontata allo stesso modo da più persone. Nemmeno la Casa Bianca ha smentito la vedova, ma Trump continua a chiamarla bugiarda. 
Qui di questa storia (di cui ho omesso molti dettagli) se ne sta parlando tantissimo da una settimana e forse è giusto per quanto penoso. Non era mai successa una cosa simile. Certi argomenti sono sempre stati apolitici e riservati, ma oramai sta andando tutto a rotoli. 
Se vi interessa, credo che l'unico a spiegarvi tutto per bene in italiano sia come sempre Francesco Costa.

giovedì 19 ottobre 2017

il secondo primo giorno di primavera

Se vivi in Texas, il primo giorno dopo l'estate in cui puoi spegnere l'aria condizionata e aprire le finestre per una boccata d'aria, è un po' come il primo giorno di primavera.

mercoledì 18 ottobre 2017

ti spiace che la catalogna voglia staccarsi?

Ieri ho incontrato una persona che era molto preoccupata per me:


- Ti ho pensata in questi giorni! Come sta la tua famiglia in Italia? Come stanno prendendo le spinte separatiste della Catalogna? Sono spaventati?

Ecco, ho cercato di essere più delicata possibile rispondendo che la mia famiglia sta molto bene in Italia, ma ho tanti amici in Spagna che sono preoccupati, in realtà soprattutto per gli incendi, proprio come in California, un disastro, ma perché non se ne parla qui? Insomma, cambiando discorso alla grande.

Perché poi si fa presto di fronte a una gaffe del genere a pensare male di chi ti sta di fronte, ma sapete la verità? Un minuto prima lei aveva parlato di quando torna in India, ogni estate, e per un momento mi era venuto in mente di chiederle in quale città solo che poi mi sono detta che conosco sì e no due o tre città dell'India e questa informazione non avrebbe aggiunto molto alla conversazione. Di sicuro anche a lei sembrerà assurda la mia ignoranza su un paese enorme come l'India.

A volte bisogna fare un po' di autocritica prima di giudicare gli altri. Questa è una cosa che vivere all'estero o avere spesso a che fare con gente di tutto il mondo ti insegna molto bene. 

martedì 17 ottobre 2017

#metoo

C'è anche il mio #metoo adesso in mezzo a tutti gli altri. Mi ha sorpreso il fatto che non sia stato semplicissimo come avrei immaginato metterlo lí nero su bianco. All'inizio ho trovato delle scuse. Non è stato mica niente di così grave in fondo, sto bene, è passato tanto tempo, sono fatti miei. 
Però poi no. 
Stai bene perché la vita va avanti e perché certi pensieri preferisci metterli da parte, ma quando provi a ricordare, ti sale ancora la rabbia. Non è giusto che succedano certe cose praticamente ovunque e a qualunque donna e che chi le subisce si senta quasi più in imbarazzo di chi le impone. Nell'ultimo post abbiamo parlato della differenza fra l'approccio americano e quello italiano su questa vicenda di Weinstein. Beh, sapete che vi dico? Più passano i giorni e più apprezzo il fatto che qui si stia volando alto. Sembra che a nessuno importino i dettagli dei singoli casi. Si parla del sistema in generale, si parla di come smontare finalmente questo sistema più vecchio del mondo. Indipendentemente dai risultati, tanto di cappello per la capacità di questa opinione pubblica di tenere lo sguardo fisso sulla luna invece che sul dito. Ecco, poi magari sarebbe bello che questa opinione pubblica esercitasse la propria intelligenza e mostrasse i propri valori anche in altri ambiti, ma non divaghiamo. 
Per una volta guardiamo il buono dove c'è.

lunedì 16 ottobre 2017

asia argento e rose mcgowan

Il caso delle molestie sessuali compiute dal produttore cinematografico Harvey Weinstein ai danni di numerose attrici, mi interessa soprattutto per un motivo: mette in luce in maniera lampante l'enorme differenza culturale e di mentalità fra gli Stati Uniti e l'Italia. 
L'unica cosa che ho sentito dalle mie amiche americane è che sono contente e fiduciose perché per la prima volta si parla apertamente di abusi che sono sempre stati noti, e riguardano anche altri ambienti professionali, ma non sono mai stati condannati né tantomeno discussi dall'opinione pubblica. Certo, ammettere che ci sia un problema è sempre il primo passo, però io francamente non ci riesco a essere così ottimista considerando che questo paese che non ci mette nulla a licenziare un produttore sporcaccione, è tuttora guidato da un altro sporcaccione che ha vinto le elezioni pochi giorni dopo essere stato ascoltato da tutto il mondo mentre si vantava di poter afferrare qualunque donna per i genitali (l'ha detto lui e in modo molto più volgare) in quanto ricco e famoso. 
Tornando a Weinstein, c'è un'attrice americana, Rose McGowan che nell'ultimo anno ha raccontato diverse volte di essere stata violentata da un importante produttore che molti ritengono essere Weinstein, ma di cui lei non ha mai fatto il nome in modo diretto. Perché? Lo ha scoperto in questi giorni il New York Times: all'epoca l'attrice firmò un accordo legale in cui si impegnava a mantenere il silenzio in cambio di una grossa somma di denaro da Weinstein.
La situazione di questa attrice è piuttosto controversa quindi, tanto quanto quella di Asia Argento, che ha dichiarato di aver subito delle violenze vent'anni fa, ma di aver taciuto per paura di ritorsioni professionali. 
Il fatto interessante è che Asia Argento in Italia la stanno spolpando viva, mentre Rose McGowan, con delle critiche, sì, ma in generale qui viene difesa.   
Su questa vicenda posso offrirvi solo tanti dubbi e nessuna certezza. Faccio molta fatica a immedesimarmi in queste donne, però non le condanno, mi limito a cercare di capire come tutti
Quello che mi fa impressione è l'accanimento con cui in Italia ci si scaglia contro chi denuncia, soprattutto Asia Argento, in quanto italiana immagino. 

Perché non si è mai vista tutta questa indignazione contro uno stupratore o, in questo caso, anche contro tutti quelli intorno a lui che lo hanno coperto per decenni?

Che conclusioni staranno traendo in questo momento tutte quelle donne vittime di violenze che stavano considerando l'ipotesi di denunciare? 

venerdì 13 ottobre 2017

e voi quale oggetto inutile portereste in capo al mondo?

L'altro giorno ero a pranzo con un'amica speciale che non vedevo da qualche mese. Lei è una di quelle persone che mi rimettono al mondo. Una di quelle amiche, e per fortuna ne ho più di una, che spesso fanno una cosa strana: quando vanno a casa mi mandano i link delle cose di cui mi hanno parlato e io questa cosa la adoro particolarmente perché significa che c'è pensiero in tutto quello che si fa e si dice, c'è voglia di coinvolgersi nelle rispettive scoperte, anche quando purtroppo si riesce a passare poco tempo insieme. 
A un certo punto mi ha chiesto se ho mai avuto un diario. Le è stato consigliato di compilarne uno per motivi terapeutici e non sa da che parte cominciare. 
Che per me è pazzesco. 
Ho cominciato a avere un diario praticamente appena ho imparato a scrivere. Non ricordo nemmeno il come o il perché, è stata una cosa del tutto spontanea per me. Avevo tutta questa roba dentro e ha un certo punto ha cominciato come a straripare. 
Poi oggi cercavo un documento e...

Ventisette diari. E questi sono solo quelli che quando mi sono trasferita ho deciso che non potevo vivere senza. Ne mancano un paio che ho riportato quest'estate e tutti quelli fino alla prima adolescenza. 

Ho sempre pensato di scrivere molto poco, troppo poco. 

A volte ci convinciamo così bene di essere in un determinato modo che perdiamo completamente di vista la realtà. 

Comunque, non li ho aperti. 

Non li apro da mille anni, ma non posso vivere senza, al punto che ho dovuto portarli fin qui anche solo per metterli in uno scatolone e nasconderli nello scaffale più alto dell'armadio. Però so che ci sono. Ci sono loro e ci sono ancora io, anche quella che non sono più.

Mentre cercavo, ho trovato anche il diario di Joe, chiuso a chiave. A malapena sa scrivere in prima 
elementare, chissà che segreti avrà mai.

E voi avete qualcosa senza nessun utilizzo pratico di cui, anche in capo al mondo, non potreste mai fare a meno?

mercoledì 11 ottobre 2017

eminem e jay z

La settimana scorsa parlavo con Mr. J del fatto che in Italia non ho mai sentito una sola canzone di Jay Z mentre qui è praticamente un dio. Secondo lui è una questione di linguaggio che è molto difficile da capire e in sostanza, è come un dialetto. E' vero, gli rispondo, però Eminem era molto famoso, ad esempio.

E lui rimane piuttosto sbalordito.

- Il rapper più famoso in Italia era Eminem? L'unico rapper bianco? Ma allora siete razzisti anche voi!

E io ma va'. Finisce lì.

Accidenti però, sono passati un po' di giorni e ancora ci penso a questa cosa mentre guardo il video di Eminem di cui tutti stanno parlando oggi, quello in cui fa cinque minuti di freestyle contro Trump nel parcheggio dell'Esselunga di Detroit. In effetti, la narrativa in Italia, per una come me che non lo seguiva da vicino, era proprio quella: l'unico bianco che ce l'ha fatta in mezzo ai brutti ceffi neri del ghetto. Bah. Si torna sempre lì.

domenica 8 ottobre 2017

perché le statue dei confederati no ma l'architettura fascista sì

Come sapete qui negli Stati Uniti si stanno pian piano rimuovendo o ricollocando i monumenti dedicati alla celebrazione dei soldati confederati. 

Il New Yorker si è chiesto allora come mai in Italia, a differenza di molti altri paesi come la Francia o la Germania, ancora ci siano così tanti monumenti fascisti e nessuno se ne lamenti. 
Ecco, può essere anche una provocazione intrigante questa, ma si tratta di due questioni a mio parere assolutamente non comparabili. 

Qui stanno rimuovendo non edifici perfettamente inseriti nel contesto culturale dell'epoca come la stazione Centrale di Milano o il Palazzo della Civiltà Italiana a Roma, ma banalissime statue equestri dedicate alla celebrazione di chi ha cercato attivamente di dividere il paese in due e promuovere lo schiavismo. 

Le statue americane oltretutto sono state erette soprattutto agli inizi del Novecento o negli anni Sessanta come risposta ai movimenti per i diritti civili, con lo scopo principale, dunque, non di preservare la memoria storica o portare avanti un ideale estetico, ma di intimidire chi si batteva per l'uguaglianza e auspicare un futuro dominato dai bianchi.

Se la questione vi interessa quanto interessa a chi scrive, è in arrivo un lungo post sull'argomento. 

Nel frattempo i neonazisti sono tornati a marciare su Charlottesville come ad agosto.

venerdì 6 ottobre 2017

lanciare un po' di gentilezza nell'universo


"Speriamo che abbiate un trasloco facile e che vi godiate la vostra nuova casa. Abbiamo portato in questa casa tutti e tre i nostri adorati bambini, quindi c'è stato moltissimo amore e moltissima felicità fra queste mura! Vi auguriamo la stessa felicità" 

Ancora mi emoziono a rileggere il biglietto che ci hanno lasciato dieci anni fa i precedenti proprietari della nostra casa.
Un gesto semplice e spontaneo per loro, ma che ha significato molto per noi che lo abbiano ricevuto.

Non è così difficile lanciare un po' di gentilezza nell'universo, no?

giovedì 5 ottobre 2017

qualcosa ma cosa?

Ho portato Joe a scuola stamattina e ho incontrato come sempre la mamma dell'utero, quella di qualche post fa. Anche questa volta mentre i bambini ci facevano ciao ciao con la manina mi ha raccontato una cosa molto grave: che sua figlia è capitata in classe con delle bambine che non la fanno giocare perché é nera e le dicono un sacco di brutte cose al punto che si è rivolta alla psicologa della scuola.
La psicologa ha fatto scrivere alla bambina più razzista del gruppo una lettera di scuse, ma poi le ha separate. Adesso non siedono allo stesso tavolo.
Vorrei sapere che senso ha dal momento che di solito la gente è razzista perché non conosce gli altri. Come fanno a diventare amiche? Se sono state separate penseranno che sia meglio che si evitino, no? La psicologa dice che è una misura temporanea, ma non capisco.
La mamma era così demoralizzata, sta considerando perfino di cambiare città. Vorrei fare qualcosa, ma non so cosa.
Credo fermamente che questo sia un problema di tutta la classe (la scuola e la società), non solo della bambina di colore o di quella che si è comportata male.
La prima cosa che farò di sicuro sarà parlarne con Joe. Voglio sapere se ha mai assistito a scene simili, cosa ne pensa e come si comporterebbe.