domenica 31 marzo 2019

discorsi fondamentali

E poi un giorno qualcuno sta male e tu sei in Texas o chissà dove. A volte penso che in effetti anche se fossi a Milano non cambierebbe molto se mia nonna fosse in un ospedale di Lecce. Ma poi ci ripenso meglio e lo so che mi sto raccontando una bugia. Cambia, cambia tutto. Dall'altra parte del mondo, sei lontano in tutti i sensi. Il giorno qui, la notte là. Non hai vicino nessuno che nemmeno la conosca tua nonna, nessuno che si preoccupi con te. Convivi con il dubbio legittimo che dall'altra parte non ti dicano tutto, anzi sei sicuro che non ti dicano tutto, e non è escluso che qualche volta sia anche un bene. La tua vita va avanti senza nessun cambiamento apparente, ma appena sotto la superficie qualcosa si muove. 
E' strano come funzioni la nostalgia. In questi giorni io e Joe ci stiamo facendo un sacco di partite a scopa, lui non lo sa, ma questa cosa mi è di un qualche conforto. 
Con le nonne come la mia non si fanno tanti discorsi, si fa una partita a scopa, si mangia, si parla del tempo. Cose che sembrano banali, ma poi arrivano momenti così e ti accorgi che non sono banali per niente. Ci sono tanti di quei modi per fare dei discorsi, discorsi fondamentali sulla vita e sull'amore reciproco. Non sempre occorrono le parole.

mercoledì 27 marzo 2019

la rupe di sparta texana

Un po' di tempo fa vi raccontavo (qui) di una mamma che aveva costretto il figlio piangente a saltare dalla roccia che vedete nella foto per insegnargli che non bisogna avere paura di niente e che se ci si fa male si va dal dottore che ci riaggiusta (parole sue). Sinceramente pensavo fosse matta. Cosa preoccupante anche perchè la mamma in questione è la maestra di Woody. La settimana scorsa, quando le ho chiesto com'era andato lo spring break, mi ha risposto desolata: "Così così, mio figlio si è rotto il braccio, ma cosa ci vuoi fare? Doveva succedere, lui è cosí atletico, non ha paura di niente".

Che prima o poi dovesse succedere, non avevo dubbi nemmeno io in effetti.
Sarà matta? O sarò matta io?
Perchè ieri ho assistito alla stessa identica scena.
C'era una bambina, questa volta un po' più grande che piangeva disperata sulla roccia. Piangeva così forte che sono subito corsa a vedere cosa stesse succedendo. E chi trovo sotto alla roccia? La madre tutta incavolata, forse anche con me che ho osato avvicinarmi.
"E' capace, deve smetterla di piangere e saltare giù subito".
Tutto uguale. I lacrimoni bagnano le guance paffute della bambina che continua a chiedere aiuto. La madre insiste, la bambina alla fine salta e sembra prendere una storta alla caviglia. La madre apparentemente molto infastidita, la porta subito via sorreggendola, zoppicante e piangente.
Mah? Mi spiegate questa cosa? Sono le famose mamme tigre? Sono io o sono loro? E' una cosa americana o anche in Italia i genitori sono così severi?
Indipendentemente dall'età, per me se uno, una cosa come questa non la vuole fare, non dovrebbe farla. Sono perplessa.
Mi torna in mente un pomeriggio invernale in cui ero andata al cinema con una mia amica e sua figlia quindicenne a cui avevo chiesto banalmente come va. Mi risponde con un filo di voce:
- Così così, questa settimana ho perso 8 libbre in tre giorni. E mi sono anche allenata ogni giorno.
Sono un po' turbata, la madre mi aveva raccontato che in passato questa ragazzina, ha avuto dei disturbi alimentari, aveva anche visto un medico per questo motivo. La matematica non è il mio forte, ma insomma...otto libbre sono quasi 4 Kg, non credo di aver mai perso tutto quel peso in tre giorni, e sono molto più robusta di lei. Sono quasi tentata di chiederle come abbia fatto. Scherzi a parte, quest'anno ha cominciato a fare un certo sport a livello agonistico e bisogna seguire una dieta molto ferrea per rientrare nella categoria giusta. Dice talmente ferrea che le viene più facile digiunare che mangiare così poco. Non mi sembra molto entusiasta del suo sport, mi sento quasi come se in un certo senso mi abbia chiesto aiuto o abbia voluto chiederlo a sua madre attraverso me. La mia amica sorride un sorriso preoccupato mentre parliamo di tutto questo e tace.
D'altra parte i risultati nelle gare sono molto buoni, le amicizie sempre di più, in teoria tutto bene. Per arrivare in alto bisogna soffrire, lo sanno tutti.
Con il mio atteggiamento 'morbido' sto togliendo delle possibilità di successo ai miei figli, non ci sono dubbi, ma tutto questo stoicismo nel mio caso è fuori discussione, non esiste.
Non c'è una via di mezzo?
Ci sono delle cose, poche, su cui non transigo (non si mettono le dita nel naso, bisogna fare i compiti, cose così), per il resto come si fa a obbligare o a spingere qualcuno a fare qualcosa che o non vuole fare o in qualche modo gli fa male, fisicamente o psicologicamente, per raggiungere un certo obbiettivo? A cosa serve poi?
Voi cosa ne pensate? Che genitori siete?

martedì 26 marzo 2019

quelle storie belle che non fanno altro che migliorare

Sapete quelle storie edificanti che più vanno avanti e più migliorano? Non ce ne sono molte, eh?
Ve ne racconto una a cui non riesco a smettere di pensare.
C'era una volta un bambino di otto anni di nome Tanitoluwa Adewumi, detto Tani, che nel 2017 insieme ai genitori e al fratello maggiore, è dovuto fuggire dal suo paese, la Nigeria. Tani, senza casa, ha vissuto per due anni in un centro di accoglienza per rifugiati di Manhattan. Un giorno a scuola, ha imparato a giocare a scacchi e gli è piaciuto cosí tanto che ha chiesto ai genitori di frequentare un corso per migliorare. La madre non potendo pagare l'iscrizione, ha deciso di provare a chiedere con il suo misero inglese se data la situazione Tani avrebbe potuto partecipare gratuitamente. La scuola ha accettato e Tani ha cominciato a migliorare rapidamente e a vincere un torneo dietro l'altro finchè un paio di settimane fa, ha vinto il più prestigioso di tutti.
Fra tutti i bambini dello stato di New York, compresi quelli delle scuole private e quelli che giocano dall'asilo con i tutor personali al seguito, ha vinto lui.
Qui è dove la storia già bellissima di per sè tocca vette di meraviglia notevoli.
Dopo la vittoria, e soprattutto un articolo di Nicholas Kristof sul New York Times, qualcuno ha aperto un GoFundMe che ha già raccolto più di duecentomila dollari. Le più prestigiose scuole si sono fatte avanti offrendogli numerose borse di studio e un avvocato ha offerto di occuparsi della causa di cittadinanza della sua famiglia gratuitamente. Diverse persone gli hanno offerto anche alloggio. La famiglia ha optato per uno degli appartamenti più modesti. Gli hanno regalato dei mobili e tutto il necessario. Hanno regalato perfino un'automobile al padre che fa l'autista Uber. Qualcun altro ancora ha spedito più di cento libri sugli scacchi e la madre ha ricevuto un'offerta di lavoro.
Scusate, mi sono sbagliata, è qui che la storia comincia davvero a prendere il volo.
La famiglia, dopo tutto quello che ha passato, ha deciso di non toccare un centesimo dei duecentomila dollari. Hanno donato il 10% alla chiesa che li ha aiutati quando sono arrivati e hanno usato il resto per aprire una fondazione destinata ad aiutare altri rifugiati africani. Hanno rifiutato anche le borse di studio per dimostrare tutta la loro gratitudine alla scuola che ha accolto Tani appena arrivato e gli ha insegnato a giocare a scacchi. Il resto lo scopriremo probabilmente al cinema visto che ben tre compagnie cinematografiche stanno facendo a gara per accaparrarsi i diritti della storia.
Succedono anche queste cose. La stragrande maggior parte dei rifugiati non sono criminali come qualcuno vuol farci credere, sono persone per bene che come tutti, aspirano a una vita migliore, e non solo per se stessi.

lunedì 25 marzo 2019

quando il tuo migliore amico è la tua lingua

Ieri, mentre camminavamo nel bosco, Woody (tre anni) ci ha raccontato che ha un amico. 
Si chiama Wakey ed è una...lingua, sì proprio una lingua. In particolare, Wakey è uguale alla mia lingua. Ha un anno, non sa ancora parlare e camminare e non ha la mamma e il papà, però ha un fratello.
Wakey è il primo amico immaginario di Woody. 
Che emozione. 
Joe ha otto anni e ne ha avuti diversi di amici immaginari. Ricordo lo scoiattolo Cioppi e soprattutto Joe Ombra e Joe Specchio che a un certo punto facevano parte della famiglia e poi sono scomparsi. Adesso credo sia rimasto un dinosauro immaginario che ogni tanto fa ancora qualche apparizione sporadica.
Che età meravigliosa con questa fantasia scatenata e questa libertà incredibile.
Vedere ogni giorno questi due bambini crescere è l'esperienza più divertente e affascinante della mia vita.

domenica 24 marzo 2019

i ragazzi di parkland

Ogni giorno ci scorrono davanti così tante notizie, ma alcune dovrebbero davvero fermarsi un attimo di più e non scorrere via come se non avessero nessun significato.
Nel giro di pochissimi giorni due studenti sopravvissuti al mass shooting dello scorso anno al liceo Marjory Stoneman Douglas in Florida, si sono suicidati.
Una cosa che ci dimentichiamo spesso è che in queste stragi le vittime non sono solo quelle che muoiono al momento, ma anche quelle a cui tocca vivere con un'invalidità permanente che può essere fisica o psicologica o di entrambi i tipi per tutto il resto della vita.
Tutti gli adolescenti soffrono, è fatale, ci siamo passati tutti. Mi immagino questi poveri ragazzi, con quello che hanno visto.
Una delle ragazze che si sono suicidate, non riusciva più a entrare in una scuola.
Vedere i loro amici morire così sotto i loro occhi e salvarsi. E poi lottare con le unghie e con i denti.
Questi -non dimentichiamocelo- sono i ragazzi che in un mese, hanno costruito dal nulla un movimento di gun control globale (--->March For Our Lives), di alcuni ricordiamo i nomi e le facce, l'eloquenza soprattutto. Hanno risvegliato le coscienze di un intero paese. O sarebbe più corretto dire di una metà del paese perchè l'altra metà li ha presi in giro, umiliati, aggrediti, li hanno perfino accusati di essere degli attori.
E cosí sono sopravvissuti sì, ma hanno toccato con mano il fatto che nonostante tutti i loro sforzi, nulla cambi. Mai.
I motivi per cui la gente si suicida sono tanti e il più delle volte imperscrutabili, ma è probabile che qualcuno non abbia sopportato questo ennesimo dolore.
Possiamo dire con certezza che le vittime neozelandesi della scorsa settimana non siano morte invano, non altrettanto per questi poveri liceali americani.

venerdì 22 marzo 2019

grazie jacinda

Dopo la strage nella moschea del 15 marzo, il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern per prima cosa ha ascoltato le lamentele degli elettori e poi ha dichiarato che avrebbe introdotto dei cambiamenti nel giro di pochi giorni. Ha tenuto fede alla sua parola, infatti oggi stesso, meno di una settimana dopo, ha annunciato il divieto delle armi automatiche e semiautomatiche. Si è rivolta poi alle varie piattaforme social affermando che non possono più lavarsene le mani: devono assumersi la responsabilità dei messaggi che veicolano. Ha rifiutato di pronunciare il nome del terrorista dichiarando "Forse cercava la notorietà, ma noi in Nuova Zelanda non gli daremo niente, nemmeno il suo nome". Invece delle solite trite condoglianze, ha visitato la scuola frequentata da alcune delle vittime e ha parlato a braccio coprendosi il capo in segno di solidarietà e rispetto.
"Non possiamo conoscere fino in fondo il vostro lutto, ma possiamo camminare accanto a voi in ogni sua fase".
Ha pagato tutte le spese dei funerali e ha promesso di dare un aiuto economico alle famiglie delle vittime.
Per noi che guardiamo tutto questo dagli Stati Uniti, è una specie di sogno.
"In New Zealand, it took one mass shooting to awaken the government. In the United States, even a string of mass killings — 26 dead in a school in Newtown, Conn.; 49 in a nightclub in Orlando; 58 at a concert in Las Vegas; 17 in a school in Parkland, Fla. — has not been enough. Nor has the fact that 73 percent of Americans say that more needs to be done to curb gun violence, according to recent polling."
Però...forse sono pazza, a me dà comunque speranza il comportamento di Jacinda Ardern. Adesso c'è un esempio da seguire almeno. Sappiamo che tutto questo è possibile volendo. Appena passerà questa ondata di razzismo e corruzione e al potere tornerà qualcuno con una coscienza, potremmo cominciare a prendere la stessa direzione anche qui. Io ci credo.

giovedì 21 marzo 2019

che angoscia ragazzi

Recentemente mi è capitata una cosa stranissima e bella. Per la prima volta in tutti questi anni, mi sono imbattuta in una sorta di mio omologo maschile. Italiano, coetaneo, sposato con un'americana (che parla italiano, vera rarità), arrivato qui lo stesso anno in cui sono arrivata anch'io. E' un mio vicino di casa, ma non l'avevo mai incontrato prima. Anche lui non frequenta molti italiani, mi pare di capire (qui in Texas ci sono alcuni italiani, non molti, ma di solito si fermano per poco tempo).
Ieri finalmente, ho conosciuto sua moglie ed era fantastico perchè anche con lei c'era questa sensazione di 'tu sai cosa intendo' che non mi capita mai di avere qui, devo sempre spiegare TUTTO, a volte preferisco non dire nemmeno, così evito di spiegare.
E insomma, si parlava di un ipotetico ritorno e lei mi diceva esattamente quello che dico sempre anch'io, che qualche volta è divertente pensarci, ma poi la vita è talmente più semplice qui che è molto improbabile che ci si sposti.
Mi dice: - Parliamo di tornare in Italia ogni volta che c'è qualche sparatoria nelle scuole, quello è davvero l'incubo.
Tempo di tornare a casa, accendere il computer e trovarsi davanti le foto di uno scuolabus in fiamme a San Donato Milanese.
Che angoscia ragazzi.

giovedì 14 marzo 2019

run beto run

Riemergo un attimo dal mio spring break perchè stamattina mi sono svegliata con una serie di messaggi...Hai visto? Beto si è candidato! Ce la farà?
Allora, vi dico quello che sento qui (e che potete sentire anche voi, le mie fonti di solito sono NPR, Vox, NYT, The Atlantic...).
L'altro giorno c'è stato un breaking news perchè Joe Biden (che è stato il vice di Obama) ha dato a intendere che FORSE si candida alle primarie democratiche. Come sapete, ci sono un sacco di candidati, ma tutti i sondaggi per ora sono dominati da Joe Biden e Bernie Sanders (intorno al 25-27%, gli altri meno del 10%).
Un caso interessante secondo me, è quello di Elizabeth Warren, che non sembra avere molte chance di vincere la nomination ora come ora, ma che sta dettando l'agenda filosofica del partito. Si sta esponendo su vari temi importanti (la regolamentazione delle grandi società tecnologiche, il finanziamento ai partiti, politiche per il supporto della famiglia, educazione prescolastica... ) costringendo gli altri candidati a esporsi a loro volta e a prendere posizioni chiare. Mi sembra una gran cosa.
Beto lo sento sempre nominare come possibile vice con Joe Biden o Kamala Harris. Chissà. Comunque vada mi sembra positivo che uno come lui si candidi. Si dice che non abbia l'esperienza necessaria, ma ha spostato di molto il Texas a sinistra, un'impresa non da poco! E poi come ricordano sempre tutti, anche Lincoln perse al senato. Tutto può succedere.
Qui in Texas lo abbiamo visto combattere con le unghie e con i denti per almeno un paio d'anni. Un'energia incredibile, comunque la si pensi. Era dal vivo on line a documentare tutto quello che faceva giorno e notte. E' partito dal basso, nessuno scommetteva su di lui. Però lui è uno che va dalle persone, ovunque, ascolta tutti e pian piano si è costruito un nome, un brand forse. Considerando il clima politico attuale, mi piace molto di lui che non risponde mai alle provocazioni e dimostra sempre una grande civiltà. Credo che il suo contributo comunque vada, eleverà il dibattito democratico.
Voi cosa ne pensate. State seguendo le primarie democratiche? Qual è il vostro candidato di riferimento?

sabato 9 marzo 2019

me lo fai un sorriso?

Crescendo, il femminismo non è mai stato in cima alle mie preoccupazioni, non mi sono mai sentita oppressa come donna. Mia madre era casalinga e mio padre ci ha sempre inculcato che il lavoro della casalinga era un lavoro e basta, come tutti gli altri. Nella nostra famiglia per una serie di motivi logistici, funzionava meglio così, punto. Infatti, ho sempre sentito da parte di mio padre grande apprezzamento per quello che mia madre faceva per noi e lei, dal canto suo, mi sembrava soddisfatta e intraprendente, risolveva tutto da sola. A noi figlie, due femmine, era richiesto solo di scegliere in completa autonomia che cosa ci interessasse e studiarlo. Solo questo, non doveva nemmeno essere qualcosa di sensato in vista di un lavoro, tanto è vero che è finita che con estrema furbizia abbiamo studiato arte tutte e due. Dovevamo solo impegnarci. Lo studio prima di tutto, era il mantra a casa nostra.
Mi rendevo conto dell'eccezionalità di tutto questo solo quando andavamo in vacanza nel paesino dei miei, al sud. Negli anni Ottanta e parte dei Novanta, era un posto sperduto, oggi forse fin troppo sfruttato a livello turistico. In tutto il paese o almeno la zona a ridosso del litorale, all'epoca c'erano sì e no cinque o sei cabine telefoniche. Facevi file interminabili per chiamare e poi quando arrivava il tuo turno, avevi il fiato di quello dietro sul collo. Noi, per scelta di mio padre che ci raggiungeva solo per un paio di settimane ad agosto e che ripeteva sempre che in vacanza dovevamo disintossicarci, non avevamo nemmeno la televisione: vivevamo completamente fuori dal mondo per un mese e mezzo o due. Non c'era una libreria e nemmeno una biblioteca. Fortunatamente c'erano due edicole. Erano ai lati opposti del paesino per non farsi concorrenza, però era strano: il giornale, inteso come quotidiano, era considerato una lettura maschile. I maschi stavano al bar e leggevano il giornale. Al bar le donne non dovevano mai entrare da sole. Non sta bene, mi dicevano le mie cugine. C'erano un sacco di regole che noi forestiere da un lato prendevamo in giro, però dall'altro non potevamo mai ignorare del tutto. Se uscivo con un ragazzo, ad esempio, c'era sempre un qualche amico o parente che a un certo punto andava a dirgli di stare attento, se capite cosa intendo. Io morivo di vergogna, ma lì era vista come un'enorme dimostrazione d'affetto. Le ragazze, se non erano delle poco di buono, erano delle creature indifese che dovevano essere protette da uomini forti e leali. Le ragazze camminavano in piccoli gruppi avanti e indietro sul lungomare e i ragazzi le 'insultavano', usavano proprio questa parola tradotta dal dialetto, ma essere insultate era una cosa positiva in quel caso, significava che piacevi. Piú piacevi e più ti insultavano, ma si può? E allora erano sguardi troppo insistenti, complimenti non richiesti, battutacce e nel mio caso sempre una domanda ma perchè sei così seria? Me lo fai un sorriso? La maggior parte dei ragazzi erano incomprensibili ai miei occhi. Invece di parlarti, facevano cose strane come imbrattare un muro con una dichiarazione d'amore o passare duecento volte al giorno con il motorino davanti a casa tua senza mai fermarsi. Se mi succedesse oggi avrei molta paura, ma in quel contesto, era nell'ordine delle cose, era una sorta di romanticismo locale che seguiva regole precise, ataviche. Un romanticismo fatto di grandi gesti plateali che a volte funzionavano anche. Dipendeva dal gesto e dipendeva soprattutto da chi lo faceva.
Era un mondo così, fatto di uomini che prendevano in mano la situazione e codici comportamentali che si tramandavano più o meno immutati di generazione in generazione senza che apparentemente mai nessuno si fermasse a chiedersi che senso avessero. Era un gioco delle parti a cui era difficile sottrarsi. Conosco molti che lo hanno fatto, ma gli è toccato andar via.
C'era una ragazza che girava sempre da sola, mi sembrava una selvaggia con i capelli ricci ricci bruciati dal sole, è un ricordo lontanissimo. Mi dicevano di lasciarla perdere perchè era stata violentata. Ricordo il suo sguardo cattivo. Ero molto piccola, ma percepivo la gravità, il tabú, e non facevo domande. Del resto il succo del discorso era chiaro: era stata colpa sua e andava lasciata cuocere nel suo brodo. Sarà contagiosa? Mi chiedevo. In un certo senso sì. Se giravi con qualcuno che aveva una reputazione brutta come la sua, finivi male anche tu. La reputazione era tutto laggiù a quei tempi.   
Quando andavo lì, era facile per me notare tutte queste disparità di trattamento fra uomini e donne.
A Milano invece era tutto molto più complicato. Apparentemente le cose andavano meglio, ma ci sono dei fatti di cui ho cominciato a capire la gravità solo molti anni dopo.
C'era un professore che adoravo al liceo, anzi che tutti adoravano. Lo ricordo con grandissimo affetto, mi ha insegnato un sacco di cose fondamentali, eppure lui ti squadrava. A pensarci adesso, mi vengono un po' i brividi. Un cinquantenne che mangia con gli occhi le sue studentesse adolescenti, tante volte ancora minorenni, e fa battute a doppio senso, ammicca. Noi sapevamo perfettamente che se volevamo essere interrogate, dovevamo metterci una gonna o una camicia scollata. Ci scherzavamo, pensavamo di essere furbe forse. A pensarci adesso...era tutto tremendamente sbagliato.
Crescere con l'idea che un atteggiamento del genere da parte di un adulto in una posizione di autorità e di potere sia accettabile, ha conseguenze serie e durature nella mente non solo delle studentesse in quella situazione, ma anche dei compagni maschi che magari hanno dedotto che fosse giusto e hanno ripetuto la stessa dinamica appena hanno potuto. Un insegnante non insegna solo la sua materia, è un modello di comportamento.
Ai colloqui di lavoro dopo la laurea, a Milano, capitava che mi chiedessero se fossi fidanzata e che piani avessi. Una volta mi chiesero addirittura che lavoro facevano i miei, avrò avuto 25 anni. Per un periodo molto breve, ho lavorato in una famosa galleria d'arte milanese dove avevo un solo collega. Lui poteva vestirsi come gli pareva, io invece avevo il vincolo di vestire solo di bianco o di nero. Una mattina indossai una collana blu e il gallerista diede di matto. Me la fece togliere davanti a tutti, non dimenticherò mai l'umiliazione. 
Qui in Texas, oggi, per quello che ho potuto vedere in questi anni, siamo a un livello quasi impalpabile di maschilismo. Le donne sono piuttosto temute nell'era del #metoo. Al corso di pronto soccorso, una volta, c'era un insegnante terrorizzato all'idea di fare un massaggio cardiaco o una respirazione bocca a bocca a una ragazzina: aveva paura di essere denunciato per molestie sessuali. Le discriminazioni sono così subdole e difficili da dimostrare di solito che a volte ti chiedi se te lo sei sognato. Mi ha chiesto davvero di preparare il caffè durante la riunione? Ha alluso davvero allo stipendio di mio marito mentre discutevamo il mio aumento? Poi ti confronti con altre donne e ti si chiarisce subito tutto. Ecco, la chiave è tutta qui per me, nel confronto delle esperienze reciproche perchè ci sono dei comportamenti talmente radicati e accettati che non riesci a inquadrarli finchè non ne parli con qualcuno. Il primo passo per noi donne è proprio questo, fare il punto sui torti subiti in passato e avere le idee molto chiare su come vogliamo essere trattate in futuro.
C'è tanto lavoro da fare da parte di tutti. 

il tetano a sei anni

Un bambino non vaccinato dell'Oregon, un bambino di soli sei anni, ha contratto il tetano. Ha passato 57 giorni all'ospedale, 47 in terapia intensiva fra la vita e la morte. Adesso i suoi genitori dovranno sborsare più di 800.000 dollari per pagare il conto delle cure. È stato il primo caso di tetano in Oregon in più di 30 anni (qui).
Niente, mi sembrava giusto sottolineare questa notizia prima che sparisca fra le altre.

giovedì 7 marzo 2019

tutto normale

Qualche giorno fa abbiamo incontrato per caso al parco un compagnuzzo di scuola di Woody. I due erano talmente bellini insieme che sia io che il padre dell'altro bambino (che non avevo mai incontrato prima), pensiamo di fargli qualche foto. Lui però non ci riesce, aveva la batteria scarica e gli si spegne subito il telefono. Nell'arco dell'oretta che trascorriamo insieme, mi dice diverse volte e con enfasi: "Ma guarda come sono contenti, dobbiamo proprio organizzare per rivederci presto!". Io annuisco, ma penso che non mi frega, ormai so come vanno queste cose. Dicono cosí i texani, fanno finta che sia vero, ma non è vero, non ci rivedremo mai più. Però le foto sono venute proprio bene, mi sembra carino che le abbia anche lui, così al momento di andare a casa gli dico: "Se mi dai il tuo numero, ti mando le foto". 
Mi dice il numero.
- Il nome è... Sarah. 
- Sarah?
- Sì, mia moglie.

Tutto normale.

mercoledì 6 marzo 2019

il da cosa nasce cosa in azione

E' andata pressapoco così.
Un'amica ceca mi regala un libro in Germania (In Watermelon Sugar di Richard Brautigan), io torno in Texas, lo leggo e ve lo racconto perchè mi piace moltissimo. Allora Andy Knowlton, un artista americano, credo, che sta facendo il giro del mondo, credo, vede la foto del libro su IG e mi scrive dall'Australia dicendomi che probabilmente mi farebbe piacere dare un'occhiata a un suo progetto che riguarda un altro libro dello stesso autore, The Abortion. Interessante, ci penso, la vita va avanti. Un giorno però, alla radio in macchina mi imbatto per caso in una storia pazzesca che parla proprio di quel libro e di una biblioteca di libri mai pubblicati, di uno scrittore, Richard Brautigan appunto, che perseguita un suo amico dall'aldilà e di un altro scrittore, W. P. Kinsella, che decide di mettere fine alla sua vita il 16 settembre del 2016, esattamente come aveva fatto Brautigan 32 anni prima. Ho il cuore in gola.
Finalmente mi procuro The Abortion, aspetto un po' perchè certe volte anche l'attesa ha il suo fascino, lo leggo e... questo fantastico da cosa nasce cosa sta continuando. Sembra non finire mai quando c'è di mezzo Richard Brautigan.
L'unico dramma è finire un libro così e non avere nessuno con cui parlarne.
Insomma, sono in fissa da tre giorni. Non so nemmeno se l'ho capito questo libro.
Se per caso sapete di cosa sto parlando o volete saperne di più, scrivetemi.

lunedì 4 marzo 2019

il superpotere al contrario di woody

Quando vado in giro con Woody, penso sempre a quanto gli adulti non ascoltino i bambini. Non è che li ignorino, non li ascoltano, è stranissimo. La situazione generalmente è questa. Tu sei con Woody e lui è talmente carino e simpatico a tre anni, con le sue fossette e i capelli a paperino che te lo dicono tutti, ovunque, mille volte al giorno. A volte lo vedi che vorrebbero rimanere seri, ma quando incrociano il suo sorriso, non c'è niente da fare: devono dirti qualcosa. Lui di tutti gli adulti che incontra però, vuole sapere solo due informazioni: come si chiamano loro e come si chiamano i loro cani perchè lui è convinto che tutti abbiano dei cani.
Quindi ogni giorno è la stessa storia. Ma che carino, guarda che fossette e che ciglia lunghe e che bei riccetti, ma quanti anni ha?
Non faccio in tempo a rispondere che lui chiede serissimo 'come ti chiami? come si chiama il tuo cane? io ho due cani". Niente. 'Scusa! Scusa tu! Come ti chiami? Come si chiama il tuo cane?'.
Ancora niente, forse è il suo superpotere al contrario: all'improvviso diventa invisibile, anzi inaudibile.
Però io, chissà perchè, lo sento benissimo, allora chiedo le stesse cose, anche perchè comincia a infastidirmi, e mi rispondono subito.
Mi stupisce sempre come per la maggioranza degli adulti, ancora oggi, i bambini non siano persone. Giustificano senza problemi questo tipo di comportamento o anche cose ben peggiori come tenerli fuori dagli aerei, dai ristoranti o picchiarli perchè evidentemente non li considerano alla stregua degli altri esseri umani. Nessuno teorizzerebbe mai l'utilità di uno scappellotto a un adulto a fini persuasivi.
Nessuno batte ciglio se su un aereo sale un lama come 'supporto emotivo', ma un bambino che piange proprio non va bene.
Oggi solita scena. C'era questa anziana signora che ha completamente perso la testa per Woody e ha cominciato a parlarmi e a farmi mille domande e complimenti mentre a lui si era già abbassato il volume.
Mentre la signora Rosmarino se ne andava, salutandolo mille volte con la manina, dopo avere parlato solo con me dieci minuti, gli ho detto 'Hai visto Woody? Hai trovato un'amica'.
"I don't like friends" mi ha risposto tutto burbero.
E come dargli torto.

domenica 3 marzo 2019

milano nel cuore

Guardo le foto della manifestazione antirazzista di ieri a Milano con grande emozione. La mia città che ancora una volta lancia un messaggio inequivocabile di progresso e di civiltà. Ricordo la marcia delle donne qui a Dallas (e in giro per il mondo), il giorno dopo l'insediamento di Trump. Ci diede ossigeno. Davvero mi sembrò di ricominciare a respirare dopo aver trattenuto il fiato per due mesi. C'è questa cosa qui che odio... nessuno parla mai apertamente. Per la prima volta, invece, vedendo la gente per strada, avevi la certezza di non essere solo nel tuo sconforto e che il mondo non fosse del tutto impazzito.
Poi ci fu la marcia per la scienza, anche quella memorabile e poi la marcia 'per le nostre vite' organizzata dai ragazzi sopravvissuti al mass shooting di quel liceo in Florida. Ecco, quella la saltai. Nei giorni precedenti qualcuno minacciò un altro mass shooting e lasciai perdere. Alle altre manifestazioni avevamo portato i bimbi, le avevamo vissute come una festa, in questo caso, quel dubbio atroce aveva spezzato qualcosa.
È anche questo che mi emoziona tanto della manifestazione di Milano. Il fiume di gente che pensa a tutto tranne a un pazzo che possa sparare sulla folla.
Qui questo lusso ci manca.

sabato 2 marzo 2019

il coraggio di partire e quello di restare

Un'altra cosa che mi sono sentita dire un milione di volte è: che coraggio che hai avuto ad andare via dall'Italia.
Dato che non penso a me stessa come una persona particolarmente coraggiosa, mi ha sempre dato da riflettere questa cosa.
Lo so che lasciare tutto e andare a vivere dall'altra parte del mondo può sembrare una scelta radicale e lo è anche, soprattutto perchè -diciamoci la verità- per tanti motivi, raramente si torna indietro in questi casi, però è anche vero che se lo fai di solito è perchè senti che sia la cosa giusta per te. E allora dal tuo punto di vista, il coraggio vero forse è quello di chi rimane e non quello di chi parte.
Ad ogni modo, l'altro giorno ho parlato a lungo con una persona che mi ha raccontato com'era la sua vita in un paese del terzo mondo per diversi anni. Ci sto ancora pensando. Una cosa è trasferirsi dall'Italia agli USA, un'altra completamente diversa è trasferirsi da un paese ricco a uno povero, uno di quelli che senti sempre nei notiziari e da cui la gente non fa altro che scappare.
Vivere senza elettricità, già solo quello basterebbe a farmi desistere. In realtà quella è solo la punta dell'iceberg. L'acqua non è pulita, ma dopo un po' fai come tutti e la bevi lo stesso. La dissenteria è all'ordine del giorno anche se non ci sono medici nei paraggi e il pronto soccorso non ha nemmeno i letti. E poi c'è la corruzione che infesta tutto in maniera capillare, un'assenza di legalità che mi è quasi difficile da immaginare.
E io per tutto il tempo, lo confesso, ho pensato: che coraggio.
Forse le scelte degli altri ci sembrano sempre coraggiose perchè non sono le nostre e non ne capiamo i motivi fino in fondo.
E' anche strano il funzionamento dell'empatia. Ascoltare uno sconosciuto di un paese del terzo mondo che racconta un'esperienza di vita del genere ti colpisce, certo, ma sentirla dalla voce di una persona che ti è amica e ha la tua età e il tuo stesso bagaglio di esperienze, ti fa traballare, diciamo così.
Non so cosa sia il coraggio vero.
In fin dei conti, ognuno fa quello che può con i mezzi che ha, ovunque si trovi. Probabilmente le motivazioni dietro a certe scelte di vita fanno il vero coraggio.

venerdì 1 marzo 2019

il bene e il male

Pensavo in questo uggiosissimo e freddissimo venerdi pomeriggio texano che comunque sono in una posizione abbastanza impossibile.

Ogni volta che critico l'Italia, mi sono americanizzata. 
Ogni volta che critico qui, sono un'ingrata oppure perchè non te ne vai?
Ogni volta che parlo bene di qui, eh ma in Italia però.
Ogni volta che parlo bene dell'Italia, ma cosa ne sai tu ormai l'Italia va a rotoli, beata te.

Mi chiedo. Non si può semplicemente accettare che ci sia il bene e il male ovunque, ogni giorno, più volte al giorno e anche nello stesso momento e...parlarne?