domenica 29 aprile 2012

al mal tiempo buena cara, y todo pasa

Mr. Johnson e’ appena partito per il funerale, sara’ un viaggio lunghissimo da fare in giornata, ed eccomi qua sudata fradicia a una stupida lezione di zumba. Una cosa l’ho imparata nei tempi bui: quando arriva l’ansia non stare li’ impalati. Muoversi, sudare, fare qualunque cosa. Poi nel mezzo di queste perle fantastiche tipo I’m sexy and I know it o Muove la colita, senza una logica apparente arriva una vecchia canzone che non c’entra niente.

E’ una salsa, le parole sono di coraggio, ma a me suonano piu’ come un lamento.

Non bisogna piangere, la vita e’ un carnevale…e’ piu’ bello vivere cantando…il dolore se ne va cantando…tutti quelli che pensano che la vita sia sempre crudele devono sapere che non e’ cosi’, che ci sono solo momenti brutti, e tutto passa…

La moglie di un vecchio amico di Mr. Johnson, si e’ suicidata l’altro ieri. O almeno cosi’ pare. Trent’anni, una bimba di cinque, si e’ suicidata.

Non la conoscevamo perche’ da quando si erano messi insieme lui si era molto isolato. Si faceva vedere raramente e da solo, pero’ avevamo buone notizie. Un lavoro che va molto bene, una bella bambina, qualche concerto per non perdere del tutto il vizio della musica. Lui era sempre stato cosi’ malinconico, sembrava avesse trovato la sua dimensione finalmente. E poi alle undici di sera, suona il telefono. Le brutte notizie hanno sempre questa loro maniera di sorprenderti proprio quando credi che la giornata sia finita.

Non riesco a smettere di pensarci. Penso a lei e sento una pena fortissima. Tutti parlano di una ragazza sorridente con la sua bambina, non  riesco nemmeno a immaginare quanto possa essersi sentita sola, ma per quanto mi sforzi, non capisco, non lo capisco proprio il suo gesto. Poi c’e’ la bambina. Come fara’ senza mamma? Un bambino senza mamma o una mamma senza bambino, e’ un concetto senza senso, una cosa che non dovrebbe esistere. C’e’ lui, che mi e’ sempre sembrato cosi’ ipersensibile, instabile. Spero solo che trovi un qualche appiglio, di solito e’ proprio nei momenti peggiori che ci si scopre piu’ forti di quanto si pensava.

E poi c’e’ anche Mrs. Monkey. Spero che non c’entri assolutamente nulla, ma penso anche a lei ed e’ proprio li’ credo che nasce quest’ansia che sento, questo non riuscire a riempire i polmoni da tre giorni. Sembra sempre allegra lei, e’ una specie di macchina di battute idiote, ma non e’ sempre cosi’, come si fa vedere dagli altri. Non ho dimenticato come stava un paio d’anni fa. Non riusciva nemmeno a farsi un bagno, a mangiare un boccone, e’ stato un periodo terribile che sembra lontano anni luce, ma che mi e’ tornato in mente proprio l’altro giorno, quando piangeva disperata e mi diceva che non sapeva cosa stava facendo di buono nella vita. Forse l’altra ragazza non aveva dei buoni amici, qualcuno che l’ascoltasse. Ci deve essere una spiegazione, qualcosa, in questa storia assurda.

Mentre aspettavo Mr. Johnson, ho guardato un film, niente di che’, ma nei titoli di coda ancora la stessa canzone, che strano.      

Fai buon viso al brutto tempo, e tutto passa.

Non proprio tutto pero’.

giovedì 26 aprile 2012

falsoletico, meno male

Ho appena scoperto che Mr. Johnson scrive meno male staccato. Meno e male. E’ meraviglioso perche’ io che sono italiana invece lo scrivevo attaccato e pensavo che lui sbagliasse. Il fatto di vivere all’estero da un po’ di anni mi da’ una buona scusa per qualche lapsus linguistico, ma insomma non e’ il massimo. I miei errori anche in inglese, tranne in rari casi, sono noiosi oppure provocano disastri. Invece i suoi in italiano secondo me sono bellissimi. Ce n’e’ tutta una serie che non gli correggo perche’ sono troppo simpatici per correggerli.  Dovrei fare un elenco un giorno, non sono molti, ma sono fantastici. Bugire. Schiacciarsi gli occhi (invece di stropicciarseli). I cuffi. Falsoletico. Falsoletti. La scella. Lui si arrabbia perche’ rido quando ne dice una in italiano, ma non si rende conto che mi diverto solo perche’ parla talmente bene che davvero quando sbaglia e’ stranissimo, anzi spero che non smetta mai di deliziarmi le orecchie con queste sue chicche linguistiche.

Chissa’ come parlera’ il piccolo Joe con due genitori cosi’.

 

p.s. Si ringraziano le Anne e Nat per il supporto tecnico a questo post ;)

mercoledì 25 aprile 2012

a buon rendere

Almeno ieri ho imparato come si dice ‘a buon rendere’, cioe’ come si dice in una situazione come quella li’ perche’ pare ci siano diverse traduzioni.

You’ll get me back. Lo scrivo qui cosi’ me lo ricordo.

martedì 24 aprile 2012

la mia migliore amica qui

E’ domenica pomeriggio, sto passando una splendida giornata in giro per Fort Worth e chiama Mrs. Monkey.

- La mia babysitter mi ha appena mandato un messaggio dicendo che si trasferisce in Louisiana per sempre. Mi puoi tenere il bambino domani? …Non te lo chiederei se non fossi davvero disperata.

- Da che ora a che ora?

- No, ho sbagliato… non avrei dovuto chiedertelo, sicuramente avrai le tue cose da fare. Non ti preoccupare, trovo una soluzione, fai finta che non abbia mai chiamato.

Ecco, che fregatura e’ una situazione cosi’? Alla fine sembrava che mi dovessi scusare io per non aver fatto i salti di gioia. Allora ci ho ragionato un attimo e ho deciso di spiegarglielo che le stavo offrendo il mio aiuto perche’ e’ questo che fanno gli amici, ma che non poteva anche pretendere che l’idea di cambiare tutti i miei piani all’ultimo momento e di usare tutto il mio giorno libero per tenere il suo bambino di due anni insieme al mio, mi esaltasse. Lei, come pensavo, ha capito e si e’ come sciolta, ma piu’ come una valanga che come una palla di neve. Come si dice? Un fiume in piena? Su una cosa aveva ragione: era davvero disperata.

Pero’.

Ho fatto una gran fatica a non dire te l’avevo detto, una delle mie frasi preferite per altro, cosi’ liberatoria, forse perche’ non sono capace di dirla. Questa era la terza volta in due mesi. La prima volta questo genio di babysitter, semplicemente non si e’ presentata, non aveva capito che doveva andare, ha detto. La seconda, aveva la nonna in fin di vita. La nonna, capite? La nonna e’ la scusa piu’ classica del mondo. Conosco gente con sei nonne morte, ma Mrs. Monkey niente, non l’ha licenziata nemmeno in questo caso e infatti si e’ visto cosa ha combinato di nuovo. Questa decide di trasferirsi in un altro stato di domenica pomeriggio e avvisa con un sms che il giorno dopo non si presentera’ al lavoro e tanti saluti. Che’ poi io a questo punto mi chiederei con chi ho lasciato mio figlio in tutti questi mesi, ma non infieriamo.

- Avrei dovuto lasciarlo questo stupido lavoro e fare la babysitter del piccolo Joe, pensa che bello sarebbe stato!

Brividi. Menomale che l’ho gia’ iscritto all’asilo per l’anno prossimo.

Dico sempre che Mrs. Monkey e’ la mia migliore amica qui. Specifico sempre qui. Perche’ ho sempre in mente delle altre persone che sono altrettanto importanti per me, ma che purtroppo non sono qui. Di fatto forse pero’ devo cominciare a riconoscere che Mrs. Monkey in tutta la sua stravaganza e’ la mia migliore amica e basta. E’ lei l’unica che chiamerei a qualunque ora se avessi un problema e in questo senso mi fa piacere che anche stavolta lei abbia chiamato subito me.

E’ la persona piu’ generosa che conosco, e’ bellissima, ha un sacco di qualita’, ma ha questa vena vagamente folle che un po’ quando la vedo disperarsi e piangere come oggi e ieri mi fa quasi paura. Queste montagne russe da cui non scende mai. Ho paura che prima o poi caschi giu’. E’ come se lei portasse all’esasperazione tutti i miei difetti. Io arrivo un quarto d’ora in ritardo, lei due ore, io mi compro un paio di scarpe che non mi servono assolutamente, lei cinque. Io sono disordinata, lei manda tutto in malora. Io mi entusiasmo, lei va, io sono distratta e lei e’ capace di dimenticarsi di tutto e tutti per giorni e giorni. Si butta nelle cose con quella foga che ho visto solo nelle persone che come lei hanno perso l’adolescenza per strada e si sentono continuamente in credito con la vita.

Mi piacerebbe proteggerla un po’ invece finisco sempre per salvarla. 

venerdì 20 aprile 2012

disturbing?

Mi sono stati donati una quarantina di National Geographic che ho accettato con piacere per fare i collage senza preoccuparmi che i ragazzetti si imbattano in qualche immagine non appropriata per la scuola che frequentano.

[Non so se qualcuno ricorda del mio secondo giorno di lavoro. Poi non successe nulla, ma sono ancora traumatizzatissima. Non ho ancora avuto il coraggio di far vedere nemmeno La Danza di Matisse, per dire]

La mia collega mi aveva avvertito pero’.

- Stai attenta che anche sul National Geographic ogni tanto c’e’ qualche servizio sugli aborigeni dove si vede…

E non ha finito la frase. Ovviamente non l’ho presa sul serio. Mica mi metto a sfogliare quaranta riviste in cerca di chissa’ che scabroso dettaglio anatomico. Questo si’ mi parrebbe morboso. E poi onestamente, anche se ci fosse davvero un servizio sugli aborigeni, non sarebbe questa gran fine del mondo, no? Al massimo vedono un po’ come vivono altri popoli.

Stamattina abbiamo fatto il collage e a un certo punto ho sentito questo bambino, si e no otto anni, esclamare:

- Oh Mrs. Johnson! This is really disturbing!

Si era imbattuto in un articolo sul restauro della cappella Sistina. Non ci potevo credere. Quel vecchio pornografo di Michael Angelo ha colpito ancora.

Ora io voglio dire. Ho insegnato tanta arte ai bambini in Italia. Di tutti i periodi in un sacco di posti e sono convinta che un bambino italiano non troverebbe mai la cappella Sistina qualcosa di proibito su cui ridacchiare sotto i baffi con il compagno di banco. L’arte e’ naturale per noi, fa parte della nostra vita di tutti i giorni fin da piccoli e me ne sono accorta proprio quando ho cominciato a insegnare qui, dove non si puo’ dare davvero nulla per scontato. Da un lato questo e’ uno stimolo per me perche’ vedo un entusiasmo e una curiosita’, una voglia di imparare che in Italia erano molto piu’ difficili da suscitare, ma dall’altro mi sembra di vivere negli anni Cinquanta.

giovedì 19 aprile 2012

coincidenze che coincidono molto

Oggi sono andata in palestra e, come sempre, ho lasciato il piccolo Joe in questa sorta di sala giochi che hanno li’. Quando sono andata a riprenderlo, gli mancava una scarpa, cosi’ siamo tornati indietro a cercarla.

Le maestre hanno cominciato la ricerca, ma dopo un minuto e’ venuto da me un bambino della stessa eta’ di Slipino con in mano la scarpa.

Faccio per mettergliela, ma la maestra mi ferma.

- Aspetta un attimo…anche a lui manca una scarpa!

Insomma, il piccoletto aveva delle scarpe identiche, dello stesso colore e dello stesso numero perfino, e proprio in quel momento, per qualche motivo aveva deciso di togliersene una e portarmela. A me! Ma non e’ stranissimo? Quante possibilita’ ci sono che questo accada? Un bambino con le stesse scarpe, dello stesso colore e numero, decide di togliersene una per gioco e portarmela proprio mentre stavo cercando la mia. E’ impossibile che abbia sentito, di sicuro aveva meno di due anni, e poi era distante e non poteva sapere che tipo di scarpa mi serviva…. Siamo rimasti tutti un attimo interdetti.

E’ una piccola coincidenza, ma a me le coincidenze piacciono. Non voglio fare troppo la fatalista, ma in passato, dopo una serie di strane coincidenze, la mia vita ha sempre avuto dei grossi cambiamenti di qualche tipo. Chissa’.

In realta’, forse ora come ora mi piacerebbe di piu’ che restasse tutto piu’ o meno cosi’ com’e’. Per un po’, anzi per un bel po’.

mercoledì 18 aprile 2012

la resurrezione via ologramma

Non so a voi, ma a me questa storia di Tupac che risorge via ologramma ha fatto proprio impressione. Pensavo fosse la solita trovata pubblicitaria, poi ho visto il video e sono rimasta a bocca aperta. Da quanto ho capito, rimane ancora un po’ un mistero come sia stato realizzato l’effetto. Potrebbero essere partiti da una controfigura oppure potrebbero aver usato un qualche gioco di specchi insieme ad altri vecchi trucchi teatrali riveduti e corretti con le nuove tecnologie. Sta di fatto che sembra vero. E non e’ semplicemente una sorta di registrazione perche’ l’ologramma nomina con la voce di Tupac qualcosa (il festival di Coachella) che non esisteva ancora quando e’ stato ucciso, piu’ di quindici anni fa. Che brividi. E’ tutto piuttosto inquietante e non necessariamente di ottimo gusto, ma in teoria si aprono tante di quelle prospettive. Poter vedere un artista morto come se fosse vivo, innanzitutto. Pensavo che non avrei mai potuto vedere un concerto di Johnny Cash e invece magari prima o poi lo vedro’ in versione ologramma e mi sembrera’ vero in tutto e per tutto. E magari gli faranno anche dire qualcosa che lui non si sarebbe mai sognato di dire. Di qui a  immaginare quanto sarebbe bello rivedere qualcuno che non e’ famoso, ma che e’ stato importante solo per noi in un qualche momento della nostra vita e che e’ andato via, il passo e’ davvero breve. E che magari questa persona ti dicesse quello che avresti voluto che ti dicesse e che non si e’ mai sognata di dirti. Non so cosa darei. Anche sapendo che non e’ vero, anche solo per un attimo. In fin dei conti la percezione e’ quasi tutto.

martedì 17 aprile 2012

la corruzione

Una volta insegnavo italiano a un anziano signore argentino. Era cosi’ bravo che facevamo soprattutto conversazione. Un giorno mi racconto’ che da dove veniva c’era molta corruzione. Non ricordo bene, ma era una di quelle storie in cui devi decidere se pagare la polizia o i criminali. E poi disse:

- Un po’ come in Italia. Anche l’Italia e’ un paese corrotto.

Io smentii subito ed ero anche seccata. Gli dissi che non avevo mai visto situazioni simili e che se c’era la corruzione non era a un livello cosi’ endemico, che si’ c’erano delle cose che non andavano ma non paragonabili ai suoi racconti.

Un po’ mi stupii del mio fastidio, non penso di essere cosi’ campanilista, ma evidentemente aveva toccato un nervo scoperto. Mi ero trasferita da non molto tempo e, fino a quel momento, avevo sentito parlare dell’Italia solo molto bene.

Italia? Ferrari, Lamborghini, Armani, Valentino, Firenze, Venezia, il Colosseo, donne bellissime, cibo sublime, do you know I’m Italian too?

Era cosi’ che andava di solito. Non ero pronta al cosiddetto reality check.

In questi giorni, leggendo quello che sta capitando in Italia, mi e’ tornata in mente quella conversazione.

Dopo tutto, non avevo motivo di prendermela.    

lunedì 16 aprile 2012

la ragazzina e il ‘suo’ bimbo

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Come sapete, gli acchiappaconiglietti sono due. Fra Mr. Boomer e il piccolo Joe c’e’ una sorta di cortese indifferenza, la Ragazzina invece, lo ha praticamente adottato. Purtroppo e’ da un po’ di tempo che non pimpa piu’. La nostra Ragazzina Pimpante non sta bene e piu’ non sta bene piu’ sta vicino al ‘suo’ bambino. Non ci gioca, ma con lo sguardo non lo lascia un minuto. Tante volte dorme ai piedi del suo lettino quasi a vegliarlo. Il piccolo Joe, invece, mi stupisce perche’ non e’ per niente indelicato con i suoi bracchetti. Pensavo avrebbe cercato di sballottarli o aggredirli, ma al contrario, fino ad ora in qualche modo sembra che li rispetti. Cani e bambini non sono semplicissimi da gestire insieme, ma una volta trovato l’equilibrio e’ un’esperienza che (pur continuando a richiedere un certo sforzo organizzativo) arricchisce tutti, o almeno cosi’ la sto vivendo io. Mi piace osservarli interagire, hanno una sorta di codice tutto loro e sono convinta che si facciano del bene a vicenda.   

venerdì 13 aprile 2012

i rischi del mestiere

Non so com’e’, ma meno tempo ho a disposizione per lavorare e piu’ idee folli mi vengono. Quest’anno i lavori non fanno che diventare piu’ grandi e complicati da gestire e soprattutto da esporre.

C’e’ un lavoro di gruppo che abbiamo iniziato mesi fa, di cui tutti I bambini mi chiedono ogni giorno - e i genitori, i colleghi, la direttrice- che abbiamo dovuto rifare diverse volte e che per ora non sta venendo per niente bene. Sono piuttosto preoccupata. Sulla carta sembrava un’idea fantastica, non pensavo risultasse cosi’ difficile da realizzare.

Oggi invece sono stata fino all’ultimo minuto ad allestire dei cosi enormi che abbiamo fatto l’altro giorno. Mentre cercavo di appenderli mi chiedevo che cosa diamine stessi pensando quando glieli ho fatti costruire. Ma poi, come sempre o quasi, pian piano il tutto ha cominciato a prendere forma e ho finito di appenderli proprio quando i bambini hanno cominciato ad uscire da scuola.

Da un momento all’altro il corridoio era completamente diverso.

Giravano l’angolo e…rimanevano semplicemente senza parole. Oooh.

Ecco per un momento cosi’, per vivere quella loro emozione, quel loro orgoglio di aver fatto qualcosa di speciale, vale la pena correre una settimana e rischiare di buttare ore di lavoro e magari fare anche una brutta figura. 

giovedì 12 aprile 2012

i rimedi della nonna texana

I rimedi della nonna texana, sono sempre piuttosto interessanti. Sei sudato? Mettiti davanti al ventilatore. Hai finito le uova? Sostituiscile con la banana. Ti hanno punto gli insetti mentre facevi giardinaggio? Mettici sopra lo smalto per le unghie. E via dicendo.

Ma questa non l’avevo davvero mai sentita.

L’altro giorno, mi si e’ rotta l’unghia dell’alluce. Non so come ho fatto a non accorgemene. Era quasi tranciata meta’, stava su per un niente. Non mi faceva male, ma siccome ho sentito dire che puo’ essere dolorosissimo anche solo tagliarle male le unghie degli alluci, sono andata in crisi. Non sapevo assolutamente cosa fare. Tagliarla? Lasciarla li’?

Mr. Johnson non si e’ scomposto minimamente.

- Va riattacata.

- Come?

- Con la superglue.

- L’attak. Stai scherzando vero?

- Ma no, l’ho fatto un milione di volte, funziona.

Cosa vi devo dire? Per ora funziona. Ho chiesto un po’ in giro e pare sia una pratica comunissima, tutti lo sanno. Ms. Monkey mi ha detto:

- Certo, si puo’ usare anche per le ferite profonde.

Pensavo scherzasse, invece a quanto pare e’ vero. Durante la guerra del Vietnam sarebbero state salvate moltissime vite in questo modo, pare non ci siano terribili controindicazioni in una situazione di emergenza.

“Using superglue to close a wound is possible, but not advisable”

Ma quanto mi fa specie.

Comunque finche’ la mia unghia tiene, ringrazio la nonna e non faccio storie.  

mercoledì 11 aprile 2012

brianza velenosa*

Mi e’ successa una cosa stranissima. Ho conosciuto qui una persona della Brianza, io vengo da vicino Milano, ma a un certo punto, mi sembrava quasi parlassimo due lingue diverse.

Mi raccontava di aver fatto giorni prima una terribile gaffe, dicendo in italiano a una persona di colore che un’altra certa persona bianca quando si abbronza diventa come un ‘negro’. Era mortificata, e’ stata proprio una svista suppongo. Per consolarla le ho raccontato l’ultimo episodio del genere capitato a me, non a sfondo razzista, ma ugualmente imbarazzante, magari anche di piu’ va. In realta’, credo di averlo fatto per poterle fare un’altra domanda senza farla sentire giudicata.

- Ma tu hai detto proprio negro?

No perche’ in Italia e’ molto comune riferirsi al colore della pelle. Sei diventato nero, guarda come sei nero, quanto sei bianco, sei un latticino, una mozzarella e via dicendo…tutte cose che in inglese non bisogna mai e poi mai tradurre perche’ assumono tutt’altro significato, ma negro e’ proprio brutto.

- Si si!

- Ma in teoria non si dice…no?

- Si dice, si dice! Da noi se vuoi offendere dici ‘negher’ mica ‘negro’!

Termini mai usati. Mi si e’ aperto un mondo e ancora di piu’ quando mi ha spiegato che non potrebbe mai essere razzista perche’ lei ha subito il razzismo.

- Ma se sei bionda e con gli occhi azzurri?

- Si, ma i miei sono siciliani. E’ stato veramente duro crescere in Brianza.

Anche i miei sono meridionali, eppure pur non essendo bionda con gli occhi azzurri, non ho mai avuto nessun tipo di problema vicino a Milano. Anzi nemmeno i miei negli anni Settanta, ne hanno mai avuti, lo raccontano sempre. Poi ha continuato a raccontarmi un po’ come la pensa su queste cose e ha ripetuto piu’ di una volta la parola mulatto, mulatta, proprio con la u ben chiusa che’ ha un accento brianzolo molto forte, e anche li’, non so perche’, mi sono sentita vagamente a disagio. Queste parole non le ho mai usate. Lo so che non sono offensive, ma non mi piacciono. Forse perche’ non le ho mai sentite usare in modo amichevole o forse perche’ in qualche modo c’e’ dentro ‘mulo’. Lo so che non c’entra, ma mi suona proprio male e poi non vedo perche’ essere cosi’ precisi, a cosa mi serve specificare quanto marrone e’ una persona? 

Mi dicono che alcune lingue come il portoghese, sono precisissime riguardo al colore della pelle. Insomma, e’ solo una mia idiosincrasia? Voi usate normalmente ‘mulatto’, ‘mulatta’, ‘negro’? 

Sono curiosa, a volte mi sembra di cominciare a perdere il contatto con la lingua.

Poi abbiamo anche un po’ sghignazzato pensando a quanto se la staranno passando male in questi giorni leggendo i giornali quelle simpatiche persone che la maltrattavano per via delle sue origini terrone, giusto per usare un’altra parola che non andrebbe usata, ma che non mi dispiace affatto. Forse perche’ ha dentro la parola terra

 

* Ovviamente dopo questa conversazione mi si e’ conficcata questa in testa per tutto il giorno.

martedì 10 aprile 2012

welcome to shelbyville

Ho sentito parlare di questo documentario e ne sono rimasta affascinata, spero di riuscire a guardarlo presto per intero. Shelbyville e’ una cittadina del Tennessee che negli ultimi anni ha visto una massiccia immigrazione dalla Somalia. I locali, non l’hanno presa per niente bene, ma invece di restare a guardare, qualcuno si e’ adoperato per cercare di superare il problema. Questo video viene usato in giro per il mondo come strumento di educazione e di integrazione. Dimostra quello che ho sempre pensato e cioe’ che e’ impossibile odiare qualcuno indiscriminatamente. Una volta che si da’ voce a entrambe le parti la tensione inevitabilmente diminuisce. Ci si rende conto che la storia dell’altro e’ la nostra storia, che le sue emozioni sono in fondo le nostre emozioni.

lunedì 9 aprile 2012

cosa ho imparato dalla caccia all’uovo

C’era questa mamma milanese appena trasferita a Dallas che poco prima che iniziasse il famoso egg hunt mi diceva piu’ o meno le cose che scrivevo io nel post precedente.

Aggiungeva anche che nemmeno i suoi figli capiscono cosa abbiano questi americani da esaltarsi tanto per quattro uova di plastica. Che addirittura si lamentano perche’ non le nascondono come si deve e e’ troppo facile e non c’e’ gusto e poi ai suoi figli le schifezze non piacciono e non le mangiano.

A quel punto devo dire che mi e’ un po’ spiaciuto per questi due bambini. Da quello che mi diceva la madre, avevo un po’ come l’impressione che fossero gli unici a cui fosse stato detto di Babbo Natale, gli unici che non si divertivano. A me sembra che invece, l’entusiasmo dei bambini, quando e’ sano, non vada mai smorzato.

La sorpresa e’ stata vedere che pero’ appena e’ iniziata la caccia all’uovo, i due ragazzini in questione erano in prima fila piu’ agguerriti di tutti gli altri e disposti a rotolarsi nel fango per accaparrarsi l’ovetto sperduto nel prato.

Evidentemente, a noi adulti sfugge qualcosa. Nel mondo dei piccoli non c’e’ bisogno di chissa’ che per divertirsi. E tutto sommato, e’ meraviglioso.

 

 

(Buona Pasquetta a voi, buone grigliate e gite fuori porta, nulla di tutto cio’ da queste parti purtroppo)

sabato 7 aprile 2012

caramelle sempre pero’

Non voglio fare la polemica, ma vi dico la verita', io tutta questa storia delle caramelle mica la capisco tanto. Halloween, S.Valentino, Pasqua, Natale ovviamente...e' tutto un continuo spingere i bambini a pensare che la cosa piu' esaltante sia ingozzarsi di caramelle e cioccolatini. Nella mia famiglia, l’unica occasione in cui ricevevamo caramelle era per la Befana e si, mi piacevano, soprattutto il carbone di DSC07592zucchero, ma vuoi mettere i regali? Mi sembrava un po’ un premio di consolazione, un’indorarci la piccola del dover tornare a scuola il giorno dopo. Con questo non voglio dire che dovremmo riempirli di regali anche a Pasqua, qualcuno qui lo fa, ma mi sembra proprio che siano gli adulti a spingere i bambini a volere tutte queste caramelle e mi sembra un controsenso visto che a parte queste feste, non facciamo che ripetere il contrario. Per di piu’, qui fa caldo, mi immagino che delizia i cioccolatini sciolti e le caramelle appiccicose. Non lo so ancora perche’ e’ il nostro primo vero egg hunting, ma suppongo si buttino in realta’ oppure le mangino i genitori. Perche’, diciamocelo, i bambini non vogliono tutti quei dolci, a loro piace il gioco, la ricerca dell’ovetto, l’averne piu’ degli altri.

Tra l’altro il piccolo Joe ieri ha trovato le uova che ho comprato per l’egg hunting e si e’ completamente esaltato, ci ha giocato per ore, in silenzio, tranquillo, spostandole da un cestino all’altro, mettendole nel cartone delle uova. Ora fa tutto con il suo cestino al braccio, fa davvero ridere.

venerdì 6 aprile 2012

il coniglio dalle uova d’oro

E cosi’ questa Pasqua siamo talmente fortunati da aver ricevuto non uno ma ben due uova di cioccolato italiani che apriremo, come da tradizione, dopo pranzo.

A quel punto, saremo pronti per il nostro primo vero ‘egg hunting’. Ci ritroveremo in un bel prato con tanti bambini, coniglietti e un bel cestino in mano a cercare uova ripiene di caramelle e cioccolatini come impone la tradizione americana.

Chissa’ che idea si fara’ il piccolo Joe di tutte queste strane tradizioni. Perche’ io ve lo dico: non l’ho mica mai capito che cosa c’entrino i conigli con le uova.

giovedì 5 aprile 2012

perche’ tornare o rimanere

Recentemente abbiamo rivisto una coppia di amici italiani che avevamo conosciuto appena arrivati qui e che poi avevamo perso di vista per un loro trasferimento. Sono passati cinque anni e sono di nuovo a Dallas. Le nostre vite sono molto cambiate da allora, ma li ho trovati in grande forma.

All’epoca parlavano spesso di tornare in Italia, era il loro obiettivo. Non si immaginavano proprio di invecchiare qui da soli, ora hanno cambiato idea. Tornano abbastanza spesso in Italia in vacanza, ma dicono che ogni volta e’ piu’ difficile. Una cosa che mi pare li ferisca particolarmente e’ che i loro amici hanno smesso da anni di interessarsi della loro vita qui. Non fanno piu’ domande e se loro si azzardano a raccontare qualcosa di quello che fanno si mettono sempre sulla difensiva o almeno questa e’ la loro impressione. Non riescono piu’ a sentirsi a loro agio in Italia, non capiscono piu’ il funzionamento generale delle cose, diciamo cosi’. Eppure amano l’Italia, si vede. 

La loro bambina che non ha nemmeno tre anni parla sia italiano che inglese perfettamente. Sono convinti di poter mantenere viva la loro italianita’ pur continuando a prendere il meglio di quello che puo’ offrire un paese straniero come questo o un altro, loro sono molto aperti in questo senso.

La mia esperienza e’ troppo diversa dalla loro per fare dei paragoni, ma mi ha fatto impressione questo cambiamento. Soprattutto spero di voler rimanere qui per altri motivi se qui rimarro’.

mercoledì 4 aprile 2012

ameni fuori programma texani

La lezione era gia’ comiciata da qualche minuto quando e’ arrivata la segretaria e mi ha chiamato fuori per dirmi che forse la classe successiva non si sarebbe presentata a causa del tornado warning. Il fatto che ci abbia tenuto cosi’ tanto a non farsi sentire dai ragazzini, mi ha dato un leggero senso di preoccupazione, e poi di solito non si annullano le lezioni in questi casi. Infatti, dopo pochi minuti e’ suonata la sirena e abbiamo dovuto far mettere tutti in ginocchio per terra con la testa in basso e le mani sul collo, una posizione scomodissima. Sono rimasti cosi’ per una mezz’ora buona, poverini. All’inizio erano abbastanza spaventati, a un ragazzino e’ anche uscito il sangue dal naso dall’agitazione. Menomale che fanno tante esercitazioni e sono pronti per queste emergenze. Poi pian piano la loro tensione siIMG_20120403_151315 e’ stemperata, mentre quella degli adulti ha cominciato a salire. In realta’ mi sembrava fossimo tutti al sicuro li’, pensavo solo al piccolo Joe all’asilo. Per la prima volta mi chiedevo come poche maestre potessero mettere al riparo dei bambini cosi’ piccoli che devono essere presi in braccio. Quando c’e’ il sole non ci pensi a queste cose. Ad ogni modo, da li’ non vedevamo assolutamente nulla di quello che stava succedendo fuori, cosi’ a un certo punto l’insegnante di informatica ha voluto dare un’occhiata fuori e io l’ho accompagnata. Mi aspettavo tonnellate di pioggia invece niente, calma piatta. La famosa calma prima della tempesta? O non era la calma dopo la tempesta? Di sicuro, un fenomeno inquietante mentre il cielo si scuriva a vista d’occhio. 

Mi dice:

- Guarda la bandiera: e’ ferma. Questo si che e’ un brutto segno.

Dopo un po’, la situazione e’ migliorata, i ragazzini sono tornati nella loro classe e io mi sono precipitata fuori. Pensavo solo ad andare a prendere Slipino all’asilo, ma a quel punto pioveva talmente forte che sembrava di guidare dentro un’autolavaggio. Quando ho visto che il pezzo di autostrada che faccio tutti i giorni era completamente vuoto, ho cominciato a pensare seriamente di essere nei guai. Il cartellone della pubblicita’, quello gigantesco elettronico ora aveva l’immagine di un tornado e diceva qualcosa tipo ‘extreme danger, seek shelter’. Lo speaker alla radio ripeteva la stessa cosa ‘please, please if you are… seek shelter right now’. Li’ il sangue dal naso ho rischiato che uscisse a me. Il cielo era diviso esattamente in due, come se uno dei miei bimbi avesse tracciato una bella linea con il righello: la parte in alto era nera e quella in basso grigia, pero’ erano le tre del pomeriggio e fino a poco prima c’era il sole. Il primo posto che ho trovato per ripararmi e’ stato una farmacia. Dopo un po’ un tale che sembrava saperla lunga in fatto di tornadi, e’ uscito a vedere cosa succedeva fuori e tutti lo hanno seguito. Uno spettacolo mai visto. Il cielo era sempre  scuro, ma ora si vedeva chiaramente una specie di imbuto di nuvole nere pronto a toccare terra da un momento all’altro, come poi purtroppo e’ successo poco lontano.

Poi e’ finito tutto e molto in fretta anche. Ed e’ strano perche’ dopo che finisce tutto e non vedi danni particolari e tutti continuano con la loro vita come se niente fosse, ti senti quasi stupido ad esserti spaventato tanto.  

martedì 3 aprile 2012

uno sguardo cattivo

Vi e’ mai capitato di rimanere colpiti dallo sguardo di un completo sconosciuto?

Non mi riferisco a una situazione romantica o qualcosa del genere. In questo caso penso a tutt’altro tipo di sguardo. Uno sguardo duro, di disprezzo forse, di condanna, chi lo sa, uno sguardo cattivo insomma. Puo’ capitare certo, di suscitare un’antipatia immotivata. Il fatto e’ che a me di solito non capita o almeno non mi viene dimostrato in questa maniera, non credo mi sia mai successo prima. E allora, un po’ ci penso.

Si tratta della mamma di un compagno di classe del piccolo Joe. In questi mesi, ci siamo incrociate parecchie volte all’asilo e mi ha sempre rivolto quel tipo di sguardo. L’ultima volta che l’ho vista, ho cercato apposta di stabilire un qualche tipo di contatto. L’ho salutata come ci salutiamo tutti li’ e le ho chiesto come andava. Mi ha dato l’impressione di essersi come ‘sgonfiata’, ma solo per un attimo, come se fino a quel momento avesse trattenuto il fiato, quasi come se si stesse concentrando per apparire cosi’ distante da tutto e tutti in quella stanza.

In effetti, non e’ uno sguardo che ha solo verso di me. La maestra le racconta quello che ha fatto di bello il figlio durante il giorno e lei rimane impassibile. Il bimbo le si avventa addosso come e’ normale che sia e lei sembra quasi infastidita.

Non giudico davvero, non e’ questo il punto. Ognuno dispone di un proprio alfabeto emotivo e lo utilizza come crede, ma mi interrogo, comunque perche’ per me e’ difficilissimo capire questa cosa, decifrarla. Io vedo che per quanto la mia giornata sia stata faticosa, per quanto trafelata possa arrivare li’, appena vedo il piccolo Joe- anche se sono sovrappensiero, anche se ho delle preoccupazioni - sono felice, immensamente, anzi e’ come un’esplosione inevitabile di gioia ogni volta. Rivedere la sua faccia che mi manca tutto il giorno, quei dentini, quel sorriso, il suo abbraccio. Quando mi viene incontro con quella sua andatura buffa e le manine un po’ fuori come per aiutarsi a stare in equilibrio, non importa cosa mi sia successo prima o dovro’ fare dopo, ho un momento di pura gioia.

Com’e’ che lei invece no?

Una volta l’ho raccontato a Mr. Johnson. E lui mi ha dato una risposta su cui ancora rimugino ogni volta che la vedo.

- Magari e’ solo che questa persona non ha una vita facile come la tua.

La mia vita sarebbe facile quindi? Non l’ho davvero mai sentita cosi’, ma e’ vero, certo, e’ facile rispetto a tante altre mille volte piu’ complicate. E che vita deve avere una persona per rivolgere uno sguardo cosi’ tagliente a una perfetta sconosciuta o per non baciare il figlio di pochi mesi dopo non averlo visto per tutto il giorno?

Probabilmente nessuna delle due riesce nemmeno a immaginare la vita dell’altra, eppure mi piacerebbe molto avvicinarmi, capire cosa c’e’ dietro a quello sguardo che sembra cattivo.

lunedì 2 aprile 2012

le metamorfosi del piccolo joe

Quasi sedici mesi.

Tutto e’ cominciato un po’ di tempo fa, quando lasciandoci di stucco, hai cominciato a dire ‘yeah’ senza che nessuno a casa te lo avesse insegnato. Non facciamo altro che parlarti in italiano, poi vai qualche ora all’asilo e la tua parola preferita diventa ‘yeah’, come un perfetto piccolo texano. Davvero buffo abbiamo pensato.

Molto meno buffo, quando di li’ a pochissimo, la tua parola preferita e’ diventata ‘no’. Dici ‘no’ in continuazione. Quando non vuoi qualcosa da mangiare apri la mano con un gesto come per fermarci e scuoti la testa, poi dici piano, ma con decisione ‘no’. Quando ti diciamo di venire o di non toccare qualcosa invece alzi la voce e con la faccia corrucciata dici ‘no!’.

L’altro giorno ti ho chiesto di venire con me, la tua mamma, e tu hai lasciato un attimo il tuo aeroplano. Hai fatto due o tre passi, mi hai tirato una sberla sulle mani, hai detto ‘no!’ e te ne sei tornato indietro.

Non potevo credere ai miei occhi. E’ cosi’ che succede allora? Fino al giorno prima vivi con una specie di bambolotto e poi cosi’ senza nessun preavviso il bambolotto diventa una piccola persona che non fa altro che prendere decisioni sue, metterti alla prova e dirti ‘no!’.

Mi viene da ridere pensando a quanto gongolava il tuo papa’ un mesetto fa, quando ti abbiamo lasciato a giocare nella nursery del tuo nuovo asilo e ci hanno riempito di complimenti. Quanto eri bravo, quanto eri intelligente, che magari tutti i bambini fossero come te e che gia’ gli mancavi dopo aver passato solo un paio d’ore con te. Gli avevo spiegato che questo era quello che sentivo ripetere ogni singolo giorno, che non facevo altro che ricevere complimenti su complimenti. E lui: - Dovrebbero farci uno sconto, anzi dovrebbero pagarci loro per avere in classe un bambino cosi’ bravo!’. E ora? Ogni giorno combini qualche piccolo disastro, addio sconto, eh? Ad ogni modo, gongola ancora il tuo papa’. Sei talmente bello da guardare con tutte le tue mille scoperte e le invenzioni, tutti i progressi e le tue trovate geniali. Facciamo un po’ fatica a starti dietro, ma ci stai facendo riscoprire tutto il mondo.

La tua maestra preferita l’altro giorno, dopo avermi raccontato che hai rubato i giochini a una bambina dolcissima e hai cercato di staccare i fiori di carta dalle vetrate mi ha detto sorridendo: - I’m sorry, I think he became a toddler already. Sospiro. Stranissimo che in italiano non esista una parola per toddler. Comunque, concordo pienamente con la diagnosi, prima o poi doveva succedere del resto, anche se speravo davvero non cosi’ presto. Dovro’ leggermi un libro, qualcosa. Qualcuno deve spiegarmi come funzioni, ci sara’ pure un libretto di istruzioni da qualche parte. Il problema e’ che mi sa tanto che toddler significa che non sei piu’ un bambolotto e allora i libretti di istruzioni forse lasciano un po’ il tempo che trovano.