martedì 31 gennaio 2012

l’umorismo della scuola flanders

Sul tavolo della sala professori, dove di solito ci sono le comunicazioni importanti, c’e’ un foglio bianco che dice:

“Scoperta importante!

Controllate l’etichetta del vostro shampoo.

Non so perche’ non l’ho capito prima!

E’ lo shampoo che uso nella doccia! Quando mi lavo i capelli, lo shampoo scende sul corpo e sull’etichetta c’e’ scritto molto chiaramente: per aumentare il volume

…E’ ovvio che sia ingrassato!

Mi sono subito sbarazzato dello shampoo e da ora in poi usero’ il detersivo per i piatti. L’etichetta dice, dissolve il grasso che altrimenti e’ molto difficile da rimuovere”.

Quindi ricapitolando. Nella scuola Flanders c’e’ un insegnante che ha letto questa storiella e l’ha trovata talmente divertente da stamparsela e non si e’ limitato a questo. Ha sentito anche l’impellente necessita’ di evidenziarne I passaggi piu’ comici e condividerla con tutti i suoi colleghi.

Chissa’ perche’ in fondo tutto questo non mi stupisce piu’ di tanto.

lunedì 30 gennaio 2012

e poi mi chiede perche’ rido

- Che schifo quella roba!

- No dai, certo era un mix di formaggi un po’ particolare, pero’ un sapore interessante da provare…

- Se voglio provare quel sapore mi ciuccio il dito del piede.

mercoledì 25 gennaio 2012

amare scoperte

Come vi dicevo, ci stiamo divorando questa serie chiamata ‘Friday Night Lights’ che e’ ambientata in Texas e sembra piuttosto realistica riguardo alla vita locale, accenti e tutto. La settimana scorsa abbiamo visto un episodio che mi ha un po’ turbato. C’erano questi due liceali che cominciano a uscire insieme, la cosa si fa un minimo seria e organizzano una cena per fare conoscere i propri genitori. Tutti sono molto cordiali finche’ sempre in maniera molto cordiale, la madre della ragazza dice che non si sente a suo agio sapendo che i due hanno una relazione e poi anche la madre del ragazzo dice lo stesso. Cala il gelo. Lei e’ bianca e lui di colore. Sembra che ci sia del ‘cordiale’ razzismo da tutte e due le parti. Poi la storia continua e quando i due, nonostante il parere delle famiglie, escono insieme vengono insultati pesantemente e guardati di traverso.

Sono rimasta molto perplessa perche’ non mi sembrava una situazione credibile, non ho mai visto un razzismo cosi’ spiccato qui, una roba quasi da anni cinquanta, ma Mr. Johnson non aveva molte spiegazioni da darmi non avendo mai vissuto in un piccolo paese del Texas.

Poi l’altra sera sono venuti degli amici che invece quest’esperienza l’hanno fatta e hanno confermato tutto. Il razzismo in quelle cittadine in mezzo al nulla e’ all’ordine del giorno e le coppie miste sono ancora malviste, magari non vengono aggredite nemmeno a livello verbale, ma di certo se ne parla alle loro spalle.

E chi se lo aspettava. Si ha sempre una visione talmente parziale delle cose, anche dopo anni. Che strano paese. Qui alla periferia di Dallas, ho come vicini una bellissima famiglia con due mamme e nessuno fa una piega, pochi chilometri piu’ in la’ succedono queste cose.

L’elezione di Obama, mi sembra sempre piu’ incredibile. Chissa’ quanto e’ odiato pero’.

martedì 24 gennaio 2012

e comunque

E comunque quello passato verra’ ricordato come il weekend in cui mi sono resa conto che where are you from? non e’ piu’ la prima cosa che mi viene chiesta quando conosco una persona nuova. Sembra niente, ma e’ tanto.

Mi piaccia o no, sono sempre meno straniera.

lunedì 23 gennaio 2012

mai addormentarsi sul divano

Mi sono addormentata sul divano guardando la televisione. Le dormite migliori, solo che poi ti svegli all’una con il cane addosso, il torcicollo e senza sonno. Leggo e rispondo a un po’ di posta arretrata, penso ai due giorni appena passati. Ho il soggiorno invaso da tre pannelli giganti. Per terra devo stare attenta che i bracchetti non li schiaccino, appoggiati al muro che Baby J non se li tiri in testa. Domani devono necessariamente sparire. Ho disegnato tutto il pomeriggio. In teoria sono la base per un grosso mosaico che voglio fare a scuola con i bambini, ma c’e’ sempre questo imprevedibile spazio fra l’idea che vedo io e quella che vedono loro. Chissa’ quando riusciremo a finirlo e se ne varra’ la pena. Difficile dire cosa ne verra’ fuori. Prima Mr.DSC05923 Johnson, mentre era di la’ che imbottigliava la sua birra, mi ha detto you're biting more than you can chew, che suppongo che sia un po’ come stai facendo il passo piu’ lungo della gamba. Forse si, ma perche’ accontentarsi di un lavoro ripetitivo quando ci si puo’ sbizzarrire, no?

Penso anche a ieri sera. Era da un po’ che ci sentivamo un po’ soli e incompresi qui e invece viene fuori che probabilmente non lo siamo poi cosi’ tanto ed e’ bello, molto. Tra un bicchiere di vino e l’altro si e’ finito per parlare fino a tardi del passato, di viaggi e di cibo, cosi’ dopo anni ho tirato fuori delle vecchie foto e ritrovato anche un biglietto. Dieci anni fa si scrivevano ancora i biglietti. Mi ricordo benissimo che arrivo’ insieme a un cd dei Subsonica. La trepidazione nel ricevere quel pacchetto e nel riconoscere quella scrittura che ora faccio un po’ fatica a decifrare. Conta la gioia, mi pare di leggere. La parola gioia ripetauta molte volte e’ quella che salta subito all’occhio. Ma non e’ ‘conta la gioia’ e’ ‘canta la gioia’. E’ una poesia di D’annunzio citata a memoria, credo, che cosi’ mi piace ancora di piu’.

Canta l'immensa gioia di vivere,
d'essere forte, d'essere giovine,

e di ascoltar tutte le musiche,
e di guardar con occhi fiammei
il volto divino del mondo

Canta la gioia! Lungi da l'anima
nostra il dolore

Di tutti i fiori io voglio cingerti
perchè tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa invincibile creatrice!

Parole perfette per quel momento e in fondo anche per questo.

sabato 21 gennaio 2012

come nasce una discussione infinita

Ovvero il punto di vista paterno e quello materno.

- Potresti evitare di lasciare la tazza del caffe’ caldo sulla punta della scrivania? Non vorrei mai che se la tirasse in testa.

- Ma questa stanza non e’ per lui.

- Si ma se ci entra…

- Non ci deve entrare, quindi.

- Si ma se ci entra…

- Ma non ci deve entrare!

- Si ma puo’ succedere!

- Non puo’ succedere!

- Le cose succedono!

- Le cose succedono se le fai succedere!

- Ma tu intanto non mettere le cose sui bordi!

- Ma non importa, tanto lui qui non ci deve stare!

Ecc. Ecc.

venerdì 20 gennaio 2012

la lezione su morandi

Terza elementare.

- …E secondo voi perche’ Morandi dipingeva sempre delle bottiglie e dei vasetti?

Bambino Numero Uno: - Perche’ gli piacevano.

Certo ci sta, e’ la risposta piu’ prevedibile. E poi sicuramente le bottiglie dovevano anche piacergli.

Il Bambino Numero Due invece ancora mi sto chiedendo cosa diamine volesse dire.

- Perche’ gli sembravano simili.

- …In che senso?

- Le bottiglie gli sembravano simili e allora le dipingeva.

- Ma perche’ le dipingeva?

- Perche’ gli sembravano simili.

- Ma che risposta e’? Cosa vuoi dire Bambino Numero Due?

- Che le bottiglie erano simili.

- Allora perche’ continuare a dipingere due cose simili?

- Perche’ sono simili.

- Ah.

Se qualcuno ha capito mi aiuti o non dormo neanche stanotte.

giovedì 19 gennaio 2012

i miei libri. miei. miei

Il mio vero oggetto del desiderio come emigrante non e’ tanto il cibo italiano, ma i libri in italiano. E’ davvero difficile comprarli qui e sono pesanti da mettere in valigia. Direte voi, oramai ci sono altre alternative. Lo so, ma non mi soddisfano allo stesso modo. Io amo I libri come oggetti, mi piace toccarli, annusarli, guardarli sullo scaffale. Non ho bisogno di altro tempo davanti ad uno schermo. Mi piace quel gesto di girare la pagina, non so. Da quando e’ nato Slipino leggo pochissimo pero’, soprattutto in italiano. Ho un sacco di libri arretrati che mi sono stati portati l’anno scorso, ma non ho mai il tempo. Oramai leggo solo per lavoro o per lui.DSC04388

Ad ogni modo. Ho un’amica carissima che adora i libri quanto me, italiana, che vive qua vicino. L’anno scorso abbiamo detto dai! allora scambiamoceli!

Idea geniale, no? E invece no. Subito dopo averle prestato un libro a cui tenevo mi sono resa conto che - lo so e’ stupido- lo rivolevo. Ho letto quello che mi aveva prestato lei, gigantesco, alla velocita’ della luce e glielo ho ridato sperando che lei facesse lo stesso visto che il mio era cortissimo e mi aveva detto di averlo divorato in due giorni. Ma niente e’ passato un po’ di tempo e cosi’ alla fine glielo ho chiesto e dopo altro tempo me lo ha riportato. Meschinamente il discorso libri ho cercato di non tirarlo piu’ fuori finche’ l’altra sera viene a cena e mi chiede apertamente di prestarle dei libri che e’ rimasta completamente a secco.

Ancora una volta, sono stata presa dall’impeto della generosita’ e dal bicchiere di vino del dopocena. Gliene ho prestati addirittura tre o quattro, non ricordo nemmeno piu’ (altro motivo di ansia). E ora -lo so e’ stupido- li rivoglio. Tutti e subito. Io lo so benissimo che me li ridara’ tutti, e’ che…non so, e’ piu’ forte di me, li voglio qui e ora e odio questi stupidi buchini nella libreria.

A proposito di buchini nella libreria che mi fanno venire l’orticaria. Deve essere una pena del contrappasso: la libreria e’ il giocattolo preferito di Baby J. All’inizio ho cercato di combattere, poi ho capito che non posso farcela, la ama troppo (e forse non gli fa nemmeno male giocare con i libri piuttosto che con le solite cose). Di mettere via tutti libri non se ne parla, cosi’ sto cercando di insegnargli a rimetterli a posto dopo averli tirati tutti giu’. Comincia a farlo anche, non posso dire di no. Li prende con queste sue manine bausciose e li stropiccia tutti e in qualche modo li rimette anche negli scaffali.

E io soffro.

mercoledì 18 gennaio 2012

torni a bordo tre volte

Il tragitto da casa a scuola dura circa mezz’ora. A volte ascolto un po’ di musica, piu’ spesso le notizie di NPR. Mi aspettavo di sentire qualche aggioranemento sulla nave affondata vicino all’isola del Giglio ovviamente, e’ una notizia importante, ne stanno parlando molto qui, anche in televisione. Il fatto e’ che non mi aspettavo che in quel breve percorso avrebbero trasmesso tutta la famosa conversazione del comandante con la capitaneria di porto ben tre volte e nemmeno durante un programma di approfondimento, ma nella normale rotazione delle notizie del giorno. Certo capisco l’insistenza, anche in una radio che come tutti sanno, e’ tutto meno che sensazionalistica. Quel dialogo fa davvero impressione. Il capitano che tentenna come un bambino no ma lei non capisce e’ buio, l’altro fuori di se’ che lo richiama all’ordine, l’ho imparata quasi a memoria a furia di ascoltarla.

A volte le notizie dall’Italia mi fanno pensare a un Truman Show o qualcosa del genere. E’ come se avessero una patina di nonsenso, come se fossero frutto della fantasia di un qualche regista perverso. Poi in questo caso, e’ tutto cosi’ strano, cosi’ metaforico. Questa nave immensa che va giu’ e il capitano che fugge. Comunque, bisogna pur dirlo (e qualcuno lo ha gia’ detto meglio di me), quelle immagini dal punto di vista estetico sono davvero di una bellezza mozzafiato. Complimenti al regista, peccato i morti non fossero comparse. 

martedì 17 gennaio 2012

lascio tutto e me ne vado

Avete presente quelli che dicono prima o poi lascio tutto e me ne vado? Tanti, eh? Ecco, una coppia di miei amici l’ha fatto davvero. Li’ per li’ e’ stato uno shock anche perche’, appunto, queste sono cose che magari si dicono tanto per dire, soprattutto quando non c’e’ un vero piano alternativo e loro un piano B non ce l’avevano al momento. Per di piu’ lei era contentissima di vivere qui, era lui che l’aveva sempre detto e ultimamente stava diventando quasi un’ossessione. Che Dallas non gli piaceva, che il clima era orribile, una litania senza fine. Anzi, ora che ci penso erano soprattutto queste due le sue lamentele. Negli ultimi tempi sembrava quasi depresso dal fatto di non poter praticare i suoi amati sport all’aperto, non parlava d’altro. Ognuno ha le sue priorita’ nella vita.

E cosi’ un giorno ha deciso e l’ha fatto. Ha scelto a tavolino lo stato che gli sarebbe potuto piacere di piu’, che piu’ gli ricordava lo stile di vita che conduceva nella sua adorata Francia, e nel giro di un mese ha trascinato tutta la famiglia proprio li’. Ha convinto sua moglie non so come e poi anche i suoi capi che il suo lavoro poteva farlo da qualunque posto. Si e’ fatto carico di tutte le spese di trasferimento, ha preso moglie e figli piccoli e se n’e’ andato. Alla festa di addio che gli abbiamo organizzato lei piangeva e lui era assolutamente esaltato. Diceva che eravamo tutti invitati nella loro nuova casa perche’ qui non ci avrebbero mai piu’ messo piede. Ha tirato fuori una simpatia in quel periodo…davvero insospettata. Forse a suo modo cercava di farsi coraggio, ma, a differenza della moglie, non posso certo dire che abbia lasciato un gran vuoto dietro di se’. Quando ripenso a quel periodo, mi rendo conto che tutto, proprio tutto, sembrava giocare contro di lui.

Eppure, ora che sono passati dei mesi possiamo proprio dirlo, ha fatto bene. Si sono ambientati benissimo, hanno fatto subito amicizia con altri stranieri del posto e adorano la nuova casa e il nuovo clima. Ora dicono che se anche il lavoro andasse male, non tornerebbero in patria, ma cercherebbero qualcosa proprio in quella citta’.

Questa cosa mi ha fatto piu’ volte pensare. Le persone che si lamentano sono tantissime, ma quelle che riescono davvero a cambiare la propria situazione sono poche. Ma allora come si fa a cambiare?

Forse per cambiare bisogna davvero vedere qualcosa che agli altri sfugge e andare dritti per la propria strada senza ascoltare nessuno. Forse bisogna essere anche un po’ folli o forse solo avere tanta fiducia in se stessi. Pero’ certo se proprio si sta male, meglio buttarsi.   

domenica 15 gennaio 2012

povere orecchiette, che brutta fine

Cassandra, mesi fa, ha ricevuto mezzo chilo di pasta italiana artigianale e mi ha chiesto se potevo cucinargliela io che lei non era capace.

Non sono un gran genio della cucina -anzi il mio proposito per il 2012 e’ migliorare assolutamente questa cosa che mi crea un sacco di frustrazione e malumore circondata come sono da casalinghe piu’ o meno disperate- pero’ ho pensato che stavolta ce la potevo fare e senza nemmeno sforzarmi tanto, che era un compito alla mia portata. Con una pasta cosi’ buona basta un semplicissimo pomodoro fresco, no? Poi di domenica, che meraviglia di pranzo. Infatti, perfetto. Tra l’altro, all’ultimo minuto sono passati un paio di amici e li abbiamo invitati a restare, cosa c’e’ di meglio nella vita?

Un petto di pollo, deve aver pensato Cassandra. Ha tagliato il petto di pollo arrosto del supermercato avanzato ieri sera e lo ha messo a tavola. Fin qui tutto bene. Pasta come primo, pollo come secondo, pero’ un po’ pochino e poi tagliato a listine, che strano. Abbiamo assaggiato la pasta con il pomodoro ed era buonissima. Tutto procedeva per il meglio, ma evidentemente dopo un po’ i miei ospiti devono aver cominciato a trovare la pasta cosi’ leggermente noiosa e allora e’ accaduto quello che non avrei mai potuto prevedere o forse anche si, ma cercavo di non spingermi cosi’ oltre nel pessimismo.

Ebbene. Hanno cominciato ad aggiungere alla mia pasta artigianale buonissima con il pomodoro fresco dei pezzi di petto di pollo per di piu’ freddo, bianchissimo, brutto, una cosa inguardabile.

- Posso averne ancora?

Cassandra agile afferra il pollo, io in un attimo la pasta.

- Pollo grazie, molto buono.

 

Mi sento molto umiliata ora, sappiatelo.

giovedì 12 gennaio 2012

oggi

Ultimamente io e Mr. Johnson ci siamo invaghiti di una certa serie. Si chiama Friday Night Lights ed e’ finita un paio d’anni fa, ma noi l’abbiamo appena scoperta e ce la stiamo divorando su Netflix. Ci piace perche’ parla di qui, e’ girata in Texas ed e’ molto credibile e ben recitata.

A un certo punto, ieri sera, salto sulla sedia. Ma io quella la conosco!!

Era la mia amica Mrs. Tree, che a scuola si occupa di pubbliche relazioni, ma che ha una grande passione per la recitazione. Non sospettavo che avesse fatto nulla di cosi’ importante. Allora stamattina, pensando che le facesse molto piacere, mi precipito a raccontarle che l’ho vista.

Mi risponde con aria da diva.

- Ah si’? Dove?    

Scoppio a ridere, lei no. Che meraviglia, gli attori.

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Bambino di seconda elementare, mi mostra il suo lavoro finito. Serissimo, mi invita a un’osservazione piu’ approfondita.

- Mrs. Johnson vede questo motivo qui e poi qui lo sfondo…ma lei lo sa dove prendo le idee?

- No…

- C’e’ un film, e’ un film molto bello, che tu lo guardi e lo riguardi e ci sono un sacco di cose interessanti che tu le guardi e ti vengono un sacco di idee e pensi a tante cose…

- Ma come si intitola?

- Yellow Submarine dei Beatles.

Abbozzo. Lo gugolero’ non appena tornata a casa. Ma guarda te a sette anni.

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Con quelli di quarta.

- Siccome la settimana prossima festeggeremo il compleanno di Martin Luther King, riflettiamo un po’ sul suo messaggio […]. Qual e’ invece il vostro messaggio al mondo? Scrivete anche voi una frase che cominci con I have a dream… (Sogno che…) e illustratela.

Una bambina scrive: “Sogno che tutte le persone lavorino insieme” con una trovata originale: disegna due scene. Nella prima c’e’ una persona che cerca di costruire un palazzo da sola e non ci riesce, nella seconda tante personcine che insieme costruiscono un grattacielo. Bella idea. Lo mostro alla classe e una bambina alza la mano e chiede all’artista:

- Si ma perche’ sono tutti bianchi?

Nessuna risposta. L’artista afferra il marrone e ripassa qualche faccia. Decisamente piu’ in linea con Dr. King questa seconda versione.

Alla fine della giornata, come sempre mi fermo un attimo a guardare i lavori con piu’ attenzione. Non li faccio scrivere spesso, ma quando capita, adoro leggere cosa hanno da dire.

Ce n’e’ uno delizioso. ”Sogno che finisca la fame nel mondo” con una figurina seduta a tavola che mangia il tacchino.

E poi, ce n’e’ uno che attira la mia attenzione perche’ ha una gigantesca croce colorata che emana luce a profusione. Leggo.

“Sogno che tutte le persone possano ascoltare le parole di Dio e che ognuno abbia la possibilita’ di decidere di seguirle la’ dove c’e’ una luce nell’oscurita’”

Mica male per una quarta elementare. Piccoli fanatici religiosi crescono? Speriamo di no.

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La giornata e’ bellissima cosi’, nonostante la stanchezza, decido di portare Baby J al parco, dove attacco bottone con un’altra mamma. Allora e’ vero che con i figli si fanno piu’ amicizie. La tizia, bulgara, parla inglese molto male e per molto male intendo semplicemente peggio di me. Dando per scontato si fosse appena trasferita, la consolo:

- Ma no tranquilla, anch’io avevo lo stesso problema all’inizio. Solo ora, dopo cinque anni, va meglio. Da quanto e’ che sei qua tu?

- Sette anni.

Gelo.

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Stamattina ho portato a scuola il detersivo per i piatti per dipingere le bolle di sapone con quelli di cinque anni e ora non ho il detersivo a casa per lavare i piatti. Che geniaccio che sono, pero’ e’ stato bello e i piatti possono aspettare. Che giornata.

lunedì 9 gennaio 2012

i segreti di slipino

Passa ventiquattro ore al giorno con me e non succede niente di niente, poi gioca con il padre per venti minuti e decide che e’ arrivato il momento di cominciare a camminare.

Lo porto all’asilo dopo le vacanze e per prima cosa quando vado a prenderlo, la maestra mi dice ‘ma non mi aveva detto che ha cominciato a camminare!’.

Gia’, forse perche’ non lo sapevo.

Sono passati sette giorni e ancora non gli ho visto fare nemmeno un passo.

Forse ha paura che se scopro che sa camminare, non lo prendo piu’ in braccio. E, detto fra noi, fa molto bene ad avere questa paura.

giovedì 5 gennaio 2012

cosa e’ successo alla porta?

L’altra sera cenavamo con una coppia di amici italiani. A un certo punto, uno di loro ha chiesto a Mr. Johnson quale fosse la cosa che piu’ lo aveva colpito della cultura italiana. Lui, fra le altre cose, ha tirato fuori una questione a cui non avevo mai pensato.
Gli ha sempre fatto una certa impressione una frase del tipo: la porta si e’ rotta.
Dice che in inglese non funziona proprio cosi’. Si puo’ dire che un oggetto si e’ rotto, ma di per se’ non vuol dire quasi niente, poi bisogna spiegare cosa e’ successo. In italiano invece la porta si e’ rotta la maggior parte delle volte, e’ una spiegazione.
Cosa e’ successo alla porta? Di chi e’ la responsabilita’?
Scusate, ma a me verrebbe da dire che non vale la pena farsi tutte queste domande.
E’ una porta, e’ rotta, punto.

mercoledì 4 gennaio 2012

integrazione o omologazione

Ho notato un’altra differenza culturale vivendo qui. E’ una cosa un po’ delicata, spero che nessuno si offenda, se sbaglio aiutatemi a capire.

Allora il punto e’ questo. Quando conosci un americano nato e cresciuto in questo paese, prima o poi -in genere piu’ prima che poi- comincia a raccontarti di dov’e’. Cioe’ di dov’e’ originaria la sua famiglia. E immancabilmente ti spieghera’ le sue tradizioni, le abitudini, i viaggi alla ricerca dei parenti lontani, le parole che sa in quella lingua, un po’ tutto e gli brilleranno gli occhi ogni volta. E’ un classico.

Con gli Europei questo non mi succede. Per l’ennesima volta, ho conosciuto delle persone i cui tratti fisici chiaramente richiamavano altre provenienze, ci ho parlato a lungo, ma non hanno mai accennato a questo, mai, anzi non hanno fatto altro che raccontare quanto bella fosse l’Europa e le sue tradizioni e tutto e non gli brillavano gli occhi, ma quasi. E questo non mi e’ successo solo con conoscenze superficiali. Ho dei casi clamorosi di amici, persone che conosco da anni, a cui non ho mai chiesto nulla, ma che col tempo e’ venuto fuori non essere nemmeno nate in Francia, ad esempio. Nonostante cio’ loro si sentono e si dichiarano francesi in tutto e per tutto. E ogni volta che li presento a qualche italiano si ripete la stessa situazione: dopo vengono a chiedere a me di dove siano davvero i miei amici. Un po’ provinciale come modo di fare, certo, ma in fondo capisco la curiosita’. Se lo sapessero non ci penserebbero su un secondo, ma il fatto di ignorare l’agomento in maniera sistematica, crea un certo alone di mistero. Il classico elefante nella stanza insomma.

So che in alcuni di questi casi, ci sono stati episodi di razzismo in Europa, ma anche cosi’ non capisco fino in fondo il nesso con questo tipo di reazione. Ti discriminano e tu per sopravvivere cerchi di assomigliare loro in tutto e per tutto, ci puo’ stare. Ma anche dall’altra parte del mondo? Proprio qui dove siamo tutti stranieri, anche gli americani? E’ triste vedere questa identita’ cosi’ ricca che non viene riconosciuta come qualcosa di prezioso da portare avanti e che non fa altro che creare complessi. 

Mi chiedo come mai succeda questo. E’ una pura coincidenza che mi sia imbattuta in casi del genere o e’ proprio cosi’? Che in Europa l’integrazione non puo’ essere che omologazione? Mi sembra una cosa cosi’ lontana dalla nostra cultura, eppure la vedo, la vedo spessissimo.

martedì 3 gennaio 2012

ancora sui trenta

Oggi mia sorella fa trent’anni ed e’ da un po’ che se ne parla. Trenta fanno sempre un po’ impressione anche a un tipetto autoironico come lei, ma io cosa le potevo dire? Lo sappiamo tutti che razza di catastrofe sono stati i miei di trenta, a partire dal giorno del compleanno in poi. Sempre peggio per tutto l’anno, un disastro. (I lettori affezionatissimi si ricorderanno le mille disavventure, il crollo fisico, ecc. gli altri, se tanto incomprensibilmente curiosi, possono dare un’occhiata alla voce 30 e non piu’ 30). Ecco, pero’ una cosa l’ho capita a distanza di tre anni e mezzo. Siamo tutti piu’ felici nei trenta. Parlo di me e praticamente di quasi tutte le persone che conosco, anche quelle che una volta erano fra le piu’ tormentate. Si, ci possono essere dei problemi, anzi ci sono dei problemi come sempre nella vita, ma dopo i trenta si acquisisce anche una qualche capacita’ in piu’ per risolverli. Si ha piu’ voglia di stare bene e di solito ci si riesce. E’ piu’ chiaro quello che si vuole dalla vita e cosi’ ci sono piu’ possibilita’ di ottenerlo. Tutta un’altra storia rispetto alle nebulose crisi esistenziali cosmiche dei venti e prima. Insomma si cresce, si mette a fuoco quello che non va e si va avanti, ci si rafforza. Quindi con la saggezza dei trenta suonati, mi sento di fare alla mia sorellina degli auguri veri e non tanto per dire, perche’ so che e’ cosi’, che saranno degli anni importanti e speciali anche per lei.

domenica 1 gennaio 2012

le ricette della nonna

La ricetta delle pittule di mia nonna dice chiaramente di impastare con una mano sola. Sono sempre un po' misteriose le ricette della nonna. Pensavo che alla fine non e' tanto importante seguire le sue ricette, quanto non dimenticarsi il sapore.