venerdì 29 giugno 2018

amiche matte

Ho due amiche meravigliose da tantissimi anni. Siamo nate tutte e tre a distanza di un paio di giorni. 

Alla mia festa a sorpresa, la settimana scorsa, mi hanno detto che il regalo più bello che possiamo farci è passare del tempo insieme. 

Poi mi hanno invitato a pranzo, un invito un po' misterioso e non so come oggi, mi sono ritrovata a scalare alberi altissimi a strapiombo sul lago, altro che pranzo! Cioè poi c'è stato anche il pranzo, me lo sono davvero dovuto sudare. 

Però ce l'abbiamo fatta, insieme, vuoi mettere la soddisfazione? Siamo sopravvissute ed è stato indimenticabile.

martedì 26 giugno 2018

milano e dallas

Ieri ho passato la serata in giro per Milano con un paio delle mie migliori amiche. Si tratta di alcune delle persone che mi mancano di più sempre, amiche che si è perso il conto da quanti anni. Abbiamo parlato fitto fitto per tutto il tempo cercando di vivere al massimo il momento così breve e raro che avevamo a disposizione. La città sullo sfondo però continuava anche lei a fare i suoi discorsi. Quello che mi ha ripetuto più volte, la città dico, sostanzialmente è... non sei sola.
Quando giro per Dallas sono sola o sono con chi sono, ma ognuno sta nel suo, a Milano invece la gente interagisce, nel bene come nel male.
Le mie amiche mi hanno subito messa in guardia sul mio zainetto. Tienilo sul davanti, mettici il braccio sopra, non lo appoggiare allo schienale della sedia, non perderlo d'occhio, te lo portano via in un attimo. Un tipo si è avvicinato alla bici della mia amica e lei ha subito cambiato faccia.
L'avrebbe davvero rubata? Così? A mezzo metro da noi? In una piazza piena di gente?
Ho una bici vecchissima a cui sono affezionata e mi faccio accompagnare alla stazione in macchina perché mio padre è convinto che me la ruberebbero in un attimo anche con la catena. Questa cosa mi dà un fastidio che non vi so spiegare. Può darsi che Dallas sia sicura per via delle armi, è vero -chi rischierebbe di farsi sparare per rubare una bici?- ma di fatto la paura di essere derubati, non esiste. Le case sono dei colabrodi, ma non conosco nessuno che sia mai stato derubato. Il mio vicino lascia spesso la bici in giardino senza catena e nessuno gliel'ha mai toccata. Se vado a prendere i bimbi a scuola, normalmente lascio la borsa sul sedile, in piscina non ho l'ansia che mi portino via il portafoglio mentre sono in acqua. Non so come dire... è davvero piacevole vivere così e oramai lo do per scontato, mi piace rivolgere le mie energie a cose più importanti, mi piace illudermi che non ci sia sempre qualcuno lì pronto a fregarmi.
In realtà, l'interazione di cui parlavo all'inizio è soprattutto di un altro tipo a Milano.
Le persone si parlano, succedono cose.
C'era un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze accanto a noi a un certo punto. Due africani e alcuni italiani. Già questo in Texas è raro, è molto più comune vedere bianchi con bianchi e neri con neri. Oltretutto i ragazzi neri avevano un forte accento che mi faceva pensare che si fossero trasferiti qui relativamente da poco. Io in Texas, nella stessa situazione, ci ho messo anni a fare amicizia con gente del posto. Gli americani tendono a stare nel proprio, gli italiani invece di solito sono più curiosi. Se hai un'esperienza diversa alle spalle, ti fanno mille domande, vorrebbero sapere tutto. Mi faceva impressione a Dallas i primi tempi che non mi chiedessero nulla. Credo che per loro, culturalmente, sia maleducato fare troppe domande. Questo piccolo gruppo di amici italiani e africani ci ha invitato a unirci a loro, così per chiacchierare, in modo molto semplice. Eravamo seduti talmente vicini in effetti..."volete unirvi a noi?" ci hanno chiesto senza giri di parole. Noi abbiamo rifiutato, i piani erano altri, ma a me è piaciuta questa spontaneità, dall'altra parte dell'oceano non sarebbe mai successo. Non mi immagino una scena del genere a Dallas, lì sei proprio da solo, a volte ti senti invisibile, esisti solo per chi ti conosce o questo almeno è quello che percepisco.
Insomma, bello girare per la mia città con gli occhi spalancati e accorgermi di tante piccole e grandi cose. Una città che gli stranieri tendono a saltare per concentrarsi su altre più spettacolari come Firenze o Venezia e che invece è di una bellezza, in alcuni angoli, da togliere il fiato.
Vengo spesso scambiata per straniera in Italia in questi ultimi anni, chissà perché. Forse lo stupore che ho dentro si riflette anche fuori.


lunedì 25 giugno 2018

ciao?

Ieri sera sono andata a una festa di paese con degli amici. Mentre mangiavamo il panino con la salamella, un paio di ragazzi si sono seduti accanto a noi. Uno ha detto "ciao" alla mia amica, lei ha sorriso, poi lui...le ha chiesto scusa! Non ci potevo credere. Le ha chiesto scusa perché l'ha scambiata per qualcun altro e l'ha salutata senza conoscerla. Ecco, in Texas è inimmaginabile, tutti salutano tutti sempre. È normale non solo salutare ogni volta che si incrocia uno sguardo, ma anche chiedere (senza aspettare risposta) come stai? Come è andato il fine settimana? Hai avuto una bella giornata? Ecc.
Ora comincia... #reversecultureshock

le zanzare

A casa dei nonni Joe ha trovato una racchetta da tennis. L'ha presa in mano, ha colpito una pallina immaginaria e... BZzz! Si è spaventato.
Gli ho spiegato:
- Joe quella non è una racchetta da tennis, dev'essere un acchiappazanzare elettrico. Quando fa quel rumore significa che ne hai presa una.
Si ferma un secondo.
- Allora l'ho uccisa.
- È piuttosto probabile.
- Ma lo sai che loro pungono solo per aiutare i loro bambini?
- Lo so e mi dispiace però tu sei il mio bambino e preferisco che non ti pungano visto che sei allergico e poi ti gonfi tutto...
- E se era un maschio? I maschi non fanno male a nessuno...
Messa così, è una vera tragedia. Mi toccherà trovare un avvocato alle zanzare?

Avevo portato sei libri da leggere per Joe, mi sembravano fin troppi in un mese. Ecco, questo pomeriggio sono dovuta andare a cercare una libreria aperta perché non aveva più nulla da leggere. Ha letto sei libri in tre giorni, e col fuso orario.

Ogni giorno per un motivo o per l'altro, Joe mi lascia di stucco. Ogni tanto, più volte al giorno.

venerdì 22 giugno 2018

bello essere qui

La tragedia dei rifugiati, al momento, è una delle tue più grandi preoccupazioni nella vita. Hai il cuore a pezzi pensando a quei viaggi della disperazione. Bambini separati dai genitori, navi abbandonate alla deriva.
Poi tocca a te.
Devi prendere i tuoi due bimbi, un paio di aerei e tornare in Italia -non in Siria- per l'estate.
I biglietti ce li hai, i passaporti ce li hai, il cibo e i soldi pure. Lo stress e lo stomaco chiuso non mancano all'appello. Del resto, non è mica un viaggio semplice.
Da sola. Due bambini. Due aerei.
Il sistema di intrattenimento del secondo volo, quello di otto ore: rotto.
ROTTO.
Appena lo hanno annunciato sono scoppiata a ridere in maniera isterica. Nemmeno nelle mie più perverse fantasie ansiogene ero riuscita a immaginarmi uno scenario simile.
Si può sapere io a questi due (soprattutto al piccolo che già dopo il primo volo è stanco morto e vuole tornare a casa e vuole il papà) che accidenti gli racconto per otto ore?
E niente. Non gli racconto proprio niente perché grazie alla noia (o all'abbassamento del livello di ossigeno?), si addormentano quasi subito e continuano a dormire beati praticamente per tutto il viaggio.
La compagnia aerea ci ha già mandato dei voucher per scusarsi del terribile errore, ma che errore? Li ringrazierei! È la prima volta in tutti questi anni che dormono non solo sull'aereo, ma anche la prima notte in Italia.
Loro dormono e io invece sono qui alle due di notte a scrivere, ma quello è un altro discorso.
Ciò che più conta: bello, dopo un anno, essere qui.
🇮🇹❤️

martedì 19 giugno 2018

il re del mondo

Ieri Joe ha sentito qualcosa riguardo ai circa duemila bambini che stanno detenendo al confine con il Messico, quelli che sono stati separati dai loro genitori dopo essere entrati in Texas illegalmente (molti, in realtà, non erano illegali, avrebbero voluto richiedere asilo, ma non glielo hanno permesso). Gli ho spiegato un po' tutto e oggi è venuto a chiedermi se li hanno liberati. Quando gli ho detto che purtroppo sono ancora lí, ci è rimasto molto male. Mi ha risposto:
- Speriamo che il Re del Mondo li aiuti.
Il Re del Mondo. Lui pensava davvero che esistesse il cosiddetto Re del Mondo, una sorta di superman che salva il giorno, come dice lui traducendo letteralmente dall'inglese. Magari.
Si dicono sempre cose banali in questi casi, ma è la pura verità. E' una settimana che ogni volta che abbraccio i miei bambini penso a quegli altri bambini. Ogni volta che litigano per i cartoni animati o per i giocattoli penso a quegli altri nelle gabbie, come animali (Trump poco tempo fa ha chiamato gli emigranti proprio così, animali), da soli, senza punti di riferimento, senza capire la lingua.
I giornalisti che hanno potuto visitare una di queste strutture -per 15 minuti senza poter fare foto né video né domande- hanno raccontato che hanno a mala pena spazio per sdraiarsi per terra su quelle coperte termiche argentate che danno ai corridori dopo le maratone.
Non sono liberi di entrare e uscire, sono detenuti a tutti gli effetti. Hanno una piccola televisione senza volume e nessun giocattolo per passare il tempo. E quanto tempo poi? Settimane, mesi.
La Camera sta per discutere una possibile riforma sull'immigrazione, ma non ha nulla a che vedere con questo problema.
Prima un giornalista ha chiesto alla segretaria del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale come questo possa non essere considerato abuso. Lei ha risposto sostanzialmente che se gli viene dato vitto e alloggio non c'è nessun abuso.
Una cosa che trovo particolarmente inquietante è anche che non si capisce dove diamine siano le femmine. Hanno imprigionato solo i maschi, dove sono le bambine?
I giornalisti hanno raccontato che questo edificio, che altro non è poi se non un vecchio supermercato dismesso, è perfettamente visibile dal Messico, ma del tutto invisibile al di qua del confine. L'idea alla base della separazione dei figli dai genitori è quella di scoraggiare gli emigranti terrorizzandoli, ma due mesi sono troppo pochi per capire se stia funzionando.
E' strano. L'altro giorno ho visto in fondo all'home page di un quotidiano italiano un trafiletto che faceva riferimento a questa situazione. Sembrava un problema così lontano, quasi un'inezia. Grandi titoloni sul Messico che vince a sorpresa contro la Germania ai mondiali di calcio e quasi nulla su questa tragedia. Da qui, invece, tutto appare maledettamente reale e urgente. E incredibile.

lunedì 18 giugno 2018

il serpente senza testa. o senza corpo


Al corso, fra le altre cose, si parlava di scrittura e di lettura. Come risvegliare l'interesse degli studenti. Fondamentale è - dice il professore - avvicinare i contenuti all'esperienza di vita dei ragazzi.
Ad esempio.
E tira fuori dal cilindro un articolo che parla di un tale vicino a San Antonio che stava piantando i pomodori in giardino. Poi è uscito fuori un serpente a sonagli. Allora il tale con indicibile prontezza di riflessi, ha decapitato il serpente con la zappa, ma la testa senza corpo in qualche modo gli è saltata addosso e l'ha morso e a momenti ci rimetteva le penne.
E niente. Io all'una di notte, quando finalmente potrei dormire, subito dopo aver finito di studiare per il mio corso di scrittura, penso a questo.
Qualcosa mi dice che agli studenti di Milano una storia del genere più che la vita vissuta farebbe venire in mente un film dell'orrore.
Ma fortuna che mi tocca insegnare ai texani.

domenica 17 giugno 2018

happy (not so happy) daddy day


Per la festa del papà americana Joe si è impegnato molto quest'anno. Ha fatto un cartello e ha preparato il caffè, ma il momento clou del festeggiamento secondo il suo piano doveva essere la consegna del disegno. Mr. J era così felice per tutto poi ha visto il disegno...
È lui sotto un arcobaleno in bianco e nero che ha più l'aria di una caverna, da solo con gli acchiappaconiglietti. 

Happy Day Dad dice la scritta, happy con ben tre 'p'. 

Sembra sarcasmo...Fra tre giorni andiamo in Italia per un mese senza di lui. 

mercoledì 13 giugno 2018

che gioco è?

Il padre e il nonno di Kim Jong-un hanno sempre sognato di incontrare un presidente americano. Il motivo per cui non è mai successo è che un incontro veniva visto dagli americani come una ricompensa. I nordcoreani fanno qualcosa per noi (tipo distruggere il proprio arsenale nucleare, cose così...), noi gli concediamo una stretta di mano. Trump ha deciso di fare tutto a modo suo come al solito. Prima ha promesso "fuoco e furia", ha dileggiato (Rocket Man e offese varie) poi si è sciolto nel sentimentalismo (ve la ricordate la lettera di addio?) e infine è approdato alla pura adulazione (un 'onore' incontrarlo, 'grande personalità', 'molto intelligente',...). Oggi tutti a parlare di incontro storico e speranza per il futuro e certo, tecnicamente è un incontro storico date le premesse, ma di quale speranza stiamo parlando? Di sicuro nessuna speranza per i diritti umani. Uno dei dittatori più feroci del mondo è stato trattato con tutti gli onori senza concedere assolutamente nulla in cambio. L'unico scopo concreto di questo meeting era la denuclearizzazione della Corea del Nord e non si è ottenuto. Si sono ottenute invece tante foto ufficiali che per chi non si informa sono l'unica cosa che conta. Sono foto preziose sia per Trump che per Kim. 

La foto di una stretta di mano con sfondo di bandiere da che mondo e mondo comunica autorevolezza e pace, ma bisogna andare anche oltre l'apparenza qualche volta.

Negli ultimi giorni Trump ha attaccato tutti gli alleati storici democratici e si è esposto in difesa dei peggiori dittatori del mondo (da Putin a Kim Jong-un da Erdogan a Duterte).

Cosa significa?

venerdì 8 giugno 2018

l'ultimo giorno di scuola

Ieri era l'ultimo giorno di scuola di Joe e c'è stata una cerimonia di premiazione degli studenti. Credo sia normale, lo facevano anche alla scuola Flanders.
Uno dei premi, ad esempio, viene dato a chi non ha fatto nemmeno un'assenza. E io mi sono sempre chiesta, ma se ti becchi l'influenza e non vai a scuola, non è mica colpa tua e viceversa non è un merito avere una salute di ferro, è una fortuna.
Ogni bambino sapeva dall'inizio che avrebbe ricevuto almeno un premio e tutti premi sono stati festeggiati allo stesso identico modo, ma i bambini sono svegli, capivano benissimo che il premio di chi ha avuto il massimo dei voti, non equivale a quello di chi non ha perso un giorno di scuola.
Non mi piacciono queste cerimonie. Non mi sembra ci sia bisogno di creare una competizione e di far sentire le persone inadeguate già dalle elementari, c'è tutta la vita per sentirsi così.
Tipo io, alla mia veneranda età, quando sono arrivata lì e mi sono resa conto che c'erano anche i bambini più piccoli e che sì insomma...non so come, ma in qualche modo, l'anno scorso io questa cerimonia me la sono persa, mi sono sentita esattamente così.
Infatti Joe ha avuto il suo bel premio, ma quando sono andata a prenderlo, non mi ha detto del premio, mi ha chiesto se c'ero. Era preoccupatissimo perché aveva paura che non lo avessi visto prendere il premio. Il premio ha valore se la mamma vede che lo hai preso e allora a cosa serve una cerimonia simile?
Non capisco, come sempre non sono abbastanza americana.

lunedì 4 giugno 2018

che fine ha fatto cioppi?

L'altro giorno mi chiedevo...ma che fine ha fatto Cioppi? Cioppi era uno degli amici immaginari di Joe, uno scoiattolo. Sentivo sempre parlare di Cioppi. Cioppi che faceva i dispetti, che ci rubava le pesche, che faceva impazzire gli acchiappaconiglietti... poi a un certo punto non era più solo Cioppi, ma c'era anche suo nonno che era un supereroe in pensione. Facevano delle peripezie incredibili Cioppi e suo nonno insieme fino a che un paio d'anni fa sono scomparsi. Da un momento all'altro, non ho più sentito parlare di loro.
- Joe...ma che fine ha fatto Cioppi? E' da un po' che non mi racconti niente...
- E' morto.
- Come è morto? Ma è terribile...cosa gli è successo?
- Niente, era vecchio.
- Ma non così vecchio.
- Per uno scoiattolo sì. Se fosse vivo avrebbe otto o nove anni.
- Si, ma non si può sapere, c'è chi vive più a lungo...
- Guarda in faccia la realtà, mamma, gli scoiattoli vivono al massimo sei o sette anni. Cioppi è morto.
Va bene, guardo in faccia "la realtà", se proprio mi costringi Joe.
R.I.P. Cioppi.

domenica 3 giugno 2018

del toefl e altri scogli

E così, dopo undici anni negli States, non ho passato il test d'inglese. Lo so, è assurdo. Che poi non è nemmeno proprio vero che non l'abbia passato, il problema è che se vuoi insegnare nella scuola pubblica americana, hai bisogno di un punteggio molto alto. Il test in questione è il TOEFL. Ho constatato solo dopo averlo fatto quanto sia famoso, o famigerato. Mi sono presentata lì pensando... che sarà mai un test d'inglese per una che parla questa lingua da anni e anni? E invece è venuto fuori, consultandomi un po' con tutti quelli che lo hanno fatto che non sapevo questa cosa: esiste l'inglese e l'inglese TOEFL. Fantastico.
Dopo il primo tentativo, mi sono ammazzata di video su YouTube, cercando di capire come alzare il mio punteggio. L'esame è diviso in quattro sezioni.
La parte del test che mi era sembrata più difficile inizialmente, era quella di lettura. Mi sono capitati dei passaggi di testi universitari a argomento scientifico. Cose di cui sono completamente a digiuno tipo la scienza che studia i cerchi dentro ai tronchi degli alberi o il modo in cui il comportamento di un certo tipo di gazzella paragonato a quello quasi uguale di un altro tipo di gazzella ha modificato il paesaggio di una certa regione della Somalia. Domande lunghe e a trabocchetto a cui devi rispondere in una manciata di secondi. Il mio errore più grande è stato usare la logica: prima leggo e poi rispondo. Purtroppo questo test non funziona in questo modo.
Ci sono delle tecniche ben precise per rispondere a tutte le domande, ma da quello che ho potuto vedere, non prevedono la comprensione del testo.
C'era un tutor che diceva se per caso vi capita un argomento che stuzzica la vostra curiosità, andate a vedervelo a casa, non cercate di comprenderlo al momento. Non c'è il tempo materiale per capire. Sostanzialmente si va per parole chiave, bisogna imparare a scannerizzare il testo per trovare subito quelle determinate parole. I video che ci sono su YouTube ti spiegano tutti questi trucchi.
Con mia grande sorpresa, la sezione dell'esame in cui ho avuto il punteggio più basso, al primo tentativo, è stata quella che mi era sembrata più semplice, quella orale. All'inizio ho pensato fosse una questione di accento, poi invece mi sono resa conto vedendo questi video che il problema era un altro. Funziona così: ti chiedono una tua opinione su qualcosa di semplice -qualcosa a cui normalmente uno non pensa...è giusto che tutti gli studenti delle superiori portino l'uniforme? Contano di più gli amici o la famiglia? E' meglio vivere in città o in campagna? Cose così - ma ti danno solo 15 secondi per pensare a cosa dire e 45 secondi per dirlo. Sembra banale, ma non lo è per niente.
Per superare il test non bisogna cercare di dire qualcosa di sensato o la verità, ma semplicemente rispettare un certo schema nella risposta. Impari lo schema, ti eserciti fino allo sfinimento con il cronometro in mano e il gioco è fatto.
La parte di ascolto, non mi ha dato grossi problemi, ma è molto stressante. Ci sono un paio di conversazioni più o meno quotidiane, ma il grosso del test prevede l'ascolto di brani di lezioni universitarie sui temi più disparati. Non è semplice prendere appunti di microbiologia o economia o chimica a quella velocità, senza avere la possibilità di riascoltare o fermare.
La parte di scrittura non mi ha dato nessun problema. Anche lì bisogna rispettare uno schema (introduzione, almeno tre esempi, conclusione) e cercare di non fare errori di grammatica o spelling, ma di solito penso che noi italiani non abbiamo grandissime lacune nello spelling.
Dopo un mese, ho rifatto il test ed è andato molto meglio. Scrivo di quest'esperienza che archivio con grande piacere solo perché alcuni di voi me lo hanno chiesto.
E' stato tutto molto seccante. Non solo dover fare un esame di questo tipo che non mi sembra abbia migliorato in alcun modo il mio inglese, ma anche il trattamento durante l'esame. Immagino che questo cambi da location a location, ma qui a Dallas, la sicurezza è fuori dal normale. L'esame dura quattro ore, non puoi mangiare, né bere, né usare i servizi. In teoria, hai dieci minuti di pausa nel mezzo, ma ogni volta che entri e esci dalla stanza ti fanno una perquisizione ancora più approfondita di quella dell'aeroporto (mi hanno scannerizzato perfino gli occhiali): avevo paura di perdere minuti preziosi a causa dei controlli e sono rientrata in anticipo. Puoi usare solo la matita e i fogli che ti danno loro per prendere appunti. Ti dicono che se hai bisogno di un foglio in più, devi solo alzare la mano e te lo portano. Il problema è che nella furia dell'esame, ho finito il foglio, ho alzato la mano e sì mi hanno dato un foglio nuovo, ma mi hanno anche tolto quello vecchio. Non ci potevo credere! Non potevo rispondere alle domande sull'evoluzione di quel cavolo di pesce dal nome latino impronunciabile senza i miei appunti. E' stato tutto terribilmente spiacevole, essere trattati quasi da criminali per fare un esame.
In realtà, questo mio percorso per entrare nella scuola pubblica è stato fin qui tutto tranne che piacevole. Dopo aver passato l'esame di arte che immaginavo fosse il più difficile e anche il più importante (considerando che sto cercando di insegnare arte) a ottobre, avevo cominciato a contattare direttamente le scuole e a mandare in giro il mio curriculum. Ho una voglia di tornare al lavoro che non sto più nella pelle. E le risposte sono arrivate subito numerose e positive, ero ottimista, ma poi ho scoperto che finché non facevo una serie di altri passi burocratici (che purtroppo non dipendono dalla mia buona volontà, ma da altre persone, tempi tecnici, ecc...), non possono nemmeno farmi un colloquio.
In tutti questi anni qui, non ho mai visto nessun tipo di burocrazia, la scuola pubblica invece è un incubo da questo punto di vista.
La cosa peggiore è che gli insegnanti servono. E' questo che mi fa più rabbia, che potrei fare qualcosa di buono per un sacco di bambini e invece mi bloccano per delle inezie burocratiche. Bloccano me che ho fatto tutti gli studi necessari, ho anni e anni di esperienza sul campo e parlo tre lingue, mentre gli insegnanti che vedo nelle scuole mi lasciano spesso a bocca aperta per l'incredibile incompetenza. Un po' di tempo fa, Joe ad esempio, mi ha portato un compito in cui la maestra gli aveva corretto una parola giusta. Barrata e riscritta male sopra, punti in meno. Ho lasciato perdere. L'altro giorno ha riportato un altro compito. Aveva scritto la stessa parola in modo sbagliato. Gli ho chiesto: "Ma la maestra ha visto questo compito?". Mi ha risposto: "Sì ho solo copiato dalla lavagna quello che ha scritto lei".
Insomma, all'aspirante insegnante soprattutto straniero (perché la maggior parte delle lungaggini derivano da questo) viene richiesta la perfezione, all'insegnante americano evidentemente è consentito ignorare lo spelling di una parola che si impara in prima elementare.
Spero che questa storia finisca presto per me.
Se dovete fare il TOEFL non preoccupatevi, si fa tranquillamente, bisogna solo essere molto pragmatici e capire bene come funziona. In bocca al lupo!

venerdì 1 giugno 2018

questo splendido groviglio

E' successo che mi serviva un timbro sul passaporto, di vitale importanza per poter tornare in Italia quest'estate e per lavorare. Mi dicono: no problem, prendi un appuntamento, vai lì e ti fanno il timbro, è una formalità. Chiamo.

Ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate.

L'attesa prevista è da uno a tre minuti. Bene. Ma allora perchè sono passati 20 minuti e non ho ancora parlato con nessuno? No, mi spiega in un'altra chiamata successiva l'operatore (perché non é che uno possa passare ogni volta il pomeriggio in attesa) l'appuntamento non si può prendere per telefono, ma solo attraverso il sito. Il fatto è che il sito sembra perennemente impallato. Provo per un paio di settimane, sempre la stessa schermata, non c'è mai posto per i prossimi 14 giorni, c'è scritto. E la mia partenza si avvicina. A un certo punto, nell'esasperazione più totale provo in altre città. Finalmente trovo un appuntamento a tre ore di strada, va bene, lo prendo, qualunque cosa. Ma no, il timbro me lo possono fare solo a Dallas. Allora richiamo.

Ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate. Premi un tasto, musichetta e poi ascolta bene perché le opzioni sono cambiate.

- Guardi che il sito non funziona, c'è sempre la stessa schermata, è impossibile prendere un appuntamento e io devo partire.
- Spiacente, l'appuntamento si può prendere solo via internet. Click.
Mi attacco a questo sito tutti i giorni. Comincio a perderci anche il sonno. Una notte, preoccupata, provo a collegarmi al sito, giusto per vedere cosa succede, e sì, c'era posto! Solo che l'appuntamento sbagliato nell'altra città mi impediva di prendere quello giusto a Dallas. Un'altra matassa da sbrogliare, solo che in questo modo almeno ho capito l'inghippo: i posti disponibili appaiono a mezzanotte in punto. Se tu la sera non trovi posto e riprovi la mattina successiva, non troverai mai un posto, almeno in una città di queste dimensioni. C'è disponibilità, pare, solo a quella particolare ora della notte e per pochi minuti.
Stamattina siamo andati all'appuntamento in un bell'edificio nel verde.
La receptionist con un sorriso smagliante:
- Potete accomodarvi. Oppure no visto che il tempo di attesa é inesistente.
In effetti, siamo stati trattati con grandissima cortesia e abbiamo sbrigato il tutto in cinque minuti di orologio. Abbiamo finito mezz'ora prima dell'orario del nostro appuntamento. Missione compiuta. Sembrava quasi troppo facile per essere vero.
Mr. J, nel tragitto verso casa, mi ha ricordato altre attese. Quel tempo lontano in cui vivevamo in Italia ed era lui che cercava di ottenere il permesso di soggiorno. Non so ora, ma qualche anno fa la questura di Milano era un girone infernale. Sporcizia, bagni allagati, bambini che piangevano, ore e ore di attesa prima fuori, sotto le intemperie, e poi dentro in quelle condizioni. Mi trovai di fronte a qualcosa che non avrei mai immaginato da italiana che potesse accadere nel mio paese. Ogni volta che si accorgevano che Mr. J veniva dagli Stati Uniti cambiavano completamente atteggiamento, di colpo ci ascoltavano e ci trattavano da esseri umani, ma nonostante il datore di lavoro disponibile a fare da sponsor e tutti i documenti in regola non siamo mai riusciti a procurarglielo quel permesso. Fu un momento difficile per noi.
E' vero, la burocrazia fa schifo ovunque, ma questo qui sembra un sistema volto a metterti l'ansia, a spaventarti senza motivo. Ci credo che non c'erano code: la maggior parte della gente di sicuro non capisce come prendere un appuntamento!
Quello però era anche il posto in cui si fanno le cerimonie per la cittadinanza.
A un certo punto hanno chiamato un gruppo di una quindicina di persone. C'erano donne africane con gli abiti tipici, sudamericani, arabi...tutti emozionatissimi, schierati sotto la bandiera con i parenti e gli amici pronti a immortalarli.
Devo ammettere di essermi emozionata.
Mi sono svegliata questa mattina leggendo dei bambini che il governo Trump sta oramai separando sistematicamente dai genitori che cercano di entrare in questo paese illegalmente. Il governo affida questi bambini a cosiddetti sponsor, che potrebbero anche essere trafficanti, e poi ne perde le tracce. E' una storia relativamente fresca e molto complicata, ho trovato un ottimo riassunto qui se vi interessa.
Si danno tante di quelle cose per scontate. Ho avuto questa piccolissima vicissitudine burocratica che sapevo fin dall'inizio che in qualche modo si sarebbe risolta e ci ho perso il sonno. Molte di quelle persone, già solo a causa del loro aspetto, saranno state fermate mille volte negli aeroporti, magari non sono potute tornare a casa per un funerale o un matrimonio per paura di non poter più rientrare e ora sono cittadini, nessuno potrà più disturbarli, sono liberi, quella parte cosí complicata della loro vita è finita per sempre. C'è da festeggiare, certo.
Non dico che da ora in poi sarà tutto rose e fiori per loro, ma almeno se qualcuno li insulterà perché parlano spagnolo o perché portano il velo, potranno rispondere sono americano esattamente come te, mettendo a tacere immediatamente la stupidità di chi non capisce che questo paese è quello che è nel bene e nel male grazie allo splendido groviglio di facce e colori che ha sempre agevolato.