venerdì 28 agosto 2020

il database dei casi di coronavirus nelle scuole americane

 Uno dei problemi della riapertura delle scuole negli Stati Uniti, è che non ci sono precedenti: nessun paese le ha mai riaperte con i numeri di infezioni che si registrano qui in questo momento.

Un'insegnante del Kansas di nome Alisha Morris, ad agosto ha cominciato a cercare dei dati in proposito e ha trovato solo articoli di cronaca. Allora ha avuto un'idea semplicissima quanto geniale: mettere tutti questi casi insieme nel primo e unico database sull'incidenza del coronavirus nelle scuole americane.
Inizialmente inseriva solo casi documentati dalla stampa. Presto però ha cominciato a ricevere segnalazioni che consistevano magari in screenshots di post sui social media o email interne delle scuole. Molte scuole americane, come abbiamo visto, tendono a tenere queste informazioni il più possibile segrete purtroppo, cosí Alisha Morris per avere un quadro più completo della situazione reale, ha deciso di creare una sezione a parte del database con questo tipo di segnalazioni e di verificarle in un secondo momento.
A oggi, secondo questi dati 700 scuole hanno avuto almeno un caso. E' un numero impressionante se si considera che la maggior parte delle scuole sono ancora chiuse o hanno iniziato l'anno scolastico online.
Il database è diventato così importante che adesso viene gestito dalla NAE (National Education Association).
Quando è stato chiesto ad Alisha Morris quale sia il suo stato d'animo all'idea di tornare in classe, lei ha risposto che la scuola in cui lavora basa le proprie decisioni sulla scienza e sulla sicurezza di tutti, quindi ha completa fiducia che quando e se le verrà chiesto di tornare a insegnare di persona, sarà fatto con tutte le cautele del caso.
Ho la sensazione, da quello che vedo, che la maggior parte delle scuole siano troppo sotto pressione per usare lo stesso buon senso. Penso che queste informazioni possano essere utili a tutti indipendentemente dal paese in cui vivete. Vi lascio questo link in caso vogliate approfondire.

mercoledì 26 agosto 2020

la trasparenza

La decisione di licenziarmi è stata un tale stillicidio per me e per tanti altri insegnanti perchè avevamo capito benissimo che le amministrazioni volevano fare qualcosa di molto pericoloso e semplicemente non ci abbiamo creduto. Tanti di noi hanno pensato: no, non può essere, si fermeranno in tempo. Dopo tutto, a marzo le scuole sono state chiuse con una situazione di contagi molto meno grave. 

Qui negli Stati Uniti non esiste una strategia comune per la riapertura delle scuole, ogni distretto decide per sè. Dove mi trovo io e in molte altre zone, è successa spesso una cosa inquietante.

A un certo punto è stato chiaro: più la situazione dei contagi peggiorava meno l'idea di riaprire le scuole veniva messa in discussione. Anzi si rincarava la dose.   

Inizialmente, per i bambini che sarebbero tornati a scuola, si parlava di misure di sicurezza importanti. Si sarebbero formati gruppi molto piccoli. Tutti gli studenti avrebbero indossato la mascherina. Ogni bambino avrebbe passato la giornata seduto al suo banco anche durante la pausa pranzo. Si sarebbe fatto il possibile per non condividere nessun materiale. L'ora di ginnastica all'aperto e niente sport dopo scuola. Al primo sintomo o contatto con un individuo infetto, dritti a casa.

Quando la pandemia è peggiorata ulteriormente però, ho visto le misure di sicurezza paradossalmente allentarsi.

In molte scuole, ad esempio, le classi sono rimaste numerose più o meno come prima impedendo il distanziamento sociale fra i banchi, ma un'altra cosa ben più grave è successa: è venuta meno la trasparenza.

I primi tempi si diceva e si ripeteva che chiunque avesse avvertito qualunque sintomo o fosse venuto a contatto con soggetti malati, sarebbe dovuto rimanere a casa in quarantena, ma ci si è presto resi conto della difficoltà di tenere fede a questo piano. Dove si trovano tutti questi supplenti durante una pandemia? Gente che lavora a ore dovrebbe prendersi il rischio di passare da una classe all'altra? Del resto non c'era la fila nemmeno prima per questo lavoro. E poi 14 giorni di quarantena sono tanti. Non è che puoi stare a casa quanto vuoi e continuare a ricevere lo stipendio. Ogni distretto ha normative differenti, ma c'è una generale mancanza di chiarezza sui rimborsi e l'utilizzo dei giorni di malattia. L'approccio sembra quasi essere: facciamo il possibile per non arrivare a quel punto.

Come? Invece di implementare la sicurezza, si chiude un occhio sui fattori di rischio. Mi spiego meglio.

Dato che una grande percentuale di chi prende il coronavirus non esibisce sintomi, per essere sicuri di essere stati contagiati bisogna fare il test. Qui i test ognuno -lavoratori e studenti- se li deve pagare da solo. Non tutti hanno un'assicurazione sanitaria e per di più i risultati possono arrivare con parecchi giorni di ritardo. Fare finta di niente fino alla comparsa dei sintomi, dalle storie che sento e leggo, sta diventando un tacito accordo che fa comodo a tutti.

Per tornare a scuola dopo il coronavirus in alcune scuole non è necessario un test negativo. Basta che siano passati 10 giorni dall'inizio della malattia, non avere la febbre da 24 ore e un "miglioramento" di tutti i sintomi. 

I giorni di quarantena in molti distretti sono passati da 14 a 10. In uno stato, lo Utah, avevano addirittura deciso di abolirla per chi non ha sintomi. Poi, viste le critiche, sono tornati sui propri passi (qui).  

I primi casi di contagio qui sono cominciati quando nelle scuole c'erano solo gli insegnanti a preparare le classi, ben prima che arrivassero gli studenti. Conosco insegnanti che quando il virus è arrivato nella loro scuola sono stati avvertiti a voce da altri colleghi e solo molti giorni dopo dall'amministrazione. Adesso che alcune scuole hanno cominciato a riaprire in modo completo anche qui in Texas, i contagi fra i bambini sono sempre più frequenti. CNN parla di un 21% di aumento di casi nei bambini nel giro delle due settimane corrispondenti alla riapertura delle scuole (qui). 

Sembra che le notizie dei contagi molti presidi tendano a tenerle per sè finché non diventa impossibile nasconderle. E questo lo sto vedendo succedere non solo a scuola, ma anche in altri ambienti di lavoro.

Allora mi chiedo: come ci si può proteggere e allo stesso tempo proteggere quelli che vengono a contatto con noi se non sappiamo nemmeno di essere stati esposti al virus? D'altra parte però come si possono tenere aperte scuole, uffici e negozi seguendo tutte le norme di sicurezza? 

sabato 22 agosto 2020

la vita continua

Quest'estate è stata dura.

Parlo al passato non perchè sia finita, ma perchè è da qualche giorno che dormo, rido e mi sento di nuovo me stessa. Penso di avere avuto una leggera depressione. Mai nella vita mi sono sentita così priva di speranza e così in balia degli eventi. Almeno, mai così a lungo. Avevo retto bene al lockdown, alla cancellazione del volo per l'Italia, alla solitudine del distanziamento sociale prolungato, ma l'annuncio di Trump di riaprire immediatamente le scuole, mi ha completamente stroncato. In quel periodo i contagi stavano salendo a dismisura in molti stati, soprattutto quaggiù al sud e pochi lo presero sul serio. Ci fu il solito coro di 'non può farlo, non è di sua competenza, è ridicolo'. Un paio di giorni dopo, guarda caso, la mia scuola come tante altre, annunciò la riapertura. Non un comunicato ambiguo del tipo vediamo cosa succede, il messaggio era forte e chiaro, spavaldo anche: si riapre, e non vediamo l'ora. Allora mi sono messa a studiare per cercare di capire come fosse possibile. Avevo letto chiaramente che le chiese, i bar, i ristoranti e tutti gli eventi al chiuso in generale avevano generato quantità sorprendenti di contagi. Non capivo come potessero pensare che mettere un sacco di bambini in una stanza potesse funzionare. Non hanno cancellato nemmeno il coro.

Ho fatto ricerche abbastanza approfondite per comprendere i successi e i fallimenti di altri paesi, ma una differenza mi è saltata immediatamente agli occhi: mai nessun paese ha provato a riaprire le scuole con queste percentuali di positività al virus, senza nessuna intenzione di condurre test o tracciare i contatti e addirittura abbassando o annullando i giorni di quarantena in assenza di sintomi.

Non riuscivo a staccarmi dalle notizie, non dormivo più. Aspettavo ogni minuto che qualcuno cancellasse questo piano incomprensibile perchè era ovvio che non ci avrebbero messo in questa situazione, no? No.

All'inizio di questa settimana il Texas ha superato i 10.000 decessi (quieppure la maggior parte delle scuole per ora continua con i piani di riapertura, piani che paradossalmente, in molti casi, si fanno sempre meno restrittivi.

La scienza è una, ma ogni scuola negli Stati Uniti prende decisioni in maniera del tutto indipendente. Ogni distretto intorno a casa mia apre o non apre come e quando vuole, in alcuni casi le maschere sono obbligatorie in altri no. Parliamo della vita di milioni di persone, ma qui non c'è nessuna autorità sanitaria che controlli o sanzioni: le decisioni sono lasciate agli amministratori e ai politici che, a giudicare dalla disinvoltura, non credo abbiano responsabilità penali. Da due o tre settimane stranamente proprio gli stati più colpiti dalla pandemia hanno cominciato a riaprire le scuole. E chiuderle. Aprono e chiudono.

C'è stata una studentessa in Georgia (qui) che ha postato delle foto del primo giorno di scuola dove si vedono corridoi pieni di ragazzi e molti sono anche a viso scoperto. La foto è diventata virale e la scuola invece di scusarsi ha sospeso la studentessa che ha postato la foto. Poi anche la notizia della sospensione è diventata virale e allora la sospensione è stata ritirata. Subito dopo hanno dovuto chiudere per via dei numerosi contagi.

A scanso di equivoci, il primo punto della mia lettera di inizio anno scolastico recitava: richiediamo che a scuola non venga scattata o postata nessuna foto in nessun caso e su nessun social media. 

Gli insegnanti di arte come del resto quelli di musica, teatro, spagnolo, ecc. vedono centinaia di studenti alla settimana e spesso continueranno a farlo. Per noi è impossibile rimanere all'interno di piccoli gruppi. Ho analizzato la questione per settimane da tutti i punti di vista. Non penso che sia impossibile riaprire le scuole, penso solo che si debba seguire la scienza e la logica. Ho chiesto chiarimenti molto precisi fornendo dati scientifici. Ho considerato le classi con 20 bambini di 5 anni che a volte ancora si fanno la pipì addosso e da cui ci si aspetta che rimangano immobili al proprio banco con la mascherina per tutta la giornata. Ho considerato le finestre che nella mia scuola non si aprono e l'aria condizionata che non ha mai funzionato alla perfezione. Insegnare all'aperto? E' l'unica idea che per un attimo mi aveva dato fiducia, ma ci sono 40 gradi, oltre ai mass shootings ovviamente. La risposta che ho ricevuto è stata qualcosa tipo non preoccuparti, andrà tutto bene.

Ho letto i racconti di chi ha iniziato, la maschera bagnata di saliva dopo due ore di lezione, spogliarsi in garage al ritorno dal lavoro, mettere tutto in lavatrice e andare direttamente nella doccia tutti i giorni. Ho pensato alla possibilità di contagiare Joe e Woody che soffrono di asma, di non poterli abbracciare. Mi sono ritrovata alle tre del mattino a piangere riguardando le foto della mia meravigliosa classe di arte e ricordando tutte le cose incredibili che là dentro succedevano. La mia classe era il mio posto felice, era una parte enorme della mia vita, era un sogno che avevo faticato tantissimo per riuscire ad avverare.

Mi rendo conto di essere estremamente fortunata e privilegiata ad avere un'alternativa, ma la scelta di lasciare questo lavoro oppure no, avrà delle ripercussioni enormi e mi ha logorato l'anima. 

A un certo punto, ho pensato di rivolgermi a uno psicologo. Ne ho trovata una qua vicino, ben 17 anni di esperienza. Le spiego il mio dilemma e mi dice: "Ma guardi che basta prendere l'idrossiclorochina e un altro paio di medicinali da banco. Le compagnie farmaceutiche impediscono alla notizia di uscire per non perdere milioni di dollari. Il covid è poco più di un raffreddore". Dalla padella alla brace. Non potevo credere di essermi imbattuta in un personaggio simile al primo colpo. E' stata un'esperienza tragicomica. Non so se troverò mai il coraggio di riprovarci.

E' un periodo difficile. E non solo per la pandemia e questa scelta crudele fra il lavoro e la salute che come tanti mi sono trovata davanti, ma anche per tutto quello che stanno significando questi ultimi mesi nel mondo di Trump. Le sue tendenze autoritarie oramai si manifestano di continuo, senza più nessun ritegno e in modi che condizionano direttamente la nostra vita. Continua ad alludere al fatto che potrebbe non accettare il risultato delle elezioni. Negli ultimi giorni finalmente ha detto ad alta voce che il motivo vero per cui sta boicottando le poste è restringere il diritto di voto (ci si aspetta che a causa della pandemia molti più americani votino via posta, qui). Impedire alla gente di votare è criminale di per sè, ma qui si parla anche di mera sopravvivenza: soprattutto nelle località più remote, è la posta che recapita i farmaci.

Poi ci sono le proteste contro il razzismo. A Portland e altrove si sono visti soldati in tuta mimetica arrestare, o sarebbe meglio dire sequestrare, manifestanti pacifici senza qualificarsi o dire una sola parola. Lo avete visto il video della manifestante caricata su un'automobile civile da due soldati in assetto da guerra? Adesso ti può succedere una cosa del genere alla luce del sole con prove filmate e testimoni senza nessuna conseguenza. Il senso di angoscia di chi presta attenzione a tutto questo, è profondo. 

C'è stato qualche segnale positivo negli ultimi giorni, ma in generale la sensazione è quella di vivere in uno di quei film, quelli che non finiscono bene.

In tutto questo, è ricominciata la scuola. Ho cercato di capire ancora meglio quali fossero i piani per contenere la pandemia e se ci fosse una possibilità di continuare a lavorare senza assumere dei rischi che io reputo eccessivi. Dopo un paio d'ore ho deciso di dare le dimissioni.

E' stata una delle decisioni più sofferte della mia vita, ma ho sentito di essere davvero con le spalle al muro.

La cosa sorprendente è che appena l'ho fatto, mi sono sentita sollevata, anzi mi sono sentita bene.

E' stato come se mi avessero tolto un macigno dalle spalle. Immediatamente ho cominciato a pensare a come rendere quest'anno scolastico piacevole per Joe e Woody, a come organizzarmi per dare lezioni private in giardino, via Zoom...insomma ho ricominciato a immaginare il futuro.

E' successo immediatamente.

Ho capito che se sia il tuo istinto che la tua razionalità ti suggeriscono la stessa cosa, non ha senso opporre resistenza, aggrapparsi alla speranza, ai ricordi. A un certo punto, bisogna rassegnarsi alla realtà e io mi sono rassegnata: la situazione adesso e chissà per quanto tempo ancora, è questa. Il passato è passato. 

Però il futuro c'è. C'è stato un momento in cui l'avevo perso di vista. Lo avevo messo nelle mani di altri, ma ora me lo sono ripreso.

Una mia amica, mi ha sentito così contenta e alleggerita all'improvviso che mi ha fatto le congratulazioni. Congratulazioni per essere riuscita a licenziarmi? Sì perchè quello che è successo è buffo anche, ora lo vedo.

La vita continua.  

lunedì 17 agosto 2020

la playlist di nonsisamai

 L'anno scolastico della pandemia è cominciato con una riunione via Zoom. Quando tutti si sono collegati ci hanno fatto ascoltare All Star degli Smash Mouth. Avete presente? Quella di Shrek 😳

TUTTA. Non finiva mai la maledetta canzone motivazionale. Il primo lunedi mattina dopo le vacanze. Ognuno dentro al suo quadratino cercava la faccia da fare.
Il problema è che la roba motivazionale soprattutto quando la situazione è veramente critica, non funziona.
Stiamo per tornare in classe durante una catastrofe epocale, siamo legittimamente stressati, angosciati, irritati, spaventati e voi ci fate ascoltare gli Smash Mouth? Davvero? Ma perchè mai? Ognuno poi hai suoi gusti e le sue idee riguardo a queste cose.
Per me, ad esempio, la strategia vincente è un'altra: le emozioni spiacevoli bisogna assecondarle, corroborarle, coccolarle. Così ho deciso di mettere insieme e condividere con voi le canzoni che più mi hanno dato conforto in questo periodo. Niente di particolarmente allegro. Sono quasi tutte canzoni che prendono la tua tristezza e l'abbracciano stretta stretta finchè non scappa via.
Enjoy.






giovedì 6 agosto 2020

che cos'è una karen e cosa succede quando ne incontri una

Sapete che cos'è una "Karen"?
Una Karen è una donna bianca americana che pensa di essere autorizzata a fare quello che le pare in virtù del privilegio che è convinta di possedere per via del colore della sua pelle e dello stato sociale che ne deriva.
Se volete una spiegazione divertente, cliccate qui. La voce narrante è quella di Sir David Attenborough e fa molto ridere. Se volete una spiegazione seria, anzi serissima perchè questo delle Karen è in realtà un problema vero che ha radici storiche che affondano nella schiavitù e che è costato la vita a molte persone (Emmett Till, il caso più tristemente famoso) vi consiglio questo illuminante episodio di Code Switch.
Karen è un archetipo. Mentre è certamente vero che le generalizzazioni lascino sempre il tempo che trovano, non si può negare che ci sia un qualche problema di fondo in questo caso specifico. Le orribili Karen sono tante, sono ovunque e sono moleste.
Cosa succede quando incontri una Karen?
Ne ho incontrate varie in questi anni e non è mai stata un'esperienza piacevole. A volte le Karen hanno perfino il famoso taglio di capelli alla Karen (qui) e sono ancora più riconoscibili.
Il primo incontro fu molti anni fa quando ancora non credo esistesse il termine "Karen".
Andò così.
Dopo una serie di ritardi, decisi di chiedere a una collega, per favore, di arrivare in orario. Tutto qui, una comunicazione di servizio. Quando feci questa banale richiesta, però la reazione della Proto-Karen, chiamiamola così, mi spiazzò completamente. Scoppiò a piangere in maniera incontrollata. A quel punto io, imbarazzatissima, sdrammatizzai. Ci fu anche un piccolo abbraccio e amiche come prima. Ero convinta che tutto fosse risolto, che magari avesse qualche problema personale, un esaurimento nervoso: qualcosa che non va una cinquantenne che reagisce così sul lavoro ce la deve avere, no? Invece venni a sapere in un secondo momento che subito dopo l'abbraccio, corse a lamentarsi dalla preside e fece richiesta di non avere mai più nulla a che fare con me. Dopo quell'episodio, continuammo a vederci in giro per la scuola per molti anni e lei continuò come se nulla fosse accaduto a farmi mille sorrisi e complimenti ogni volta che mi incontrava. Bless her hearth.
Questo piccolissimo incidente mi lasciò molto perplessa ovviamente. Non avevo mai visto nessuno comportarsi in quel modo e chiesi a diversi amici di aiutarmi a capire. Un'amica di famiglia, una donna di grande cultura e intelligenza, texana, più meno della stessa età di Karen, fece la diagnosi più precisa:
- Devi sapere che c'è una categoria di donne nella società americana che usano il pianto o la rabbia per ottenere ciò che vogliono. Ricorda che è un'arma, non è emozione vera. Non farti commuovere, è una strategia ben collaudata, loro sanno perfettamente che funziona, è una scorciatoia.
Cosí ieri vado al parco e mi imbatto in un'altra Karen, una Karen anti-masker questa volta.
Cerco di portare Joe e Woody al parco giochi tutte le mattine più presto che posso, viste le temperature ridicole dell'estate texana. Le mascherine ce le ho nello zaino (insieme al disinfettante e all'igienizzante e tutto il resto), ma non le mettiamo quasi mai. Anche le volte in cui incontriamo qualcuno, c'è tutto lo spazio necessario a non respirarsi addosso. Ho la sensazione che i bambini il più delle volte sappiano molto bene come comportarsi. Suppongo che gli altri genitori si regolino più o meno come la sottoscritta e spieghino la situazione facendo capire con chiarezza quello che si può fare e quello che non si può fare in questo momento storico.
Normalmente io mi tengo a debita distanza dai loro giochi. Già stiamo insieme giorno e notte da mesi e mesi, al parco ne approfitto per leggere e stare un po' per conto mio. Ogni tanto do un'occhiata, tutto lì. Ieri no. C'era un bambino che faceva il prepotente. Si era messo davanti a Joe e Woody e non solo non li faceva passare, ma urlava e rideva a squarciagola.
In una parola: droplets, miliardi di droplets. Vade retro droplets!
Sono intervenuta senza drammi, sorridendo, semplicemente per ricordare a tutti di mantenere le distanze. Noi stavamo comunque per andarcene via.
La madre del bambino che fino a quel momento aveva assistito a tutta la scena senza alzare un dito, a quel punto è scattata come una molla e ha cominciato a urlare come una matta che se ne andava a cercare un altro parco dove si può giocare e non ci sono persone... come me.
Come me come? Che non apprezzano che si respiri addosso ai propri bambini nel bel mezzo di una pandemia? Va bene, ciao.
Come dicevo, stavamo già per andarcene, ma ho aspettato un attimo perchè non volevo trovarmi da sola con lei nel parcheggio. Era completamente fuori di sè, mi ha fatto leggermente paura. Ha continuato a sbraitare non so cosa, forse ce l'aveva anche con il figlio, poi è entrata in macchina e se n'è andata via sgommando a tutta velocità. Avrebbe potuto investire qualcuno.
C'erano solo un paio di adulti lì che hanno assistito alla scena a bocca aperta. Una mamma è venuta da me a dirmi che le dispiaceva per come ero stata trattata e esprimere la sua solidarietà.
Questo è quello che succede quando le persone pensano di poter mettere una certa forma di arroganza, che loro scambiano per libertà personale, davanti a tutto e tutti.
Mi sono imbattuta in una Karen e anche anti-masker all'opera e mi ritengo quasi fortunata, come quando incontri un orso o qualche altra belva feroce e sopravvivi per raccontarlo.
Mi dispiace tanto per quel povero bambino, questo sì. Chissà come si è spaventato.