venerdì 30 marzo 2012

stamattina a scuola

- Guardate! Guardate! Ho trovato il colore della pelle!

Esclama il ragazzino afroamericano impugnando un pastello color pesca.

Interessante questa cosa.

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L’amica di penna.

L’altra volta mi chiedeva scusa per non aver resistito alla tentazione di pitturare il tavolo a pois, questa volta invece ha preferito rimanere sul vago piuttosto che spiegare che aveva fatto scappare il compagnuzzo di banco cercando di sbaciucchiarlo:

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  Cara Mrs. Johnson,

  I’m very sorry that I was messing around.

 

 

 

Messing around in bocca a una bimba di cinque anni e’ bellissimo. Non vedo l’ora che ne combini un’altra.

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E poi cosi’.

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A sporcarsi le mani per un’oretta in silenzio dopo che tutti i ragazzini se ne sono andati a casa. Forse non lo sapete, ma i pensieri grigi si possono anche colorare.

giovedì 29 marzo 2012

come si traduce ‘mi prenderei a sberle?’

Mi e’ successa una cosa umiliantissima e piu’ ci penso piu’ mi convinco che sia meglio non pensarci piu’, ma ci penso lo stesso.

La settimana scorsa, ho scoperto che alla scuola Flanders il mio stipendio e i miei benefits dipendono non tanto da quanto io sia capace nel mio lavoro, ma da quanto mio marito guadagna (mi e’ stato quasi detto chiaro e tondo), se sono sposata o divorziata, se ho figli e quanti. Non credo sia per una questione di maschilismo -oltretutto il mio capo e’ una donna- quanto per una questione di spirito cristiano o qualcosa del genere, ma il risultato alla fine e’ simile. Non mi sembra serio. Pretendo di essere valutata in base alla mia professionalita’, non in base alla mia situazione familiare, di cui tra l’altro preferirei non essere obbligata a discutere in quella sede.

Allora, dopo questa prima brevissima schermaglia, sono tornata a casa e mi sono convinta che la cosa fosse piuttosto grave e che stavolta - senza alzare un polverone certo - ma fosse davvero il caso di farsi sentire.

Quello che volevo dire ce lo avevo chiarissimo in testa fin dal primo momento, il problema era scegliere da che parte cominciare e non tradire il mio pensiero traducendolo male. Mi succede sempre quando sono sotto pressione.

Cosi’ ci penso per quattro giorni. Love overthinking stuff, I do. La sera prima Mr. Johnson e Ms. Monkey mi fanno addirittura una specie di briefing. Mi sembrava di dover andare a un incontro di boxe, da quanto mi spronavano. Stand up for yourself, girl! 

Ieri mattina mi sentivo tranquilla, ma determinata. Dopo aver bussato alla porta della direzione ed essere stata accolta da un buongiorno buongiornino piu’ squillante e fastidioso del solito, pero’ gia’ cominciavo a sentire il mio piano scricchiolare. Suppongo che anche la controparte avesse pensato molto bene a quella stessa piccola diatriba di qualche giorno prima, che sapesse che ero li’ per lamentarmi e che volesse cercare in ogni modo di evitare la polemica. E cosi’ e’ stato purtroppo. Ha vinto lei, su tutta la linea e non mi piace perche’ non e’ che esista solo lo scontro o l’essere d’accordo su tutto nella vita, ci si puo’ anche confrontare civilmente, senza fare tragedie, no? O forse non con il proprio capo.

Ad ogni modo, non sono riuscita neanche a iniziare l’argomento, parlava sempre lei e di altro. C’e’ stato solo un brevissimo istante di pausa e in quel piccolo istante sono riuscita a mettere insieme il seguente capolavoro:

- Look, I though about our conversation the other day and, honestly, I felt bad about it.

Volevo solo dire che mi dispiaceva per quello che ci eravamo dette e avrei anche chiarito ulteriormente il concetto, se non mi avesse interrotto subito. Occhi sgranati, leggermente lucidi. Avrei tanto voluto, ma non capivo.

- Oh darling! You don’t feel bad about anything!

- But…

- No! You don’t need to say anything! I know, I get it, it’s fine!

- But…

- Really! It’s fine dear! So, let’s talk about the weather instead.

E’ stato in quel momento preciso che ho capito che I feel bad about something non significa mi dispiace per qualcosa, ma scusa. Cioe’ io ero andata li’ per rincarare la dose e mi sono trovata a scusarmi. Con la mia stessa voce ho chiesto scusa per qualcosa di cui, al limite, volevo lei si scusasse.

Mi sarei presa a sberle.

E a quel punto davvero, non c’era modo di uscirne. Me ne sono andata lasciandole credere questo, anche perche’ oramai avevo perso il filo, non ero nemmeno piu’ sicura di cosa stesse succedendo.

Dopo mi e’ venuto un magone, un senso di impotenza che non so nemmeno spiegare. Gli errori linguistici anche ora, dopo cinque anni suonati, sono all’ordine del giorno, ma non come questo. In questo caso mi e’ sembrato davvero di aver recitato una parte non mia, di non essermi rappresentata per quello che sono, se cosi’ si puo’ dire. E’ una sensazione difficile da spiegare e certamente spiacevole.

Ora mi sembra proprio di non aver scelta. Non e’ che posso andare li’ e dire no guarda, io ero venuta per lamentarmi non per scusarmi, in realta’ non sono per niente contenta. Ormai e’ davvero andata, fine.

Una cosa l’ho imparata. La nostra idea di mi dispiace e scusa e’ molto diversa dalla loro.

mercoledì 28 marzo 2012

la mia amica spogliarellista?

Un giorno ti compri una cosina diversa tanto per cambiare. Opti per il nero che dovrebbe snellire un minimo, magari ci stai un po’ strettina, un po’ scollatina, ma niente di particolare. Poi chiedi a un uomo normale ‘come mi sta?’ e lui suppongo ti dica qualcosa tipo bene, male, cose cosi’.

Chiedi a Mr. Johnson e…

- Non ti sta male eh. Pero’ sembra che devi andare al funerale di una tua amica spogliarellista.

lunedì 26 marzo 2012

the wishbone

Quando arrivate a Dallas, una delle prime cose che potete notare all’aeroporto e’ una grande scultura di Terry Allen che si intitola ‘The wish’ (il desiderio). ‘The wish’, la scultura, ha la forma del wishbone o furcula, un ossicino che si trova in polli e altri uccelli.

Perche’ si chiama wishbone?

La tradizione qui invita a cercare questo ossicino, dopo aver mangiato il pollo e fare un giochino. Si esprime un desiderio in segreto e poi una persona tira da una parte, l’altra tira dall’altra e chi si ritrova in mano il pezzettino di osso piu’ grande, vince. Cosa vince? La realizzazione del desiderio segreto appunto.

Allora, l’altra sera faccio questo giochino stupido con Mr. Johnson.

Vinco e lo rassicuro:

- Tranquillo, e’ un gran bel desiderio!

- Il mio era piu’ utile.

domenica 25 marzo 2012

e sono sempre piu’ texana

Fino a qualche anno fa avevo solo una grande fobia nella vita, quella dei gechi.

Adoro gli animali e mi dispiaceva tantissimo avere questo terrore fortissimo e inspiegabile. A Milano, non avevo grandi problemi, ma il Texas e’ pieno di gechi e, come qualcuno forse ricorda, fino a non moltissimo tempo fa questa cosa mi causava tutta una serie di scompensi e ansie assurde.

Fino a ieri sera, quando mi sono ritrovata a uscire sul patio, essere assalita da un’orda di falene e zanzare e a chiedermi preoccupata dove siano finiti tutti i gechi. Anzi i ‘gechini’.

Dicono sempre di non buttare uno in acqua se ha paura di nuotare o di non fare affacciare uno dal balcone se ha le vertigini, ma nel mio caso, dopo anni, evidentemente la cura dell’immersione totale ha funzionato.

Credo proprio di avere ufficialmente superato la mia paura dei gechi, che cosa fantastica.

Pero’ sono sempre piu’ texana.

venerdì 23 marzo 2012

cambiare?

Alla scuola Flanders c’e’ un’impresa di pulizie che e’ perfettamente in linea con l’ambiente circostante. Gentilissimi, bravissimi, efficienti. Lavorano come dei pazzi, sono sempre sudati e affaticati, ma nonostante cio’ ti salutano e ti chiedono come stai con tono squillante anche dall’altra parte del corridoio duecento volte al giorno. Pretendono di essere chiamati per nome di battesimo, ma non c’e’ verso di essere ricambiati. E’ molto imbarazzante, devo dire. Good morning Mrs. Johnson! How is your day Mrs. Johnson? It’s sooo good to see you Mrs. Johnson! Hope you have a great day Mrs. Johnson! Ormai,voglio a tutti loro un sacco di bene, ma questo modo di fare e’ davvero eccessivo, almeno per i miei gusti. Non siamo mica in un albergo a cinque stelle! Ho sentito con le mie orecchie insegnanti lamentarsi che le loro classi venivano pulite troppe volte al giorno, che l’odore ‘di pulito’ era perfino fastidioso, che avevano dovuto chiedere se per cortesia potevano pulire meno.

Ecco, quello che non capisco, e ormai ho quasi rinunciato a capirlo, e’: ma perche’ non puliscono la mia classe?

Va bene, la mia classe e’ un po’ diversa dalle altre, e’ piu’ lontana e molto piu’ grande, ma perche’ non la puliscono? Svuotano i cestini si, spazzano blandamente, ma niente di piu’. Immaginate quanto possa sporcarsi una classe di educazione artistica di una scuola elementare. O pulisco o insegno e quindi la classe e’ sempre un disastro. Poi chiedo a loro se possono fare quello che devono e mi sembra di essere pazza perche’ e’ tutto un certo, si’, subito, non c’e’ problema e poi, non succede niente.

Qualcuno mi ha detto che mi creo problemi che non esistono. Che dovrei semplicemente fare presente la situazione al capo dei capi. Ma dopo aver visto la facilita’ con cui avvengono i licenziamenti, non ce la faccio, non ci dormirei la notte.

A volte ho come il dubbio che forse anche se non dico ciao come stai mille volte al giorno con la voce squillante, sono io quella troppo gentile.

Le persone che mi conoscono bene, mi hanno detto spesso di cambiare questo aspetto del mio carattere. Qualcuno mi ha perfino consigliato di fare un bel corso di teatro per tirare fuori l’aggressivita’ e imparare a fingere un minimo, ma a me pare che ogni volta che sono stata aggressiva o ho finto nella vita poi me ne sono pentita. Credo davvero che un atteggiamento rilassato sia nell’interesse di tutti, che ci aiuti a lavorare meglio e non solo. Il guaio e’ che periodicamente c’e’ qualcuno che scambia questa cosa per debolezza e cerca di approfittarsene e allora comincio a pensare che forse dovrei cambiare davvero.

Chiaramente, se oggi mi sento cosi’ delusa e tradita non e’ certo perche’ non mi puliscono la classe, ma anche loro pero’, che diamine.

la torre del filarete!

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Oggi una bambina di terza, sapendo che vengo da Milano, mi ha fatto la torre del Filarete.

Sono commossa, non e’ bellerrima?!

giovedì 22 marzo 2012

le parole sono importanti

Quindi finalmente ho parlato con la direttrice di quella possibilita’ di fare venire il piccolo Joe a scuola con me l’anno prossimo e farmi lavorare due giorni invece che tre. E’ fattibile e anche se lui e’ un bel po’ piu’ giovane del resto dei suoi compagnuzzi, faranno un’eccezione. Avro’ uno sconto decente sulla retta e a quanto pare anche un piccolo aumento.
E allora perche’ mi sento cosi’? E’ da ieri che ci penso. Continuo a cercare i possibili lati negativi e qualche motivo per rifiutare senza trovarne. E quando provo a ragionarci mi viene l’ansia e non so nemmeno perche’. Sono arrivata a una sola conclusione: odio i cambiamenti. Si, insomma, ora come ora ci sono dei piccoli problemi logistici, ma va abbastanza bene. Se le cose cambiano invece come andra’? E se non andra’ bene dovro’ cambiare ancora e poi magari ancora. No, non mi piace neanche un po’.
Uno potrebbe pensare che se una persona decide di trasferirsi dall’altra parte dei mondo i cambiamenti non le facciano proprio schifo, ma non e’ necessariamente cosi’. 
Proprio l’altro giorno ho scoperto che esiste una definizione per le persone come me, siamo neofobici. Non saremo mai i nuovi Steve Jobs, astronauti o collaudatori di formula uno (loro sono neofiliaci), ma a quanto pare possiamo riuscire in altri campi, come quello scientifico o quello creativo o almeno questo e’ quello che sostiene l’autrice di questo libro. Dovro’ leggerlo.
Trovo sempre molto consolatorio che ci sia un nome per le cose che mi fanno paura.   
(E ovviamente anche questo post finisce sotto la voce ‘autoboicottaggio’)

mercoledì 21 marzo 2012

i mendicanti

Io non lo so dove stiano i poveri qui. Ci sono, e sono tanti, ma sono praticamente invisibili. Quando entri in uno dei quartieri dove vivono lo capisci subito, ma non chiedono l’elemosina, non si vedono in giro tutti malandati, in apparenza non fanno nulla di particolare. Infatti, quando vivevamo in Italia e veniva a trovarci qualcuno dal Texas, notavo sempre delle reazioni molto forti di fronte ai poveri che si incontrano in giro.

Specialmente le prime volte rimanevano davvero sconvolti e cercavano di dare qualcosa a tutti, facevano domande, erano profondamente toccati dalla vecchina sul marciapiede o dai bambini che suonano l’armonica a bocca in metropolitana. Non vorrei sembrare cinica, ma io oramai ci ero abituata. Avevo gia’ capito da un pezzo che non potevo aiutare tutti e spesso, lo ammetto, mi voltavo dall’altra parte, semplicemente perche’ non sapevo come comportarmi, era una situazione troppo pesante psicologicamente da affrontare ogni singolo giorno, non riuscivo a farmene carico, non ci riuscivo e basta.

Oggi, al semaforo vicino a scuola c’era un uomo. Un paio di volte all’anno succede. C’e’ qualcuno che aspetta che le macchine si fermino al rosso con un cartello di cartone e quella stessa espressione sofferente di tutti gli emarginati in qualunque parte del mondo.

Ogni volta che succede mi commuovo e mi chiedo chi siano queste persone e che cosa li abbia portati fino a li’, cerco di aiutarli come posso.

E’ evidente che ci si abitua a tutto. Se ci sono mille poveri finisce che non ne vedi nemmeno uno e se ce n’e’ uno solo finisce che pensi proprio a lui e ai suoi occhi disperati prima di andare a dormire.

martedì 20 marzo 2012

la primavera texana tutta in una frase

E poi a volte sembra che ci sia un tornado e invece per fortuna finisce che non c’e’ e tutto si risolve in un temporale che fa un sacco di rumore e va avanti per tutta la sera mentre sei li’ che chiaccheri del piu’ e del meno e ridi e sorridi con le tue persone preferite e una bella tazza di te’ in mano e un cane fifone addosso e poi magari la pioggia continua forte forte tutta la notte e ti accompagna nei sogni fino al mattino.

lunedì 19 marzo 2012

di sacerdoti, pastori e malintesi

Ho sempre pensato che sia profondamente ingiusto che i sacerdoti cattolici non possano sposarsi e avere una famiglia, per questo mi sono stupita nel ritrovarmi a constatare che se pero’ li confronto con i pastori protestanti che ho conosciuto qui, delle differenze nel loro modo di fare le vedo eccome. Magari e’ solo un caso o una differenza culturale, ma in tanti preti cattolici ho visto una disponibilita’ ad occuparsi degli altri che non ho trovato piu’ di tanto nei pastori protestanti. Questi ultimi, e ne ho conosciuti diversi anche per lavoro, sembrano piu’ attenti allo studio della Bibbia, ma meno alle persone, piu’ distanti, meno empatici. Che siano davvero troppo occupati a preoccuparsi delle loro famiglie? Sara’ di sicuro un caso o un’impressione superficiale, non lo so, ma ne parlavo con un’amica di famiglia che ha fatto una scelta molto particolare.

Per molti anni e’ stata ai vertici di un’azienda importante, ha avuto una brillante carriera, due figli, tre o quattro mariti ho perso il conto, e ora che e’ in pensione si e’ rimessa a studiare perche’ vuole essere un pastore, ministro, reverendo, non so bene come si dica, un prete donna insomma.

Dopo quattro anni di durissimi studi teologici e un sacco di volontariato, ha preso gli ordini e ha voluto che Mr. Johnson partecipasse alla cerimonia. A me, questa cosa, ha fatto molto piacere. E’ sempre un onore essere chiamati a condividere una scelta di vita cosi’ cruciale anche se non la si comprende fino in fondo. Mr. Johnson, invece, lo ha fatto un po’ controvoglia, come se si fosse sentito obbligato a far parte di una situazione a cui non apparteneva. A volte dimentico quanto sia timido sotto sotto.

Gli era stato assicurato che sarebbe stato tutto semplicissimo. A un certo punto l’avrebbero chiamato e avrebbe dovuto metterle una sorta di stola simbolica sulle spalle, tutto qui.

Quando lo hanno chiamato, pero’, e’ stato evidente l’equivoco perche’ dopo la famosa stola gli hanno passato il microfono. A quanto pare avrebbe dovuto recitare un passo della Bibbia o qualcosa, ma lui non ne aveva idea.

Non credo di averlo mai visto piu’ in imbarazzo. Lui guardava lei, lei guardava lui, entrambi con un immenso punto di domanda sulla faccia, un momento infinito, surreale e davanti a tutta quella gente. Qualcosa bisognava fare.

Non so davvero come mi sia venuto in mente. La forza della disperazione, l’incoscienza, ma dovevo tirarli fuori da quella situazione, cosi’ ho afferrato quello stupidissimo microfono e…

- Congratulation, we love you!

Questo e’ quello che incredibilmente mi e’ uscito dalla bocca. Non proprio le parole pregnanti e adatte alla solennita’ dell’occasione che tutti si aspettavano, ma almeno dopo il sospirone di sollievo generale e i sorrisi del caso, hanno potuto finire la lunghissima cerimonia. Spero solo di non averle inficiato tutto…

sabato 17 marzo 2012

leggere sempre il manuale delle giovani marmotte prima di trasferirsi in texas

All’inizio mi ero imposta di non pensarci, ma poi per colpa del nonno, ho cominciato a pensarci lo stesso e, errore ancora piu’ madornale, a investigare.

[Prima di tutto. Calma e sangue freddo.

Non e’ la fine del mondo. Ce la posso fare]

La mia domanda e’ stata chiara e diretta:

- Pensi sia possibile che un serpente entri nella sandbox?

(La sand box e’ un contenitore di plastica con dentro la sabbia per giocare, noi abbiamo questa qui a forma di granchioIMG_20120303_133856,c’e’ una parola in italiano? Mi rendo conto che le cose che in Italia non ho mai usato, per me non hanno un nome in italiano…)

Il fatto che la prenda alla larga non mi pare un buonissimo segno.

- Tu ricordati di non mettere mai le mani in un buco o in una cosa dove non si vede bene dentro.

-  Non hai risposto. E poi la sandbox tecnicamente e’ una specie di grosso buco. E se la apro e ci trovo un serpente?

- Guarda che il serpente non vuole mica farsi trovare da te…se anche ci entra, sicuramente ha paura e scappa subito. Tu al limite, se vuoi proprio stare piu’ tranquilla prima di iniziare, smuovi un po’ la sabbia e vedi cosa succede…

- Come smuovi un po’ la sabbia e vedi cosa succede?! E Cosa dovrebbe succedere?!

- Questi serpentelli da giardino, non fanno niente di male, anzi sono utilissimi, mangiano gli insetti e i topi e se ce li abbiamo meglio: vuol dire che il giardino e’ sano. Stai calma e non fare la tragica, e’ la natura. E poi se e’ un serpente pericoloso lo capisci subito.

- Come pericoloso? Da cosa? Ma qui in giardino?!

- Hai presente quando fanno quel rumore con la coda?

- Guarda che lo so anch’io che cos’e’ un serpente a sonagli, li ho visti anch’io i film del far west! Stai dicendo che ci sono i serpenti a sonagli qui?

- In teoria si, ma figurati se li trovi in giardino! E’ quasi impossibile.

- Quasi? Non ce la posso fare.

- Guarda, al limite potresti trovare un serpente corallo, ma non puoi non notarlo con quei colori…e poi basta, l’unico altro serpente pericoloso vive nell’acqua. Dai, ce la puoi fare!

venerdì 16 marzo 2012

il nonno non e’ texano

Via skype.

- Papa’ ti salutiamo perche’ andiamo a giocare un po’ in giardino.

- Mi raccomando, stai attenta ai serpenti pero’.

Oramai, devo averci fatto l’abitudine, non ci penso nemmeno piu’ ai serpenti.

Ora si’ pero’. Bene, grazie.

giovedì 15 marzo 2012

gli usa sono intimamente cattivi?

Appena sveglia, come sempre leggo un po’ di notizie e mi cade l’occhio su questo titolo ‘Gli Usa sono intimamente cattivi?’ e, in cuor mio so gia’ che mi arrabbiero’, ma non resisto e lo apro, piu’ che altro perche’ e’ pubblicato su un giornale che in genere mi piace e sono curiosa di capire dove vuole arrivare, se e’ una provocazione intelligente, se ha un senso. 

Invece no. Mi stupisco che l’autore, che in passato mi sono trovata ad apprezzare, faccia cosi tanta confusione con tutta una serie di argomenti da bar senza capo ne’ coda, ma non vale nemmeno la pena di entrare nel merito…e’ il titolo a lasciarmi basita. Ma come si fa a pubblicare un articolo con un titolo del genere nel 2012 in Italia, sul Fatto Quotidiano, un buon giornale mi e’ sempre parso? Quanto razzismo c’e’ in questo titolo?

Ah no, dimenticavo, e’ vietato parlare di razzismo, gli italiani non sono razzisti.

Infatti la maggior parte dei commenti sono completamente dalla parte dell’autore. Come se con il suo nome e cognome soprattutto, li autorizzasse moralmente a tirare fuori tutta la rabbia e lo sdegno che hanno dentro contro un intero popolo. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa avrebbero commentato se il medesimo articolo l’avessero trovato su La Padania o Il Giornale.

Comunque ognuno la pensa come vuole in un paese democratico, no? Anche su intere categorie di persone, va benissimo. Anzi, a questo punto, ho dei suggerimenti per i prossimi intelligentissimi post di Iacopo Fo:

- I tedeschi sono intimamente cattivi?

- Gli zingari sono intimamente cattivi?

- Gli israeliani sono intimamente cattivi?

- I musulmani sono intimamente cattivi?

- Gli omosessuali sono intimamente cattivi?

- Quelli che votano il Pdl sono intimamente cattivi?

- Quelli che lasciano la cacca del cane sul marciapiede sono intimamente cattivi?

- Iacopo Fo e’ intimamente cattivo?

perche’ sugli autobus non si mettono le cinture di sicurezza?

Che strano che abbia scritto un post come quello di ieri proprio ieri. Raccontavo della mia banalissima gita, mentre poche ore dopo tutti avrebbero parlato di ben altra gita, finita come ben sappiamo in tragedia, in Svizzzera.

Non ne so molto, non sono riuscita a leggere piu’ del titolo di quella notizia, e oltretutto in maniera involontaria, ma come genitore mi faccio tante domande di principio.

Dopo che e’ nato il piccolo Joe e avere constatato quanto gli americani (a differenza degli italiani) siano fissati con i seggiolini tanto da organizzare corsi su corsi per impararne l’uso corretto, ho notato una cosa. Che gli scuolabus non hanno le cinture di sicurezza. Bella scoperta, direte. Certo lo sanno tutti che sugli autobus non si mettono le cinture di sicurezza, ma perche’?

Voglio dire. Mi fanno un testone cosi’, addirittura mi impediscono di portare a casa mio figlio dall’ospedale se non ho un seggiolino in macchina e, all’eta’ di tre o quattro anni dovrei mandarlo allo sbaraglio? Capisco i comuni mezzi di trasporto urbani, ma in caso di gite lunghe? Viaggi di ore in autostrada ad alta velocita’? O anche solo autobus pieni di bambini che si spostano ogni giorno da casa a scuola?

Mi sono accorta a mie spese che i genitori fanno gli incubi peggiori, che hanno le paure piu’ assurde e proprio una persona saggia su queste pagine mi spiegava una volta quello che e’ probabilmente il motivo: un istinto primordiale che serve prevenire il pericolo. Certo e allora mi chiedo. Io cosa farei? Ce lo manderei mio figlio in vacanza su uno di quegli autobus?

La mia risposta ora e’ si’. Si’ perche’ la vita e’ cosi’. Perche’ non posso metterlo al riparo da tutto e soprattutto perche’ non voglio che viva nella paura della vita.

Spero che le cose cambino, che le misure di sicurezza diventino piu’ efficaci, ma li ricordo quei viaggi. Ricordo quanto ci muovevamo fra quei seggiolini, ma anche quanto cantavamo, ridevamo, giocavamo. Sono fra i ricordi piu’ vividi della scuola, non potrei mai privare mio figlio di un’esperienza di socializzazione cosi’ preziosa.

La paura me la tengo io e la sfido tutti i giorni, ma la paura, anche quando succedono cose cosi’ non puo’ vincere.

mercoledì 14 marzo 2012

in gita

E’ spring break e a qualcuna delle mie amiche viene la splendida idea di portare tutti i bimbi a fare una bella gita. Sara’ che in questo periodo sono davvero esausta, ma riesco a immaginarmi solo i preparativi, i capricci, la stanchezza e sono tentata di rifiutare. Poi ne parlo a Ms. Monkey e stranamente mi sembra quasi entusiasta, cosi’ decido che bisogna farla questa cosa.

Lo stress comincia gia’ la sera prima. Dobbiamo incontrarci con diverse persone dall’altra parte della citta’ per poter partire insieme. Io, ritardataria cronica nell’ordine dei quarti d’ora, dipendo da Ms. Monkey, ritardataria cronica nell’ordine delle ore per arrivare in orario. Un’ansia. Preparo tutto, controllo il percorso quattro volte, metto perfino la borsa in macchina la sera prima e, nonostante cio’ la notte dormo malissimo. Ma succede qualcosa che verra’ a lungo ricordato: Ms. Monkey, si sente esattamente come me e per la prima volta nella storia varca la porta di casa mia in orario perfetto (veramente le avevo detto un po’ prima giusto per sicurezza…).

Tutto e’ gia’ fatto, da non credere. Due adulti e quattro bambini, completamente pronti. Non ci perdiamo nemmeno per strada, o meglio ci perdiamo, ma siamo talmente in anticipo da arrivare in tempo lo stesso.

Siamo tutti orgogliosi e sorridenti, ci sentiamo delle persone migliori.

Il problema e’ che per la prima volta, sono gli altri a non arrivare. E non e’ un ritardo di cinque minuti. Passa quasi un’ora. La giornata e’ appena iniziata e siamo gia’ alla frutta. Avete idea di cosa significhi aspettare chiusi in una macchina con quattro bambini dagli uno ai nove anni appena svegliati?

Arrivati finalmente li’, nuvole e umidita’. Folla, aria soffocante e capelli elettrici. Bambino che si perde, bambino che cade. Ms. Monkey e io con un’espressione oramai attonita e il mal di testa, loro perfette e sorridenti che tirano fuori non solo primi, secondi e contorni, ma anche meravigliose cup cakes di fragole biologiche infornate poche ore prima. Una bimba poco piu’ grande di Slipino mi chiede una patatina e la madre mi dice di non dargliela facendomi sentire un pessimo genitore. 

Finalmente arriviamo a casa, tutti escono dalla macchina, ma la macchina non si vede piu’. E’ stata ricoperta in modo uniforme di ogni tipo di cibo e cartaccia. Praticamente i ragazzini non hanno mangiato nulla di quello che gli abbiamo dato nel percorso, trovando molto piu’ interessante versarselo/lanciarselo addosso. A quel punto, gli acchiappaconiglietti, trovano la loro occasione di riscatto e si offrono volontari di pulire la macchina. Un lavoro egregio devo dire e fatto in cinque minuti.

[Allora servono a qualcosa quei due. Dopo l’altra sera, quando hanno ignorato un principio di incendio, avevo cominciato ad avere dei seri dubbi]  

Finisce che ci concediamo un meraviglioso te’ coreano al gelsomino con le bolle di tapioca, il nostro confort food per eccellenza, e ci diciamo piu’ e piu’ volte che andare a lavorare e’ una passeggiata in confronto a questa roba qui.

martedì 13 marzo 2012

nemo propheta in patria?

Prima chiaccheravo con un’amica italiana su skype. Anche lei vive all’estero da qualche anno come me e mi raccontava di una sua idea molto interessante per aprire un’attivita’ culturale ed eventualmente anche commerciale.

Li’ per li’ avevo dato per scontato che volesse farlo in Italia, visto che si parlava, tempo fa di tornare, e invece no, almeno non subito. Preferisce cominciare all’estero perche’ semplicemente si sente piu’ apprezzata li’. E poi se andra’ bene nel paese europeo in cui si trova, avra’ abbastanza fiducia in se stessa da affrontare i connazionali che secondo lei sono piu’ esigenti e severi.

Questa cosa mi ha fatto riflettere. In fondo e’ successo lo stesso anche a me. In Italia a fare i salti mortali fra un lavoro e l’altro, ben poche soddisfazioni e qui, una volta imparata la lingua, avere avuto non uno stipendio milionario, ma molta stima professionale e completa fiducia fin dal primo giorno. Certo, non dico che la mia sia un’esperienza esemplare, ma e’ una cosa che vedo molto fra i miei amici stranieri, non solo italiani.

Chissa’ perche’ e’ piu’ difficile affermarsi nel proprio paese.

lunedì 12 marzo 2012

domenica 11 marzo 2012

come faccio a fare succedere le cose che non voglio che succedano

La mia amica Ms. Monkey continua da quando e’ nato il piccolo Joe, a chiedermi di fargli da babysitter, cosi’ io e Mr. Johnson possiamo avere un attimo di tregua.  Lei e’ una vera amica e Slipino stravede per lei. Il problema e’ che casa sua e’ una specie di bolgia infernale. Lei lavora a tempo pieno e ha tre bambini, tutti piu’ grandi del mio. Non sono assolutamente una di quelle donne fissate con l’ordine e la pulizia, ma la sua casa e’ oggettivamente troppo... troppo. Lei e’ una che, per dire, se cade la fetta di formaggio per terra, la prende e gliela rida’. Che non dico sia la fine del mondo, ma se almeno il pavimento non fosse coperto di peli di gatto. E poi ci sono biglie e perline, giochini, prese della corrente scoperte, insomma e’ una casa piena di cose che non vanno bene per il piccolo Joe. Gia’ me la immagino che prepara la cena nell’altra stanza mentre lui si ingoia qualche schifezza. Insomma, lo ammetto, non ce la posso fare. Senza contare che il messaggio implicito e’ chiaramente io ti tengo il tuo e tu mi tieni i miei e non credo proprio mi convenga, anche solo banalmente per una questione numerica.

Il fatto e’ che quando una cosa mi da’ fastidio la vedo dappertutto. Un po’ io mi sento in torto e continuo a pensarci e un po’ lei continua a punzecchiarmi. Oramai e’ diventata una specie di barzelletta. Che’ poi lo sa anche lei perche’ continuo a inventare scuse, mi conosce troppo bene per non saperlo, ma l’altro giorno durante uno scambio di messaggi su tutt’altro tema, e’ bastata una sua frase un minimo ambigua per far si’ che io -si io!- mi offrissi di tenerle i tre ragazzetti e per di piu’ di sabato sera. Mi sarei presa a sberle. E lei ovviamente non riusciva a crederci, era felicissima. Proprio come Mr. Johnson all’idea di passare il sabato sera con quattro bambini esagitati.

Alla fine, devo dire, che e’ andata benissimo. Ms. Monkey, che e’ famosa per I ritardi di due o tre ore e’ stata puntualissima e I bimbi sono stati fantastici come al solito. Anzi abbiamo giocato tantissimo e quasi mi e’ spiaciuto quando hanno cominciato ad avere sonno.

Ma la domanda di fondo e’: perche’ (mi) faccio queste cose?

sabato 10 marzo 2012

mistero dei misteri

Slipino dice una parola che chiaramente significa ‘grazie’. Non chiedetemi come sia possibile, e’ una cosa inspiegabile che non ha nessun senso, ma io sento senza dubbio una specie di ‘grazie’ e Mr. Johnson invece e’ convintissimo di sentire una specie di ‘thank you’. Siamo tutti e due pazzi? O solo uno dei due…
Non sapete che discussioni la sera.

mercoledì 7 marzo 2012

le mie papille gustative mi dicono cosi’

Avete presente quando gli stranieri mangiano delle cose che a noi sembrano improponibili? La pasta scotta, il cappuccino dopo la pizza, il tiramisu’ con sopra le foglie di basilico, il pollo sulla pizza…cose cosi’.

Quando, ci provi, ma fai davvero fatica a controllare le sopracciglia.

Ecco, per la prima volta, credo di aver fatto esattamente lo stesso effetto a loro.

Alla fine di un pranzo abbondante, a un buffet, ho mangiato uno dei miei piatti americani preferiti. Il problema e’ che in realta’ non sarebbe un dolce, ma un secondo o un contorno, di sicuro non un dolce.

Pasticcio di patate dolci e marsh mellow. Io ci ho provato ad adeguarmi, ci provo sempre, ma per me rimane un dolce, e anche un buon dolce.

Mi spiace, ma le mie papille gustative mi dicono cosi’.

martedì 6 marzo 2012

i vicini della croce

Vi ricordate i vicini? Quelli che per prima cosa, appena traslocato avevano inchiodato una croce sulla porta? Non eravamo partiti proprio col piede giusto e invece, non li conosco ancora benissimo certo, ma devo dire che ogni volta che parliamo mi colpiscono in positivo.

L’estate la passano a fare i missionari in Africa e in cinque anni, sono stati i primi e gli unici a lasciarci le chiavi di casa. Qualche mese fa, poi, la moglie ha lasciato il suo lavoro perche’ era troppo pesante e non era contenta e voleva seguire un po’ di piu’ i figli. Cosi’ ne ha trovato un altro, part time, ma i soldi non bastano piu’ ora. Cosi’, tutti insieme, i genitori e i tre figli, hanno deciso di vendere la loro macchina grande e di comprarne un’altra piu’ piccola. Non e’ da tutti una scelta del genere, soprattutto qui con tutta questa cultura della carta di credito. E ieri mi hanno raccontato che stanno anche per prendere un bambino in affido. Sicuramente dovranno privarsi di qualcos’altro per lanciarsi in questa nuova avventura, ma erano talmente contenti che mi sono sentita cosi’ anch’io solo a sentire loro.

lunedì 5 marzo 2012

la mia targa

E cosi’ convinco Mr. Johnson ad accompagnarmi alla (molto probabilmente noiosissima) cerimonia per i miei cinque anni alla scuola Flanders. Nel parcheggio noto quella mia simpatica collega che ha un nipotino nato lo stesso giorno del piccolo Joe e penso sia un’ottima idea correrle incontro per farglielo finalmente conoscere, me lo ha chiesto tante di quelle volte...

Parto in quarta con le presentazioni, sono cosi’ di buon umore oggi. O forse e’ solo che queste occasioni ufficiali mi rendono terribilmente nervosa e continuo a parlare, parlare…

- Look Mr. J., she has a 14 month old

A quel punto preciso, lei si toglie gli occhiali da sole e… non posso credere ai miei occhi. Io non so chi sia. Mai visto questa donna. Mentre ci allontaniamo cerco di spiegare a Mr. Johnson che davvero con gli occhiali era identica alla mia amica, ma non mi crede minimamente.

Allora provo di ridarmi un tono e mi sposto in bagno, dove fra le duecento e passa persone presenti, con la mia solita fortuna, mi imbatto nuovamente nella sosia che non solo non asseconda il mio disperato tentativo di ignorarla, ma mi rivolge pure la parola. E per dire cosa ancora? Vuole infierire? Al contrario, mi ringrazia. Piu’ e piu’ volte. You made my day, thank you so much! Potrei essere tua madre e tu invece hai pensato avessi un bambino piccolo! Non avrei potuto ricevere un complimento piu’ bello!

Grandson. Era la parola che avrei detto se non si fosse tolta gli occhiali, ma questo lei non lo sapra’ mai. Insomma, se avete problemi di autostima, sapete a chi rivolgervi.

Poi inizia il tutto e quando la direttrice chiama il mio nome e quello di un paio di colleghe, mi ritrovo di fronte a tutta quella gente e non so cosa aspettarmi. Una targa. Il tutto si risolve in una targa. Ora ho una targa come quei maestri di karate di provincia o quelle parrucchiere che appendono i diplomi di tutti i corsi che hanno fatto nella vita per sembrare piu’ professionali.

Si bello, per carita’, pero’ niente, nemmeno un mazzo di fiori. Cosa me ne faccio di una targa? Poi piccola, nemmeno, da dire, una targa eccezionale, che ne so, qualcosa di memorabile.

Alla fine pero’, in disparte, arriva il vero regalo o almeno quello che io considero tale. A quanto pare hanno smosso mari e monti e sembra proprio che l’anno prossimo potro’ lavorare due giorni invece che tre e portare Slipino con me, anche se non avra’ proprio l’eta’ giusta. Che meraviglia sarebbe. Ma anche se non dovessimo riuscire, sono davvero contenta che si siano impegnati tanto per venirmi incontro. Una cosa che, targa o no, in cinque anni e’ successa molte volte. E dire che fu il mio primo e unico colloquio, quasi non parlavo inglese, ero cosi intimidita, non avrei mai pensato di fermarmi cosi’ a lungo. Ricordo ancora il primo giorno di lavoro. Chiesi a Ms. Guorton come si trovava a lavorare li’ e lei con il suo famoso snobismo inglese mi disse solo oh, dear, I wouldn't be here after 25 years. Beh, le buone premesse c’erano gia’ tutte, speriamo di continuare cosi’.

sabato 3 marzo 2012

soddisfazioni

- Sai che mi danno un aumento?

- Ah che bello! Anch’io ho una bella notizia! Domenica mi danno un premio perche’ sono cinque anni che lavoro li’!

- E quanto ti danno?

- …Forse una medaglia. Oh no. Mi sa che mi offrono il pranzo. Senti, non so, vedro’ domenica.

- Cioe’ devi anche andare li’ di domenica?

venerdì 2 marzo 2012

com’e’ profondo il mare

Tante volte abbiamo parlato della sindrome di Toto Cutugno in tono scherzoso. E’ quel disturbo per cui all’improvviso gli emigranti si trovano con le lacrime agli occhi e la pelle d’oca ogni volta che ascoltano qualcosa in italiano e per cui piu’ passa il tempo e piu’ ascoltano musica italiana, anche se magari non l’avevano nemmeno mai fatto prima. Quando sei lontano apprezzi di piu’ il suono delle parole, delle tue parole, e la musica aiuta davvero tanto a ritrovare un po’ se stessi quando per un motivo o per l’altro ci si sente sballottati dalla vita.

Da quando sono qui, ho ascoltato tanta musica italiana e Lucio Dalla e’ stato davvero una delle scoperte piu’ belle. Ho cominciato con le poche cose che conoscevo e ci ho preso gusto al punto che ora suppongo di conoscere la sua produzione piuttosto bene. Quando, stamattina, appena sveglia, ho letto la notizia della sua morte, mi si e’ spezzato il cuore. Non e’ come quando muore una persona che si conosce, per carita’, e poi ci rimane tutta la sua musica, ma guardavo le sue foto e pensavo semplicemente… che peccato che non possa piu’ vivere. E’ un pensiero un po’ assurdo, me ne rendo conto, ma il fatto e’ che trasmetteva quella leggerezza, lo vedevi proprio che si interrogava sul mondo, si’, come fanno tutte le persone intelligenti, ma fondamentalmente si divertiva. Aveva un modo tutto suo di afferrare e rubare la bellezza delle situazioni e delle persone.

Anna come sono tante
Anna permalosa
Anna bello sguardo

Non c’e’ piu’ eppure comunicava quest’ansia di esserci, di vivere tutto, e’ questo il paradosso della sua morte per me.

E se quest'anno poi passasse in un istante,
vedi amico mio
come diventa importante
che in questo istante ci sia anch'io

Che splendido essere umano. Me lo immagino a guardare quel mare notturno di cui racconta in tantissime sue canzoni. 

Va bene io credo nell'amore l'amore che si muove dal cuore
Che ti esce dalle mani che cammina sotto i tuoi piedi
L'amore misterioso anche dei cani e degli altri fratelli
Animali delle piante che sembra che ti sorridono anche quando ti chini per portarle via
L'amore silenzioso dei pesci che ci aspettano nel mare
L'amore di chi ci ama e non ci vuol lasciare

giovedì 1 marzo 2012

metterci la faccia

Come sapete le visite dall’Italia mi piacciono sempre da morire e uno dei mille motivi per cui mi piacciono e’ che mi fanno un po’ tornare al mio stupore iniziale. Mi piace ascoltare le osservazioni di chi e’ qui per la prima volta, sentire come vivono le cose loro.

Alla Nasa a Houston, ho incontrato per caso una ragazza italiana e abbiamo attaccato un bottone incredibile, mi hanno fatto notare. E’ che quando incontro degli italiani, soprattutto se mi ispirano simpatia, sono sempre molto contenta e curiosa, loro invece non capivano tutto questo cameratismo fra emigranti.

Ad ogni modo, i miei ospiti, fra le altre cose, sono rimasti colpiti dalla pubblicita’ locale e in particolare dal fatto che siano spesso basate su una gigantografia del proprietario del business che si pubblicizza. Io non ci faccio nemmeno piu’ caso invece. Nello studio del mio dottore per dire, all’ingresso, trovi un cartonato ad altezza naturale del dottore stesso che invita nuovi pazienti, normalissimo. Per le strade ci sono manifesti di avvocati, medici e imprenditori che tutti tirati a lucido, come si suol dire, ci mettono la faccia.

Ecco, loro dicevano, che gli sembrava strano perche’ in Italia invece, non sai mai chi c’e’ dietro a un’azienda, soprattutto ai vertici. Mi e’ sembrato interessante.

perche’ smentire?

Oggi la maestra mi ha raccontato che il piccolo Joe le ha fatto un discorso. Dice che era un discorso piuttosto lungo e articolato con tante parole diverse, e che sembrava proprio che fosse convinto di quello che diceva.

Lei crede che stesse parlando in italiano.

Ah!