martedì 29 novembre 2011

una cosa a cui non mi abituero’ mai

Magari vivro’ qui per tantissimi anni, e’ probabile, ma c’e’ una cosa a cui non mi abituero’ mai: il diverso rapporto con il cibo che hanno gli americani rispetto a noi italiani. E non mi riferisco solo al cibo in se’, ma a tutto quell’insieme di valori che noi, in maniera del tutto naturale e spontanea associamo all’atto del mangiare e soprattutto del mangiare insieme.

Ecco cosa e’ successo, solo l’ultimo di una serie di episodi simili con protagonisti diversi.

Degli amici ci invitano a casa loro poco prima di cena. Dopo un po’ cominciano a cucinare. Per di piu’ stanno facendo una cosa speciale, gli arancini di riso, che loro chiamano risotto balls (si lo so…) e che non hanno mai fatto prima. Quindi, essendo io italiana, si parla e si riparla di questi benedetti arancini balls o qualunque cosa fossero. Niente. Non ci hanno invitati ne’ a cenare con loro, ne’ ad assaggiare quello che stavano preparando e si vedeva che non hanno nemmeno valutato l’opportunita’ di fare una cosa del genere. Non ci pensavano proprio.

Inutile dire che fosse stato il contrario, non li avrei mai fatti andare via. Se anche non avessi avuto abbastanza cibo, mi sarei inventata qualcosa, ma non mi sarei comportata cosi’. Per me quella li’ era un’occasione perfetta per passare un po’ di tempo insieme.

Questa e’ una di quelle tipiche situazioni in cui non bisogna offendersi, lo so, pero’ devo proprio sforzarmi di non dimenticarlo perche’ sotto sotto ci rimango male ogni volta. Non e’ colpa di nessuno, e’ semplicemente una differenza culturale, di mentalita’. Ma e’ piu’ forte di me. Chissa’ se prima o poi smettero’ di sentirmi straniera.   

lunedì 28 novembre 2011

indescrivibile

- Ci fermiamo?

- Ma si e’ appena addormentato!

- Ok, pero’ ricordati di uscire fra un quarto d’ora al massimo, altrimenti ci tocca aspettare un’ora e mezza.

Potrei raccontarvi tante cose del mio piccolo viaggio, ma la sensazione che si prova quando si perde l’ultima uscita dell’autostrada prima di attraversare quell’immensa zona selvaggia che io chiamo semplicemente ‘il nulla’, e’ qualcosa di indescrivibile. Specialmente se vi scappa la pipi’.

giovedì 24 novembre 2011

qualche ringraziamento

E cosi’ partiamo. Come ogni anno andiamo a passare il giorno del Ringraziamento con la nonna del Far West e il resto della famiglia in mezzo al nulla. Ieri al parco, godendomi questo bel sole autunnale, pensavo che quest’anno mi sento thankful come non mai e che di fatto il vero significato della parola grazie l’ho imparato da quando ho lasciato l’Italia.

Ricordo la prima volta che Mr. Johnson mi ringrazio’ per avergli dato un bacio. Mi sembro’ talmente strano, poi mi accorsi che da queste parti non c’e’ niente di strano nel ringraziare qualcuno per averti baciato. Thank you e’ senz’altro la parola che sento dire di piu’ e, che sia una formalita’ o no, mi piace.

E mi rendo conto ora che prima di trasferirmi ero un’ingrata. E non voglio dire che sia stato questo posto in particolare a farmi cambiare, ma l’esperienza in se’ dell’emigrare. Prima davo piu’ o meno tutto per scontato. Cose come avere una famiglia praticamente addosso, avere degli amici, prendere un treno e andare da qualche parte. E’ che nella mia vita quelle cose c’erano sempre state.

Poi pero’ quando ti trasferisci dall’altra parte del mondo e ti ritrovi davvero a ricominciare quasi da zero, ti scatta qualcosa.

Se poi oltre a trasferirti ti capita per caso di dover affrontare tutta una serie di disavventure, magari cose normali della vita adulta, ma del tutto nuove e non particolarmente piacevoli, e’ davvero dura.

Tutto quello che ti arriva, e’ in piu’ in un certo senso. Nessuno ti conosce, nessuno ti deve niente. E allora quando dici ‘grazie’ lo senti davvero.

Oggi ringrazio continuamente e forse esagero, ma oramai questa cosa fa parte di me. Anche quando non dico ‘grazie’, ho continui pensieri di ringraziamento, sono pessima.  

Ringrazio per quello che ho io e per quello che hanno gli altri.

Quella del Ringraziamento e’ davvero una bella festa.

martedì 22 novembre 2011

e’ la’

Poi alla bambina di quattro anni scappa la pipi’. La madre e io l’accompagnamo in bagno e aspettiamo fuori dalla porta.

Quindi, la bambina si lava le mani e sta li. E aspetta.

Le do un piccolo suggerimento.

- Guarda l’asciugamano e’ la’.

Silenzio.

- L’asciugamano e’ la’, proprio davanti a te.

Silenzio.

Allora la madre senza stupirsi per niente, prende l’asciugamano e asciuga lei stessa le mani alla figlia, spiegando:

- Non lo prende perche’ e’ abituata a essere servita. Crescera’.

agli atti

Mi e’ stato servito un tiramisu’ con sopra due foglie di basilico.
E’ successo, e’ successo davvero.

lunedì 21 novembre 2011

‘celebriamo oggi i nostri leader di domani’

Passeggiavo per un mall, un centro commerciale, quando ho notato che c’era una mostra fotografica e sono andata a curiosare. Guardando bene pero’, mi sono accorta che c’erano si’ dei ritratti, ma non era una mostra come le altre.

Il titolo era qualcosa tipo ‘celebriamo oggi i nostri leader di domani’.

Le grandi fotografie ritraevano una cinquantina di studenti delle scuole superiori della zona che si sono distinti in una qualche attivita’ spiegata nella didascalia.

Per una come me abituata alle autocelebrazioni di vecchi professori generalmente molto poco generosi con gli studenti, i famosi dinosauri per intenderci, questa e’ una di quelle piccole cose che fanno pendere la bilancia dalla parte del ‘rimanere’.

giovedì 17 novembre 2011

sintomi da non ignorare

Certo che se hai sempre sognato di vivere in un posto caldo e poi un bel giorno, quando qualcuno ti annuncia che domani dovrebbe fare “freddo” rispondi entusiasta finalmente! non puoi ignorare che forse davvero il Texas si e’ impossessato di te.

mercoledì 16 novembre 2011

hey mrs. johnson!

- Hey Mrs. Johnson!

- Yes?

- Do you know that today my grandma went to heaven?

- Really?

- Yes. But she was sleeping. The doctor was trying to take something called ‘tumor’ out of her brain and she didn’t wake up.

(Scusate se stavolta non ho tradotto, ma mi sembrava meglio cosi’)

Poi ha messo la testa sul banco e il suo compagnuzzo sdentato gli ha messo un braccio intorno alle spalle e gli ha detto qualcosa nell’orecchio. Credo abbia cercato di consolarlo. Dopo un minuto ha ripreso a lavorare sorridente come al solito.

Pare che la nonna sia morta ieri, ma probabilmente il tempo ha un valore un po’ particolare per un bambino di sei anni che si sta sforzando di superare un trauma del genere. E tutto quello che mi ha detto e’ vero. La nonna, giovane e a lui molto vicina, si e’ ammalata improvvisamente. L’hanno portata fino a Boston per fare quell’operazione e i medici erano soddisfatti, avevano detto che l’intervento era riuscito. Solo che lei non si e’ piu’ svegliata.

Non sono stata capace di dire niente. Credo che se avessi parlato in quel momento avrei potuto perfino rischiare di piangere. Non me ne intendo, ma mi sembra che che i suoi genitori abbiano fatto un ottimo lavoro a spiegargli tutto.  Life sucks. Cos’altro si puo’ dire?  

martedì 15 novembre 2011

oltre ogni piu’ rosea aspettativa

Vi ricordate del misterioso edificio che stanno costruendo vicino a casa mia? Quello con due faraoni mastodontici sulla facciata?

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Non e’ un casino’, non e’ un centro commerciale, non e’ il ristorante egiziano piu’ grande del mondo….

…E’ un enorme hotel con centro benessere e spa!

(Il punto esclamativo dice tutto)

lunedì 14 novembre 2011

quello che strilla

Come sempre arrivo all’asilo trafelata. La tentazione di entrare subito nella sua classe e’ forte, ma di solito riesco a resistere in modo da poter osservare per un momento cosa succede da dietro al vetro. Ho bisogno di controllare. Ogni volta che entro, sempre a orari leggermente diversi, c’e’ almeno un bambino che piange. Certe volte, le maestre mi salutano, parliamo qualche minuto e un qualche bambino continua a piangere. Mi sono sempre chiesta da quanto tempo stia piangendo e per quanto piangera’ prima di essere preso in braccio o calmarsi da solo. Poi vado via in fretta, sono sempre in ritardo. L’altro pomeriggio, c’era un bambino che piangeva proprio come Slipino o almeno cosi’ mi sembrava. Non riuscivo a vedere dove fosse, mi si e’ fermato il cuore. Magari potevo arrivare prima, magari potevo non appendere quei disegni, magari potevo non fermarmi a salutare quella collega. A quel punto spalanco la porta e lo trovo li’ nel suo lettino, in piedi, che ride e saluta i bambini piu’ grandi che gli fanno bubu settete dall’altra parte del vetro. Sono consapevole del fatto che prima o poi arrivero’ e sara’ lui il bambino che strilla e anche che non sara’ la fine del mondo, dato che piange anche a casa. Pero’ mi chiedero’ da quanto sta piangendo e perche’ non sono arrivata prima e perche’ nessuno lo ha aiutato. Per fortuna, ancora non e’ successo e, puo’ darsi sia stupido, ma per me, per la mia tranquillita’, fa tutta la differenza del mondo.

domenica 13 novembre 2011

gia’ mi manca

- Stasera dobbiamo festeggiare, eh?

- Festeggiare cosa?

- Ma come festeggiare cosa?! Berlusconi si e’ appena dimesso!

- Di sabato sera?

- Di sabato sera e allora? E’ una giornata storica per l’Italia!

- Beh, bisogna vedere cosa succedera’ ora…

- No ma tu forse non ti rendi conto! E’ finita! Qualunque cosa succeda ora, dopo diciassette anni e’ finita! Basta con le barzellette volgari, basta con gaffe internazionali, basta con le minorenni, con le corna nelle foto ufficiali, basta con le umiliazioni, basta con gli scandali…!

- Gia’ mi manca.

Come al solito in questi momenti storici per l’Italia, il problema dell’emigrante Nonsisamai e’ far crescere l’entusiasmo nelle persone che la circondano. Avevo sperato che questa volta sarebbe stato piu’ facile, visto che subito dopo le dimissioni siamo andati a cena da un’amica italiana. Invece niente. La gente ha le sue menate e l’Italia e’ lontana, sempre piu’ lontana in questi casi in cui ti piacerebbe cosi’ tanto partecipare del momento. Ma io chiedevo solo un brindisi, uno sguardo complice, un sospiro di sollievo collettivo. Ho festeggiato fra me e me, diciamo cosi’, pero’ sono contenta lo stesso. Chissa’ perche’ mi viene in mente quella battuta di Kevin Spacey in American Beauty, oggi e’ il primo giorno del resto della tua vita.

venerdì 11 novembre 2011

doveva succedere ed e’ successo

Oggi a scuola, una persona mi si e’ avvicinata e con molto tatto e un’espressione di compatimento e preoccupazione mi ha chiesto come se la sta cavando la mia famiglia in Italia. Come se ci fosse la guerra o la fame o qualche altra catastrofe. Prima o poi doveva succedere ed e’ successo: anche agli occhi dell’americano medio, siamo passati dalla meraviglia e dall’invidia alla pena. 

giovedì 10 novembre 2011

illuminazioni linguistiche

Avete presente quando una cosa non vi torna, ma non ve ne preoccupate piu’ di tanto? Ecco, il titolo “Qualcuno volo’ sul nido del cuculo”, non mi e’ mai tornato, ma non mi sono mai presa la briga di analizzare la questione. Anche dopo aver visto il film, non ho mai capito bene che senso avesse. Solo stamattina, a colazione -la colazione, come la doccia, e’ ovviamente tempo di riflessioni sconcusionate- ho avuto l’illuminazione.

“One flew over the Cuckoo’s Nest”

“Cuckoo” e’ il nome di un uccello, il cuculo certo, ma significa anche “matto”, senza sapere questo il titolo non ha davvero senso! Come ho fatto a non arrivarci prima!

Sicuramente e’ una cosa che sapevate benissimo, ma in caso contrario, ho pensato di condividere questo momento di immensa soddisfazione con voi. Va bene, sto esagerando (il film e’ del ‘75…), ma e’ davvero divertente quando capita di scoprire queste piccole cose della lingua a cui non avevi mai pensato. E’ che non succede subito, ci vuole un po’ di tempo, e’ un processo graduale, e’ questo il bello. E se per caso avete qualche altra curiosita’, qui trovate qualcosa di piu’ a riguardo. 

E ora che ho finito la mia colazione, me ne posso andare a lavoro tranquilla e illuminata.

 

martedì 8 novembre 2011

quelle cose profonde che ti dicono gli sconosciuti al supermercato

Ieri mattina, sono andata al supermercato con Slipino e ho deciso di fargli fare un giro sul carrello invece di tirare fuori dalla macchina il suo passeggino. Di solito gli piace il carrello, ma ieri, non ci voleva entrare e ha messo in atto il suo famoso trucchetto: indurire le gambe e strillare il piu’ possibile per impedirmi di farlo sedere, lo fa anche quando non vuole sedersi sul seggiolone o sul girello, il furbastro. Lui oramai, pero’ si era tranquillizzato e si guardava intorno tutto rapito dai colori vivaci del supermercato. Ci trovavamo in un corridoio, non ricordo nemmeno piu’ quale, che in quel momento era deserto, quando e’ passata una donna, molto anziana, e si e’ rivolta a me con sicurezza, quasi come se mi fosse venuta a cercare.

- Ti ho guardata prima, mentre cercavi di mettere quel bambino nel carrello. E’ proprio bello, quanto ha? Sei, otto mesi? Guarda come ti guarda… Magari qualche volta ti senti stanca, ma tu lo sai che questo e’ il momento piu’ bello della tua vita, vero?

E se n’e’ andata. Cosi’. Surreale.

Mi sembrava una scena di Lost, e’ da ieri che ci penso.     

Do I know this is the best time of my life?

Yes I do.

Esattamente da 11 mesi oggi.

I guess it doesn’t get any better, uh? Thank you old lady.

lunedì 7 novembre 2011

sulla scuola americana

La scuola Flanders, privata, ogni cinque anni, viene sottoposta a un lunghissimo e complesso processo di esaminazione al termine del quale riceve un voto e si impegna a migliorarsi in tutte le aree che non raggiungono l’eccellenza. Cinque anni fa e’ stata giudicata “eccellente” da questo tale organismo che non ho capito bene cosa sia, ma che non e’ statale. Il nuovo giudizio nella sua forma completa si scoprira’ a fine anno scolastico, ma sembra non sia andata affatto male, anzi abbiamo ricevuto un sacco di lodi. Per una settimana, la scuola e’ stata rivoltata come un calzino da un cosiddetto team di esperti. Tutto lo staff, sia il corpo docente che l’amministrazione, e’ stato esaminato e osservato in tutto e per tutto.

Ci sono state cene e riunioni, una anche senza la direttrice in cui e’ stato chiesto un giudizio proprio su di lei e sulle mancanze della scuola.

Il mio ruolo in tutto questo e’ stato minimo, ma tutti gli altri erano stressatissimi.

Ho chiesto a una collega se ha sentito nessun commento negativo e lei mi ha risposto che un esaminatore le ha chiesto in modo polemico se davvero i bambini sono cosi’ bravi normalmente, che’ non ci poteva credere. E questo sarebbe il commento peggiore? Cosa credeva che li avessimo drogati? Certo, vista l’importanza della cosa, e’ stato fatto un discorsetto ai ragazzini, ma si sa quanto dura un discorsetto nella memoria di un bambino delle elementari. La verita’ e’ che i bambini erano normali, come sono sempre. Gli alunni della scuola Flanders possono avere I loro momenti, come tutti I bambini, ma sono generalmente buoni ed educati, e’ cosi’. Il fatto che dei bambini normalissimi creino stupore in persone che lavorano nella scuola pubblica (pare che alcuni di questi esaminatori fossero a loro volta insegnanti), pero’, mi fa venire un po’ l’ansia sul sistema scolastico americano. Sono una grandissima sostenitrice della scuola pubblica, pero’ qui non ho un’idea precisa di come funzioni il sistema. La verita’ e’ che finora ho sentito delle storie davvero allarmanti sulla scuola pubblica americana. Storie che mi sono state raccontate da insegnanti o ex insegnanti e che mi preoccupano sia per quanto riguarda il mio futuro professionale che personale come genitore. Cominciamo col dire che se lavorassi in una scuola pubblica, avrei un’ottima assicurazione sanitaria e uno stipedio piu’ alto, ma da quello che sento, il lavoro sarebbe completamente diverso sia per quanto riguarda la rigidita’ dei programmi, sia per quanto riguarda l’attitudine degli studenti e della scuola stessa. Certo, come e’ risaputo, la situazione varia molto da quartiere a quartiere. Funziona pressappoco cosi’: piu’ valgono le case piu’ sono alte le tasse che vanno alla scuola del quartiere, un sistema che e’ tutto meno che egualitario. E’ abbastanza comune cambiare casa quando non si e’ soddisfatti della scuola dei figli. A Baby J di certo un giorno, mi piacerebbe insegnare non solo l’italiano, ma anche qualcosa della nostra letteratura e arte, ma andra’ in una scuola pubblica, su questo non c’e’ nessun dubbio, in un quartiere normale, ne’ ricco ne’ povero, chissa’ come andra’.

domenica 6 novembre 2011

il texquake

Ieri sera, c’e’ stata una piccola scossa di terremoto qui in Texas. E’ stata una di quelle cose del tipo che vedi una tenda che si muove per tre secondi e non capisci se ci sono gli spifferi o e’ il terremoto. Dopo due minuti ne parlavano TUTTI. Una mia amica californiana, abituata purtroppo a ben altre scosse, li chiama  ‘texquakes’ per prenderci in giro.

Ma devo dire che anche l’autoironia non fa difetto…

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Questo e’ il tipo di foto che sta facendo il giro di Facebook.

Che bello quando se ne puo’ ridere!

venerdì 4 novembre 2011

gli sconosciuti stimolano l’immaginazione

A chi non e’ mai capitato di essere su un treno o in un ristorante e cominciare a fantasticare sui vicini?

Chi sono? Dove stanno andando? Di cosa stanno parlando?

Per qualche motivo, pero’ non mi sono mai soffermata a chiedermi che cosa la gente possa immaginare che io faccia nella vita.

Stamattina mi ferma una completa sconosciuta e, tutta esaltata, mi fa:

- Mi hanno detto che insegni arte, lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!

Io la guardo un po’ cosi’ perche’ mi ha preso alla sprovvista e non so davvero cosa dire. Insomma, e’ un complimento? Non e’ proprio un complimento, pero’ sorride tanto, mi da’ dell’artista

Involontariamente con il mio imbarazzo la intimidisco, allora cerca di spiegarsi meglio e le esce questo:

- Lo sapevo che non potevi essere….che ne so…una dentista.

E no una dentista proprio no. Sorrido, sorride, sorridiamo tutti e finisce li’. Pero’ mi chiedo da che cosa si sia fatta quest’idea. Non e’ che mi vesta in modo eccentrico mi pare, e poi non abbiamo mai parlato. Avro’ combinato qualche disastro dei miei senza nemmeno accorgermene. Insomma, la verita’ e’ che un conto e’ osservare gli altri, costruirsi sceneggiature e romanzi in testa su perfetti sconosciuti, un conto e’ sapersi osservati. E’ una strana sensazione, piacevole in fondo per qualcuno che si sente sempre un po’ solo, e interessante.

mercoledì 2 novembre 2011

kissing hands and shaking babies

Baby J ha tre maestre e sembra proprio che sia molto contento di andare all’asilo. Ultimamente, ha anche ricominciato a salutarmi con un bel sorrisone la mattina, invece di piangere, insomma, non potrei essere piu’ soddisfatta della sua collocazione durante le mie ore di lavoro.

C’e’ una cosa che mi colpisce sempre pero’. C’e’ una maestra che lo sbaciucchia, soprattutto prima di mandarlo a casa. A volte sembra proprio delusa di vedermi arrivare. Ho visto anche le altre dargli un bacetto ogni tanto, ma lei lo sbaciucchia proprio come farei io o mia madre o mia sorella, come una persona di famiglia, diciamo. Forse e’ un piccolissimo moto di gelosia materna, non lo escludo affatto, ma a me sembra un po’ strano, non strano brutto voglio dire, ma strano. Quando io lavoravo con i bambini di tre anni, avevo quasi paura di toccarli, ma io non ero una grande maestra, ero li’ un po’ per caso. Non capivo bene la lingua e mi frenavo molto, imitavo Ms. Guorton, l’anziana maestra inglese, per non sbagliare. E poi i bambini avevano sempre questa mania di strofinarti il naso sporco addosso, e io sono un po’ schizzinosa, anzi diciamo che lo ero a questo punto.

Dai tre ai cinque anni, sono andata in un asilo delle suore e non mi ricordo sbaciucchiamenti, anzi nei miei ricordi la maestra (Tina, che adoravo) e’ addirittura seduta alla cattedra non fra noi.

Ecco, io non so come si usa in Italia.

A proposito, come si usa in Italia?

Pero’ sapete che c’e’? A me questa cosa piace. Vedo l’affetto, lo sento. Mi piace quando le sento esclamare I love Baby j! come se le uscisse direttamente dal cuore. Sono contenta che Slipino abbia la sua razione di coccole mentre non ci sono, ne ha bisogno alla sua eta’. Ne parlavo con Cassandra Johnson per avere anche il suo punto di vista di madre e di indigena e mi diceva che le sembra normalissimo. Di piu’. Mi spiegava che nella cultura americana e’ cosi’ accettato che si bacino i bambini che lo fanno perfino i politici. C’e’ anche una frase fatta per i viaggi presidenziali, kissing babies and shaking hands. Mi fa impressione pensare che da adulti, invece, non sia ammesso stare a meno di un metro di distanza e che abbiano trovato il modo per abbracciarsi senza praticamente toccarsi. In Italia, al contrario, ci si abbraccia tranquillamente fra adulti, ma i bambini mi sa che li bacia piu’ che altro il papa, o no?

Ad ogni modo, veniamo alle notizie che contano. Recentemente Slipino ha imparato a baciare a sua volta. Lo fa soprattutto con me, forse perche’ la faccia del padre e’ troppo ruvida. Succede cosi’. Ogni tanto mi mette le mani al collo, spalanca la bocca e rimane un paio di secondi cosi’, magari emette anche una sillaba, una vocale, qualcosa. Si, il suo bacio attualmente e’ una grossa sbausciata, ma altro che schizzinosita’, e’ il momento piu’ bello della giornata.