mercoledì 31 agosto 2011

appunti di viaggio. vieni a ballare in puglia?

La sicurezza 2.

In giro per Lecce. A un certo punto vediamo che stanno montando un palco. Due uomini lavorano arrampicandosi su pali di ferro a non meno di cinque metri da terra. Mi spavento a morte, soffro anche di vertigini! Mi giro e vedo un vigile. Gli dico cosa succede.

- Va bene signora, vado subito a controllare.

Quando se ne va i miei amici mi fanno notare che non era un vigile, ma una guardia giurata e giustamente mi prendono in giro. Anche il tipo mi ha preso in giro. Lo guardiamo mentre se ne va sulla sua moto senza dare nemmeno uno sguardo agli ‘acrobati’. Del resto non era il suo lavoro salvargli la vita.

Vieni a ballare in Puglia?

appunti di viaggio. la sicurezza

La differenza che forse mi ha piu’ colpito durante questo viaggio in Italia e’ senz’altro il discorso sulla sicurezza dei bambini.

A parte il fatto dell’aereo di cui abbiamo gia’ parlato.

Qui, non ho mai visto un bambino in macchina senza seggiolino e nemmeno in Italia veramente, ma mi e’ stato proposto moltissime volte. Dai, tanto sono solo dieci minuti, il classico. Qui invece non esiste, ma davvero, a nessuno che conosco verrebbe mai in mente. E li’ io dico, ma se succede qualcosa in quei dieci minuti? Insomma, non per fare il menagramo, ma il seggiolino (oltre a essere un obbligo per legge) e’ una scelta: o lo usi sempre o non serve a niente. Ho visto seggiolini montati male (che qui sono esagerati a fare addirittura corsi su come usare il car seat, ma anche cosi’ non e’ tanto bello) e perfino mamme che allattano in corsa (la cintura dietro poi non la mette nessuno in Italia, nemmeno io tante volte, ma non guardiamo il pelo nell’uovo).

Qui, non ti fanno nemmeno portare il bambino a casa dall’ospedale se non hai un seggiolino. Esagerati? Forse, non lo so. E’ che dopo un po’ ci fai l’abitudine e ti stupisci del contrario. Il famoso shock culturale al contrario.

Non parliamo poi del caschetto in bici. Credo Baby J fosse l’unico bambino con il caschetto in tutto il paese. Qui l’obiezione era interessantissima: il caschetto e’ per i bambini piu’ grandi, a quest’eta’ non ne hanno bisogno. Certo, ha ancora la fontanella aperta, cosa sara’ mai un trauma cranico. Ci ha provato perfino il nonno. Ma se ti ci ho sempre portato quan’deri piccola e non e’ mai successo nulla. E via a cercare di spiegargli che evidentemente se hanno inventato questi caschetti a qualcuno qualcosa sara’ pur successo. Evabe’, il nonno si e’ adeguato subito almeno, di sicuro non ci aveva mai pensato.

Pero’ questa cosa mi ha davvero lasciata perplessa.

A un certo punto cercavo meldestramente di convincere un’amica a usare il seggiolino sempre senza sembrare quella che le dice cosa e’ meglio per suo figlio, che e’ una roba antipaticissima, mi rendo conto.

- …Sai la’ da me si deve usare proprio sempre per legge…

- Perche’?

- Beh..sono successi tanti incidenti e quindi ora la polizia e’ severissima

- Ah caspita! Succedono cosi’ tanti incidenti la’?

Li’ ho mollato il colpo.

D’altro canto, pero’, qui e’ normalissimo vedere motociclisti senza casco, non e’ obbligatorio. Agli americani da’ fastidio che lo stato ti dica che non sei libero di romperti la testa. E’ una contraddizione? Sicuramente si, una delle tantissime, pero’, come genitore sono convinta di un’unica cosa. La vita e’ piena di pericoli imponderabili, almeno quelli che si possono evitare, evitiamoglieli a questi bambini, no?

lunedì 29 agosto 2011

appunti di viaggio. quante sorprese in aereo con un bambino!

Quando abbiamo deciso di andare in Italia con Baby J abbiamo cominciato a porci una serie di domande sulla sicurezza, soprattutto Mr. Johnson devo dire. Io avevo sempre sentito dai miei amici che i bambini molto piccoli potevano viaggiare in braccio ai genitori e sinceramente ero molto felice di risparmiare i IMG_20110813_131626soldi del biglietto per un paio d’anni visto quanto ci costano queste vacanze europee ogni volta. Dopo attenti studi, abbiamo stabilito, pero’, che effettivamente viaggiare in aereo per un bambino e’ molto piu’ pericoloso che per un adulto. Sono cosi’ leggeri che ci sono stati molti incidenti, anche mortali, causati da normali turbolenze e soprattutto, come si dice, ad esempio qui che il posto piu’ sicuro per un bambino in aereo non e’, come si e’ sempre creduto, fra le braccia dei genitori, ma su un apposito seggiolino omologato per l’aereo. (Sono convinta che il seggiolino sull’aereo diventera’ normale come in IMG_20110814_022537macchina).

Cosi’, nello scherno generale di diversi amici viaggiatori, ci siamo muniti di uno di questi seggiolini (un po’ costoso si’, ma molto comodo e che potremmo usare ancora per qualche anno anche in macchina) e abbiamo fatto dei biglietti che dicono chiaramente ‘infant seat’.

Qui sono cominciati i problemi. Ogni compagnia, e addirittura ogni equipaggio della stessa compagnia aveva delle informazioni diverse a riguardo e di voli ne abbiamo presi diversi quest’estate. L’atteggiamento migliore e’ stato senza dubbio quello della KLM: non conoscevano il problema, ma hanno detto, andiamo a rileggerci un attimo il manuale di bordo: intanto proviamo, vediamo se questo seggiolino va bene su questo aereo come dite e se si, lo potete usare. Infatti andava bene, anche secondo il loro manuale, e lo abbiamo usato. Il peggiore, come ho gia’ scritto, ma ci tengo a ribadirlo visto le esperienze pessime di quest’estate e’ stato quello di Alitalia, che ha detto no e basta. Mi hanno costretto a tenere in braccio il bambino nonostante avessi comprato un regolare biglietto per lui e non mi hanno nemmeno aiutato a portare il bagaglio a mano, lasciandomi come e’ noto, con il pupo in braccio in balia di un passante, incredibile. E non ho nemmeno voglia di raccontare cosa sono stati capaci di combinare al ritorno.

Comunque, ad ogni check in e aeroporto, albergo, ovunque, la gente ci chiedeva dove avessimo comprato questo benedetto seggiolino e piu’ che il seggiolino in IMG_20110716_123455se’, che e’ poi questo, le rotelle geniali che permettono di trasformarlo in una specie di passeggino. Noi pensavamo fosse una cosa diffusa e normale, ma visto che forse non lo e’ ne’ qui ne’ in Europa, vi passo questa dritta, se vi serve.

Vorrei specificare che nessuno mi ha pagato per scrivere questo post, mi fa solo piacere dare una mano a altri genitori che dovessero incappare negli stessi problemi.

Buon viaggio!

sabato 27 agosto 2011

che bei consigli

Fra mamme.

- Come si fa a capire se ha un’infezione all’orecchio?

- Se ce l’ha, l’orecchio gli fa malissimo, non puoi sbagliarti. E’ come se avesse degli aghi dentro, e’ terribile. Basta che spingi un po’ con le dita sotto all’orecchio e vedi come strilla se e’ infettato, altroche’.

- Va bene, chiamo la pediatra.

venerdì 26 agosto 2011

e che cos’altro dice la tua mamma?

- Allora, adesso che sei in terza elementare, quali sono gli obbiettivi che vorresti raggiungere durante le lezioni di arte?

- Beh, ho cominciato a dipingere su tela all’eta’ di due anni, mia madre dice che sono un’artista vera (well, I've been painting on canvas since I was two, my mom says I'm a true artist) .

giovedì 25 agosto 2011

appunti di viaggio. il trullo di hitler

Un giorno abbiamo deciso di andare a visitare Alberobello. Mentre gironzolavamo per le caratteristiche vie dell’antico borgo, un’abile venditrice ci ha attratto dentro al suo negozio di prodotti tipici con la scusa di visitare l’interno di un trullo. A un certo punto io e i miei amici notiamo qualcosa di inquietante. In bella mostra su uno scaffale ci sono delle bottiglie commemorative di Hitler.

Ci guardiamo in faccia. Andiamocene va’, ma stavolta, non riesco proprio aDSC02383 (2) starmene zitta.

- Signora, lo sa che lei quella bottiglia di Hitler dovrebbe proprio toglierla? E’ molto offensiva.

E qui capisco chiaramente una cosa che prima non sapevo: che tipo di gente vende bottiglie commemorative di Hitler.

La donna si fa scura in volto e risponde leggermente alterata:

- No guardi che qui Hitler non lo vuole prendere in giro proprio nessuno! Non sa quante ne vendo ai tedeschi di queste, c’ho pure Mussolini e Che Guevara!

Peccato solo che avevamo gia’ pagato, ma voi, se per caso passate per Alberobello – non e’ difficile ci sono quattro trulli- se incappate in quello di Hitler boicottatelo senza pieta’ e se poi avete anche mezz’ora da perdere spiegate a quella poveraccia chi e’ Hitler, io proprio non ce l’ho fatta.  

martedì 23 agosto 2011

io e il mio accento

L’insegnante dei bambini piu’ piccoli, mi ha raccontato che quest’anno ha una classe disastrosa e che bisogna arginarla subito prima che riesca a prendere il sopravvento e ci rovini l’anno. Quest’insegnante e’ molto piu’ anziana di me e molto brava, mi sembra. Soprattutto ha quello che a me manca, la capacita’ di insegnare la disciplina. Mi ero illusa d ipoter andare a scuola e insegnare arte e basta, ma dopo averci provato per qualche anno, sono arrivata alla conclusione che e’ assolutamente impossibile: un po’ di disciplina ci vuole in una scuola elementare, altrimenti non riesco a fare il mio lavoro. Quindi chiedo spesso consiglio proprio a quest’insegnante e l’ho fatto anche in quest’occasione. Ho insistito molto, chiedendo di preciso, cosa posso fare e quale secondo lei e’ il mio problema. Alla fine mi dice chiaro e tondo:

- Onestamente penso che a volte non capiscano il tuo accento.

Cosi’. Lapidaria. Bum. Che e’ una cosa che se me l’avesse detta un paio d’anni fa probabilmente avrei avuto un crollo psicofisico, ma ora no. Ora ho piu’ esperienza. Conosco le mie debolezze, so di avere un accento, ma so anche di capire piu’ o meno tutto e di essere capita. Di piu’. Sono sempre stata capita, anche dai bambini piccoli piccoli e anche quando parlavo inglese molto peggio. Quindi, non me la sono presa. Ho pensato va bene, devo cercare di migliorare il mio inglese ancora, ma non e’ la fine del mondo, con calma ce la faccio. Cosi’ quando ha proposto di fare lei un piccolissimo discorso introduttivo all’inizio della prima lezione, ho pensato di lasciarglielo fare e che fosse una buona idea visto che ha questa capacita’ di farsi ubbidire.

Il discorso era piu’ o meno cosi’:

- Cari bambini, nella classe di arte ci si comporta cosi’ e cosi’ e questa e’ la vostra insegnante. Lei, viene dall’Italia, un paese molto lontano, e qualche volta parla come se ancora vivesse li’ (sometimes she sounds like she still lives in Italy)

Non potevo credere alle mie orecchie. Mi e’ sembrata una cosa estremamente maleducata e sbagliata da dire in quel momento, ma non ho reagito.

Il fatto e’ che quest’insegnante ha fatto davvero moltissimo per me e ha sempre dimostrato di apprezzare il mio lavoro, non posso credere che volesse farmi un torto. Ricordo che dopo la mostra mi scrisse un biglietto che ancora conservo fra le cose piu’ care. Mi diceva nero su bianco quanto mi stima e quanto sia orgogliosa di fare parte di una scuola dove c’e’ un programma d’arte come il mio. E allora?

Forse e’ solo che a volte le persone non si mettono nei panni degli altri.

lunedì 22 agosto 2011

un luogo comune da sfatare sugli emigranti

Tornando al discorso di ieri, c’e’ un’altra considerazione che vorrei fare.

Ogni volta che torno in Italia, mi viene detta la stessa cosa, quasi con le stesse parole, un’infinita quantita’ di volte. In teoria e’ un complimento ma…

- Come sei coraggiosa ad essere andata a vivere dall’altra parte del mondo! Io non ce la farei mai, io sono troppo legato/a alla famiglia e agli amici, io ho altre priorita’.

Ecco, io dico, lo so che sono cose dette cosi’ e a volte non ci si pensa nemmeno tanto pero’ mi verrebbe da rispondere in quei casi: voi pensate che io non sia legata alla mia famiglia e ai miei amici? PensateDSC00722 (2) che non soffra? E poi quell’accenno alle “priorita’” non mi piace. Sono abbastanza convinta che le priorita’ siano piu’ o meno le stesse, ma la vita e’ tremendamente complicata e ti porta a scelte che non avresti mai voluto fare.

Nel mio caso c’e’ stato soprattutto un incontro, ma ci possono essere mille ragioni. Senza contare che quando hai un figlio devi pensare anche a cosa e’ meglio per il suo futuro.

C’e’ gente che magari a un certo punto dice: sto troppo male dove sono, non riesco a esprimermi, non riesco a fare una vita dignitosa senza lavorare ventiquattro ore al giorno, sono stanco di arrabbiarmi. Sono tutti sentimenti umanissimi. Il fatto e’ che se li provi, non e’ che poi vedi i tuoi amici o la tua famiglia e sei tutto un sorriso, se stai male stai male, non riesci a dare il meglio di te nemmeno con loro, anche se ce li hai li’ a portata di mano ogni giorno e allora tanto vale provare a star bene altrove.

In questi casi la scelta e’: sto male a casa o vado a vedere cosa c’e’ fuori? Molti poi realizzano che in fondo non stanno cosi’ male e si rimboccano le maniche per migliorare quello che hanno, altri invece partono e magari trovano anche  qualcosa di meglio, ma non e’ semplice, il prezzo da pagare c’e’ e non e’ basso, come per tutto cio’ che vale.

domenica 21 agosto 2011

il vero problema dell’emigrante

Oramai sono quasi cinque anni che vivo in Texas, mi piace molto, lo sapete, ma c’e’ sempre un problema che credo sia il vero problema di noi emigranti: i rapporti umani. E’ che e‘ davvero difficile ricreare qualcosa di simile a quello che e’ nato spontaneamente in tanti anni, e poi anni cruciali di crescita, a casa. Sicuramente, in questa considerazione c’e’ tanta malinconia da ritorno, quindi prendetela un po’ con le pinze, e poi non bisognerebbe mai fare certi paragoni, pero’ in fondo credo sia proprio cosi’. Dopo un mese in Italia, sempre con le mie vecchie persone, a fare discorsi, a scherzare, a capirsi senza tanti giri di parole e timori, torno qui, mi guardo intorno e vedo che si’, ci sono forse un paio di amicizie belle, profonde, una delle quali senza cui addirittura non riuscirei a vedermi nel futuro, ma a parte questo, mi sembra tutto cosi’ inconsistente. Sara’ che gira e rigira, frequento sempre stranieri, ma mi pare che piu’ che altro ci si sforzi a trovare cose in comune, a farsi piacere le persone e le situazioni. Non e’ come aver condiviso cose fondamentali della vita, avere una base comune, no, non e’ proprio cosi’. A volte mi sembra anche manchi spontaneita’ nelle persone, mi sembra ci sia una corsa infantile a crearsi piu’ ‘contatti’ possibili just in case, perche’ stare da soli lontani da casa non e’ bello. Ed e’ verissimo, pero’ cosi’ si falsa tutto. Poi ogni tanto soprattutto nelle donne, viene fuori questa vena competitiva e stupida, che, anche quando non colpisce me, mi fa venire voglia di mandare tutti al diavolo. Un sacco di formalita’ fra persone che si conoscono oramai anche da tanto, sempre con la paura di essere giudicati male, di dare un’impressione sbagliata. Malgrado tutto, mi rendo conto di essere fortunata, di aver potuto costruire tante cose anche qui, pero’ a volte, mi devo davvero un po’ sforzare e non dovrebbe essere cosi’.

venerdì 19 agosto 2011

appunti di viaggio. ed emigrare in italia?

I vicini di casa che mi sono capitati quest’anno al mare, sono davvero persone…come si puo’ dire? fuori dal comune ecco, assolutamente fuori dal comune.

Un giorno magari vi raccontero’, ad esempio, della cara vecchina che urlava ‘diavolo alzati, sei un diavolo!’ al marito agli orari piu’ strambi del giorno e della notte, ma per adesso occupiamoci di qualcuno che e’ certamente piu’ piacevole. La dirimpettaia. Una bellissima ragazza francese piu’ o meno della mia eta’ che un bel giorno ha deciso di emigrare in Italia. Anzi non in Italia, ma proprio in questo particolarissimo paesino in cui mi trovavo e in cui, lo dico con tutto l’affetto, davvero non c’e’ moltissimo da fare passata l’estate (ma anche inIMG_19800121_032158 estate a dire il vero). Ha un bambino di un anno e mezzo che piange esattamente come Slipino, voce identica. Non so quante volte mi sono svegliata sentendo suo figlio piangere e pensando fosse il mio. Mi ha raccontato che il piccolo burlone ha l’abitudine di svegliarsi alle due di notte e di pretendere di ‘giocare’ per un paio d’ore da quando e’ nato. La ragazza, quando l’ho conosciuta io, era oramai l’ombra di se stessa. Pero’ la sua storia e’ davvero interessante.

Lei e’ di Parigi e sei anni fa ha preso un anno di aspettativa dal suo tranquillo lavoro in banca ed e’ venuta a ‘cercare fortuna’ in Puglia, in un angolo anche non particolarmente felice della Puglia, il paese di sua madre che invece non ci ha pensato proprio ed e’ rimasta in Francia. Che tu senti una storia del genere e davvero ti trattieni perche’ avresti diecimila domande. La prima di tutte: perche’? Insomma, lo sappiamo tutti, Parigi e’ meravigliosa, io ci penserei seriamente a trasferirmi a Parigi, tutta la tua famiglia e’ li’, avevi un ottimo lavoro…diaciamocelo… chi te l’ha fatto fare?

Il motivo e’ semplicissimo. Dice che a Parigi la gente e’ fredda, questo dice, e non lo sopportava piu’. Tutto qui. Cosi’, durante l’aspettativa, lei laureata e con un ottimo lavoro nel suo paese, non ha trovato di meglio che un lavoro da commessa in un supermercato, ma non si e’ scoraggiata. Ha lasciato tutto e si e’ trasferita in Salento.

Qui, ha trovato poi l’uomo della sua vita e ci ha fatto un figlio, quindi anche se non mi sembrava particolarmente entusiasta (e come lo si puo’ essere con quella mancanza di sonno?) non l’e’  andata male, per niente.

E infatti, a tornare indietro proprio non ci pensa. Si’, le pesa il problema del lavoro e poi non riesce in nessun modo a capire alcuni aspetti della mentalita’ locale (guarda non chiedere a me…), ma in sostanza, dice lei, in Salento si vive mille volte meglio che a Parigi.

E se lo dice lei, cassiera di supermercato iperqualificata, che deve alzarsi per andare a lavorare dopo aver ‘giocato’ ogni notte dalle due alle quattro con un bambino svegliatosi al suono di ‘diavolo alzati, sei un diavolo!’, io quasi quasi ci credo.    

giovedì 18 agosto 2011

appunti di viaggio, il tassista di amsterdam

IMG_20110813_150211Arrivati all’aeroporto di Amsterdam, abbiamo chiesto a un tassista se sapeva dove si prendeva la navetta per andare al nostro hotel.

Poi, visto che era abbastanza tardi, gli abbiamo anche chiesto quanto costava andarci in taxi. La cosa sorprendente e’ che lui si e’ rifiutato di dircelo.

- Prendete la navetta, e’ gratis.

mercoledì 17 agosto 2011

slipino a scuola (fa strage di cuori)

Ieri e’ stato un giorno molto importante per Slipino. Appena sveglio (si fa per dire, con il fuso orario che aveva) finalmente sotto gli occhi increduli della sottoscritta e del padre, ha detto ‘mamma’, con chiarezza due volte. Stavo cominciando a prenderla sul personale, oltre a ‘cacca’, che pare continuare ad essere l’unica parola che davvero voglia comunicare al mondo, aveva gia’ nominato praticamente tutto il parentado. Ma Slipino non perde tempo ed e’ subito partito per un’altra avventura, il primo giorno di asilo nido. Devo dire che dopo aver testato la sua spiccata socialita’ in Italia, non ero molto preoccupata e infatti la maestra mi ha confermato che non ci sono problemi per ora. Di piu’. Mi ha detto che gli piace da matti una bambina. Che non sa – e cito testualmente- cosa lei facesse, ma ogni volta che si avvicinava, lui rideva e rideva come fa lui fino a quasi perdere il respiro.

Qualcosa mi dice che ne vedremo delle belle con questo Slipino.  

l’architetto di linate

Pensavo alle nursery dell’aeroporto di Linate perche’ anche i bagni ti aiutano a formarti un’idea su un paese. Mi hanno particolarmente colpito perche’ non sono come te le aspetti, sono bianche, immacolate e danno una sensazione di ordine e pulizia.  Ci sono un paio di problemi pero’. Il primo e’ piuttosto incredibile: non hanno i cestini della spazzatura dove buttare i pannolini sporchi. Il secondo e’ che i grandi fasciatoi lisci e bianchi non hanno la cintura di sicurezza per legare i bambini mentre fai quello che devi fare. Questa e’ una cosa strana perche’ di solito c’e’ e come se non bastasse e’ scritto un po’ in tutte le lingue di stare attenti e non lasciare mai un bambino la’ sopra da solo. Tante volte la gente ha bisogno di essere martellata sulle cose importanti, non a Milano evidentemente.

Forse le cinture di sicurezza e i cestini dell’immondizia rovinavano la purezza del design. Del resto una volta ho lavorato in un posto tuttora molto alla moda sempre a Milano, dove erano stati fatti sparire tutti gli estintori.

o la vivi o la scrivi

Sono stata in Italia per un mese e ho aggiornato pochissimo il blog come avete visto, ma da tanto tempo non avevo tanta voglia di scrivere e di raccontarvi le mie impressioni di shock culturale al rovescio come durante questo viaggio. D’altra parte, come diceva qualcuno particolarmente intelligente, la vita o la vivi o la scrivi e io mi sono limitata a viverla piu’ intensamente possibile nelle ultime settimane. Vorrei raccontarvi delle due splendide settimane a Milano e delle due altrettanto splendide passate in Salento, chissa’ se lo faro’. L’intenzione sarebbe quella, ma poi chissa’, succedono tante altre cose nel frattempo. Ogni lasciata e’ persa diceva qualcun altro altrettanto intelligente.

lunedì 15 agosto 2011

giornata no

In Italia il Ferragosto, non l’ho mai considerato, tanto ero gia' in vacanza. Bei tempi quelli, oggi pero’ e’ completamente diverso. Come si fa a tornare a Ferragosto? Qui non sanno nemmeno che cos’e’ il Ferragosto. E infatti Mr. Johnson e’ gia’ tornato al lavoro stamattina, mentre io ho ancora un giorno di tregua. Ho il fuso orario, valigie aperte ovunque, il frigo vuoto, lavatrici su lavatrici da fare e un bimbo di otto mesi completamente sottosopra che domani comincera’ ad andare all’asilo. In tutto questo dovrei un minimo concentrarmi sul lavoro, ma credo di essermi perfino dimenticata la lingua a questo punto. E ho anche messo su un paio di chili. Calma.

fra un po’

Da piccola passavo tutta l’estate al mare e verso la fine non ne potevo piu’. I giorni della partenza si assomigliavano tutti, di anno in anno. Un ultimo giro in bici sul lungomare e poi appena prima di partire, arrivava sempre trafelato mio zio pasticcere con un vassoio di cose buone da portare via. Per finire si passava a salutare le nonne. Ogni volta piangevano e io proprio non lo capivo il perche’.

Non piangere, tanto fra un po’ ci si rivede.