venerdì 31 ottobre 2014

gli shock culturali altrui sono sempre i migliori

Ms. Guorton oggi mi ha raccontato del terribile shock culturale che ha subito quando e' arrivata qui quarant'anni fa dall'Inghilterra e sua cognata, americana, ha osato portare le figlie a fare 'trick or treat' per la prima volta.

Trauma decisamente non superato secondo me.

- Capisci? Prende le mie figlie che erano appena arrivate e non capivano cosa stava succedendo e non avevano mai nemmeno mangiato un dolce in vita loro e le porta di sera, con il buio, a bussare a casa di estranei per farsi dare delle caramelle. Ti pare possibile? Esattamente il contrario di quello che gli avevo sempre insegnato, erano terrorizzate!

Fantastici gli shock culturali altrui, soprattutto quelli un po' vintage.

Happy Halloween everybody!

domenica 26 ottobre 2014

eroi e scellerati

Guardavo le foto di Obama che abbraccia l'infermiera di Dallas guarita dall'ebola e pensavo alla differenza di trattamento fra lei e la sua collega spagnola. A una tutti gli onori, l'abbraccio presidenziale, l'affetto e la riconoscenza della popolazione, un cane che scorrazza tranquillo e perfino coccolato anche se in quarantena e all'altra un cane, il povero Excalibur, che e' stato immediatamente soppresso e una marea di accuse e fango da tutta una parte della politica e dell'opinione pubblica. 

Come al solito il protagonista della stessa storia e' un eroe o uno scellerato a seconda di chi e come la racconta.

giovedì 16 ottobre 2014

delle balene e di come nascono i bambini

Come sapete, mi affascinano da morire le teorie dei bambini. Questa e’ una piccolissima selezione delle ultime storie che ho sentito su un argomento classico e intramontabile: come nascono i bambini. 

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A cinque anni.

- I bambini escono dal portale magico, me lo ha detto papa’.

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A sette anni.

- Mamma come nascono i bambini?

- La mamma e il papa’ si danno cinque baci e il bambino entra nella pancia.

Il giorno dopo la madre e’ (giustamente) disperata.

- Non so perche’ l’ho fatto! Avrei voluto dire la verita’, ma non ci sono riuscita, mi ha preso alla sprovvista…ora ci insegue per casa cercando di farci baciare cinque volte perche’ vuole il fratellino…aiuto!

Dopo un paio di settimane, la stessa bambina torna sull’argomento.

- Mamma e’ vero che per fare un bambino l’uomo deve mettere il suo pene nella vagina della donna?

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A otto anni.

- Mamma come nascono i bambini?

- Allora. I bambini escono dalla vagina.

- [ Fa una piccola pausa e poi scoppia a ridere] Certo, come no! Figuriamoci…ora dimmi la verita’!

- E’ proprio cosi’, te lo assicuro.

Dopo qualche settimana madre e figlia vanno a trovare un’amica che ha appena partorito e la bambina, non essendo rimasta per niente soddisfatta della precedente risposta, decide di chiedere una conferma.

- Scusa, mi puoi dire come nascono i bambini?

- Certo. Il dottore taglia la pancia e fa uscire il bambino.

- Ecco, lo sapevo che non poteva essere come diceva la mamma. 

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A quattro anni.

Joe ha sempre questa vaga idea, come qualche mese fa, che i bambini siano in qualchTwo of Sendak’s drawings for <i>Pierre: A Cautionary Tale</i>, from his Nutshell Library, 1962<br />e modo stati mangiati, ma ha fatto un ulteriore collegamento con uno dei suoi libri preferiti dove c’e’ un leone che mangia un bambino. Il dottore mette il leone a testa in giu’, lo scuote ’un po’ e fa uscire il bambino. Ecco lui pensa che funzioni piu’ o meno cosi’.

Poco tempo fa, un’amica ci ha regalato un libro che spiega esattamente cosa succede. E’ molto bello perche’ e’ colorato, stile Keith Haring, e non parla di sesso, ma di biologia, quindi puo’ essere adatto a ogni tipo di famiglia. Joe era curiosissimo all’inizio, ma dopo che lo abbiamo letto, non ha detto assolutamente nulla. Anzi, in un secondo momento, lo ha anche nascosto sotto al letto e non lo ha piu’ tirato fuori. Credo che per adesso la storia del leone, lo soddisfi molto di piu’, del resto se l’e’ cucita su misura.

Mi e’ venuta in mente una scena di un film stupendo che ho visto da poco, Boyhood di Richard Linklater. A un certo punto, (forse alla fine della sua infanzia?), il bambino protagonista chiede al padre se esistono i folletti, se esiste la magia nel mondo e il padre dice la verita’, che tecnicamente i folletti non ci sono, ma…

Che cosa ti fa pensare che i folletti siano piu’ magici di qualcosa come una balena ad esempio? E se ti raccontassi una storia su come sul fondo dell’oceano c’e’ un enorme mammifero che canta canzoni ed e’ cosi’ gigantesco che il suo cuore e’ grande quanto un’automobile e volendo, tu potresti perfino strisciare dentro le sue arterie? Voglio dire… tu penseresti che e’ abbastanza magico, no? 

Io mi sento un po’ come quel padre del film, che e’ soprattutto un illuso e un romantico, me ne rendo conto, ma che la magia della vita vera la vede e la riconosce. Credo che l’incontro di un uovo e di uno spermatozoo sia magico abbastanza senza doversi inventare nulla di piu’. Mi piacerebbe farla vedere anche a Joe questa magia, quando sara’ pronto. Chissa’ se ci riusciro’.

martedì 14 ottobre 2014

il muro delle scuole medie

L’altro giorno ho fatto quattro chiacchere con un paio di amici che vivono qui da molti anni. Non sono italiani, ma europei e da come parlavano avevo la sensazione che venissero da un sistema scolastico e sociale molto simile al nostro.

Erano molto preoccupati per i figli che hanno appena cominciato le scuole medie.

Dicono che ogni ora cambiano classe e compagni. Fra una lezione e l’altra hanno quattro minuti per spostarsi e trenta miseri minuti per il pranzo. Tempo per socializzare ridotto ai minimi termini insomma. Infatti, non riescono a fare amicizia e uno di loro e’ gia’ stato preso di mira da un bullo. Per di piu’ l’ambiente e’ ipercompetitivo. Gli studenti sono spinti a competere in ogni area e i genitori intervengono di continuo. Nemmeno suonare uno strumento e’ legato puramente al piacere della musica. Ogni settimana i migliori stanno in prima fila e se sei in ultima fila tutti sanno che fai pena, e’ umiliante. Uno di loro ha tolto la figlia da nuoto perche’ alcuni genitori degli altri ragazzetti della squadra la sgridavano quando andava troppo piano e faceva perdere punti al gruppo. Mi hanno fatto venire un’ansia pazzesca con tutti questi discorsi. Soprattutto ho pensato che io non ce l’avrei mai fatta a undici anni a sopravvivere in un’ambiente simile. A me aveva traumatizzato che alle medie mi chiamassero per cognome, figuriamoci.

In effetti, da quando sono qui ho sentito dire innumerevoli volte frasi tipo la scuola media e’ un inferno, e’ il peggio, anni da cancellare, ecc. Speravo fossero esagerazioni e puo’ essere che lo siano. Ho un’amica americana con un figlio della stessa eta’ che non mi ha mai raccontato nulla di allarmante.

Quando le ho chiesto spiegazioni, mi ha detto che e’ vero, che la scuola media e’ orribile, ma che e’ normale, e’ cosi’ che va e non c’e’ niente di strano. Anzi e’ meglio che sia dura cosi’ si abituano poi per il liceo. Anche Mr. J. non era per niente scandalizzato quando gliene ho parlato.

La mia impressione e’ che avendo fatto le scuole qui, capiscano meglio la situazione e il fatto che sopravvivere e’ possibile e estremamente probabile per fortuna. Pero’ forse non capiscono che la scuola puo’ essere anche molto meglio di cosi’. Entrambi mi hanno raccontato di botte vere, di bulli che non scherzavano mentre io non ho mai visto niente di cosi’ grave in Italia. Credo che il motivo sia molto semplice: e’ difficile sfogare la propria aggressivita’ con qualcuno che si conosce. Magari il bulletto sull’autobus puo’ prendere di mira un ragazzino perche’ non gli piace la sua giacca o qualcosa del genere, ma una volta che lo conosce, che ci passa insieme ogni mattina, non credo si metta a massacrarlo di botte senza motivo. 

La nostra scuola avra’ tante pecche, e’ vero, pero’ il fatto di frequentarsi tutti i giorni abitua i ragazzi ad avere dei rapporti relativamente profondi ed elaborati fra loro. Ho conosciuto una delle mie piu’ care amiche alle scuole medie. Non credo sarebbe stato possibile senza vedersi ogni mattina e passare i venti minuti della ricreazione insieme. Per me imparare a conoscere delle persone, parlarci, aiutarsi a vicenda sono valori fondamentali. Mi sono servite certamente molto piu’ queste lezioni nella vita che l’algebra o l’educazione tecnica.

Questo della scuola media mi sembra un caso interessante perche’ e’ davvero uno di quelli rarissimi in cui ho visto un muro. Da una parte gli americani, quelli che hanno fatto la scuola qui e che, pur criticandola, l’accettano per quello che e’ e dall’altra noi europei che ci scaldiamo tantissimo e proprio non capiamo il senso, la scala di valori applicata.

martedì 7 ottobre 2014

il mondo degli adulti

Quando torno in Italia faccio i salti mortali per vedere tutti i miei vecchi amici. Quest’anno, per dire, mi sono fatta un viaggio Milano Roma solo per cenare con un’amica. Una piccolissima follia, tipo quelle che una volta si facevano per i fidanzati. No, non e’ rilassante, ma e’ ancora meglio. E’ interessante, e’ qualcosa che mi arricchisce. Il tempo e’ poco, ma tutti, oltre al grande affetto, mi insegnano qualcosa o mi danno qualcosa su cui riflettere. Li ascolto sempre un po’ a bocca aperta. Non sono piu’ abituata a tutte le mille cose interessanti che si fanno in Europa. Chi si inventa un evento mensile incentrato sul baratto di libri, chi tiene un laboratorio sulla scrittura di fiabe, chi fa un viaggio da Milano a Istambul in bicicletta, chi si ritrova fuori da un cimitero in mezzo al bosco per ballare la mazurka. Chi fa delle scelte personali piene di coraggio e chi no, ma per me e’ coraggioso lo stesso perche’ te lo dice senza inventare scuse e ci si ragiona insieme. E poi la qualita’ delle conversazioni, il confronto. Il non avere paura di offendere o di sbagliare a dire o a fare perche’ ci si sente al sicuro all’interno di quel rapporto e di quel momento tanto atteso che non puo’ essere sprecato in nessun modo, soprattutto per la paura di un giudizio che non arrivera’ perche’ non e’ mai arrivato.
Per loro e’ tutto cosi’ ovvio che si stupiscono del mio stupore, del mio shock culturale al contrario. Il fatto e’ che da quando vivo qui, e oramai parliamo di diversi anni, la maggior parte dei miei rapporti personali e delle mie conoscenze si sono basati su altre premesse.
C’e’ una grande formalita’ in generale. Una grande voglia di dare una certa immagine di se’. Chi sei che lavoro fai cosa mangi. E poi i figli. I figli sono il centro di quasi ogni scambio, ma tante volte in modo competitivo piu' che affettuoso. Cerco una scuola dove non si pratichino sport di squadra. Per i miei figli zero screen time fino a dodici anni. Mio figlio si allena per le Olimpiadi. Mia figlia va nella scuola dove hanno studiato le figlie di Bush, fa danza classica e parla francese con l’accento di Parigi. E poi si tende a escludere e a discriminare la gente per motivi piuttosto allucinanti.
Puoi essere discriminato ed escluso perche’ fumi, ad esempio. Vedo gente fumare solo in macchina e spesso con i finestrini alzati.
Perche’ non sei in forma, e’ molto comune.
Perche’ hai avuto un figlio giovanissima e senza un compagno.
Perche’ la tua casa non e’ abbastanza o il tuo stipendio non e’ abbastanza.
Perche’ non hai un titolo di studio.
Non mi sono mai sentita discriminata in prima persona per nessuno di questi motivi, ma chi lo sa. Quando senti che intorno a te l’atmosfera e’ questa, fai fatica, molto. Il livello delle conversazioni e dei rapporti umani, per forza di cose, almeno all’inizio e il piu’ delle volte in realta’, e’ drasticamente inferiore rispetto a quello che trovo fra i miei vecchi amici lontani. Del resto, se non ti sbilanci mai, se stai cercando di raccontarti in un certo modo invece di lasciarti leggere da chi hai di fronte, la spontaneita’ sparisce, la verita’ si offusca e ti tocca cenare con le briciole.
La difficolta’ piu’ grande, forse l’unica, del trasferirmi qui e’ stata questa, il non sentire per molto tempo di avere la possibilita’ di essere accettata per quello che sono e di avere rapporti come quelli che avevo sempre avuto prima con le persone intorno a me.
E’ noto quanto gli emigranti adorino idealizzare il paese d’origine e sarebbe semplice dirvi che noi invece, ma dopo averci pensato a lungo, vi dico di no. Non sono per niente convinta che la colpa sia di questo posto o di questa societa’. Forse se dopo gli studi mi fossi trasferita in un’altra citta’ italiana o europea avrei avuto le stesse difficolta’ nei rapporti interpersonali. Ho avuto a che fare con pochissimi americani in questi anni e non ho mai avuto esperienze negative, anzi alcuni sono diventati i miei migliori amici. La maggior parte dei comportamenti a cui accennavo sopra li ho visti molto piu' da altri stranieri che da americani.
Comincio a pensare che sia il mondo degli adulti.
Non c’e’ o si pensa che non ci sia il tempo di approfondire e cosi’ si etichettano le persone e si passa oltre. Anche in Italia ho sentito dire qualche volta che ora che c’e’ la famiglia e il lavoro a tempo pieno, gli amici non si vedono quasi piu’ e va bene cosi’ perche’ le priorita’ sono cambiate. Una volta invece, gli amici erano tutto. Non si faceva altro che parlare, imparando a conoscersi e a ridere insieme, dandosi una mano a vicenda, fidandosi delle proprie sensazioni, senza pensare a quello che ognuno aveva dietro le spalle. E’ chiaro che i rapporti nati in quel periodo abbiano una sostanza diversa.
Quando non sei piu’ uno studente e ti trasferisci in un posto nuovo, le occasioni  di socializzazione sono estremamente limitate. E poi quando finalmente incontri qualcuno hai talmente paura di sbagliare e rimanere di nuovo solo che perdi la spontaneita’. E questo non succede solo a noi expat, anche gli americani sono in una situazione molto simile. Non conosco nessuno che abbia i genitori e la famiglia in zona, sono tutti qui per lavoro e probabilmente di passaggio. Finiscono il college e via. Cinque o dieci anni in una citta’ e poi da un’altra parte e poi da un’altra parte ancora a ricominciare tutto da capo all’infinito. Non sembra sia un dramma per nessuno, al contrario, mi pare che la gente consideri normale traslocare spesso. Quello che vedo io dal mio piccolissimo punto di vista, pero’, e’ che questo continuo spostarsi delle persone, in termini di rapporti umani, rischia di falsare tutto.
Ci sono persone che incontri in vacanza o a un concerto o anche sul web con cui stabilisci un contatto profondo, che rimangono nella tua vita e ti seguono a distanza per moltissimo tempo. Io qui, molte volte invece, ne ho trovate delle altre che arrivano in pompa magna, ci mangi insieme, compleanni e feste comandate per due tre quattro cinque anni e poi spariscono, da un giorno all’altro di solito perche’ nessuno vuole dire di essere in trattativa per una promozione se non e’ sicuro di ottenerla, e non le vedi ne’ senti mai piu’. Alcuni dicono che sia un valore aggiunto, tutte queste esperienze, queste persone. Per me invece, e’ triste, faro’ sempre fatica ad abituarmi a una cosa simile. In questo senso forse in Italia va meglio perche’ ancora oggi la gente si muove molto meno e se lo fa poi tende a fermarsi, a mettere radici.
Una volta, anni fa, c’e’ stata una festa di addio per un’amica che partiva. E’ stato piuttosto straziante. E’ una persona splendida e mi ha aiutato tanto. Mi ha insegnato a tagliare le unghie a Joe quando era neonato ed ero sola e terrorizzata, per dire. A un certo punto durante la sua festa, scoppio’ a piangere e un’altra amica le disse non pensare di perdere i tuoi amici, li stai solo aggiungendo agli altri che troverai. Li’ per li’ mi sembro’ una bellissima cosa da dire e vera soprattutto, poi pero’ quell’amica, dopo che e’ partita come tante altre, non l’ho mai piu’ sentita. L’ho cercata tante volte all’inizio, ma nulla. Forse e’ per questo che piangeva perche’ le era gia' successo e sapeva che quello era davvero un addio, che non avrebbe avuto le risorse e il tempo per occuparsi della nuova vita e di quella vecchia e di quella nel suo paese d’origine e di quella nel paese d’origine del marito. Troppi semini sparsi per il mondo.
La buona notizia in tutto questo e’ che poi capisci che puoi comunque scegliere. Mi rimprovero il fatto di averci messo tanto a digerire quest’idea, avrei dovuto avere piu’ fiducia. C’e’ sempre un’alternativa nella vita. E in questo caso l’alternativa e’ non farsi prendere dal panico e aspettare le persone giuste, che pian piano, alla spicciolata, arrivano e in fondo capisci che non importa che stiano tanto o poco, ma che il pezzetto di strada che si fa insieme abbia valore.