mercoledì 26 dicembre 2012

cosa ho trovato sotto l’albero

Il piccolo Joe e’ nato proprio poco prima di Natale e da quando c’e’ lui queste feste hanno tutto un altro significato per noi. Anche quest’anno, dicembre e’ stato un periodo splendido, pieno di giochi e di sorprese [qualcosa qui] e pensavamo che sarebbe stato splendido fino all’ultimo momento, che saremmo stati tristissimi di vederlo passare questo Natale.

E invece. 

A volte succede che sei talmente convinto che le cose vadano in una certa maniera che non ti poni nemmeno il dubbio di trovarti di fronte a una situazioneIMG_20121225_143942 diversa. E’ cosi’ che ti sorprendono di solito le cose peggiori della vita, quando meno te lo aspetti, quando credi di avere tutto sotto controllo e invece sei ancora piu’ vulnerabile perche’ totalmente impreparato.

Insomma, un giorno prima di Natale abbiamo avuto una gran brutta sorpresa. Di quelle che il primo istinto sarebbe cancellare tutto e raggomitolarti sotto a un piumone per uscirne due o tre o anche quattro giorni dopo. Ecco quel tipo di brutta sorpresa.

Poi pero’ succede una cosa strana, per la prima volta affronti la situazione da genitore, non da individuo. E allora ti chiedi… ma a cosa serve fare cosi’? Che cos’e’ che voglio? Posso avere quello che voglio? In questo caso no purtroppo, pero’ posso non peggiorare le cose, anzi devo.

Cosi’ ti tiri su, non pensi di farcela, ma lo fai e ci riesci perche’ pensi alla sua faccia e ti dici che non importa cosa sia successo, anche quel giorno avrai almeno un attimo di felicita’ guardando quella faccia.

Ed e’ proprio cosi’ e passi un Natale che a guardarlo da fuori sembra quasi perfetto.

Anzi forse lo e’, perfetto. Il pomeriggio di Natale arriva perfino la neve e a Dallas e’ davvero un evento storico. Pura magia.

E anche questo Natale e’ andato, la tristezza c’e’ e restera’ sotto la pelle a lungo, ma si guarda avanti e si sorride nonostante tutto perche’ di motivi per sorridere ce ne sono ancora tanti e c’e’ qualcuno che ce lo ricorda in ogni momento.

giovedì 20 dicembre 2012

diritti

L’estate scorsa in Italia, una mia carissima amica mi ha confessato di essersi appena accorta di essere incinta per la seconda volta. Era giugno e aveva da qualche giorno finito il suo primo anno di insegnamento in una scuola superiore. Era stata dura con un bambino di un anno e mezzo a casa, ma era contenta, era il lavoro che voleva fare.

Nonostante cio’ era preoccupata. Incinta e con un contratto da rinnovare a settembre.

Non ebbe molti dubbi e agi’ secondo la sua coscienza con grande chiarezza e correttezza, provando a fidarsi di chi aveva di fronte.

Queste persone furono molto comprensive infatti.

Le dissero di stare tranquilla, le fecero tanti auguri e poi non si fecero piu’ sentire.

Ho saputo solo qualche giorno fa l’epilogo di questa storia e mi ha fatto una gran rabbia. Mi e’ successa la stessa cosa qui, fortunatamente per un piccolo secondo lavoro e non per quello principale, ma sono cose che lasciano l’amaro in bocca a lungo, che umiliano perche’ non c’e’ davvero nulla che tu possa fare per cambiare la situazione e perche’ vieni danneggiata professionalmente da un qualcosa che dovrebbe solo arricchirti e che oltretutto con le tue competenze lavorative non ha nulla a che fare.      

Purtroppo e’ cosi’ che va il mondo.

mercoledì 19 dicembre 2012

l’omologazione

Mi chiama la maestra dei bambini di Kindergarten, quelli di cinque anni.

Mi fa vedere una ventina di collage appesi al muro, sono esattamente identici. Tutte le casette sono uguali, dello stesso colore, stessa forma con gli alberelli uguali tutti da un lato e le stelline. Non voglio fare la polemica, ma io i lavori fatti cosi’ li chiamo fotocopie, sono completamente anonimi. Poi, certo, immagino che a certi genitori, oltre che a certe maestre, piacciano anche di piu’ di quelli che faccio fare io, ma son gusti, a me non sembra molto creativo e non mi interessa lavorare cosi’.

Ad ogni modo, indica un disegno praticamente uguale agli altri, ma con le casette che invece di essere appoggiate al terreno sono sollevate. Mi fa:

- Senti, ma secondo te, come mai tutti gli altri hanno messo le casette al posto giusto e solo lui mi ha fatto le casette volanti? Glielo ho anche fatto notare, ma lui niente, le voleva proprio cosi’!

Sorrideva, ma si vedeva benissimo che le dava fastidio. Probabilmente le era costato appendere quel disegno. Era come una nota stonata dal suo punto di vista.

Mi sono limitata a dirle che mi sembrava perfettamente normale e che l’unica cosa insolita semmai, era il fatto che tutti gli altri fossero identici.

Trovo sempre questa cosa nelle maestre, se un bambino fa qualcosa di diverso dagli altri vanno in crisi. Eppure io vedo che con me non fanno cosi’ i bambini. Anch’io faccio fare a tutti lo stesso lavoro, ma non ne ho mai ottenuti due uguali. Per me la sorpresa, il tocco di genio improvviso, magari del ragazzino da cui meno te lo aspetteresti, e’ la parte piu’ esaltante del mio lavoro. Certo devi creare le condizioni giuste affinche’ questo succeda ed e’ li’ che sta la fatica vera.

lunedì 17 dicembre 2012

impossibile capire

E’ successo solo venerdi, ma a voi dall’altra parte del mondo forse sembrera’ passato un sacco di tempo. A voi forse sembrera’ la solita strage americana senza senso che vi ha fatto commuovere giusto un attimo prima di tornare alle cose di tutti i giorni. Come se fosse successo su un’altro pianeta, come se non avesse nulla a che vedere con voi e forse non ce l’ha davvero.

A me invece, la strage di Newtown sembra orribilmente reale, vicina. Lavoro in una scuola elementare proprio come quella li’ e anche mio figlio viene tutti i giorni a scuola con me. E’ impossibile non pensare che potevamo esserci noi. Tornare a scuola domani, non sara’ una passeggiata. Ci dicono di essere pronti alle domande piu’ difficili e di essere rassicuranti, ma a noi insegnanti, genitori, cittadini, chi ci rassicura? C’e’ poco da stare tranquilli, oramai queste cose succedono di continuo.

Quella sera mi sono addormentata sul divano ascoltando alla Cnn i vari servizi sull’accaduto. Ho visto giornalisti normalmente pacatissimi perdere completamente la calma. C’e’ gente che riesce a dire in faccia ai parenti delle vittime che la soluzione e’ armarsi ancora di piu’. Verso mezzanotte mi sono svegliata di soprassalto e prima di rendermene conto mi sono ritrovata a svegliare Mr. Johnson chiedendo dov’e’ il piccolo Joe? E’ un miracolo che non gli sia venuto un infarto, poverino.

L’ansia, la paura, il chiedersi…ma io cosa farei?

Una volta anni fa, a scuola fecero partire il protocollo di emergenza. Qualcuno telefono’ in classe dicendo una stupida parola d’ordine. Qualcosa tipo le papere nuotano nel lago, non ricordo bene. E rimanemmo tutti chiusi nelle nostre classi al buio, con i bambini seduti per terra per un bel po’, tipo un’oretta credo. Fu molto difficile. Sia tenere i bambini fermi cosi’ a lungo, sia non fargli capire cosa stava succedendo e sia aspettare cosi’ tanto senza sapere assolutamente nulla.

Noi fummo fortunati. Si trattava solo di un genitore un po’ contrariato diciamo e a me la gestione di tutto quell’evento sembro’ eccessiva. Ora, alla luce di quello che e’ successo in Connecticut, penso che le precauzioni non siano mai abbastanza in questi casi.

Questa cosa che e’ successa ci ha toccato moltissimo qui. Una mia amica che mi chiama apposta per parlarne, le lacrime di un genitore qualsiasi e quelle di Obama che dice 'nothing can fill the space of a lost child'.

Pero’ la mattina successiva sono andata in un negozio di articoli sportivi e sono rimasta basita nel vedere all’entrata una sorta di arsenale di armi giocattolo perfettamente realistiche. Dentro, l’unico reparto preso d’assalto dai clienti era quello dove vendevano le armi. Pistole, fucili, coltelli, qualunque cosa.

La gente non e’ riuscita a lasciare perdere, a sentirsi un minimo disgustata dalle armi nemmeno il giorno dopo una strage del genere.

La settimana scorsa una mia carissima amica e’ andata a trovare la famiglia in un altro stato. Al ritorno mi ha fatto vedere le foto di un incredibile set di armi comprato su internet da suo padre. Perfettamente legale, ma ecco, suo padre beve e tanto. Si sveglia la mattina e comincia a bere, in una settimana l’ha dovuto portare a letto a spalla piu’ di una volta e probabilmente stava cercando di non esagerare vista l’occasione speciale. Cosa se ne fara’ di tutte quelle armi?

Ma si, e’ solo l’ennesimo pazzo esaltato armato fino ai denti di questo paese.  

 

 

p.s. Continuano i problemi tecnici di Nonsisamai :(

Non ho idea di che cosa stia succedendo, ma ricordate che se non riuscite a entrare o a commentare potete sempre contattarmi su FB. Scusate il disagio.    

venerdì 14 dicembre 2012

il senso della performance

Oggi c’era la prima recita di Natale del piccolo Joe. Ero emozionatissima e anche un po’ preoccupata perche’ sapevo che tutti gli altri bambini sarebbero andati a casa subito dopo e lui sarebbe rimasto da solo per tutto il pomeriggio visto che io avevo ancora da lavorare.

La recita e’ stata divertentissima. Erano talmente buffi tutti quanti, ognuno nel suo mondo. Immaginavo che lui se ne sarebbe stato li’ impalato o che avrebbe fatto finta di cantare come facevo io e invece devo dire che a modo suo la sua parte l’ha fatta (oddio veramente anche quella degli altri…). La maestra dice che ha il ‘senso della performance’, che ridere, di sicuro se ce l’ha non l’ha preso da me. Dopo lo spettacolo, abbiamo pranzato tutti insieme e gli hanno regalato un piccolo salvadanaio a forma di maialino (lo sponsor credo…). Poi siamo usciti fuori a giocare in giardino finche’, approfittando di un momento di sua distrazione, sono riuscita a svicololare fuori. Il problema e’ che all’ultimo momento mi ha visto uscire e ha cominciato a piangere e a urlare, una tragedia che e’ proseguita per un bel po’. Immaginate che tortura sentirlo e non poter fare nulla. Non appena ho finito la prima lezione, sono corsa a controllare come stesse.

Dormiva lui. Abbracciato al suo salvadanaio.

La maestra mi ha raccontato che era inconsolabile, erano tutti preoccupatissimi perche’ non piange davvero mai e poi e’ il piu’ piccolo della scuola e si sentono tutti un po’ piu’ protettivi nei suoi confronti. Una collega ha perfino proposto di portarmelo in classe mentre facevo lezione, idea folle quanto disperata. Poi qualcuno ha realizzato una cosa fondamentale, che non stava dicendo ‘mommy mommy’, stava dicendo ‘my piggy my piggy”.

Non voleva me, voleva il maiale!

Cioe’ lui non era disperato perche’ la mamma se ne era andata e anche tutti i suoi amici e rimaneva da solo, no. Lui era triste perche’ pensava che fossi andata a giocare con il suo maiale.

Dopo di che’ sono stata lo zimbello della scuola per tutto il pomeriggio.

- Non preoccuparti per Joe, voleva il maiale!

- Tranquilla, Joe non voleva te!

- Ma ti hanno detto che ridere…Joe piangeva per il maiale! Hilarious!

- Hai saputo del maiale? La segretaria voleva proprio essere sicura che te lo raccontassero…

Mio figlio preferisce un maiale di plastica a me, fantastico. E io che mi illudevo che la fase di adorazione della madre durasse ancora qualche annetto.

 

 

 

p.s. Nonsisamai ha un po’ di problemi tecnici in questo periodo e questo e’ il motivo per cui e’ stato chiuso per qualche ora. Non e’ ancora tutto risolto, ma siamo qui. Se doveste ancora trovare ancora chiuso nei prossimi giorni, potete scrivermi (nonsisamai.nonsisamai@gmail.com) o venire a trovarmi qui.

Buon fine settimana!

giovedì 13 dicembre 2012

la erre moscia

Avete mai sentito un bambino di lingua inglese che non sa pronunciare la ‘erre’?

E’ molto carino, esattamente come in italiano.

Pero’ notavo che non ho mai conosciuto adulti con questo difetto di pronuncia.

Allora mi e’ stato spiegato che la ‘erre moscia’ negli adulti e’ sinonimo di "poverta’ e ignoranza" (!) e che appena viene fuori che un bambino ha questa difficolta’ di pronuncia viene spedito dal logopedista a risolvere tutto prima che smetta di fare tenerezza.

Ecco, io conosco moltissime persone con la cosiddetta ‘erre’ alla francese in Italia. Con diverse ci sono andata a scuola, ma non ho mai visto nessuno preoccuparsene piu’ di tanto, anzi ho sempre sentito dire che era una specie di segno di nobilta’ o qualcosa del genere.

Insomma, mi ha colpito questa cosa. La societa’ giudica qui e li’ lo stesso identico fenomeno in maniera diametralmente opposta, non succede spesso.

mercoledì 12 dicembre 2012

non sgomitiamoci addosso

Qualche giorno fa siamo stati alla festa di Natale dell’azienda in cui lavora Mr. Johnson. Quest’anno hanno fatto davvero le cose in grande, insomma sembrava una vera festa, non come quelle tristissime della mia scuola. Per di piu’ alcuni colleghi oramai sono anche amici quindi si stava passando una bella serata. Sul piu’ bello, pero’ arriva questa tipa arrogantissima in minigonna, prende il microfono e comincia a intimare a tutti di smettere subito di giocare (c’era un casino’ con dollari con la faccia del capo, croupier professionisti…magari questa ve la racconto un’altra volta).

Non l’avevo mai vista in vita mia, ma a me una cosi’ istantaneamente sta sulle scatole. Tra l’altro mi ricordava tantissimo una simpatica compagna di universita’ che faceva tanto l’amica e poi mi diceva i giorni degli esami sbagliati per vedere se ci cascavo.

Comunque, ci chiedeva di fare una pausa perche’ doveva parlare il presidente che dopo un bel discorsetto, ha  assegnato una serie di premi ai migliori dipendenti dell’anno votati dagli stessi colleghi e fra questi la tizia sgambata, che e’ stata nominata addirittura impiegata dell’anno.

Vi confesso che a un certo punto con quel tanto di acidita’ femminile che basta, mi sono proprio chiesta ma com’e’ che sono sempre queste sgomitone a far carriera?

Questa in un paio d’anni e’ diventata vicepresidente mica pizza e fichi.

Pero’ diamine se e’ stata votata dai colleghi non sara’ cosi’ stronza, no?

Ecco, e’ venuto fuori che ha avuto un bambino piu’ o meno quando ce l’ho avuto io, due anni fa, ma e’ tornata al lavoro a tempo pieno giusto poche settimane dopo. Lavora fino a tardi tutti le sere e fa trasferte anche di quattro o cinque giorni alla volta. E’ per questo che i suoi stessi colleghi l’hanno votata, perche’ se lo merita, non perche’ e’ simpatica.

Infatti, non sembra per niente simpatica.

martedì 11 dicembre 2012

la dimensione insondabile*

Conosco qualcuno a Milano che si impegna molto per far conoscere la cultura del popolo Rom. Organizza delle manifestazioni molto belle e credo che in questi anni abbia davvero dato un contributo alla possibilita’ di un loro sdoganamento futuro, se cosi’ si puo’ dire.

Mi e’ rimasto impresso un’aneddoto che mi racconto’ una volta. Era una delle prime volte che si incontrava con i rappresentanti del campo. Andarono in un locale, se non ricordo male, a bere qualcosa. Tutto stava procedento per il meglio quando la sua amica si accorse che le mancava il portafoglio dalla borsa. Una situazione surreale: ti fai in quattro per dimostrare che non sono come ‘la gente’ pensa che siano e te la fanno sotto il naso cosi’? Infatti, la spiegazione era un’altra e loro non c’entravano nulla, ma me lo raccontava per farmi capire quanto fosse stato difficile perfino per lei superare il pregiudizio. Poi cerco’ di spiegarmi un po’ come vivono. Ricordo vagamente che mi parlo’ di tante tradizioni interessanti, ma il suo discorso era comunque pieno di ‘per noi e’ impossibile capire’, e devo dire che non mi soddisfo’ a pieno. Mi sembrava affascinata da loro, ma ancora molto lontana sia dal capirli che dal farli capire a chi non li conosceva direttamente.

Allora lei era solo all’inizio ma immagino che in tutti questi anni abbia riempito quei buchi almeno in parte e che sarebbe capace di spiegarmi un po’ meglio ora. Ho ripensato a lei perche’ mi piacerebbe farle alcune domande.

Al supermercato, qualche giorno fa, ho visto una cosa che non avevo mai visto prima qui: un’intera famiglia, madre, padre e tre bambini che chiedevano l’elemosina davanti all’ingresso.

Il fatto di non vedere praticamente mai un povero da queste parti ti crea dei forti scompensi quando ne incontri uno. Poi, un’intera famiglia cosi’ e quel povero bimbo nel passeggino, ancora piu’ piccolo del mio…avrei voluto andar li’ e chiedere cosa fosse successo, immaginando un tornado, una malattia, una qualunque catastrofe.

Quello che ho fatto e’ stato invece entrare nel supermercato e fargli una spesa, riso, scatolette, biscotti per i bambini, cose cosi’.

Quando sono uscita dal supermercato se n’erano gia’ andati. Ma poi li ho visti, li ho rincorsi e gli ho dato le buste. Parlavano spagnolo, ma piu’ che altro non parlavano. La madre, specialmente, mi ha guardato davvero con una sorta di odio che non ho capito. E io che cercavo di comunicare nella loro lingua, avrei voluto darle un po’ di cose per il bimbo eventualmente, ma nulla, avendo davanti quel gelo ho lascialo perdere.

Mi sono un po’ informata e dice che quelle persone di fatto in quel parcheggio quasi ci vivono. Fanno l’elemosina ‘di lavoro’, sono gipsy, in pratica zingari (si puo’ dire o e’ offensivo?).

Non lo sapevo, ma ci sono ovunque non solo nell’Europa dell’Est. E’ venuto fuori che una nostra amica di Fort Worth vive in un quartiere dove ci sono gli zingari irlandesi ad esempio e io non ne avevo davvero mai sentito parlare, ma quello che mi rimane addosso e’ quel brutto sguardo. Quanto mi piacerebbe capire.

 

* citazione

lunedì 10 dicembre 2012

alcuni malintesi sono meglio di altri

Qualche giorno fa il piccolo Joe ha giocato con i bambini delle vicine. Ogni volta che li vede fuori mi trascina da loro, si divertono un mondo tutti e tre. E noi mamme si sta li’ un po’, si fanno quattro chiacchere e cosi’ senza pensarci li ho invitati alla sua festa di compleanno.

A cena racconto a Mr. Johnson che li ho invitati, ma che mi ricordo solo il nome dei bambini, lui nemmeno quelli. Quando gli dico il nome della bambina, fa un salto dalla sedia:

- Ma e’ razzista!

- Ma figurati!

- Lo so, neanche a me sembrano razziste, ma chi altro chiamerebbe la figlia Ivory?

Da li’ nasce una discussione infinita. A me quel nome non dice nulla e loro non mi sembrano assolutamente razziste. Lui insiste che chiamare una bambina bianca Ivory e’ quantomeno ambiguo. Chiedo a una serie di amici americani e ognuno ha la sua opinione, ma sono tutti piu’ o meno d’accordo con lui sull’ambiguita’. La poverina dovra’ vivere con queste discussioni per il resto della vita. Dice un nostro amico che conosce un ragazzo di colore che si chiama cosi’ e a me viene spontaneo immaginare un omaccione che si chiama qualcosa tipo Chiara, anche se non so se il paragone sia proprio calzante.

C’e’ una persona con cui la discussione si fa davvero appassionante e si sposta su una moltitudine di altri livelli come spesso succede in questi casi. Un nome e’ una questione delicata.

Dico a questo amico, quasi vergognandomi di doverlo specificare…

- Ma per te cambia qualcosa il fatto che si tratti di una coppia di donne?

- Assolutamente no. Dimentichi che il razzismo e’ spesso latente proprio nelle persone che si percepiscono come suscettibili di discriminazione, basti pensare ai cristiani radicali per esempio....

- Ma hanno anche un figlio con la sindrome di down, con questo fanno due possibili enormi fonti di discriminazione nella stessa famiglia, come fanno a essere razziste proprio loro? Mi spiace, ma non me lo spiego…

- Il razzismo latente e’ fuori controllo in questo paese, me ne sono accorto durante le elezioni. Nel posto in cui sono cresciuto ogni sorta di fanatismo era assolutamente inaccettabile. Nessuno si sarebbe mai definito ‘razzista’, ma il 99% della nostra cultura era bianco, in altre parole: era semplice. Ora invece, con la tecnologia che ci avvicina sempre di piu’, cominciano a vedersi i ‘veri colori’ delle persone. Quindi, queste persone sono razziste? Se glielo chiedi ti diranno sicuramente di no, ma osservali un po’ piu’ da vicino…    

Finalmente arriva il giorno della festa e soprattutto la possibilita’ di parlare un po’ meglio.

NON CI POSSO CREDERE.

La bambina si chiama Avery non Ivory!

Confesso il malinteso ai miei amici e ci facciamo una gran risata. Il mio inglese, dopo sei anni, continua a essere un’inesauribile fonte di imbarazzo, ma non me la prendo, in fondo sono un po’ svampita anche in italiano e poi ho imparato tante cose, e’ stato un buon malinteso dai.

giovedì 6 dicembre 2012

la say yes

E’ un po’ triste, ma da quando sono diventata madre, le madri mi piacciono un po’ meno. Non tutte per carita’…ma le mammine, quelle nuove nella professione e gia’ desiderose di condividere la loro illuminante saggezza con il mondo, quelle che sanno tutto in un campo in cui nessuno sa quasi niente…che esseri vanagloriosi e irritanti.

Recentemente, ho scoperto che non sono tutte uguali.

Ogni tipologia ha una fissazione precisa: il cibo biologico, l’allattamento fino alla maggiore eta’, l’idiosincrasia per i vaccini, chi piu’ ne ha piu’ ne metta e alla peggio anche tutte la variabili allo stesso tempo. E non sarebbe un problema se potessero evitare di ricoprire di fango chi non condivide le stesse convinzioni.

Pero’ qui secondo me c’e’ un particolare tipo di mammina che va di moda, quella che lascia fare, quella che io chiamo ‘say yes’.

Questo tipo di mammina e’ convinta che il figlio sopravvivera', a tutto, sempre, che andra’ sempre tutto bene. Ci sono interi siti e community online di gente che si esalta a far fare ai figli le cose piu’ pericolose (giocare vicino al fuoco, giocare con oggetti piccolissimi o animali selvatici, arrampicarsi sulle rocce, giocare nell’acqua ghiacciata d’inverno, sdraiarsi per strada, si’ anche questo e molto altro).   

Oggi c’era una di queste mammine che se ne stava beata a chiaccherare con le amiche mentre il figlio di si e no un anno se ne andava in giro da solo dall’altra parte del parco. E’ passato talmente tanto tempo che pian pianino e’ riuscito ad arrampicarsi sui giochi dei grandi che nel frattempo gli saltavano sulla testa come se fosse un bambolotto, senza rendersi conto che avrebbero potuto fargli male. Ho cercato di farmi gli affari miei, ma quando ho visto che la cosa si faceva pericolosa (tempo fa il piccolo Joe e’ semplicemente volato da un’altezza simile e non si e’ divertito per niente…) sono corsa ad avvertirla.

- He’s fine.

Sta bene, si per adesso e prego figurati non c’e’ bisogno che mi ringrazi.

Mi chiedo se questo approccio sia arrivato anche in Italia. Da una parte e’ affascinante. Mi piace l’idea che i bambini non assorbano le ansie dei genitori, che facciano piu’ esperienze possibili, ma se portato all’estremo come ogni tanto vedo qui, mi sembra assurdo. E’ vero che lo diceva anche Gandhi che un genitore saggio ogni tanto lascia che i figli si brucino le dita, ma insomma tante volte anche una piccola azione dimostrativa e’ sufficiente a imparare la lezione.

 

 

[Il post in teoria era finito, ma mentre scrivevo Mr. Johnson scattava questa IMAG0430foto di quello che lui definisce il mio capolavoro. Va bene, tutti facciamo cose potenzialmente pericolose, ma un conto e’ una mamma un po’ svampita che mette via la spesa ‘in maniera creativa’ diciamo, un’altra e’ testare di proposito la durezza della capoccia del suddetto. O no?

Sapete che cos’altro ho scoperto da quando sono diventata mamma e soprattutto negli ultimi mesi? Che e’ molto piu’ facile dire si che dire no, la chiave potrebbe essere anche tutta qui].  

mercoledì 5 dicembre 2012

il rosso e il blu

- Ma anche con te dice ‘blu’ quando gli fai vedere il rosso?

- Si, sempre. Magari e’ daltonico.

- Oddio.

- Ci sono cose peggiori.

- Ma non e’ ereditario?

- Boh.

- Nella mia famiglia non c’e’ nessun daltonico.

- Nemmeno nella mia.

- Ma se non e’ daltonico allora perche’ fa cosi’? Mi sta facendo diventare matta con questa storia. Sa tutti i colori, tutti, sa anche il marrone… il marrone e’ piu’ difficile del rosso o no? Il rosso e’ proprio una stupidata, lo sanno tutti il rosso, per di piu’ gli sto facendo un testone da quando e’ nato con i colori primari…ma allora perche’ lo chiama ‘blu’? Non ha senso…

- Secondo me ha capito che ti da’ fastidio e si diverte un sacco a darti noia. Dai si vede che gli piace quando ti arrabbi…magari anche quello e’ ereditario, anche se non riesco proprio a capire da chi possa aver preso…

martedì 4 dicembre 2012

costruire i ricordi

C’e’ un’espressione che si usa molto qui e che mi piace particolarmente: costruire ricordi, to make memories. Che fai? Sto costruendo dei ricordi. Perfetto. E’ un’espressione che mi sento cucita addosso. Forse e’ che pensare al presente in termini di ricordo e’ una cosa che un po’ ho sempre fatto. Non so quante volte al giorno, mi fermo un attimo e mi concentro: questa cosa devo proprio DSC04891 (2)fissarla nella memoria. Devo dire che la presenza del piccolo Joe ha accentuato questo lato del mio carattere, lui mi ricorda continuamente di assaporare ogni minuto perche’ il tempo, come nient’altro, vola, lo vedo su di lui quanto. Quindi, in questi giorni piu’ che mai stiamo costruendo un sacco di ricordi, splendidi ricordi. Prima il Natale era una ricorrenza fra le altre ora che c’e’ lui invece e’ completamente diverso perche’ e’ vero che il Natale e’ dei bambini, della loro frenesia e della loro immaginazione, ti contagiano loro altrimenti tutto questo agitarsi generale non avrebbe molto senso. La prima volta che ha aperto la scatola delle decorazioni, il modo in cui guarda le lucine…ancora non capisce bene il senso del tutto, ma sa che sta succedendo qualcosa di diverso.
Mia madre comprava sempre il calendario dell’Avvento quando ero piccola, quello in cui apri le finestrelle e mangi il cioccolatino, ma era sempre un po’ deludente perche’ quel cioccolatino non mi piaceva. Allora quest’anno ho deciso di costruire un calendario dell’Avvento un po’ diverso per il piccolo Joe. Ho appeso ventitre’ sacchetti vicino alla finestra e dentro ci ho messo dei piccolissimi regalini, piu’ che altro cose che gli avrei comprato o fatto lo stesso, ma travestite un po’ giusto per creare un momento speciale alla fine della giornata. Lui mi ha aiutato a decorarlo, ci siamo molto divertiti, ma la cosa buffa e’ che sabato mattina non appena lo abbiamo finito, nella posta abbiamo trovato insieme ai regali di Natale mandati dall’Italia, il buon vecchio calendario dell’avvento con i cioccolatini, quello che non mi piaceva. E’ stata una bella coincidenza, ha rievocato tantissimi bei ricordi. Cosi’ ora abbiamo due calendari, quello vecchio e quello  nuovo, ma la vera sorpresa e’ stata scoprire che quando e’ arrivata l’ora di aprire il primo pacchettino, il piccolo Joe non era per niente interessato. Non ci potevo credere, ma era molto piu’ preso dal suo solito vecchio gioco lui che da tutti quei pacchettini rossi.
E’ una cosa che mi spiego pensando che probabilmente e’ ancora in quella fase meravigliosa in cui conta di piu’ il processo del risultato. Forse il regalo, anche per lui e non solo per me, e’ stato fare qualcosa insieme alla sua mamma, salire sulla sedia senza essere sgridato, sentirsi grande.
Insomma, un altro ricordo costruito e pronto da scartare all’evenienza.

[Se volete vedere il caledario, c’e’ un piccolo album natalizio qui, che aggiornero’ ancora fino a Natale]

lunedì 3 dicembre 2012

cosa fare in caso di tornado

Ogni tanto qui mi chiedono:

- Ma in Italia ci sono i tornado?

E io dico di no e poi allora mi richiedono:

- …E i serpenti velenosi? E I ragni velenosi? E gli uragani? E gli orsetti lavatori rabbiosi? E le puzzole? E le formiche del fuoco?…

Io continuo a rispondere di no e puntualmente dicono qualcosa tipo:

- Ah! L’Italia e’ proprio un paradiso, ma cosa ci fai qui? 

E io sono un po’ contenta che pensino che venga dal paradiso e glielo lascio anche credere.

Poi l’altro giorno mi sono imbattuta in questo e ho capito di aver sempre sbagliato risposta. Quello che hanno ripreso a Taranto sembra proprio un tornado come quelli che ci sono qui e l’idea di un’intera classe di ragazzini che lo guarda dalla finestra insieme alla professoressa, mi fa venire il mal di stomaco dall’ansia.

Evidentemente e’ un fenomeno talmente raro che non si sa come comportarsi, mentre qui siamo molto piu’ preparati. A costo di sembrarvi esagerata, vi dico che se fosse successo qui, io al posto loro mi sarei chiusa in bagno con in testa un bel materasso o qualcosa. Insomma, non si sottovalutano i tornado. La tromba d’aria e’ un po’ d’aria che vuoi che sia, ma un tornado e’ un ventaccio carico di distruzione, roba che vola, roba che esplode, un disastro.

Mai stare vicino alle finestre quando succede una cosa del genere!