venerdì 28 febbraio 2014

il piccolo uomo che cammina sui pezzi di vetro

L'altra mattina esco dal bagno e trovo il piccolo Joe e la Ragazzina in cucina che camminano sui pezzi di vetro, come nella canzone. Lui, suppongo, aveva rotto un bicchiere (tra l'altro riducendolo in briciole, non so nemmeno come sia possibile a livello fisico rompere un bicchiere in quel modo...) e zitto zitto cercava di rimettere tutto a posto, prendendo le schegge con le mani e buttandole nella spazzatura prima che arrivassi.

Fortunatamente nessuno dei due si e' fatto male. Lui appena mi ha visto ha sussultato. Enorme coda di paglia, ma ha avuto comunque la prontezza di replicare. Ha replicato al mio sguardo in realta' perche' non avevo ancora avuto il tempo di dire nulla:

- Tu lotto piatto ieri!

Simpatico il tuo tentativo ragazzino, ma sei comunque nei guai.

Scherzi a parte, il vero punto della situazione e' che in quel momento ho capito che fare il genitore è davvero un vicolo cieco. Pensavo di aver fatto il mio dovere insegnandogli a non disperarsi e che si puo' rimediare ad ogni errore. Abbiamo non so nemmeno piu' quanti rotoli di scotch in giro, scocciamo qualunque cosa, ma si', basta chiedere scusa e tutto si aggiusta, no? E invece no, e' ora di imparare anche questo. La verità è che se rompi un bicchiere in mille pezzi non solo non lo puoi riappiccicare, e questo l'aveva già intuito da solo il furbastro, ma non puoi nemmeno far finta che non sia successo niente.

Hai rotto un bicchiere, il bicchiere preferito di qualcuno che ti aveva espressamente vietato di toccarlo, hai fatto una grossa stupidata e ti potevi fare anche molto male. Lo so che sei pentitissimo e vorresti che non fosse mai successo, te lo leggo negli occhi, ma è successo, non c'e' nessuna soluzione e puoi solo assumertene la responsabilità.

mercoledì 26 febbraio 2014

la nostalgia del cibo e jimmy’s

IMAG7402Non so dirvi esattamente perche’, ma prima di trasferirmici mi ero fatta l’idea che Dallas fosse un po’ come una di quelle grandi citta’, dove quasi devi scansarli gli italiani. Ecco, ho imparato presto che invece non e’ cosi’, tutto il contrario piuttosto. Niente quartieri italiani e anche di italiani in se’ ce ne sono pochissimi e sono per lo piu’ di passaggio. Non c’e’ un punto di ritrovo organizzato e se vi dicono che c’e’ non ci credete troppo.

Dopo un po’ di tempo qui, hanno cominciato a mancarmi tantissimo non solo le persone, ma anche gli odori, i sapori. Mi mancavano i panifici da morire, ad esempio, forse quello piu’ di tutto e ancora adesso. Non sapevo che la nostalgia del cibo potesse essere cosi’ struggente. Ho scoperto presto che a Dallas ci sono diversi posti dove vendono alcuni prodotti italiani, ma anche che le cose davvero italiane e davvero buone le trovi solo, ogni tanto, in un certo supermercato downtown, che tutti chiamano  Jimmy’s.

La prima volta, mi ci porto’ un’amica italiana che si era trasferita qui qualche anno prima di me e che per un po’ mi aveva fatto da guida con l’aria benevola e la pazienza di chi ci e’ gia’ passato. Cerco’ subito il legendario Jimmy in persona per presentarmelo, ma non trovandolo provo’ goffamente a intavolare una piccola conversazione con uno dei suoi figli. Non ando’ molto bene perche’ da Jimmy che tu sia un italiano pieno di senso di riconoscenza e puro amore per quel luogo o un qualunque cliente di passaggio, non sembra importare molto. Insomma, a tutti gli italiani malinconici come me che una volta ogni tanto si concedono il lusso di una gita fra quei corridoi disordinati, conviene contenere la voglia disperata di attaccare bottone e forse e’ anche un bene, cosi’ ci si puo’ lasciare trasportare dal viaggio spazio temporale che si compie appena si mette piede la’ dentro con la giusta concentrazione.

Le uova di Pasqua, il panettone, il cotechino, i kinder, le Golia, l’orzata, la Simmenthal, i Pan di Stelle, il lievito Bertolini, i Sanbitter, la pasta artigianale, la mozzarella, tutti gli affettati, i tarallucci pugliesi….  Ogni passo un ricordo, ogni passo un sussulto del cuore.

E compri, compri allegramente e distrattamente qualunque cosa, anche quello che in Italia non compreresti mai perche’ il solo fatto di averlo trovato, di vederlo li’, ti tocca qualcosa dentro, qualcosa di molto dolce e lontano.

lunedì 24 febbraio 2014

le (bis)nonne del far west scrivono lettere

Caro Joe,

        Fa molto freddo qui alla fattoria! A terra ci sono neve e ghiaccio.

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         Il mio cane Cucciolo l’altra sera si ostinava a stare fuori, cosi’ le ho messo addosso delle coperte finche’ non e’ finalmente entrata nella sua casetta. Ora e’ in garage con la mia gatta Kitty su un letto grande e molto comodo. Kitty e’ agitata perche’ vorrebbe entrare in casa, ma mi rovinerebbe i mobili con le unghie, cosi’ deve rimanere li’. Usciranno fuori tutti e due domani. Le galline sono al caldo nel loro pollaio da due giorni perche’ fa troppo freddo per stare all’aperto.

         Spero che anche tu sia al calduccio. Il disegno che mi hai fatto e’ sul mio frigorifero.

          Spero di vederti alla fine dell’inverno.

Ti voglio bene!

La tua Nonna del Far West

martedì 18 febbraio 2014

di tigri, elicotteri e anche di droni e mongolfiere. di mamme insomma

Qualche settimana fa chiaccherando con mia sorella, le confidavo che piu’ conosco genitori e piu’ in un certo senso mi spavento. So che il mio lavoro di madre diventera’ sempre piu’ difficile, cosi’ cerco affannosamente modelli, ma trovo un sacco di persone che non fanno altro che preoccuparsi come faccio io, e com’e’ giusto che sia d’altronde, ma per cose che qualche volta non capisco o non condivido.
L’aspetto fisico ad esempio. Non l’avrei detto, ma questa e’ una cosa piuttosto comune. C’e’ chi mi racconta che sta cercando di mettere a dieta il figlio di nascosto perche’ ha scoperto che ha nientemeno che della ciccia intorno ai fianchi. Potrei anche capirlo, ma se lui non se ne lamenta e non e’ nemmeno visibile ad occhio nudo questa cosiddetta ciccia, come puo’ essere un problema? C’e’ chi ha paura che la figlia resti bassa e ne parla con frequenza. A me da piccola non sono mai state fatte pressioni sul mio aspetto fisico perche’ semplicemente non era una cosa importante nella mia famiglia o per lo meno questo e’ il messaggio che mi e’ arrivato. In una casa di donne ci si consultava ogni giorno sull’abbigliamento, ma senza fare commenti sui difetti di ognuna. Non che questo sia il caso, ma sono convinta che non mi avrebbe giovato sapere che mia madre mi trovava bassa e soprattutto che viveva questa cosa come un qualche tipo di limitazione per il mio futuro. Difatti, sono bassa e ho avuto una vita normale, fidanzati di solito molto piu’ alti di me, per dire…il mondo e’ bello anche da quaggiu’, fossero queste le disgrazie. 
Un altro punto cruciale sono le aspirazioni. Personalmente, sono sempre stata libera di seguire le mie. Ho scelto gli sport che volevo provare, il percorso di studi, i libri che volevo leggere, le amicizie. E questo anche quando chiaramente rischiavo di andare incontro a qualche fallimento. Sottolineare i successi dei figli, le abilita’, i risultati grandi o piccoli, incoraggiarli sempre… pensavo fosse la norma. Invece ora vedo una quantita’ smisurata di mamme tigre, quelle che citano il famoso libro a memoria, quelle che vogliono avere tutto sotto controllo. Quelle che accompagnano il figlio a scuola e poi rimangono li’ e sgomitano per rendersi utili, fanno a gara a volte anche solo per fare due fotocopie. Quelle per dire che il figlio arriva tutto orgoglioso per aver vinto il secondo posto e rispondono su, non ci rimanere male, la prossima volta andra’ meglio schiudendogli davanti tutto un mondo di insicurezze che sarebbero arrivate lo stesso, e’ chiaro, ma che fino a quel momento non avrebbero potuto essere piu’ lontane da lui. E le pressioni cominciano prestissimo. C’e’ questa conoscente che pretendeva che il figlio di un anno e mezzo fosse completamente in grado di usare il bagno, doveva essere il primo, e c’e’ anche piu’ o meno riuscita, peccato che per non deludere la mamma, abbia cominciato a trattenere sistematicamente i suoi bisogni per giorni fino al punto di sviluppare un disturbo cronico. Spesso non ci rendiamo nemmeno conto di quanto profondamente i nostri figli siano in grado di interiorizzare le nostre emozioni e i nostri giudizi, perfino al punto di ammalarsi, come in questo caso.
Vedo bambini impegnatissimi gia’ a partire dai due anni o prima. Alle elementari, fanno due o tre o quattro attivita’ pomeridiane a testa. Conosco diverse madri che non si cercano un lavoro perche’ altrimenti dovrebbero assumere qualcuno che porti i figli da una lezione all’altra. E poi in tanti casi non e’ che i bambini vengano accompagnati e basta: i genitori seguono e studiano le lezioni cosi’ possono poi aiutarli a esercitarsi a casa.
L’altro giorno una mia amica mi fa: “le maestre non si rendono conto che i compiti in realta’ li danno ai genitori”.
Caspita. I compiti io li ho sempre fatti da sola. Era una mia responsabilita’. Piu’ di una volta mi sono ridotta a finirli l’ultima sera prima delle vacanze e non ho mai avuto nessuno che si sedesse con me fino a mezzanotte. Anzi, mi nascondevo perche’ sapevo di non aver fatto il mio dovere.
D’altra parte, le aspettative sociali nei confronti di genitori e figli sono completamente cambiate. Se una volta una mamma presente era quella che andava a colloquio con gli insegnanti senza essere convocata, adesso una mamma presente e’ quella che fa i salti mortali. A una mia amica, i boy scout hanno chiesto di preparare ottanta cup cake: se si fa una richiesta del genere significa che non ci si trova nulla di esagerato. Basta dare un’occhiata a internet. Sembra che tutte le mamme organizzino mille attivita’ elaboratissime per intrattenere i figli e se tu non fai altrettanto quasi non ti senti a posto con la coscienza o almeno questo e’ quello che mi raccontano molte amiche perche’ io non sono assolutamente un caso tipico in questo senso. Intrattengo bambini per lavoro da piu’ di dieci anni e ora che ne ho uno a casa non mi sembra vero di poter fare tante di quelle cose che ho sempre fatto con lui. Voglio dire, sono proprio una che anche per deformazione professionale, si diverte come una pazza a costruire, colorare, pasticciare, ma certi giorni non mi va, non va nemmeno a me che ci sono portata, mi immagino come possano sentirsi persone con altri interessi e gusti. Certi giorni, anch’io, ho bisogno che lui giochi per conto suo e che io possa concentrarmi un po’ su me stessa, sui miei pensieri, sulle mie di attivita’ e in quei giorni, per ora, facciamo etrambi molta fatica perche’ e’ complicato dare e poi togliere, ma la vita e’ fatta cosi’, non puo’ essere sempre un giro di giostra, conviene abituarcisi.
Del resto, facciamo i figli sempre piu’ tardi, studiamo e ci divertiamo, ci scateniamo prima perche’ poi in un certo senso, la nostra vita si fermera’ o cosi’ ci porta a credere la societa’.
Dormi ora perche’ poi…Divertiti ora perche’ poi…
Non sara’ quasi piu’ nemmeno nostra la nostra vita. Tutto ruotera’ intorno a lui o lei per anni e anni, per sempre forse ed e’ vero, lo vedo.
Leggevo che la famosa sindrome del nido vuoto oramai e’ un po’ una legenda e che quando i figli escono di casa, in realta’ le madri sentono piu’ che altro un senso di sollievo.
Ma deve proprio essere cosi’? Non si puo’ trovare un modo di vivere tutti insieme in armonia ma nella propria individualita’?
Ci ho pensato e ripensato e se proprio devo scegliere un modello, scelgo quello piu’ simile a quello dei miei stessi genitori. Non voglio essere una di quelle che qui vengono chiamate mamme elicottero, cioe’ un po’ si’, ma senza esagerare. Voglio sforzarmi anche di dare spazio, di non soffocare, di dare modo di provare tutto, anche l’indipendenza, la noia, la solitudine. Un drone che segue da lontano piu’ che un elicottero che ti ronza costantemente sulla testa, perfino una mongolfiera via, almeno non fa baccano e non corre, ecco una mamma mongolfiera mi si addice di piu’.
Che c’e’ di sbagliato nella noia ad esempio? La maestra di kindergarten mi critico’ per aver fatto vedere ai bambini un cortometraggio muto di trenta minuti. Non sono abituati a non essere intrattenuti cosi’ a lungo, disse. Ma facciamoli abituare allora! Abituarsi a chiudere gli occhi e ascoltare la musica o a farsi trasportare dalla poesia delle immagini di un vecchio film, guardare fuori dal finestrino, usare l’immaginazione. Ci sono mometi nella vita in cui te la cavi molto meglio se hai acquisito questo tipo di competenze.
Ho osservato, ho letto, ho fatto domande e solo ora mi rendo conto che forse tutto quello che mi serviva, l’ho sempre avuto li’ a portata di mano. Il mio modello e’ un genitore che sai che c’e’ quando ne hai bisogno, che non si scandalizza mai, nemmeno di fronte alle domande piu’ imbarazzanti e che risponde a tutto senza mentire. Quello il cui amore incondizionato non ti sogneresti mai di mettere in dubbio, nemmeno quando hai quindici anni e gli urli in faccia che lo odi e sbatti la porta, ma che non mette il figlio necessariamente su un piedistallo. Un genitore fantasioso e divertente, ma anche spesso… un genitore nell’altra stanza perche’ anche lui ha una sua vita come ce l’aveva prima di diventare genitore ed e’ giusto cosi’ e il figlio lo capisce.