lunedì 31 luglio 2017

ho detto ma uffa

- Mamma, posso giocare ai videogiochi?
- No.
Dopo qualche minuto.
- Mamma, sai prima quando ti ho chiesto se potevo giocare ai videogiochi?
- Sì.
- Ho detto ma uffa.
- Non avevo sentito.
- Ho detto proprio ma uffa.
- Bene.
- No, e' che volevo proprio dirti che ho detto ma uffa.
- Ah e come mai volevi dirmelo?
- Per farti sapere che non sono d'accordo con niente videogiochi.
E questo e' Joe molto irritato.
#evvivajoe

domenica 30 luglio 2017

le regole della convivenza fra esseri umani

Il viaggio di ritorno dunque è andato male. 
Volete sapere quanto male?
Abbiamo cominciato con un ritardo di un'ora e mezza sul primo volo, però abbiamo anche trovato l'impiegato del check-in più simpatico e gentile che si sia mai visto. Nonostante la coda e la gente di malumore era sorridente e rilassato. Ha anche fatto mettere Joe dietro al bancone per fargli provare l'ebbrezza di premere il pulsante che fa sparire le valigie. Valigie incredibilmente sottopeso, nessun contrattempo. Così abbiamo cominciato la lunghissima attesa dell'imbarco. A un certo punto, ho chiesto a una persona che lavora all'aeroporto se c'era un'area dove far giocare i bambini. Mi ha risposto che secondo lei i bambini possono giocare ovunque, basta che i genitori non li perdano di vista. Senza sarcasmo o antipatia, questa è stata la sua risposta in tutta serietà. Va bene, mica tanto.
Poi si e' verificato il primo problema. Un imprevisto, un bagno troppo lontano, tempi calcolati male nell'emozione degli addii e mi sono ritrovata a correre al gate con l'ansia immotivata di perdere l'aereo che invece avrebbe sommato addirittura un'altra ora e mezza di ritardo all'ora e mezza iniziale. Però tu che ne sai in quel momento, l'emotività fa brutti scherzi. Arriviamo trafelati al terzo controllo passaporti. Suppongo ci siano controlli rinforzati per i passeggeri che si recano negli Stati Uniti, file infinite, e io ho fatto l'errore madornale, evidentemente, di chiedere alla guardia doganale di fare in fretta per favore che siamo in ritardo, viviamo lì e ci hanno gia' controllati, perquisiti e tutto almeno due volte.   
Il tipo non si scompone. Guardi, un minuto in piu' o uno in meno, non cambia nulla.
Non so se avete presente come operano le guardie doganali, sono chiuse dentro a dei gabbiotti di vetro, tipo portinai. Ecco, dal cubo di vetro accanto, un'altra guardia che non c'entra assolutamente nulla con noi, assiste alla scena, smette di controllare i suoi passaporti nonostante le file interminabili e comincia a sbraitare nella mia direzione. Proprio così, sbraita.
Urla parolacce. 
L'unica frase che ricordo con chiarezza perchè l'ha ripetuta diverse volte e' non rompere i coglioni, fai star fermi quei bambini e non rompere i coglioni. Io, come tutti posso anche essere una gran rompicoglioni ogni tanto, ma nessuno me l'ha mai detto. L'ho realizzato in quel momento: nessuno nella vita mi ha mai detto questa frase neanche in un litigio. Che me l'abbia detta una persona in divisa urlando in un aeroporto davanti a centinaia di persone fra cui i miei figli, mi ha abbastanza traumatizzato, devo dire tanto e' vero che sono passati tre giorni e ci sto ancora pensando. 
Woody e' troppo piccolo e sicuramente non ha capito nulla, ma ho avuto paura che Joe si spaventasse. Sentire un omone in uniforme che urla così a tua madre, è angosciante, non è normale. 
Se per caso vi state chiedendo quale sia stata la mia reazione: nessuna. L'unica cosa che stavo pensando in quel momento era raggiungere il mio imbarco. Non oso immaginare cosa mi avrebbe potuto fare passare un tipo del genere, se avessi risposto. I suoi colleghi non hanno battuto ciglio, forse per loro è normale trattare la gente così. La priorità era mettersi al sicuro e tornare a casa. 
Solo una volta seduti in aereo, ho cominciato a pensare a questa cosa. Ripeto, la mia prima preoccupazione era ed è Joe. E' capace, e lo ha fatto mille volte, di non dire nulla al momento e ritirare fuori tutta la storia al prossimo volo o in qualunque altro momento. Spero non succeda, spero non abbia davvero capito. 
Il sentimento che prevale in me, come al solito, è il senso di colpa nei suoi confronti, chevelodicoafare. Avrei dovuto risparmiargli tutto questo o almeno la corsa. Anche se ancora una volta Joe mi ha lasciato senza parole. Ci sediamo in aereo e prima che abbia la possibilità di commentare l'accaduto, mi dice:
- Mamma, grazie che mi hai fatto fare un po' di esercizio prima di stare seduto tante ore nell'aereo.

Magone. Come fa ad avere un animo così gentile? O forse si fida a tal punto di me da pensare che abbia sempre tutto sotto controllo? In entrambi i casi...magone.

Il resto del viaggio, ha continuato a fare schifo, ma niente di interessante, solo altri ritardi, mal d'orecchi lancinanti e turbolenze a più non posso. Il cibo invece era insolitamente buono e fresco. Il personale gentile. Il viaggio di andata era filato liscio come l'olio. Voglio dire, a volte le cose funzionano. E' che c'è sempre il rischio che qualcosa vada terribilmente storto durante questi spostamenti. Tipo ritrovarsi in una situazione kafkiana come questa in balia di un impiegato deficiente che ti prende a parolacce senza motivo. 
Non c'è niente da fare tutto ciò che ha a che vedere con gli aeroporti esula dalle regole della normale convivenza fra esseri umani e per qualche incomprensibile motivo ben pochi ancora oggi se ne stupiscono.

venerdì 28 luglio 2017

quando non sai se divertirti o avere paura

E così siamo a casa. Anche se in realtà eravamo a casa anche in Italia, eh.
Il solito paradosso di noi expat.
Il viaggio e' stato massacrante, uno dei peggiori degli ultimi anni con un sacco di turbolenze e ritardi di ore su entrambi i voli. Durante il primo, mentre facevamo su e giù con le cinture di sicurezza bene allacciate, un paio di bambini sui dieci anni hanno cominciato a ridere come degli assatanati disturbando (me almeno) senz'altro piu' del povero neonato che si era lamentato a lungo durante la notte (o quello che ti fanno credere sia la notte su un volo intercontinentale).
Quando siamo atterrati, Joe mi ha detto che mentre l'aereo si agitava non sapeva se divertirsi o avere paura.
Credo abbia colto per la prima volta la stranezza di questo ritrovarsi sospeso per aria a una velocità folle per interminabili ore e ore.
L'estate scorsa, dopo il viaggio in Italia, ci furono grandi cambiamenti per la famiglia Johnson. Nell'arco di un mese, Joe imparo' ad andare in bicicletta e Woody a camminare.
Quest'anno avevamo scommesso che Woody avrebbe cominciato finalmente a parlare e lo avrebbe fatto in italiano, invece non solo parla piu' o meno come prima, ma ha dimostrato piu' e piu' volte con una certa caparbietà direi, di non avere nessuna intenzione di parlare italiano. Gli chiedo di ripetere ciao dopo di me, fa un gran sorriso furbo dei suoi e dice hi sventolando la manina. Latte! Woody dí latte! e lui ridendo milk! Ho la sensazione che mi aspettino delle grandi sorprese in questo senso. E' interessante perche' tradurre e' molto piu' difficile che ripetere. Joe ha sempre parlato bene entrambe le lingue, ma le traduzioni non erano cosi' immediate. Vedremo cosa ha in serbo per noi questo secondo piccolo pestifero.
L'unica vera novità, quest'anno e' che il nostro Bubu questo mese ha perso completamente l'udito. Niente di drammatico, e' un banale indizio dell'età, ma fa impressione. Quando siamo partiti qualcosa ancora sentiva. Ieri sera invece, siamo entrati in casa e lui non se n'è accorto e ha continuato a dormire. Se non fossi stata avvertita avrei pensato come, già qualche altra volta in precedenza, che fosse morto. Che poi e' sempre la prima cosa che penso in generale. Sono un'ottimista io.
All'alba quando il fuso orario mi ha buttato giù dal letto e per qualche istante non ero ancora completamente sicura di dove fossi e cosa fosse successo, ho aperto il frigo e l'ho trovato quasi vuoto, ma con una fantastica lattina di Dr. Pepper in edizione limitata a togliermi ogni dubbio.
E adesso, vi saluto perché sono curiosa di sapere che tesori é riuscita a infilare questa volta la mia mamma nelle valige.

sabato 15 luglio 2017

chi te lo dice

Una cosa piuttosto interessante quest'anno sono i commenti sul livello linguistico dei miei figli. Il piccolo ha due anni, parla molto poco e sembra predilire l'inglese. E allora​ mi consigliano sempre di non preoccuparmi non so bene di quale delle due cose. Il grande invece ne ha sei di anni e parla un ottimo inglese (superiore, mi dicono, a quello di molti suoi coetanei) e un buon italiano considerando che vive in un altro paese (riesce a esprimere​ le proprie idee, capisce tutto). Ecco, hanno appunti da fare anche su di lui. E però è cantilenante, l'accento è peggiorato rispetto all'anno scorso, parla strano.
Guarda caso tutte le critiche arrivano da quelli che​ non parlano nessuna lingua a parte la propria.

giovedì 13 luglio 2017

le grate alle finestre

Quando vedo le grate alle finestre al quarto piano, mi passa tutta la fantasia di tornare in Italia. D'altra parte noi possiamo permetterci di lasciare le porte aperte perché chi entrerebbe a rubare sapendo di potersi beccare una pallottola o fare chissà quanti anni di prigione?
Il paese perfetto non esiste, certo si vive meglio con le porte aperte che con le grate alle finestre.

lunedì 10 luglio 2017

l'umanità

Un paio di fatterelli. Stamattina arriva mio cognato e racconta di essere preoccupato per il barbone sotto casa sua. Gli sembrava non stesse bene, poi l'ha rivisto prima di uscire e ha avuto l'impressione che si fosse un po' ripreso. Avrebbe dovuto chiedere se aveva bisogno di qualcosa? Portargli da mangiare o da bere con questo caldo? Era preoccupato insomma.
Questo pomeriggio ho rivisto l'amico psicologo ed è sempre un evento, ma questa volta di più perché ho conosciuto la sua bambina. Insieme abbiamo visitato un'altra perla artistica della provincia di Milano. L'arte è ovunque sul serio in Italia, questo paese è un pozzo senza fine di cose belle.
Stasera, sull'onda della nostalgia, ho guardato il mio primo film di Fantozzi e ho riso, ma ho anche capito perché non avevo mai visto un film di Fantozzi.
Prima di salire da mia sorella, ho visto il barbone di cui parlava mio cognato o per lo meno ho immaginato fosse lui visto che di barboni qua in giro non ce ne sono molti. Non sembrava morto, se ne stava lì. Non mi sono fermata. Dopo il film, però mentre tornavo a casa l'ho visto di nuovo. Un uomo che mi è sembrato piuttosto giovane, aveva acceso le quattro frecce ed era sceso a parlare con lui. Dato che ero in bicicletta ho potuto sentire abbastanza da capire che il barbone gli stava raccontando qualcosa della sua vita.
Un tale si ferma senza paura a ascoltare le storie di un barbone a mezzanotte in una stradina deserta d'estate.
E così me ne vado a dormire pensando all'umanità che trovo qui e che "dall'altra parte" non vedo molto ultimamente.
L'umanità, quella cosa che uno tende a pensare che sia ovunque e in effetti è così, ma mi sembra che "di là" tutti abbiano paura di tutti ormai, qui invece ancora si fa uno sforzo per venirsi incontro e parlarsi.
In Italia l'umanità nel bene e nel male la vedi e la senti. Mi mancherà proprio questa cosa qui più di tutto.

venerdì 7 luglio 2017

cancellare i ricordi

L'anno scorso ho mandato Joe a un campo estivo qui vicino. Non è andata bene. Le sue maestre avevano un senso dell'umorismo molto italiano, se così si può dire, che lui non capiva minimamente. Mi viene in mente quando si fece male e loro, dopo essersi appurate che non si fosse fatto nulla di grave, cominciarono a prenderlo in giro per "fargli tornare il buon umore". Non funzionò. È che le maestre americane non manifestano nessun senso dell'umorismo, si comportano sempre come se ti credessero anche quando non sono convinte e di solito si limitano a aiutarti. Ci furono molti molti episodi sgradevoli. Una volta, gli assegnarono il premio "Pisolo". Lui tornò a casa tutto orgoglioso con la sua coccarda senza capire che si trattava di un altro scherzo dovuto al fatto che i primi giorni aveva ancora un po' di fuso orario e tendeva ad addormentarsi ovunque. Alla fine, il campo estivo era diventato un dramma e non ce lo mandai più.
Immaginate la mia sorpresa quando lui, arrivati qui quest'anno, mi ha chiesto esplicitamente di tornare nello stesso campo estivo.
Pare che non si ricordi nulla di negativo, -assolutamente nulla è stranissimo- anzi al contrario ha idealizzato tutto.
Ieri ha cominciato ed è andata molto bene. Lui è contento e le maestre probabilmente hanno capito meglio la situazione perché poi l'anno scorso ci fu un lungo e interessantissimo chiarimento fra noi.
Insomma non capisco, non capisco come Joe abbia cancellato tutti i brutti ricordi così, ma se è contento lui, sono contenta anch'io.

mercoledì 5 luglio 2017

il sorriso

Parliamo del sorriso.
Credo non ci siano dubbi: gli americani sorridono più degli italiani, forse più di tutti. In un paese con tale misto di lingue e colori il sorriso è uno strumento indispensabile, è immediato e universale, dice a tutti "sei il benvenuto, stai tranquillo".
È altrettanto assodato che però il sorriso degli americani non sia automaticamente un segno di amicizia e che a volte ci dia l'impressione di essere costruito e ipocrita. Loro sorridono sempre ma in fondo sono spesso molto chiusi verso i rapporti umani.
Però c'è un però.
Qualunque sia il motivo per cui gli americani culturalmente sorridano di continuo, è una di quelle cose di cui mai mi lamenterei e che mi mancano quando sono via.