lunedì 28 settembre 2009

la materia poi puo' anche essere un pretesto

C'e' una mia amica che insegna una lingua straniera al college. Mi diceva, ieri sera, che spesso ha studenti che sono obbligati a seguire per almeno un semestre un qualche corso di lingua, scelgono il suo e molte volte alla fine, non sono nemmeno capaci di dire due parole in croce.

- Ma a me fa piacere, sai? Perche' arrivano spavaldi e poi invece capiscono quanto e' difficile. Fino a quando non ci si prova non ci si rende mai davvero conto di quanta fatica fanno gli stranieri. Una lingua non si impara in un semestre, quindi se riesco a insegnargli questa cosa qui, sono gia' piu' che soddisfatta.

Ogni insegnante -anch'io- ha un suo obiettivo ultimo e sempre piu' spesso mi ritrovo a constatare che quest'obiettivo non ha necessariamente molto a che' vedere con la materia che insegna. Ha piu' a che vedere con l'insegnante stesso, con quello che ha imparato studiando per anni quella materia e che eventualmente lo ha aiutato nella vita come persona.

sabato 26 settembre 2009

se fossi a torino…

A Torino sta per partire un corso di scrittura creativa, organizzato da lei e insegnato anche da lui.

Se fossi nei paraggi, un pensierino ce lo farei…

venerdì 25 settembre 2009

valigia vuota. valigia piena

Quando mi sono trasferita qui, stranamante, io che anche per una semplice vacanza ho bisogno di tutto, ho portato pochissime cose. Pensavo fosse impossibile provare a trasferire tutto quello che aveva fatto parte della mia vita fino a quel momento, cosi' non ci ho nemmeno provato. Man mano che il tempo passava pero' cominciai a sentire sempre di piu' la mancanza di quel cd o di quel libro o di quel vecchio cappotto. Cosi' i miei cominciarono a mandarmi dei pacchi con le cose piu' importanti che avevo lasciato dietro di me, oltre che tanto cibo italiano che al momento non avevo idea di come reperire qua intorno. Cosa ti mando divento' presto una specie di punto fisso nell'immaginario ordine del giorno delle nostre conversazioni intercontinentali. Pian piano pero', c'era sempre meno da dire e i pacchi cominciarono, com'e' naturale, a diradarsi.

[Soprattutto dopo che uno dei nostri migliori amici, incapace di dire no, fu in grado di portarci un'intera batteria di pentole e servizio di posate completo e credo anche un paio di uova di Pasqua kinder che arrivarono intere...]

C'erano sempre meno cose che mi servivano. Niente cibi particolari, che' quelli che vorrei purtroppo non si possono mandare e niente oggetti miei lasciati la' perche' ora come ora non penso quasi mai a quelle cose.
Mia madre appena ha saputo che venivano altri amici dall'Italia, si e' subito fatta in quattro per mandarmi piu' roba possibile. Tant'e' vero che e' riuscita a convincerli a portare un'intera valigia di 23 Kg tutta per me. Io ero un po' peplessa. Avevo chiesto solo una bottiglia d'olio, olio del Salento chiaramente, e non mi serviva davvero nient'altro. Mio padre era perplesso quanto me, ma sapeva gia' come sarebbe andata a finire e lancio' la sua profezia:
- Vedrai che a costo di metterci dentro patate, quella valigia la riempira'.
E infatti, quando la famosa valigia e' arrivata, sembrava Natale. Oltre ai regali, non c'erano patate, ma diverse cose che si trovano anche qui. Me la immagino perfettamente, la mia mamma con tre bilance davanti, che controlla e ricontrolla per cercare di riempire la valigia fino al limite.
Sono arrivata alla conclusione che a lei questa cosa serve, che mandarci le cose la aiuta. Infatti mi ha chiesto a sua volta, di mandarle delle altre cose che secondo me non sono cosi' difficili da trovare in Italia. Questa valigia piena e vuota che va avanti e indietro e' come un filo che in qualche modo ci unisce. O almeno, se la conosco un po', e' cosi' che lei la vede.
Domenica e' il 27 settembre, vivo qui da tre anni ed e' da un po' che non penso piu' di tornare indietro. Mi piace qui, mi piace la mia vita qui, ma tutto ha un prezzo, anche la felicita'.

mercoledì 23 settembre 2009

la lezione su matisse

Oggi abbiamo fatto una bella lezione sull’opera tarda di Matisse e i suoi collage. Dipingere con le forbici. Cerchiamo di creare una poesia di immagini, con le forme, i colori, bla bla bla.

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martedì 22 settembre 2009

una micro discriminazione

I miei sudenti dopo le lezioni mi dicono sempre thank you mentre escono dalla classe. I primi giorni di scuola un paio di loro dopo unaP1160222 lezione mi hanno detto invece prima hola e poi gracias, dandosi anche un po' di gomito mi e' sembrato. Questi bambini (e non solo loro) pensano sempre che se hai un qualche accento e non sei biondo con gli occhi azzurri, sei messicano. E in genere io glielo lascio anche credere, se non fosse che in questo caso ho avuto la netta impressione che lo abbiano pensato con un certo senso di superiorita' e superficialita’. Cosa che com’e’ ovvio non mi e' particolarmente piaciuta, ma che non mi ha nemmeno sconvolto. Sono ragazzini, assorbono tutto quello che sentono in giro e  se magari a casa non c’e’ chi gli spiega bene, questi sono i risultati. Quindi mi e’ sembrato giusto semplicemente spiegargli come stanno le cose per quanto mi riguarda. Il giorno seguente, ho scritto alla lavagna buon giorno a caratteri cubitali e gli ho spiegato che si’, parlo anche lo spagnolo per cui capisco se mi dicono hola, ma vengo da un paese che si chiama Italia e se qualche volta vogliono rivolgersi a me nella mia lingua, l’italiano, possono dirmi buongiorno oppure grazie. Messaggio ricevuto, mai piu’ nessun problema con loro. Fino a quando l’altro giorno sono entrata nell’aula di informatica per stampare delle cose mentre c’era una lezione in corso e l’insegnante con cui da tre anni parlo in inglese, si e’ interrotta per salutarmi in spagnolo. Cosi' ho spiegato di nuovo le stesse cose anche a lei, che tra l’altro sa perfettamente che sono italiana.

Ho sempre avuto un buonissimo rapporto con questa collega e sono sicura che la sua sia stata una svista, pero’ non capisco proprio. Anche se fossi messicana o sudamericana o spagnola o che ne so, non sono l’insegnante di lingua, che bisogno aveva di rivolgersi a me in modo diverso rispetto a ogni altro insegnante della scuola?

E’ gia’ abbastanza dura per me inserirmi. Soprattutto quest’anno, sto lottando molto di piu’ con il problema della lingua e non ho davvero bisogno che mi venga ricordato anche in questo modo che non sono proprio esattamente come tutti gli altri. Quello lo so gia’ da me.

lunedì 21 settembre 2009

di improvvisi traferimenti e ricordi

Lo zio Duane ci ha chiamato qualche giorno fa per dirci che la settimana prossima si trasferisce. Ha trovato un lavoro migliore e lo ha preso al volo. Lascia quello vecchio venerdi e comincia quello nuovo il lunedi dopo. In un'altra citta', in un altro stato, cosi' su due piedi, ma non e' una cosa cosi' rara per gli americani trasferirsi da un momento all'altro, l'ho gia' visto succedere diverse volte. Questa volta e' diverso pero', e' lo zio Duane che se ne va. Lo zio Duane ha la stazza di un gigante, ma e' uno degli uomini piu' delicati e gentili che abbia mai conosciuto. Quello che piu' di tutto lascia l'amaro in bocca e' l'aver realizzato solo ora quanto poco tempo, in fondo, si sia passato insieme. Lui era davvero l'unico familiare che avevamo vicino. L'unico pezzo di famiglia che avevamo qui tra cinque giorni se ne va. Fa impressione questa cosa, oltre che tristezza.
Ieri siamo andati a salutarlo e ad aiutarlo con il trasloco. E' incredibile quanti oggetti inutili possa conservare un uomo solo in tutta una vita, soprattutto lui che e' sempre stato la memoria storica della famiglia. Non e' capace di buttare nulla o per meglio dire, non ha mai avuto nessuna intenzione di farlo. E' come se vivesse meta' qui e meta' la', nel passato dico. Ascolta ancora gli lp in vinile collezionati da ragazzo. I Chicago, i Boston, gruppi mai sentiti di cui conosco un paio di canzoni che ancora passano su Lone Star Radio. In garage ha due enormi poltrone da barbiere degli anni quaranta, con ancora attaccata la striscia di cuoio per affilare la lama del rasoio, ci si siede a guardare il football alla tele il sabato pomeriggio. Poca fortuna con il lavoro e ancora meno con le donne, ma una vita avventurosa che ama raccontare a ogni occasione. Ci ha regalato diversi cimeli di famiglia e quello che custodiremo con piu' cura e' senz'altro la divisa che nonno Johnson indossava quando ando' in Italia durante la seconda guerra mondiale. Quello che sono miracolosamente riuscita a schivare e' invece un piatto per nachos con il formaggio a forma di sombrero messicano, un oggetto surreale. Sorridevamo io e un'amica di famiglia, mentre gli impacchettavamo decine e decine di improbabili bicchieri e bottiglie. Ha conservato perfino la prima lattina di birra che ha bevuto cinquant'anni fa.
Il fatto e' che poi siamo tutti un po' cosi'. L'anno scorso, per esempio, anche quest'amica ha traslocato e in quell'occasione le venne rubata la casa delle bambole della figlia, che ora ha piu' o meno la mia eta'. Era una di quelle case delle bambole da collezione, una piccola opera d'arte con ogni dettaglio al posto giusto che lei stessa aveva costruito durante la gravidanza. Verificatone il valore e l'unicita', i traslocatori le diedero piu' di mille dollari come risarcimento.

- Il motivo per cui invece di comprarmi dei vestiti o farmi un weekend ho deciso di cercarne un'altra esattamente identica mi e' completamente sconosciuto, ma ne avevo bisogno. E' una di quelle cose...come lo zio Duane.

Gia' come lo zio Duane.

venerdì 18 settembre 2009

la lezione su picasso

L'altro giorno ho fatto una lezione sul quadro "La tragedia" di Picasso. L'idea era che si puo' esprimere un'emozione attraverso un colore. In particolare, mi sembrava giusto che questi principini viziati per una volta, si concentrassero sulla tristezza e si rendessero conto che, anche se noi siamo tanto felici e contenti, ci sono anche persone meno fortunate, che in questo momento si sentono tristi, come si sentiva Picasso a Parigi in quella sua mansarda fredda e angusta quando era giovane.
E cosi' e' nato questo disegno dove si vede un bambino in primo piano che guarda con un'espressione attonita un negozio di giocattoli. Chiuso.
Del resto cosa c'e' di piu' triste?

giovedì 17 settembre 2009

just a friendly reminder

Cosi' ti capita di entrare nella stanza degli insegnanti e trovare i dieci comandamenti sul tavolo.
Scritti in bella grafia e su due tavole ovviamente.
Non uccidere, non rubare...

Bene. Interessante. Avevo giusto bisogno di una rinfrescatina.

(Forse stavolta e' davvero meglio non indagare)

mercoledì 16 settembre 2009

una discussione infinita

L'altro giorno con gli amici italiani che sono venuti a trovarci si e' rimasti intrappolati in una discussione infinita. Una di quelle discussioni di due ore sui massimi sistemi in cui uno provoca, l'altro abbocca e alla fine si conviene di essere piu' o meno tutti d'accordo. Credo che loro non si siano resi conto, ma per me e' stato fantastico, oserei dire quasi liberatorio. Non tanto per la questione in se', assolutamente no, ma perche' era da un secolo che non discutevo cosi'. Eppure era molto nel mio stile prima di venire qui. Le mie mitiche questioni di principio. Ultimamente invece, basta. Troppa paura di offendere, di non essere capiti, e non solo per una questione linguistica. Questo cambiamento radicale e soprattutto una pessima (orribile, brutta brutta brutta) esperienza hanno completamente mandato in cantina la mia spontaneita'. Ed e' un peccato. Perche' e' cosi' bello discutere fra amici, e' anche un gesto di fiducia reciproca, l'avevo completamente dimenticato. Infervorarsi, argomentare, mandarsi a quel paese, rimanere un attimo cosi' e poi scoppiare a ridere. Invece di cercare di fare sempre i perfettini, pulitini che' poi tanto e' impossibile e pian piano incontrarsi non ha piu' sapore. Ogni tanto e' giusto anche parlare tanto per parlare, senza dubbio. Da quando vivo qui, un paio di volte ho seriamente pensato di aver bisogno di un ufficio stampa per mandare avanti delle semplici conoscenze e non e' un pensiero sano. Invece discutere, non solo chiaccherare del piu' e del meno, ma anche confrontarsi su temi a cui teniamo veramente, e' fondamentale, aiuta a ripensare alle cose in una maniera nuova. In questo caso poi, ci siamo proprio resi conto di avere imparato molto, di conoscerci meglio, e questo per loro e' normale, per me e' semplicemente splendido.



p.s. Se volete sapere come un altro emigrante si vive questo, inevitabile credo, problema relazionale, potete leggere quello che ha scritto qui la mia amica Elisen.

lunedì 14 settembre 2009

dallas c’e’. speriamo

Oggi sono andata a sentire un comizio sulla riforma sanitaria. Ho piu’ volte avuto modo di notare che qui, non so se particolarmente nel sud o dappertutto, le manifestazioni sono molto piu’ piccole rispetto alle folle a cui siamo abituati in Europa e questa per di piu’ era di lunedi mattina, pero’ e’ andata bene, credo. Nonostante anche la pioggia, c’era un bel po’ di gente e soprattutto estremamente entusiasta. Certo c’erano anche dei contestatori, ma anche questo e’ normalissimo in questi casi. E’ stata una bella esperienza andare a toccare il famoso “change” con mano.

 

E speriamo si compia veramente!

sabato 12 settembre 2009

l'arroganza del metereologo

Ieri sera il metereologo del telegiornale locale ha detto che domani ci sono il 100% di possibilita' che piova. E' stupido, ma continuo a pensarci. Il 100%. Ma come si fa? Ma chi ti credi di essere, hai parlato con Dio? No perche' veramente io avrei anche un altro paio di cose da chiedergli, in caso.
Che' gia' questa storia delle percentuali mi e' sempre sembrata piuttosto ridicola, una sorta di escamotage del metereologo che cerca in tutti i modi di riscattarsi agli occhi del pubblico scettico e scrollarsi quella fatale aurea di incompetenza di dosso. Ma il 100% non l'avevo mai sentito. Ho controllato anche. Gli altri telegiornali hanno detto 70-80%, no lui 100.
E dovevate vedere con che soddisfazione, con che sorriso smagliante.
Tipo quello che in preda alla febbre da gioco sta puntando tutto sul venti rosso alla roulette e non ha ancora realizzato che potrebbe anche perdere.
Oggi siamo sui 27 credo ed e' il giorno piu' fresco (si, fresco) da mesi, per cui la pioggia serve e tanto, ma quanto sarei felice se domani, proprio domani, non piovesse. Giusto per vedere la faccia che fa dopo lui.

venerdì 11 settembre 2009

una "s" per cadere nel ridicolo


"Rebecca and I noticed there is a big snail sticking out from the ceiling. I don't really think it is dangerous, but I prefer to tell you, since the children are so tall and they always try to play with those pipes..."

la lezione delle campanelle

In giardino, e' sbucata una di quelle piante rampicanti che fanno le campanelle. Qualcuno mi ha consigliato vivamente di farla fuori perche' cresce velocissimamente e fa morire le altre piante, ma io niente, non ne ho voluto sapere. Mi spiaceva sradicarla cosi', era carina, volevo darle una possibilita'. Sembrava talmente innocua. Forse aveva solo una brutta reputazione, si' doveva essere proprio cosi'. Infatti dopo un po' divento' molto bella con le sue campanelle viola. Copriva perfettamente il recintino dell'aiuola, sembrava messa li' da un giardiniere, altro che erbaccia. La guardavo e mi sentivo sodisfatta. Non l'avevo dovuta uccidere e in piu' possedeva una sua certa armonia. Dopo qualche settimana pero' comincio' ad allargarsi e allargarsi. Piu' la tagliavo e piu' cresceva. A un certo punto comincio' anche a cercare di raggiungere le petunie, e ma si' tanto erano gia' mezze andate, ho pensato. Ma quando si e' spinta ancora oltre e senza vergogna ha cominciato a stritolare anche la mia adorata buganvilla fucsia non ho avuto scelta. E l'ho sradicata. Ci e' voluto un po', ma alla fine ci sono riuscita e non credo tornera', almeno per un po'.
Evidentemente a volte non basta tagliare i rami (che e' gia' una cosa piuttosto difficile), bisogna proprio sradicare, accertarsi che quella pianta non ricresca piu'. Perche' non importa quanto quei fiori possano essere piacevoli, sono comunque dannosi e solo danno faranno. Prima lo capisci e meglio e'.

giovedì 10 settembre 2009

perche' lavorare

Oggi mi hanno chiesto di mettere giu' per il sito della scuola, le cinque cose piu' divertenti che si fanno durante le mie lezioni. Che domanda. Ci ho pensato un attimo e poi mi sono resa conto che tante volte quello che magari puo' essere divertente per me, non e' necessariamente divertente per i miei studenti, anzi. Cosi' ho deciso di chiedere direttamente a loro, mi interessa molto la loro opinione, anche per capire che' direzione prendere in futuro. Qualcuno mi ha detto "colorare con i pastelli a cera", qualcuno "pitturare". Gia' "imparare cose sugli artisti" l'ho considerato un piccolo successo, ma il preadolescente timido che con un filo di voce ha detto "e' bello perche' ti aiuta a essere te stesso", senza sospettarlo, mi ha fatto davvero un grande regalo.

mercoledì 9 settembre 2009

praticamente

A volte non ci si accorge di quanto manchino alcune cose fino a quando non tornano. E in questi giorni sono tornati un po' di vecchi amici. Che meraviglia. Sentirsi veramente a proprio agio, e' questa la sensazione migliore che ho provato con loro dopo tanto tempo. Avere vicino persone che conosci da tanti anni e che non ti hanno mai deluso, che senti affini e soprattutto che hanno il raro pregio di farti sentire bene. Con loro ci si concede perfino di essere se stessi, una cosa che non dovrebbe essere mai troppo difficile. Anche se poi quando ti tocca ricominciare da capo, ti accorgi a tue spese che lo e', eccome se lo e'.
Praticamente cio' che dovrebbe essere la pura normalita' nei rapporti interpersonali, in questo momento della mia vita, mi sembra la cosa piu' bella del mondo.
Gia', e' proprio cosi', e non e' proprio il massimo.

venerdì 4 settembre 2009

la citta' ideale

P1160214 L'altro giorno abbiamo lavorato sulla citta' ideale. La citta' ideale del Rinascimento e poi ognuno poteva creare la propria citta' ideale. Gli ho fatto vedere castelli, pagode, tetti a cipolla, edifici da mille e una notte e molto altro ancora. Gli ho dato un sacco di spunti, credo.
E i risultati sono stati eccellenti. Una bambina per esempio, ha fatto la sua citta' ideale all'interno di una teiera, di una creativita' meravigliosa.
Fra tutti pero' mi ha lasciato di stucco il lavoro di un bambino. Ha disegnato un edificio gigantesco con due carri armati che perlustrano, gli aerei in cielo e la bandiera americana che sventola. A dir poco inquietante.


Qualcosa mi dice che ne vedro' delle belle quest'anno.

giovedì 3 settembre 2009

ma io resisto. si’

Quello che lei si era dimenticata di dirmi e' che il cane letargico di cui sotto, piu' o meno una volta per notte abbaia. Per un minuto, fortissimo. Di un irritante che non potete immaginare. La prima notte, pensavo fosse un caso, ma arrivata alla terza notte, comincio fortemente a sospettare che sia un'abitudine.
Ora si spiega la storia del valium. C'e' sempre (o quasi) un perche'.
Ieri notte e' stato terribile. Mi ero appena addormentata, sonno profondissimo, e zac, ha cominciato. Che' nel caso di un bracchetto non e' nemmeno tanto un abbaiare, e' proprio una sorta di ululato, un grido, un lamento. In inglese si usa addirittura un altro verbo to howl.
E qui si tratta di un vero acchiappaconiglietti, non c'e' dubbio. Uno di quelli che possono anche vivere in casa da anni, ma che quando li porti a fare la passeggiata ancora strillano come matti e ti tirarano di qua e di la' come se fossero andati a caccia il giorno prima.
No grazie, non ho bisogno che mi procacci il cibo piccolo cane. Gliel'ho detto, ma non capisce, troppo premuroso lui.
Un acchiappaconiglietti dentro insomma. Stanotte faccio un ultimo tentativo, provo a chiudere tutte le tende, magari e' questo. A casa mia c'e' tantissima luce di notte, magari vede i coniglietti fuori, che ne so. So solo che ho il mal di testa permanente da tipo dodici ore e molta molta poca simpatia per l'ospite. Spero che non li veda nei sogni i coniglietti, altrimenti e' davvero la fine.
Lo guardo ora e sembra cosi' innocuo, poverino. Se la sta russando alla grande, tanto per cambiare.
Cosi' ha piu' energia stanotte per abbaiare stanotte il rimpiscatole.
Il valium pero' no. Resisto.
Ancora due notti.
Sigh.

martedì 1 settembre 2009

il valium al cane pero’ no

Parte e mi lascia il cane per cinque giorni. Un minimo di lavoro in piu’ forse, ma non c’e’ problema.

Sono tre bracchetti + vanno d’accordo+ c’e il giardino = andra’ benissimo.

Semplice, no? Invece lei e’ preoccupatissima. L’ultima delle raccomandazioni e’ stata:

- E se dovesse essere necessario ci sono anche due compresse di valium nella sua borsa. Ma in caso dagliene solo meta’, eh.

Il valium al cane? A quel cane? Incredibile.

Ecco cosa ha fatto oggi:

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La realta' deve essere davvero una cosa soggettiva.
Ognuno vive nella sua.