mercoledì 30 aprile 2014

di vuoti e pieni

Stamattina sono entrata in classe e ho trovato un grande vaso di vetro sul tavolo. Vuoto. Strano, ma non gli ho dato peso, ne succedono di cose strane in quella classe. Dopo un po’ ho incontrato la segretaria che veniva a cercarmi con in mano un fiore per me, da parte della famiglia di uno dei miei bambini.

Ecco, mi e’ proprio piaciuta questa cosa. Due avvenimenti del tutto casuali che sembravano perfettamente complementari e collegati fra loro.

Non so come sia arrivato a me quel vaso, ma mi piacerebbe se fosse sempre cosi’ la vita.

Mi piacerebbe avere sempre quell’impressione rassicurante e illusoria che tutto succede per un motivo. C’e’ un vaso? Arriva subito anche il fiore. E mi piacerebbe anche poter vedere i miei vuoti riempiti in fretta e di cose belle. 

Passi la serata a casa e un amico bussa alla porta, ti ritrovi per le mani un quaderno nuovo di pacca e ti torna la voglia di disegnare.

Ma poi mi e’ venuto da chiedermi… ce li ho davvero poi tutti questi vuoti io adesso? A volte mi pare di avere piu’ che altro un sacco di pieni che si sovrappongono. Mi sembra di correre troppo, di affannarmi dietro a cose importanti forse, ma anche troppo quotidiane, banali. Se arrivasse qualcosa di nuovo ora, anche di grande valore, forse non sarei in grado nemmeno di fermarmi a notarlo in mezzo al resto ed e’ un peccato.

Insomma. Forse vale la pena lasciarlo un vaso vuoto in giro ogni tanto, anche solo per dare la possibilita’ a qualcuno di riempirtelo di fiori freschi.

lunedì 28 aprile 2014

allora com’e’?

Che poi all’inizio gli amici che ci stanno ancora pensando ti chiedono allora com’e’? e tu rispondi senza esitare un secondo fantastico, la cosa piu’ bella che mi sia capitata! e hai le occhiaie e delle strane macchie sulla maglietta e hai appena avuto una discussione, ma sarebbe piu’ corretto dire un litigio, sull’esatta sfumatura del contenuto di un pannolino. A pensarci dopo ti vergognerai e ti darai della pazza da sola, ma gli ormoni malefici ti portano su su su e poi giu’ giu’ giu’ e poi di nuovo cosi’ mille volte, sei praticamente sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Ma non hai mentito, e’ davvero la cosa piu’ bella che ti sia capitata, e’ esattamente come diceva quel tale, “tutta gioia e niente divertimento”. Perche’ il divertimento e’ andare a bersi una birra con gli amici, andare al mare. Quando, invece, tuo figlio si mette a correre come un assatanato al supermercato o ti sveglia quattro volte in una notte, non ti diverti nemmeno un po’. Pero’ poi quando si ferma un minuto e ti sorride, quando guarda le cose in quel certo modo, quando ti sembra felice, ecco e’ tutto li’, tutto di colpo ha un senso, ma proprio tutto.

mercoledì 23 aprile 2014

di patate e cipolle

La settimana scorsa, la maestra del piccolo Joe, quella delle tre che non mi piace nemmeno un po’, mi ha voluto parlare. Ha detto che Joe si era rifiutato per tutto il giorno di obbedire e che le aveva anche detto di stare zitta. Nonostante la mia poca simpatia nei suoi confronti, o forse proprio per questo chissa’, ho preso la cosa molto seriamente. Lo so, sono cose che succedono e non sono certo questi i drammi della vita, ma quando sei abituato fino al giorno prima a sentire nient’altro che lodi, un po’ ti allarmi o almeno io mi sono allarmata. Diciamo che la prima immagine che mi e’ balzata alla mente e’ stata quella del riformatorio e la societa’ che mi circonda non mi e’ stata di nessun conforto. Questo povero bambino fa i capricci per tre giorni ed e’ gia’ un piccolo caso. Tra l’altro, a chi danno tutti la colpa? Alla madre ovviamente.
Gli dai troppa attenzione, non sei abbastanza severa, si vede che e’ figlio unico e via dicendo. E cosi’ ho finito per scaricare su di lui la mia frustrazione aggravando il suo comportamento ribelle per tutto il fine settimana. Mi sono anche attaccata a internet, ho cercato articoli, consigli, forum, qualunque cosa finche’ non mi e’ venuto in mente di fare la cosa piu’ intelligente e logica e semplice: chiedere un consiglio a Ms. Guorton. Lei sa tutto sui bambini, nessuno meglio di lei poteva aiutarmi.
Mi ha spiegato che e’ perfettamente normale che si verifichino fasi di questo tipo e mi ha dato dei consigli molto pratici. Mi ha invitato a mantenere sempre un tono di voce piatto e uniforme. A fargli capire che e’ del tutto normale non aver voglia di fare delle cose, che anche per gli adulti e’ lo stesso, ma che purtroppo tutti abbiamo dei doveri. Di non chiedergli mai di fare qualcosa, ma di comunicargli semplicemente quello che mi aspetto che faccia senza dargli l’impressione di avere la possibilita’ di rifiutare. Difatti, le avevo spiegato che odio talmente tanto dare ordini che quando spontaneamente gli dico ‘allora li laviamo questi denti?’ oppure ‘li mettiamo via o no quei giocattoli?’ mi frega sempre rispondendomi con estrema cortesia ‘no grazie’. La situazione sembra gia’ tornata alla normalita’.   
Ms. Guorton e’ cosi’ brava con i bambini. In tutti questi anni le ho visto fare cose incredibili a scuola. E poi mi racconta sempre di quando le sue figlie erano piccole, di quando ricopriva il pavimento della cucina di carta da salumiere e le faceva dipingere gia’ a pochi mesi. Le ha sempre volute indipendenti piu’ di qualunque altra cosa e io la sento cosi’ vicina come donna, come insegnante, come madre. Ma ogni volta che mi racconta questi aneddoti mi chiedo quando e’ che si e’ rotto quello che lei non dira’ mai perche’ e’ inglese e dei sentimenti non si parla, ma che si vede a occhio nudo che si e’ rotto. Insomma, quand’e’ che queste due bambine che piangevano quando la mamma le lasciava all’asilo, sono diventate delle donne che quella mamma anziana e malata che ancora oggi parla solo di loro e tutto quello che vuole fare e’ correre da loro, l’hanno completamente abbandonata a se stessa? Sono domande che mi fanno una grande paura.
E’ come se tu piantassi delle patate e ti nascessero delle cipolle.

martedì 22 aprile 2014

reazioni americane a notizie italiane

Riporto qui di seguito, un brandello di conversazione estrapolato dal suo contesto. Ovviamente non riflette il pensiero comune di tutti gli americani o di tutti i texani o di tutti gli italiani, che peraltro non esiste. E’ qualcosa che a me ha dato da riflettere, ma e’ solo un pezzettino della mia vita quotidiana, prendetelo per quello che e’, pensate quello che volete. Io ci sto ancora pensando.

- In Italia e’ successa una cosa pazzesca. Una donna ha scoperto che le hanno impiantato gli embrioni sbagliati e ora sta aspettando i gemelli di un’altra coppia con un cognome simile al suo. Insomma, hanno scambiato le provette.

-  E’ terribile…

- Ha deciso di tenere i bambini comunque, anche se non sono suoi a livello biologico e paradossalmente potrebbe perfino essere incriminata come madre surrogata…

- In che senso?

- In Italia e’ illegale l’utilizzo di madri surrogate.

- Come e’ illegale?

- E’ illegale.

- Questo e’ incredibile… Ma i bambini ovviamente poi li tiene l’altra coppia, quella dei genitori biologici…

- Non credo proprio. In Italia i figli sono di chi li partorisce.

- Ma come?! Quei figli non sono suoi… non e’ colpa sua, e’ stato un tragico errore, ma non sono suoi… com’e’ possibile che l’altra coppia non abbia nessun diritto?

- Non lo so. La legge italiana dice che i figli sono di chi li partorisce e che i genitori biologici non hanno nulla da rivendicare.

- Ma il mondo e’ cambiato, non e’ mica il medioevo!

lunedì 14 aprile 2014

il texas

A volte il Texas e’ proprio dolce. Con le sue belle colline, i cavalli, le mucche, i fiori, i cieli immensi e tutto il resto. L’altro giorno ero li’ e a un certo punto pensavo… non c’e’ niente da fare, questo e’ un paradiso.
In quel preciso momento, ho calpestato a piedi nudi un mucchio di formiche del fuoco.
Al di la’ del fastidio, una perfetta metafora.
Ecco, il Texas puo’ anche essere dolce qualche volta, ma non si agita mai per catturare la benevolenza di nessuno. Al contrario, non ha mai paura di deludere o risultare sgradevole.
Forse e’ anche per questo che mi piace. Perche’ e’ come e’, ti da’ e ti toglie un po’ come gli gira e si fa scoprire forse, ma solo a poco a poco.

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venerdì 11 aprile 2014

ci risiamo

Gli faccio vedere il famoso Colosso attribuito per tanto tempo a Goya. Ne parliamo, lo descriviamo, ragioniamo insieme.

C’e’ un gigante, un vero gigante! E’ immenso, piu’ alto delle nuvole cariche di vento e tempesta che gli si stagliano attorno. Fa il gesto del pugile con la mano sinistra e gli si ingrossa il bicipide. E’ furioso. Il gigante puo’ schiacciare centinaia di persone come formiche, radere al suolo interi villaggi con il minimo sforzo di pochi passi. La folla in primo piano fugge terrorizzata. Ma terrorizzata da chi poi? Dal gigante? Oppure da un qualche nemico esterno da cui invece il gigante la sta proteggendo? In ogni caso si coglie il dramma, soprattutto nel contrasto fra il movimento generale e quel povero asinello inebetito in primo piano, attonito, paralizzato dalla paura.

Allora, pongo alla classe, una domanda molto semplice e precisa.

- Quale sentimento vi suscita questa immagine?

Un ragazzino alza la mano prima ancora che abbia finito di parlare.

- It’s disturbing. E’ traumatizzante.

- Traumatizzante? Perche’?

E li’ rispondono tutti in coro:

- Perche’ il gigante e’ nudo (of course)!

Cioe’ fammi capire: tu bambino di quinta elementare vedi un’immagine in cui tutti i personaggi sono visibilmente alterati, in cui c’e’ un gigante (un gigante perbacco!) infuriato, gente che scappa da tutte le parti disperata e ti preoccupi dell’abbigliamento, per altro solo vagamente suggerito, del gigante? E non solo questo. Tutti i tuoi compagni pure?

Vi voglio un bene dell’anima ma…What’s wrong with you guys?

Ecco, questo e’ piu’ o meno quello che non ho detto.

Fortuna che questo malinteso di fondo sull’opera, almeno ha prodotto un notevole risvolto comico. D’altra parte, ognuno l’arte l’interpreta un po’ come gli pare, no?

E io che volevo parlare della paura e di tante altre cose.

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mercoledì 9 aprile 2014

l’unico vero dovere

L’altro giorno, nella mia famiglia in Italia si e’ festeggiato un compleanno molto importante. E io non c’ero. Sono cose all’ordine del giorno, ma sempre pesanti da digerire.

Fra una lezione e l’altra, sono riuscita almeno a chiamare durante la festa. E involontariamente l’ho quasi rovinata. Occhi lucidi da una parte, nodo in gola dall’altra.

Quando ho chiuso, ho pensato che ho quasi il dovere di essere felice qui perche’ e’ l’unica cosa che puo’ dare un senso a questo tipo di lontananza, all’assenza reciproca dalla vita delle persone che si amano. 

lunedì 7 aprile 2014

il problema delle mogli dei cervelli in fuga

Ho diverse amiche casalinghe qui, e’ un fenomeno piuttosto comune fra le mogli dei famosi cervelli in fuga. Si trasferiscono di solito per via di una promozione del marito e rimangono senza lavoro o perche’ non hanno il permesso per lavorare o perche’ il lavoro che facevano nel loro paese qui, per vari motivi, non lo possono piu’ fare. Alcune perdono per strada impieghi per niente appaganti, altre invece sono costrette a lasciare il lavoro della vita al picco della carriera. Ci sono quelle che accettano di buon grado la situazione e specialmente se hanno figli, sono ben felici di fare una vita meno frenetica di quella che si sono lasciate alle spalle. E ci sono anche quelle che al contrario soffrono da pazzi e pian piano maturano una sorta di impalpabile risentimemento nei confronti del marito che vedono come il principale responsabileha di questa loro nuova condizione.
Un giorno, poco dopo aver festeggiato l’assunzione a sorpresa di una di queste amiche che non lavorava da molti anni, un’altra e’ scoppiata in lacrime. Eravamo sole. Li’ per li’ ho pensato semplicemente che forse per noi donne, e’ fatale fare paragoni, anche senza nessuna invidia o cattiveria. Che il successo di un’amica con piu’ o meno gli stessi nostri mezzi a disposizione ci faccia senz’altro gioire per lei, ma allo stesso tempo, finisca spesso per metterci di fronte alle nostre debolezze piu’ inconfessabili.
- Odio tutto quello che faccio in casa. Perfino cucinare. Tutti pensano che sia la mia passione, in realta’ lo faccio solo perche’ stare ai fornelli e’ l’unico modo che ho per nascondermi, per stare da sola. Tu non lo sai, ma urlo sempre e perdo la pazienza, sono una madre pessima, a volte voglio solo che mi lascino in pace e non lo fanno mai.
Dice che gia’ da un po’ il marito la spinge a cercarsi un lavoro e perfino i suoi figli le chiedono con aria di sufficienza cosa faccia tutto il giorno a casa. In effetti, anch’io me la sono sempre immaginata sdraiata a sfogliare riviste sul divano questa mia amica. Del resto, e’ risaputo che con tre figli minorenni e una casa da gestire hai tanto di quel tempo a disposizione che puoi anche permetterti un po’ di sano svago personale.
Ecco, ironia a parte, questo mi ha colpito.
Mia madre, fino a pochissimi anni fa e’ stata sempre una casalinga, eppure io non ho mai avuto un pensiero simile. La mamma lavora a casa. E’ questo che mio padre ha sempre sottolineato e ribadito in tutti i modi. Ha sempre sostenuto che la loro fosse una scelta pragmatica e condivisa e che in una casa ogni lavoro e’ importante, come su una nave. Lo abbiamo sempre preso molto in giro per questa sua passione per le metafore, ma il messaggio e’ passato perfettamente.
Mi viene il dubbio che l’insoddisfazione e il senso di inferiorita’, soprattutto in questi casi, siano si’, una condizione personale, ma anche in gran parte indotta da chi ci sta intorno. Se continuano a ripeterti che quello che fai vale poco e di conseguenza che in sostanza tu vali poco, finisci per crederci, e viceversa. Se hai intorno persone che credono nelle tue capacita’ a prescindere dai risultati che ottieni nell’immediato o dal tuo titolo di studio, questi problemi magari non ce li hai e se anche ce li hai, hai molte piu’ risorse per metterci una toppa. Il segreto, in ogni dove, e’ sempre circondarsi di anime gentili, insomma.