venerdì 30 gennaio 2015

povero bocelli

- Di sicuro quando Andrea Bocelli e' nato, tutti avranno pensato povero bambino... e invece guarda dove e' arrivato, una star a livello mondiale!

Commento banalissimo, certo. Il fatto e' che non si riferiva alla cecità, ma al nome. Cioè: in un paese dove c'e' gente che normalmente inventa nomi, usa cognomi al posto di nomi, da' nomi abbinati e assonanti ai fratelli, qualcuno si sconvolge che un bambino maschio venga chiamato Andrea.

(Come al solito) sono molto confusa.

giovedì 29 gennaio 2015

la bomba

Insegno arte in una scuola elementare di Dallas e adoro il mio lavoro, ma mi porta a lottare quotidianamente con ogni tipo di pregiudizio: razziale, politico, religioso o sociale in genere (qui trovate qualche simpatico aneddoto). A volte mi viene anche da ridere. Ripenso per la precisione al mio secondo giorno, quando con tutta nonchalance feci una lezione sul David di Michelangelo che ovviamente mostrai per intero e qualcuno mi disse che avevo rischiato grosso e che si viene licenziati per molto meno.
"Is it a masterpiece or just some guy with his pants down?"  
(E' un capolavoro o solo un tipo con i pantaloni abbassati?)
Mi sembrava di vivere in un episodio dei Simpson, questo qui.
Da allora, sono sempre stata estremamente attenta alle mie mosse, cercando di bilanciare l'esigenza di insegnare realmente qualcosa con quella di non alzare polveroni inutili. Il problema e' che per molti miei studenti, delle elementari ripeto, non e' nemmeno necessario un nudo per sconvolgersi. Basta un drago, quello di Paolo Uccello nel S.Giorgio per esempio (un bambino sui dieci alzo' la mano, me lo ricordo come fosse ieri Non credo che dovrebbe mostrarci questo quadro, questa immagine e' inappropriata) o la nudita' immaginata del Colosso di Goya (Disturbing! Gross!). 
Una volta parlai delle mie idee con la direttrice. Feci un discorsetto che finiva con non vogliamo certo che i nostri studenti siano quelli che sghignazzano in un museo perche' non hanno mai visto un nudo? In qualche modo cercavo di convincerla, ma non ce n'era bisogno, era gia' d'accordo con me. Just use your best judgment, mi disse, usa il buon senso, ma si sa che in una scuola, soprattutto una privata, poi se i genitori ce l'hanno con te, sei comunque nei guai, cosi' ho sempre cercato di evitare le polemiche, anche perche' gli argomenti non mancano di certo per fare un buon lavoro lo stesso.
Ieri pero', ho avuto uno dei miei momenti. Ho realizzato all'improvviso che faccio il Rinascimento ogni anno e non abbiamo mai parlato della Nascita di Venere del Botticelli. E insomma, non va bene. Piu' che altro il motivo per cui non ne abbiamo mai parlato non va bene. Cosi' ho stampato un po' di copie e abbiamo cominciato ad analizzare l'opera con i bambini di terza. Come al solito la mia prima domanda e' stata, cosa pensate di quest'opera?
Mormorio. Un bambino dice che non gli piace. Una bambina dice che e' strano.
- Perche' e' strano?
- E' disturbing, mi infastidisce, mi traumatizza.
- Che cosa ti infastidisce?
- Che e' nuda.
- Certo che e' nuda, e' appena nata! Sei nata con i vestiti tu?
Una sana risata e la tensione si e' subito allentata. Ho scoperto poi che un paio di bambini addirittura conoscevano l'opera, e molto bene. Non ho capito esattamente il perche', ma mi ha fatto piacere non essere l'unica fonte a loro disposizione.
Sono passati sei anni da quando ho iniziato, chissa' forse pian piano le cose stanno cambiando anche qui. Io, come sempre, lo sapete, vado avanti tranquilla per la mia strada. Il temperamento della provocatrice proprio non ce l'ho. Faccio tutto per benino evitando le controversie, cercando di aprire piccoli varchi con delicatezza e poi ogni tanto lancio una piccola bomba come questa e vedo che succede. Le cose non cambiano mai dall'oggi all'indomani.

martedì 27 gennaio 2015

un vantaggio/svantaggio di questo tipo di vita

La prima fortissima impressione che ho avuto trasferendomi qui, e' che tutto fosse più semplice. Fare un documento, affittare o comprare una casa, trovare parcheggio o lavoro, qualunque cosa. Un'impressione che in tutti questi anni non si e' mai smentita e che anzi si e' puntualmente rafforzata a ogni rientro in Italia. Un'impressione che e' poi più o meno la stessa di un'amica portoricana che negli stessi anni si trasferì in Italia. Perche' poi cos'e' la semplicità? Tutto dipende dalle nostre aspettative e da quello che ci siamo lasciati alle spalle.
Ad ogni modo, pensavo in questi giorni che l'estrema semplificazione e' il più grande vantaggio, ma insieme il piu' grande limite di questo stile di vita.
Gli americani sono ottimisti ed entusiasti, giustamente puntano a migliorare tutto, pero' poi spesso non si accorgono forse che un guadagno di tempo e denaro non rappresenta necessariamente un guadagno in termini assoluti.
Vi faccio un piccolo esempio, anche se in ambito culinario se ne potrebbero fare a bizzeffe. A casa mia, c'e' sempre stata l'abitudine di mangiare della frutta secca alla fine di un pasto, soprattutto in un giorno di festa. Ecco, anche qui si mangia a volte, ma tutti quelli che conosco si comprano un bel sacchetto di noci o arachidi già  sbucciate, quasi nessuno possiede uno schiaccianoci. L'idea e': perché? Perché perdere tempo e dannarmi l'anima a cercare di aprire una noce quando c'e' qualcuno che può farlo per me?
Così, innanzitutto si finisce per mangiarne troppe e in secondo luogo per sottovalutare il vero valore che un'attività simile può assumere, quello di trattenerti a tavola un po' più a lungo e dare a tutti i convitati la possibilità di esprimersi e di ascoltare gli altri una volta che il pasto principale e' stato servito. Ne parlavo con degli amici spagnoli che si sono appena trasferiti qui e mi raccontavano che a loro, ad esempio, una delle cose che manca di piu' e' il vamos a tomar un café, che non e' solo il bere il caffe', ma anche l'atto di incontrarsi e sedersi intorno a un tavolo e parlare, la celebrazione di un piccolo rito quotidiano.
Che poi bisogna chiarire una cosa: provi a portare un americano a tomar un café o gli metti davanti della frutta secca da sbucciare e reagirà esattamente come uno spagnolo o un italiano o chiunque altro, passando ore a chiacchierare senza rendersene conto. E' solo che non gli verrebbe mai in mente, sono abitudini che probabilmente un tempo esistevano anche qui, ma che si sono perse per strada in favore di una maggiore efficienza. Il caffe' lo ordini allo sportello e te lo bevi in macchina. Recentemente e' capitato di ragionare di tutto questo con diversi amici americani. Si sorprendevano ad aver parlato per ore e gli piaceva questa cosa. Mi hanno raccontato che raramente qui si parla tanto per il gusto di parlare. Che spesso chi ama la conversazione, l'argomentazione, e' visto come un bastian contrario e viene liquidato in poche battute per non far polemica perché bisogna sempre evitare qualunque tipo di contrasto. Portare avanti una discussione fra conoscenti o colleghi su temi contrastanti é visto con grande timore. Timore di offendere o di litigare, quindi tutti abbozzano generalmente e tagliano corto, tornandosene a casa ognuno con la propria idea. Un'amica mi diceva che le persone con idee completamente diverse dalle sue la incuriosiscono molto e vorrebbe chiedere il motivo di quelle scelte (tipo tu perche' credi che sia giusto andare in giro armati? Tu perche' credi che sia giusta la pena di morte?), ma non lo fa mai perche' non si fa, chiedere a una persona perche' crede in certi valori viene interpretato come una provocazione, non come una genuina domanda.
Un altro esempio. Guidare ovunque e' più semplice, ma dov'e' andato a finire il valore di fare una passeggiata o prendere una boccata d'aria? Espressioni linguistiche queste ultime due, che se esistono, non ho mai sentito dire. Qui in Texas non c'e' molto l'idea dell'uscire per uscire o del camminare per camminare. Tempo fa vi ho raccontato della mia delusione quando all'asilo di Joe hanno deciso di introdurre il cosiddetto carpool. I genitori ora possono aspettare in macchina che la maestra gli porti e allacci i figli invece di entrare a scuola a prenderseli. Ebbene, io stessa che per prima lo avevo criticato, sto sperimentando quanto più facile sia questo sistema e quanto ci si impigrisca. Si, in teoria potrei ancora entrare a scuola, ma poi penso che dovrei parcheggiare, scendere, salire, giacchetta e zainetto, cinture di sicurezza e mi passa la voglia, visto che posso semplicemente aspettare un minuto che qualcuno faccia tutto questo per me mentre magari mando un'email o ascolto la radio comodamente seduta nella mia auto.
Il lato positivo delle varie semplificazioni americane... beh ce ne sono moltissimi in qualunque ambito, ma quello negativissimo e' che molte di loro eliminano ogni possibilità di contatto fra le persone, un sorriso, un saluto, uno scambio.
Insomma, ci si abitua in fretta alle semplificazioni, ma anche alla diminuzione drastica del contatto umano.    

martedì 20 gennaio 2015

lungimiranza

Ieri al supermercato ho accidentalmente rovesciato un cestino di mirtilli. Un po'  mortificata, ho chiesto aiuto a un impiegato che era lí. Aiuto per pulire ovviamente. Invece lui non ci ha pensato  un secondo e ha ordinato a un altro  impiegato di correre a prendermi un altro cestino  mirtilli.
Qui il cliente ha davvero sempre ragione. Mi è tornato in mente uno dei miei primissimi shock culturali appena arrivata. Avevo comprato dei pastelli piuttosto costosi insieme ad altre cose e in qualche modo non erano arrivati a casa. Suppongo fossero scivolati fuori dalla busta o qualcosa del genere. Ero convinta che ormai fossero persi, ma Mr. J. mi disse di tornare al supermercato e di spiegargli cosa era successo. Mi sembrava un perdita di tempo, ma alla fine lo feci e mi consegnarono immediatamente una nuova scatola, senza nemmeno controllare. Forse ci hanno rimesso una scatola di pastelli, ma ci hanno guadagnato un cliente per la vita. Dopo otto anni, vado sempre in quel supermercato, la famiglia si è allargata e spendo sempre di più.
Ci vuole una certa lungimiranza per capire questo meccanismo.

lunedì 19 gennaio 2015

piccoli autoboicottaggi crescono

Ieri Joe si sveglia e comincia a dire che vuole un tamburo per il prossimo Natale. Neanche a farlo apposta, mi giro e vedo una scatola di latta del caffe' vuota. "Ma scusa! Nel frattempo possiamo farlo un tamburo!" Mi esalto anche un po' nel momento in cui mi viene questa idea geniale. Inutile dire che dopo dieci minuti me ne pento.
L'altra sera idem. Inverno, buio presto, mi viene una nostalgia per le lucine di Natale. Allora penso che Joe adora leggere, sarebbe bello fargli un bell'angolino pieno di cuscini, i suoi amici e le lucine per guardare i suoi libri tranquillo. Ecco, e' da tre giorni che fa campeggio in camera. Non credo vorra' mai piu' dormire nel suo letto a questo punto. E i bracchetti giustamente sono convinti che quella sia una cuccia gigante quindi non si puo' nemmeno piu' aprire la porta.
Niente. Passano gli anni, cambiano i ruoli, ma nelle piccole cose come nelle grandi, resto sempre il presidente onorario del club dell'autoboicottaggio.

giovedì 15 gennaio 2015

mai abbassare la guardia

Io e Joe passiamo molto, molto tempo in macchina insieme i giorni in cui lavoro e negli ultimi mesi, devo ammettere che e' diventato un po' -e qui uso un eufemismo- faticoso per me star dietro a tutte le sue chiacchiere. Soprattutto al ritorno, in mezzo al traffico dell'ora di punta, dopo aver sentito bambini blaterare per tutto il giorno. A me, in quei momenti, piacerebbe ascoltare un po' di musica, non mi sembra di pretendere la luna, ma non ci riesco quasi mai. L'altro giorno a un certo punto, e' successo il miracolo. Silenzio. Un minuto, due minuti, cinque minuti. Ok, mi butto, accendo la radio. E' il mio giorno fortunato. Mi capita una canzone che mi piace un sacco. Avete presente la cara vecchia What's up dei 4 Non Blondes, classicone dei mitici anni Novanta? Proprio quella li'. Sfortunatamente, pero' un paio di minuti di What's up suscitano in Joe il desiderio del tutto inconsulto di esibirsi in una spettacolare versione a squarciagola di This is Halloween del suo amato Marilyn Manson. Provo ad alzare il volume, ma mi rendo presto conto che non ha senso, cosi' lo abbasso, va bene, mi rassegno mestamente, ha vinto lui. A conti fatti, e' probabile che non possa ascoltare musica in macchina almeno per i prossimi cinque anni fra una cosa e l'altra, rimugino fra me e me.
Arriviamo a casa, passano le ore, e' sera ormai e sento Joe che gioca... e mentre gioca canticchia beato And I say, hey hey hey hey I said hey, what's going on?
Esatto. E' riuscito a cantare Marilyn Manson sui 4 Non Blondes e contemporaneamente a imparare What's up che da quanto mi risulta -a meno che all'asilo la maestra non abbia qualche strana passione musicale- non ha mai sentito in vita sua.
Insomma e' inquietante. Le cose che captano questi ragazzetti. Episodi analoghi sono ormai all'ordine del giorno. Ho sempre sentito dire questa cosa, che hanno le antenne, che ti mettono in imbarazzo, che devi stare attento a tutto quello che dici e fai, ma mi auguravo fosse un modo di dire. Ecco, in questo periodo, ho visto proprio che no.
     

mercoledì 14 gennaio 2015

il teatro popolare itinerante

In questi giorni ho guardato un bel documentario su Vittorio Gassman. Non sapevo che avesse dovuto correggere una voce naturalmente troppo sottile e inadatta alla sua presenza scenica con sei ore al giorno di esercizi per anni e anni. Non l'avrei mai immaginato, i grandi artisti fanno sembrare tutto semplice. A parte questo, continuo a pensare a quella che forse e' stata la sua più grande impresa: portare per primo i classici in giro per l'Italia attraverso il Teatro Popolare Itinerante. Lui comprese gia' cinquant'anni fa che affinché il teatro potesse raggiungere tutti gli strati della popolazione, era necessario un cambiamento nel teatro stesso, soprattutto nel prezzo dei biglietti e nell'ubicazione degli spettacoli che svolgendosi ora sotto un tendone da circo potevano finalmente arrivare nelle campagne e nelle periferie di tutta Italia. Aprì cosi' la strada al Teatro Tenda e a tante altre cose.
Ecco, dopo tutti questi anni in Texas, mi colpiscono questo tipo di cose quando ripenso all'Italia, che a qualcuno sia venuta in mente un'idea simile e che tanti altri l'abbiano resa possibile. Qui non riesco nemmeno a immaginarlo qualcuno che vaneggia di un teatro itinerante fatto in quel modo, con quelle intenzioni. Chissà quante domande mi farebbero tante persone che conosco qui se cercassi di spiegargli tutto questo concetto, pero' sono convinta che alla fine se qualcuno lo organizzasse avrebbe successo anche qui. Ho sempre la sensazione che, in un certo senso, sia tutto da fare qui a livello culturale o meglio a livello di iniziative, di varietà nell'offerta. Quando facevo la guida turistica a Milano, mi scervellavo per cercare percorsi alternativi, qui sarebbe mille volte piu' semplice, manca tutto. Purtroppo c'e' una grande ignoranza in giro, ma c'e' anche una sete di cultura pazzesca, lo vedo di continuo. Siamo indietro qui, ma pian piano le cose si muovono ed e' elettrizzante assistere alla nascita di un cambiamento.

venerdì 9 gennaio 2015

lo stato delle cose nel mondo reale

Ieri sera ho lavorato ancora fino a tardi. A scuola c'eravamo solo io, il custode che voleva chiudere e Joe che cantava le canzoncine mentre cercavo di finire. Ero abbastanza soddisfatta dei risultati di questo lavoro iniziato un paio di mesi fa, anzi soprattutto del fatto di averlo terminato dignitosamente e non doverci piu' pensare. Cosi', in quel momento, mi e' sembrata una buona idea mandare delle foto alla direttrice con qualche spiegazione del perche' ho fatto quello che ho fatto. Lei si deve essere esaltata e stamattina alle sette ha inoltrato l'email praticamente a tutti, dicendo quanto sono brava e che lavoro terrific ho fatto. L'unico neo e' che ora rileggendolo, ho trovato qualche piccolo errore. E' passata solo un'ora, la scuola e' ancora chiusa e ho gia' ricevuto una serie di email di complimenti, ma io penso agli errori. Cosa faccio? Mi prendo i complimenti e faccio finta di niente o dico che me ne sono accorta, mi giustifico, mi invento qualcosa? Ci sono un paio di parole scritte male e un file mandato per sbaglio nella versione non completa. La risposta di Mr. J. e' stata uno di quei famosi reality check che ogni tanto qualcuno generosamente ti regala nella vita.
Dal dizionario: il reality check e' un'occasione nella quale ti viene  ricordato lo stato delle cose nel mondo reale.
- Sei bravissima come insegnante di arte, non preoccuparti. Non c'e' bisogno che ti giustifichi. Gli errori li fai anche quando parli, ti conoscono.

mercoledì 7 gennaio 2015

segreto time

Ultimamente, oltre a Marilyn Manson, una delle cose preferite di Joe e' quello che lui chiama segreto time. Dice segreto time! poi ti fa psss pssss psss all'orecchio e tu devi fare oooh davvero? e lui si sente tutto complice e soddisfatto. Ecco, quello che sto per dirvi non e' esattamente un segreto, ma lo e' quasi diventato a furia di tralasciare di raccontarlo.
E' che non so mai come dirlo, e' una notizia cosi' grande per me che mi sembra ancora un po' surreale che stia succedendo davvero. E poi, a questo giro, la gente ha delle reazioni strane a volte, forse non si rendono conto, non gli interessa, chissa'. A me passa la voglia di raccontarmi.
Insomma. In primavera arriva un altro Baby Johnson.
Avete presente quando desiderate tantissimo una cosa e quella cosa proprio non ne vuole sapere di arrivare e poi a un certo punto, vi rassegnate, ma in un modo positivo? Quando elenchi a te stesso tutti i buoni motivi per cui va bene cosi' e sei gia' fortunatissimo e non si puo' pretendere l'impossibile e passi oltre, smetti di pensarci, ti butti sul lavoro o su altre cose. E' successo cosi'. Per la seconda volta, ho smesso di volerlo ed e' capitato, come nei migliori luoghi comuni a cui non ho mai creduto.
Per i primi mesi, ho avuto cosi' tanta paura che, vi dico la verita', purtroppo non sono riuscita a esserne felice e nemmeno a pensarci quasi. Mi sono ritrovata davanti a un nuovo medico a fare l'elenco delle mie disgrazie precedenti e, malgrado tutto procedesse bene, mi sono sentita completamente paralizzata dall'angoscia e in preda al fato. E invece ora, all'improvviso, non dico che mi sia passata la paura, ma forse sono subentrati gli ormoni buoni o l'incoscienza o non so che. Di sicuro una gioia sconfinata e un'impazienza incredibile di ricominciare tutto daccapo e conoscere questa nuova piccola persona, un altro maschio tra l'altro, che mi andava di condividere con voi che mi seguite con affetto da tanto tempo.

sabato 3 gennaio 2015

un minestrone di tradizioni

E niente, questa casa è un minestrone di tradizioni. Le calze qui sono per Babbo Natale, in Italia per la Befana, allora noi ricicliamo le calze di Natale che tanto non usiamo perche' sono troppo piccole, per la Befana, che ho deciso di introdurre quest'anno per la prima volta, visto che fino all'anno scorso Joe non sembrava molto interessato alle festività. E a quel punto che fai? Non lo lasci un biscottino alla Befana come a Santa Claus? La nostra Befana, inoltre, dovrà necessariamente venire questa notte visto che martedì qui è un normale giorno lavorativo. E insomma, malgrado il miscuglio un po' casuale di tradizioni e simboli, pensare alla faccia che farà Joe domani mattina, mi fa andare a dormire con un grande sorriso.
Buonanotte (o buongiorno).


giovedì 1 gennaio 2015

una famiglia di amici

Il mio capodanno e' stato un po' diverso dal solito quest'anno. Senza nessun tipo di alcolico, con un una torta invece di un panettone. Al cotechino con le lenticchie ci ho rinunciato subito, anche solo a spiegarglielo. Ho cercato di portare del cibo speciale perche' mi sembrava la cosa piu' naturale la sera di capodanno, ma si vedeva che non era lo spirito della serata, piatti di carta e via. Sembra la cronaca di un disastro, ma e' stato il contrario. Sono stata davvero bene. Le feste possono essere un po' rischiose quando hai la famiglia dall'altra parte del mondo, ma quest'anno, finalmente, ho davvero sentito di avere una famiglia anche qui, una famiglia di amici.