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martedì 12 febbraio 2019

harriet tubman

Oggi sono andata a fare volontariato in una seconda elementare. Febbraio è il Black History Month, il mese dedicato allo studio delle conquiste degli afroamericani in ogni campo, così mi è sembrato ovvio e doveroso fare una lezione su un artista afroamericano. Anzi siccome volevo ottimizzare il poco tempo che avevo a disposizione, ho scelto una lezione (la trovate qui) su un artista nero, Jacob Lawrence, che ha creato una serie di dipinti sull'avventurosa vita di Harriet Tubman. Harriet Tubman è un personaggio storico incredibile. Nata schiava, riuscì a scappare al nord attraverso l'Underground Railroad che era una rete di percorsi e rifugi sicuri e segreti creata dagli abolizionisti nel XIX secolo. Una volta libera fece una scelta inaudita: decise di tornare indietro numerose volte e liberare il maggior numero di schiavi possibile sottoponendosi a un rischio enorme. Successivamente combatté anche per il suffragio femminile e fece la spia durante la Guerra Civile.
Mi sembra un esempio meraviglioso per i bambini. Nata schiava, ha capito il valore della libertà e lo ha insegnato al suo popolo. Completamente analfabeta, ha capito il valore dell'educazione e ha aiutato gli schiavi liberati a studiare. Tutta questa forza e questo coraggio, per non parlare dell'intelligenza e dell'astuzia, della generosità e della coerenza, in una persona partita con tutti gli svantaggi possibili, ma che ha combattuto contro tutto e tutti per realizzare i suoi ideali.
Ero convinta che i bambini sapessero già qualcosa e invece mi sono dovuta ricredere. Quando ho chiesto cosa festeggiamo a Febbraio, mi hanno risposto in coro San Valentino e questo è abbastanza tipico, però non avevano idea di cosa fosse il Black History Month, questo sì è strano, il mese è iniziato da un pezzo. Gli ho dovuto spiegare perfino che cos'è la schiavitù.
E' vero, sono piccoli però queste cose dovrebbero saperle. Che senso ha istituire un mese per concentrarsi sulla storia nera e poi ignorarlo? Mi sembra fondamentale che vivendo qui, sappiano almeno che cos'è la schiavitù e cosa sono i diritti civili. Se non si insegnano bene a scuola questi valori, siamo davvero fritti.

martedì 14 febbraio 2017

l'unica arma

In questo ultimo anno noi in questa parte di mondo, siamo stati bombardati da messaggi discriminatori di ogni tipo. E' stato detto e ribadito all'infinito oltre a tante altre cose ad esempio che i messicani sono criminali e cosi' anche i musulmani, ma due esempi su tutti sono stampati in maniera indelebile nella nostra memoria collettiva. Il video dell'attuale presidente che incoraggiato dai suoi, dal palco di un comizio imita gli spasmi di un giornalista portatore di handicap e la registrazione che in teoria avrebbe dovuto costargli la presidenza, quella in cui dice che le donne ti lasciano fare tutto quello che vuoi se sei una star. Non mi prendo la briga di tradurla, ma eccola qui, se vi interessa sapere quanto in basso siamo caduti.
"I moved on her like a bitch, but I couldn't get there, and she was married. Then all of a sudden I see her, she's now got the big phony tits and everything. I'm automatically attracted to beautiful [women]—I just start kissing them. It's like a magnet. Just kiss. I don't even wait. And when you're a star they let you do it. You can do anything ... Grab them by the pussy. You can do anything."
Mesi di questo e molto altro su tutti i media alla fine hanno creato dei grossi danni a livello sociale e culturale, danni che si sono palesati gia' il giorno successivo all'elezione dell'attuale presidente. Un episodio tipico, accaduto in modalita' simili in una quantita' di scuole, e' stato ad esempio quello di studenti che si sono messi a scrivere o a urlare soprattutto nel contesto di eventi sportivi in presenza di latinos, uno degli slogan preferiti di Trump durante la campagna elettorale Build that wall! Costruisci quel muro! alludendo al muro al confine con il Messico. Anch'io nel mio piccolo come insegnante, mi sono accorta che qualcosa di nuovo e non necessariamente positivo stava frullando nelle testoline dei piu' giovani. Negli ultimi mesi mi e' capitato di origliare in classe certi discorsi del tutto nuovi anche fra bambini piccoli, cosi' quest'anno ho deciso di prendere la situazione di petto dal punto di vista dell'insegnamento e di implementare tutti gli spunti e le lezioni relativi alla tolleranza. 
Adesso e' febbraio, e' il Black History Month, il mese specificamente dedicato allo studio della storia e del contributo degli afroamericani e ho letteralmente tappezzato la scuola di immagini adeguate a celebrare questa ricorrenza. Il valore della diversita' per me ora piu' che mai e' al primo posto. Cerco di mostrare diversi concetti di bellezza ai bambini perfino se parlo del Rinascimento e la risposta che ottengo da loro e' fenomenale. Hanno bisogno di vedersi rappresentati, tutti, e' fondamentale.
   
Stavo pensando che quando ho cominciato a fare questo lavoro, insegnare arte ai bambini, dieci anni fa, non sapevo nemmeno cosa fosse il Black History Month. Nessuno me lo aveva spiegato, non c'era nessuna aspettativa affinche' lo includessi nel mio programma. La mia prima reazione, quando ne venni a conoscenza, fu di rifiuto. Mi sembrava ci fosse qualcosa di fondamentalmente sbagliato nel separare la storia dei bianchi da quella dei neri e poi - adesso sembra assurdo dirlo ma...- non vedevo il razzismo. Ero stata accolta benissimo ovunque anche se con il mio accento e i miei colori avrei potuto essere scambiata per sudamericana o qualcos'altro. Appena arrivata, quando il mio inglese era davvero pessimo e facevo solo da assistente a Ms Guorton, la scuola mando' una lettera ai genitori per dire quanto fossero in un certo senso onorati di avere qualcuno che veniva da lontano, qualcuno diverso, come me. Non mi passo' nemmeno per l'anticamera della mente che forse se quel lontano fosse stato, che ne so, l'India o la Cina o l'Irak, non avrei ricevuto lo stesso omaggio. Forse si', ma forse no, chissa'. La mia opinione sul Black History Month, pero', cambio' drasticamente quando, con tutta l'umilta' possibile, andai a chiedere consiglio a vari colleghi sugli artisti piu' importanti o sui temi su cui avrei potuto concentrarmi e mi accorsi che non sapevano nulla, e non solo i bianchi, nemmeno i neri conoscevano bene la loro storia. A quel punto mi fu chiaro che il Black History Month era un'occasione preziosa e unica per divulgare certi concetti, per far passare il messaggio di uguaglianza che deve assolutamente esistere e consolidarsi in una scuola. 
In questi anni ho avuto modo di riflettere a lungo su tutto questo, gradualmente mi sono resa conto di tanti, tantissimi, piccoli dettagli. Ho constatato di recente che a scuola, in dieci anni, non abbiamo mai avuto personale delle pulizie bianco. Noi diamo del tu a loro, com'e' normale che sia fra adulti, ma loro danno sempre del lei a noi. Mille volte ho chiesto di essere chiamata per nome e non e' mai successo. Pur essendo io molto piu' giovane, a me viene dato del lei e credo sia un chiarissimo retaggio dell'educazione al rispetto o piu' che altro alla subalternita' che queste persone hanno ricevuto fin dall'infanzia. 

Quello che mi impressiona e' che i diritti civili sono una conquista cosi' recente in questo paese, eppure prima di Trump tutti facevano finta che fosse tutto a posto, che vivessimo in una cosiddetta societa' post-raziale o almeno questa era la mia fortissima impressione. Del resto, era stato eletto un presidente nero, chiaramente eravamo tutti sullo stesso piano o cosi' ci faceva comodo pensare. Negli ultimi due o tre anni sono cominciati o meglio sono stati portati all'attenzione delle masse, tutti quegli incidenti con la polizia, i morti ammazzati a favore di telecamera, le manifestazioni violente. Quello che nessuno ha visto e' stata la rabbia dei bianchi che montava silenziosa e si nutriva di notizie false spacciate per vere. 
La cosa piu' importante che ho imparato sul razzismo in tutti questi anni qui pero' e' molto semplice: che gli unici che non lo vedono, il razzismo, sono i razzisti e i razzisti non sono necessariamente quelli che ci si puo' immaginare, quelli con il coltello fra i denti, ma di solito sono piu' banalmente quelli che si girano dall'altra parte.        

giovedì 14 maggio 2015

la bellezza che esiste in mezzo al caos

Un trentina di anni fa, un artista di Detroit di nome Tyree Guyton torno' da un'esperienza nell'esercito e trovo' il suo quartiere devastato in seguito a delle rivolte razziali. Avrebbe potuto scegliere di andare via e abbandonare quel luogo sfortunato, ma invece decise di restare e lavorare per migliorarlo.

La domanda e': cosa puoi fare per migliorare concretamente una situazione sociale come questa quando l'unico mezzo che hai a disposizione e' la creatività?

Questo e' più o meno il modo in cui ho introdotto questa lezione ai miei studenti dai cinque ai dodici anni. Ne sono nate tante discussioni interessanti a seconda dell'eta' e del grado di maturità e poi abbiamo messo in pratica la soluzione di Tyree: usare materiali di riciclo per decorare e lavorare tutti insieme.

Tyree Guyton comincio' con il dipingere alcune case del quartiere con colori vivaci, partendo da quella di sua madre che ancora vive li'. Era un ghetto, un quartiere povero e pericoloso, eppure la sua idea venne apprezzata. La gente ricomincio' a parlare di nuovo e a lavorare insieme per ricostruire e abbellire usando tutto quello che aveva a disposizione. La creatività divenne un canale per tutta quell'energia che precedentemente si era manifestata in forma distruttiva. Il quartiere oggi e' una sorta di museo a cielo aperto, The Heidelberg Project, che ospita in continuazione laboratori per la tutta la cittadinanza, dalle scuole alla terza eta', e l'artista che l'ha ideato e' sempre in viaggio da una conferenza all'altra per condividere la sua esperienza.

Oltre a divertirsi molto, gli studenti più grandi mi hanno fatto una lunga serie di domande, a cui a volte non ho potuto rispondere e cosi' ho avuto un'idea: perche' non provare a contattare l'artista in persona? In fondo, potrebbe anche rispondere e infatti, finalmente, ci e' arrivata la sua splendida risposta.

Come vi ho gia' raccontato in passato, a febbraio qui, nelle scuole, si celebra il Black History Month, un mese in cui bisognerebbe sottolineare le conquiste degli afro americani in ogni campo.
Quando, qualche anno fa, ho scoperto questa cosa, ho fatto diverse considerazioni. Da un lato, non mi piaceva che dovesse esserci un tempo specifico e designato per parlare di questo argomento, dall'altro ho cercato di vederlo come un'opportunità, di fatto l'unica in questo senso. L'ho chiamato Black Art History Month e si e' in effetti poi rivelato una grandissima opportunità sia per me che per i miei studenti di imparare cose in ambito artistico, ma anche storico e letterario, che nessuno ci avrebbe mai insegnato altrimenti. Il problema e' che purtroppo nonostante il Black History Month esista formalmente, e' affrontato il piu' delle volte in modo decisamente blando. All'inizio, prima di mettermi a studiare da autodidatta, ho chiesto aiuto a vari colleghi, anche afroamericani, ma non sapevano come aiutarmi, non conoscevano bene l'argomento e si stupivano del mio interesse. Perfino alle varie conferenze degli insegnanti di arte a cui ho partecipato, con mia grande sorpresa, non ho mai sentito nessuno affrontare questo argomento.
Con il passare del tempo, mi sono concentrata su un nucleo di artisti in base al mio gusto personale e a quello che mi sembrava potessero comunicare a dei bambini delle elementari. Quest'anno, a questi ho aggiunto Tyree Guyton. La sua esperienza mi ha colpito piu' di altre per l'unicita' e per la possibilita' che mi faceva intravedere di fare un discorso che andasse oltre l'arte in se' e che toccasse la società, specialmente nel momento storico estremamente delicato che questo paese sta attraversando per quanto riguarda la convivenza pacifica fra bianchi e neri. Ci sono stati dei ragazzini molto polemici durante le varie discussioni che abbiamo fatto in classe, chi sognava di diventare poliziotto e chi si sentiva invece dall'altra parte. La tensione esiste a ogni livello della societa' ed e' palpabile perfino in una scuola privata in un elegante quartiere di una grande citta'. Tutte le proteste violente, i morti da Ferguson in poi, anzi anche prima ad essere precisi... non credo ci sia bisogno di parlarne apertamente nel mio caso durante una lezione di arte, ma mi sembra giusto lanciare un messaggio e un esempio concreto e positivo anche se magari verra' afferrato e digerito solo piu' avanti.

In qualche modo, questa nostra piccolissima esperienza e' arrivata all'orecchio di una giornalista locale che mi ha chiesto un'intervista a proposito. Nonostante la mia ritrosia ad essere in prima fila, mi ha fatto piacere questo interesse, spero che altri insegnanti prendano spunto. Il cambiamento parte da noi, soprattutto noi insegnanti, e qualche volta e' proprio chi viene da fuori che puo' portare una boccata di aria fresca, la' dove tutto era fermo.

Questo e' un piccolo estratto dalla lettera di Tyree Guyton ai miei studenti.

Ciao giovani persone,
La vita e' piena di sorprese, ma voi avete il potere di cambiare il mondo. Mio nonno a nove anni mi ha regalato un pennello ed e' stata come una magia. So per esperienza che se studi tanto e a lungo, la conoscenza ti aprirà le porte del successo. Sognate ragazzi e i vostri sogni si realizzeranno! Puntate alle stelle e ogni volta che cadrete, rialzatevi ancora e ancora fino a raggiungere l'obiettivo. [...] Oggi viviamo in un mondo dove molti di noi hanno paura di vedere la bellezza che esiste in mezzo al caos. In qualità di artista io credo che il mio lavoro sia di trovare soluzioni. Quando sono tornato nel quartiere in cui ero cresciuto e ho visto che le cose erano cambiate, ho vissuto questo fatto come un'opportunità di usare l'immaginazione come uno strumento per creare qualcosa di nuovo e diverso. [...] Certe volte gli oggetti, le persone e perfino i quartieri possono essere buttati via. Se tu puoi raccogliere queste cose, raccogliere queste persone, ripulirle e aggiungerci un po' di colore, puoi respirare aria nuova in una zona che altrimenti sarebbe stata dimenticata. Questo e' il mio modo di aiutare il mondo a vedere che tutte le persone e le cose hanno valore.

mercoledì 27 novembre 2013

nuovi orizzonti professionali

Negli ultimi giorni sono stata alla mia prima conferenza sull’educazione artistica in Texas. E’ stata un’esperienza estremamente interessante per diversi motivi. Prima di tutto perche’ non avevo mai partecipato a nulla di simile. Era organizzata all’interno di un grandissimo hotel qui a Dallas e c’erano mille cose da fare ogni giorno, anzi le cose si accavallavano, era un po’ come all’universita’.
C’erano riunioni, lezioni, laboratori e una grande sezione che era una sorta di fiera dei piu’ disparati materiali artistici. Dal graffitaro che vende i piu’ nuovi strumenti nel suo campo, a chi si occupa di forni e torni per lavorare la creta, a chi offre macchinari per tagliare il vetro, per stampare, fare mosaici…e poi tavoli infiniti pieni di prodotti di ogni tipo con cui giocare  da provare.
Non avevo mai visto cosi’ tante persone che fanno il mio lavoro tutte insieme. Anzi, a dire il vero in tutti questi anni, mi e’ capitato di conoscerne solo una per puro caso a una festa. E’ che in ogni scuola di solito c’e’ una sola insegnante di arte e cosi’ queste occasioni di scambio sono preziose.
A me questa conferenza e’ servita molto per rendermi conto di quanto sia fuori dal comune la mia situazione, avere un metro di paragone finalmente. Innanzitutto, ho poco piu’ di cento studenti, mentre la maggior parte delle mie colleghe delle scuole pubbliche ne hanno circa settecento. Hanno contratti decisamente migliori da quello che si dice in giro, ma non si fermano mai e soprattutto gli manca quella inestimabile possibilita’ che ho io di stabilire un contatto un minimo piu’ approfondito con gli studenti (per quanto si possa approfondire vedendosi un’ora alla settimana…). Io non vedo mai piu’ di venti bambini alla volta e ho anche un’aiutante sempre a disposizione. Loro sono da sole con piu’ di trenta alla volta, ho sentito racconti terrificanti.
Insomma, mi sono sentita un pesce fuor d’acqua anche li’ ma soprattutto perche’, al di la’ della grandezza della scuola, non ho incontrato nessuno che insegna in modo simile al mio. Per me il centro del discorso e’ la teoria. Facciamo dei lavori, ma sono sempre in funzione dell’assorbimento di quei determinati contenuti che voglio far passare. Li’ invece ho visto tantissimi ‘lavoretti’, alcuni bellissimi, davvero, e che non sarei mai in grado di replicare, ma l’impressione che ho avuto e’ che fosse tutto abbastanza focalizzato sull’apprendimento di una quantita’ di tecniche fini a se stesse, che va benissimo poi, ma e’ un’altra cosa rispetto a quello di cui mi occupo io. C’era questa tizia, ad esempio, che ha tenuto un’intera lezione di due ore per spiegare come tenere in ordine la classe. Numerare tutto. Numerare ogni tubetto di colla stick e ogni tappo di tubetto di colla stick, cosi’ gli studenti non potranno piu’ rubarseli a vicenda, ma saranno inchiodati dalla prova incontrovertibile dei fatti. Non si volava altissimo il piu’ delle volte purtroppo. Non vedevo l’ora di seguire qualche lezione sull’arte afroamericana, che conosco solo da autoditatta e ne ho trovata solo una. Non bisognerebbe giudicare dai colori, ma quando sono entrata nella classe sono rimasta un momento colpita…avevo visto moltissimi insegnanti di colore, forse la maggioranza, ma la’ dentro eravamo tutti bianchi. Sembrava ci fossimo riuniti per parlare in segreto di una qualche creatura esotica. E alla fine poi, la cosiddetta lezione era semplicemente la testimonianza, umanamente molto intensa diciamo, di qualcuno che ha conosciuto un certo artista nero di secondo piano. Insomma, io che non c’entro nulla con questa cultura, mi invento il Black Art History Month nella mia scuola e sto sveglia fino alle due di notte a studiare, gli insegnanti di qui, nulla? Non e’ un argomento estremamente interessante sia a livello artistico che sociale? 
Quelli che fanno il mio lavoro qui sono o si definiscono artisti, io invece vengo dal mondo della storia dell’arte e dei musei, ho un approccio completamente diverso alla cosa, forse anche un po’ troppo accademico in un certo senso. Ho moltissimo da imparare nel campo delle tecniche e faccio di tutto per colmare da sola questa mia lacuna, ma ora capisco perche’ tutti si sono sempre stupiti in senso positivo e hanno sempre apprezzato cosi’ tanto il mio lavoro: e’ perche’ faccio cose che qui praticamente non fa nessuno.  
- Secondo te quando dovrei chiedere un aumento?
- Tre anni fa.

mercoledì 30 gennaio 2013

la vita non mi fa paura

Documentandomi per il mio Black Art History Month, ho trovato che nel 1993 e’ uscito un libro per bambini molto interessante della poetessa Maya Angelou conIMAG2410 illustrazioni di Jean Michel Basquiat. 
Sulla copertina c’e’ una sorta di drago o dinosauro con una corona in testa e il titolo e’ ‘Life Doesn't Frighten Me’, La vita non mi fa paura.
Dentro c’e’ una poesia meravigliosa che parla ai bambini dei propri incubi e delle proprie angosce ricorrenti apertamente e senza giri di parole, come non si fa quasi mai e che gli da’ il coraggio per guardarle dritte negli occhi queste paure, invece di negare che esistano.
In effetti, e’ come se il ruolo di adulti imponesse di dire ai bambini che i mostri non esistono, ma i mostri ci sono eccome, lo sappiamo sia noi che loro, anzi chi meglio di loro. Tiriamoli fuori dalla nostra immaginazione, allora, affrontiamoli a viso aperto e abbattiamoli uno a uno, sembra dire il libro.
Ed ecco che e’ proprio cosi’. In classe per una volta parliamo di mostri e li disegnamo e li costruiamo e di colpo non sono piu’ mostri, ma compagni di giochi, personaggi buffi, qualcosa che ci fa compagnia senza spaventarci piu’.
La vita non ci fa paura e ora ce la divoriamo tutta in un boccone.

giovedì 4 marzo 2010

black history month

Con tutti quei post sul razzismo, il mese scorso, alla fine mi sono dimenticata di parlarvi del Black History Month. Che cos’e’? E’ un mese, febbraio, in cui a scuola si studia in modo particolare la storia deglipop martin luther king afroamericani. Ve lo racconto anche se in ritardo perche’ io stessa non ne sapevo nulla e mi era sembrato un argomento molto interessante. In parte e’ proprio da qui che erano nate le varie riflessioni che ho condiviso con voi il mese scorso.
All’inizio, mi sono chiesta perfino se fosse giusto. Insomma, a prima vista mi era sembrata anche quella una discriminazione, una divisione: la storia e la storia dei neri. Poi pero’ ho capito che sono i fatti che contano. Se in questo modo si punta finalmente l’attenzione su una parte della storia mai sufficientemente esplorata e su personaggi che in modo concreto possono essere un valido esempio per tutti noi perche’ no?
Cosi’ un giorno, mi e’ stato chiesto da una maestra di usare l’ora di arte per fare dei ritratti da abbinare alle ricerche che i bambini avevano fatto su vari personaggi. Mi e’ stata data una lista di nomi e molti dei quali mi erano sconosciuti purtroppo, ma non mi sono persa d’animo e ho colto l’occasione per imparare qualcosa di nuovo anch’io.
La storia di Jesse Owens e’ una di quelle che mi hanno colpito di piu’. Si tratta del ragazzo nero dell’Alabama che, nel 1936, davanti agli occhi di Hitler vinse quattro medaglie d’oro, un record tutt’ora imbattuto. E poi tanti altri personaggi come George Washington Carver, per esempio. Nacque in una famiglia di schiavi, fu adottato dal suo padrone, divenne uno scienziato e si dedico’ all’insegnamento di sistemi di autosostentamento per gli ex-schiavi. Donne incredibili come Herriet Tubnail che fuggi’ dalla schiavitu’ nella quale era nata e divenne una spia durante la guerra civile. Fu la prima donna a guidare una spedizione armata in una guerra e libero’ piu’ di settecento schiavi. Nella mia lista ci sono anche diversi nomi noti come Martin Luther King e Rosa Parks, ma anche un personaggio come Bill Cosby che non e’ solo un attore come pensavo, ma anche un educatore e una figura di spicco della cultura afroamericana.
Le nebbie molto lentamente si diradano.