Come donna, questi due dibattiti presidenziali mi hanno lasciato abbastanza l'amaro in bocca.
Nel primo abbiamo visto un uomo, Trump, ignorare ogni regola prestabilita e con un'arroganza mai vista fare tutto quello che voleva: interrompere, sbraitare, mentire, offendere, non rispondere.
Tutti i commentatori allora hanno cominciato a parlare di strategia. Chissà qual è la sua strategia, chissà cosa voleva ottenere in modo così subdolo e sottile che nessuno ha capito. Ci fosse stata una donna al suo posto: troppo emotiva, incapace di controllarsi, non sa reggere lo stress.
Nel dibattito di ieri sera c'era una donna a porre le domande, Susan Page, e un'altra a rispondere, Kamala Harris. Nonostante ciò l'unico uomo, Mike Pence, ha potuto presentarsi con un occhio iniettato di sangue, una mosca nei capelli, parlare ben oltre il tempo prestabilito, interrompere, non rispondere a quasi nessuna domanda e fare comunque la figura di quello calmo ed educato.
Kamala Harris nei suoi famosi interrogatori ha fatto letteralmente tremare personaggi come Kavanaugh o Jeff Sessions. Mi aspettavo che Pence se lo mangiasse in un boccone e invece ci è andata molto cauta. E' stata bravissima, ma ha evitato di attaccare e ha perso molte occasioni vincenti probabilmente per non aderire al famigerato stereotipo della 'angry black woman' agli occhi degli americani che ancora non la conoscevano. Ha usato molto il linguaggio del corpo, quello sì, e chi si è trovato in quel tipo di situazione nella vita, ha colto benissimo il messaggio.
Quattro anni fa a Hillary Clinton che era a un livello di preparazione ed esperienza enormemente superiore rispetto a Trump, veniva detto che doveva sorridere, che aveva un problema di "likability". Kamala ora deve trattenersi per non sembrare "arrabbiata".
Mi chiedo quando una donna preparata potrà semplicemente giocarsi le sue carte senza rischiare da un lato di farsi sopraffare e dall'altro di urtare la sensibilità di tutti quelli che una donna di potere non se la riescono proprio a immaginare.
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