lunedì 25 maggio 2020

adesso

In questo post affronterò argomenti difficili.
Gli argomenti difficili sono quelli che ci riguardano da vicino, quelle questioni che ci costringono a metterci in discussione, a scoprirci. Siamo tutti bravi ad analizzare i problemi una volta risolti (chiaramente in una luce a noi favorevole, eh), ma...adesso?
Adesso regna una grande confusione, almeno per quanto mi riguarda. L'istinto degli esseri umani è quello di cercare di capire il significato profondo di quello che vivono, ma in questo caso, nel mezzo di una pandemia, l'incertezza ha la meglio. Guardiamoci in faccia: potrebbe succedere ancora tutto e il suo contrario. Trarre conclusioni ora non avrebbe senso, anche se aiuterebbe a tollerare meglio la situazione, questo bisogna ammetterlo.  
Conosco tanti che se la stanno cavando egregiamente in questa incertezza e tanti altri che se la passano abbastanza male.
La settimana scorsa, in un giorno solo, due persone che mi sono molto vicine (da lontano) e che mi conoscono bene, mi hanno suggerito di "andare a parlare con qualcuno". Non ero in grandissima forma quel giorno evidentemente. 
Ecco, prima di tutto.
Se qualcuno vi consiglia di andare da uno psicologo, siate sempre riconoscenti. Ancora oggi, non credo sia una cosa che si dica a cuor leggero. Se ve lo consigliano si vede che tengono a voi e hanno ragionato bene sulla vostra situazione. Se ve lo consigliano in due lo stesso giorno poi, rifletteteci molto, molto, seriamente. Io l'ho fatto.
Per prima cosa mi sono chiesta: mi farebbe piacere parlare con qualcuno di quello che sta succedendo? Sì, decisamente, soprattutto in italiano. Mi farebbe sentire meglio aumentare le ore che passo davanti al computer? No, quello no. Mi sono accorta che anche durante le conversazioni più interessanti, dopo un po' stare davanti allo schermo, mi pesa, anche fisicamente. Non sono molto capace di stare ferma.  
Una piccola lista di cose che in questo momento mi solleverebbero il morale più che sedermi davanti a uno schermo:
- vedere degli amici (dal vivo!) 
- andare a una mostra
- andare al cinema
- fare un viaggio
- andare a cena fuori
- andare a un concerto
- andare a un festival
- andare al lavoro!
Queste sono solo alcune di quelle attività che da sempre mi rimettono al mondo, per così dire. E non posso farle. Ad alcune sto timidamente ricominciando almeno a pensare, altre non ho nemmeno la speranza di farle a breve o chissà per quanto tempo ancora, se mai.
Insomma, io mi sono interrogata su tutto questo e ho pensato che se hai vissuto tutta la tua vita in un certo modo e all'improvviso tutto crolla, come puoi rimanere indifferente? Soffrire in un momento come questo in cui poi mi sono trovata purtroppo anche di fronte ad alcuni lutti, mi pare del tutto normale. Ma soffrirne come?
Passare le giornate nella disperazione, non avere la forza di alzarsi dal letto sono un modo. Quel modo lì fortunatamente non mi appartiene. Anche nei giorni più complicati vivo momenti di felicità e gratitudine. Funziono, faccio cose, mi metto in moto, cerco, mi sento molto inquieta, ma viva. Certo, ogni giorno è un microcosmo in questo periodo. 
Come stai? Un momento prima disperazione, quello dopo mah, però in fondo ce la si fa e poi di nuovo a vedere tutto nero e poi di nuovo a ridere di tutto anche di te che vedi tutto nero.
Vivo in una società in cui deve sempre andare tutto bene. Qui negli Stati Uniti, l'ottimismo a tutti i costi è uno stile di vita vero e proprio. Rispondere con sincerità a una domanda ricorrente come how are you? (te lo chiedono mille volte al giorno, anche gli sconosciuti) può essere visto perfino come maleducazione. Si dice good, great in automatico così non si deve parlare, non si disturbano gli altri.
Una delle poche cose che mi danno grande sollievo in questo periodo, come sempre del resto, sono le passeggiate nella natura. E allora una persona l'altro giorno, siccome deve sempre per forza esserci un lato positivo, mi ha detto: "Guarda il lato positivo, non passeresti così tanto tempo nella natura se non fosse per il coronavirus". 
NO. 
Io rifiuto questo tipo di modo di pensare.
E' vero che bisogna guardare il lato positivo, quando c'è.
A volte semplicemente non c'è, facciamocene una ragione. Passavo del tempo nella natura anche prima. Mi godevo i miei bambini anche prima, grazie. 
[Tra l'altro quanto è offensivo dire a un genitore "così almeno ti godi i tuoi bambini?". Oramai è una frase fatta, io la trovo di pessimo gusto]
Non ringrazierò mai una pandemia, per la miseria. In questo caso anche in Italia, ho visto più o meno lo stesso atteggiamento, soprattutto all'inizio. Gli arcobaleni, gli andrà tutto bene, Milano non si ferma. E' un modo di farsi forza, lo capisco. Ma... poi no, non lo capisco.
Ogni giorno il gioco si fa più duro. Per chi come me all'estero vive due vite parallele, possiamo dire che si fa duro il doppio?
Con i miei amici italiani purtroppo o per fortuna si è perso quel senso di mal comune mezzo gaudio che c'è stato in questi mesi. Loro sono più o meno tornati alla loro vita di prima. I miei amici di qui, invece, si dividono in due gruppi: quelli che pensano che il peggio sia passato e sono tornati fuori da un pezzo e quelli che guardano i numeri dei contagi e stanno ancora molto attenti a quello che fanno. Io faccio parte del secondo gruppo, ma ci vuole tanta, tantissima autodisciplina.
Questa falsa ripresa psicologicamente è ancora più pesante. Hai sempre paura di fare la fine del famoso soldato giapponese nella giungla che non sapeva che la guerra era finita, ma vorresti anche evitare di beccarti stupidamente una bomba in testa perchè non hai saputo aspettare ancora un po'.
Si diceva che i rapporti personali sarebbero migliorati in tutta questa situazione, a me invece sembra che siamo sempre più lontani. Si è completamente persa la spontaneità. 
Per di più qui la pandemia è diventata molto presto una questione squisitamente politica più che sanitaria. Se vado in giro con la mascherina in Texas, significa soprattutto una cosa e non ha niente a che vedere con la salute: che credo che ci sia un virus, ergo probabilmente sono liberal. Qui capita relativamente spesso di trovare chi, senza mascherina, ti si piazza davanti con aria di sfida, giusto per fare capire da che parte sta.
Se il New York Times ieri ha fatto una prima pagina con i nomi delle vittime di sicuro uno dei motivi è proprio questo, c'è ancora chi non ci crede. E' vero, ci sono stati tantissimi morti, ma gli Stati Uniti sono un paese enorme. Finchè il presidente dice che è tutto sotto controllo e non conoscono nessuno che si sia ammalato o che sia morto, per molti il problema non esiste, è un'invenzione.
Io in tutto questo, sto qui e aspetto, vedo, cerco di capire. Non so quando potrò tornare in Italia, non so nemmeno se e come potrò tornare al mio lavoro. Non pretendete che stia "bene". Ci provo, quello sì. Sto cercando strumenti nuovi, sto cercando risorse dentro di me che al momento non sempre mi sembra di avere. Alcuni giorni la sfango, altri meno.
Penso che la cosa più importante adesso, come sempre del resto, sia guardarsi dentro, tenere se stessi e i propri cari sotto controllo e non lasciare che la situazione sfugga di mano.
Non bisogna fingere di avere  in tasca soluzioni che non esistono, semplicemente, nei m omenti bui, potrebbe essere sufficiente ascoltarsi con amore e pazienza.
Adesso più che mai, il talento vero sta nel sapere quando è il momento di chiedere aiuto e quando è il momento di tendere una mano.  

4 commenti:

Licia. ha detto...

Io l'ho vissuta e la vivo ancora male. Mi manca la mia vita di prima, mi manca fare ed essere capace di fare progetti, mi interrogo sul futuro mio e dei miei figli. Anche io penso che mi farebbe bene parlare con qualcuno che professionalmente possa aiutarmi a capire come fare e come reagire.
Tutto anche la natura che sboccia mi mette tristezza e malinconia.
Passerà sì ma a che prezzo?

nonsisamai ha detto...

Licia: non so davvero cosa risponderti, mi sento più o meno come te. Per ora non ho cercato aiuto professionale perchè come scrivevo, non mi va di passare altre ore davanti al computer e soprattutto perchè non mi sento depressa. Se tu senti davvero di non avere le forze, chiedi aiuto, può solo aiutarti. Io lo farò di sicuro se succederà.
Un abbraccio.

(Se hai bisogno di una dritta, scrivimi in privato. C'è l' Amico Psicologo che si sta muovendo molto bene in questa crisi)

francescabianca ha detto...

Vediamo se riesco a commentare. Intanto, ti seguo sia qui che su Facebook e Instagram, ma te usi il nome del blog per tutto mentre io, per caso, perché le tre cose sono nate in momenti diversi e non mi è mai venuto in mente di linkarle, uso tre nomi diversi! Su Instagram sono piccola_reporter. Poi, volevo commentare questo post da un bel po', perché mi ha impressionato tantissimo la scena della gente senza mascherina che ti si piazza davanti con aria di sfida. Io mi lamento che qui (in Belgio) quasi nessuno la porta, ma la scena che hai descritto te è proprio allucinante. La cosa che hai scritto sul soldato giapponese la capisco benissimo perché mi sento così anch'io! La situazione è quella che è, ma tu mi sembri una persona intelligente e capace di analizzare e capire le emozioni, anche quelle negative, e di chiedere aiuto se ne senti il bisogno. Sentirsi un po' giù è normale direi. Quello che io faccio fatica a capire è se nella mia vita ci sia un vuoto di base che di solito copro col rumore (viaggi, uscite ecc.) ma che di base c'è sempre, o no. Diciamo che questo periodo mi fa pensare e riflettere di più, ecco. Tu invece mi sembri una persona con una vita tanto piena, e non sto pensando a marito e figli ma a cose a cui tieni, cose di cui ti importa. In contrapposizione al vuoto della frase precedente, le persone così sono piene (contrario di vuote) secondo me. Ed è chiaro che se ci tieni sei anche più soggetto al rischio di rimanerci male, ma ne vale la pena, secondo me. È essere vivi. Mi scuso per il commento lungo e contorto!

nonsisamai ha detto...

francescabianca: eccomi! Grazie per avermi avvertito del commento rimasto oscurato. Sulla questione delle mascherine ti dirò che purtroppo qui tutto è politico ultimamente, anche la salute. Ho paura che pagheremo delle gravi conseguenze per non esserci occupati del coronavirus semplicemente come un'emergenza sanitaria, ma come una disputa politico-economica. Per il resto che dire? E' sempre interessante e illuminante scoprirsi nelle parole e nelle osservazioni degli altri. Penserò a quello che mi hai scritto, ci sono tanti spunti su cui riflettere. E' un periodo di grande introspezione questo qui. Spero di uscirne più forte, ma non ne sono sicurissima ancora.