lunedì 30 agosto 2010

pensieri nel pomeriggio della taranta

Ieri pomeriggio per caso ho notato sul sito del Corriere la diretta della Notte della Taranta. Ho cominciato a guardare un po’ e sono rimasta praticamente ipnotizzata fino alla fine. Sorvolando sulla nostalgia che il ricordo delle mie innumerevoli estati salentine mi ha provocato, mi sono sembrate piuttosto interessanti alcune considerazioni di Mr. Johnson. Come al solito cercava di capire le parole, ma non e’ per niente semplice nelle canzoni, dovevo aiutarlo io. Tanti italiani dicono di non capire il salentino, mentre lui che e’ straniero lo capisce piuttosto bene, almeno all’interno di una conversazione. Ho sempre attribuito questa cosa al fatto che il salentino mi sembra tutto sommato facile, non troppo distante dall’italiano, invece lui mi faceva notare che forse non e’ proprio cosi’. Mi diceva che a lui sembra diverso dall’italiano almeno quanto il galiziano e’ diverso dallo spagnolo, se non di piu’, e quindi non capiva perche’ uno fosse considerato un dialetto e l’altro una lingua. In Galizia ci tengono tantissimo alla loro lingua. Tralasciando tutto il movimento indipendentista, all’universita’ ci sono vari corsi esclusivamente in galiziano e libri e canali televisivi, spettacoli teatrali, e’ una lingua vivissima. Il salentino invece, sebbene negli ultimi anni sia diventato di moda, meno. E poi ci sono tutti gli altri dialetti italiani che si stanno perdendo allo stesso modo. Che’ appunto, anche a definirli dialetti ci si sente un po’ a disagio, visto che spesso si tratta di lingue vere e proprie, basta pensare al sardo, al napoletano, al milanese, al genovese...un po’ tutti in fondo.

Nei film in inglese, e’ fondamentale che gli attori abbiano l’accento giusto in base all’ambientazione del film, vedo che i critici e’ proprio da li’ che partono a misurarne il talento. Nei nostri spesso invece non sembra cosi’ importante. In genere si parla italiano con buona dizione neutra e basta, indipendentemente dal luogo. Sembra ci sia una volonta’ di uniformare non di differenziare. Io il salentino l’ho sempre avuto nelle orecchie fin da piccola, e’ la cosa piu’ naturale del mondo per me, ma solo ieri ci ho pensato come a una qualunque lingua straniera. Potrei anche parlarlo in teoria, ma non sono in grado di farlo perche’ sono sempre stata scoraggiata. Nella mia famiglia c’e’ sempre stata questa idea che non era per noi nati e cresciuti a Milano e che ad ogni modo o lo parli bene o non lo parli. E in effetti, devo dire che chi cerca di parlare il loro dialetto senza il giusto accento si rende ridicolo, ma questo perche’ appunto non e’ visto come una lingua, ma come un gergo familiare un codice riservato a pochi che hanno condiviso un determinato stile di vita. C’e’ tantissimo di psicologico in tutto questo. Tante volte mi e’ capitato, ad esempio, di parlare in italiano con qualcuno che mi rispondeva in salentino e l’ho sempre odiato. Lo percepisco sempre come un modo per creare distanza perche’ non ci sono le stesse possibilita’ comunicative da parte dei due interlocutori e la loro scelta di comunicare su un altro livello e’ intenzionale, la mia obbligata.

Forse sono riflessioni scontate, ma e’ la prima volta che le faccio, magari prima non ero abbastanza “lontana”.

Un’altra cosa che mi ha fatto riflettere e’ il fatto che a un certo punto si sono esibiti degli artisti del Burundi e mi ha dato l’idea di essere un numero lunghissimo, dopo un po’ ho cominciato ad annoiarmi.

- Ma quando ricominciano con la pizzica?

- Ma tu pensi che la pizzica sia meno monotona dei tamburi del Burundi? Ma tu pensi che quelli del Burundi non si siano stufati di sentire lo stesso identico ritmo per tutta la sera?

- Ohi Mr Johnson, se non ti piace, guarda qualcos’altro!

Gia’, si saranno stufati anche loro, quelli del Burundi. E’ che quando una cosa ha un significato profondo per te, quando ci sei cresciuto insieme, ti e’ impossibile valutarla con obiettivita’. Il suo valore non ha poi molto a che vedere con la sua qualita’ intrinseca, ma con una miriade di altri fattori legati al tempo e allo spazio e alla memoria e ai profumi, agli odori. Ed e’ giusto cosi’.  

13 commenti:

e.l.e.n.a. ha detto...

quest'estate sono stata in parte della vacanza, ospite di una famiglia salentina.
(è la terza volta che vado, a distanza di tempo). è vero quello che tu dici che è una lingua "familiare". la mia amica e suo fratello (entrambi vivono, ora, a roma) parlano salentino solo lì. è capitato a cena, momento conviviale per eccellenza, che (eravamo sempre sopra le dieci persone) si accendessero degli scambi verbali anche piuttosto animati, dove le parole si rincorrevano veloci e spesso si sovrapponevano. io capivo abbastanza anche se qualche volta la mia amica interveniva ammonendoli con un "ehi, ricordatevi che c'è anche elena!"

nonsisamai ha detto...

sia', e' una situazione che ho vissuto mille volte... (e spero di rivivere presto!!)

cowdog ha detto...

anche nei nostri film del passato, quando l'ambientazione e' stata importante per il film stesso, c'erano delle contaminazioni dialettali. penso a certi film in ambiente operaio, con tracce di torinese o milanese. pero' se ci pensi, alcuni tentativi erano veramente ridicoli, perche' non autentici. allora meglio di no.
per quanto riguarda i film britannici, gli accenti irlandesi e scozzesi sono parte dell'identita' della nazione - ben distinta dalla nazione inghilterra. mentre gli accenti locali sono semplici inflessioni, di sicuro con importanti risvolti culturali, ma non cosi' storicamente radicati come possono esserlo i nostri dialetti (come dici tu: vere e proprie lingue). queste inflessioni in genere sono rese da attori con un'autentica origine (gli attori di full monty, ad esempio, sono quasi tutti originari dello yorkshire), e' chiaro che se invece una nostrana sora cecioni la interpreta una sciura brambilla, fa un po' ridere.
comunque sono d'accordo con te sul fatto che non abbiamo saputo proteggere i nostri dialetti. pero' spesso e' difficile: mia madre e' cresciuta nel lodigiano con una madre cremonese e un padre bergamasco, in casa si parlava un dialetto imbastardito. il dialetto di mia madre si e' imbastardito ulteriormente con i suoi successivi trasferimenti nel comasco e nel milanese. ecco, mia madre non lo sa neanche lei cosa parla, spesso non conosce nemmeno le parole e usa quelle italiane. mio padre e' siciliano e se avesse parlato il suo dialetto, mia madre non l'avrebbe capito. io ovviamente non so parlare ne' l'uno ne' l'altro. insomma, credo che anche le ondate migratorie abbiano contribuito a smussare i dialetti.

cowdog ha detto...

(PS mi scuso per la lungaggine)

MarKino ha detto...

i dialetti son parte fondamentale di una cultura, ma sono troppo radicati localmente per non essere portatori di chiusura, pensaci: il milanese e` differente dal comasco e gia` nel comasco se ti sposti dalla zona cittadina a quella del lago senti vocaboli e accenti differenti .... come si fa a comunicare in questo modo (se non con gli abitanti del tuo paese)?

nonsisamai ha detto...

si, in realta' mi riferivo soprattutto all'accento in italiano. a me da' tantissimo fastidio quando sto guardando un film ambientato che ne so, a torino o a catania e tutti gli attori hanno lo stesso accento romano, oppure mantengono la propria dizione accademica senza cercare di dare un'inflessione credibile. in inglese non e' cosi'. ogni attore e' tenuto a simulare l'accento della citta' o del paese in questione. in america ce ne sono diversi (ny, boston, tutti quelli del sud, i vari slang...)e e' facile anche per loro cadere nel ridicolo. proprio per questo dico che e' da li' che si vede la bravura. un esempio perfetto dell'importanza degli accenti era 'lost', c'era davvero di tutto dall'australiano, al texano, all'inglese...

nonsisamai ha detto...

cowdog: non devi scusarti!!! :)

markino: eh, gia'. nella pratica e' difficile. sarebbe solo bello esserne piu' orgogliosi, mentre spesso, almeno nella mia esperienza del salentino, le persone ne sono imbarazzate come se dialetto=ignoranza. per me dialetto=cultura! :)

Gio ha detto...

Cara Enrica (o sbaglio?) non so perchè, ma mi ricordi un po' Carlo Emilio Gadda, specialmente una sua novella, dove c'è questo 'Mr. John' che mi viene in mente ogni volta che passo di qui (mi pare si chiamasse Mr. John che però è un vecchio ubriacone ex marinaio :D)

Cowdog, pure per il comasco sei passata?
Ma allora siamo proprio destinati a essere quasi compaesani sempre e comunque ;-) (io però arrivo dall'altro ramo del Lago).

nonsisamai ha detto...

emanuela ;)

Marica ha detto...

"Se nu te scerri mai de le radici ca tieni
rispetti puru quiddhe de li paisi luntani
se nu te scerri mai de du ede ca sta bieni
dai cchiu valore alla cultura ca tieni!"

il salentino mi e' sempre piaciuto, anche se la mia comprensione e' limitata.
non solo la lingua e' ... una lingua, ma c'e' dietro tutta una cultura di tradizioni ecc veramente bella.

e mi hai fatto venire in mente i S.S.S. :-)

Gio ha detto...

Ho combinato un imbarazzante disastro: un intruglio sbadato di nome e cognome ;-)

Scusa :-)

Gio

nonsisamai ha detto...

marica: c'erano anche loro al concerto!

gio: interessante il meccanismo del lapsus :)

MarKino ha detto...

diciamo che son d'accordo con te quando parlare dialetto è una scelta di legame con le tue radici. quando senti giovani parlare dialetto, invece, perché quella è l'unica lingua che conoscono, perché son stati poco o niente a scuola, ecco, quello è un suono che mi incupisce ....