Questa settimana ho comunicato ufficialmente che alla fine dell'anno, me ne vado da scuola.
Ho sempre raccontato che lo avrei fatto, ma ho sempre anche continuato a sperare di poter rimanere. A un certo punto bisogna essere realisti.
Questa settimana ho comunicato ufficialmente che alla fine dell'anno, me ne vado da scuola.
Ho sempre raccontato che lo avrei fatto, ma ho sempre anche continuato a sperare di poter rimanere. A un certo punto bisogna essere realisti.
Volevo raccontarvi un piccolo episodio di qualche anno fa.
Tante persone in questo periodo mi hanno chiesto come sto e io rispondo sempre che sto bene perché sto bene, è la verità. La verità però è anche che sto bene quando non lavoro.
Tutti i messaggi che ho ricevuto rispetto all'ultimo post (qui) erano di solidarietà, stima e affetto come sempre e questo è un grande conforto.
A un evento ho incontrato una vicina di casa con cui non avevo mai parlato. Facciamo quattro chiacchiere e si scusa -pensa te- perchè davanti al suo garage c'è sempre una macchina parcheggiata. Non ci avevo mai, ma proprio mai e poi mai, fatto caso. Dice: "E' imbarazzante, ma d'altra parte... ti danno una promozione, ti offrono una macchina, ti pagano tutto, cosa fai? Rifiuti?". Direi proprio di no. Le chiedo che lavoro fa. Lavora nelle risorse umane, la sua specializzazione è licenziare. Mi racconta che i suoi figli, che hanno la stessa età dei miei, l'hanno soprannominata 'the axe', la falce.
Only love can break your heart.What if your world should fall apart?
Oggi è il mio primo giorno di vacanza. Per quanto la mia intenzione fosse quella di buttarmi subito il lavoro e tutti i suoi problemi alle spalle, lo stress ci porta sempre il conto, no? In questo caso è arrivato sotto forma di incubi notturni e mal di schiena.Come prevedevo, l'ultimo giorno di scuola è stato particolarmente sfidante. Non ho sentito la tipica atmosfera pre-natalizia che si respira normalmente in una scuola elementare in questi casi. Ci sono stati tanti incidenti, alcuni piuttosto gravi. Sono volate parole irripetibili (non verso di me, litigano sempre fra di loro), pezzi di arredamento sono stati presi a calci e ci sono stati anche tanti furti. Qualcuno si è portato via perfino un Babbo Natale. Se i miei alunni facessero quello che fanno nella mia classe in un qualunque luogo pubblico, si ritroverebbero in un mare di guai. Devono capire questa cosa, ma non la capiscono e io al momento sono a corto di idee. Mi sento abbastanza avvilita. Non credo che questa esplosione di rabbia proprio prima della pausa sia casuale.
Dato che me lo chiedete in tanti, vi racconto un po' come procede a scuola.
Per la prima volta da quando è iniziata la scuola, è domenica sera e non ho quella famosa sensazione di "patibolo".
Per la prima volta da due mesi, mi sento tranquilla, mi sento io.
La settimana scorsa ho regalato una corona di carta a un bambino che faceva il compleanno.
Quel bambino ha finito per indossare quella corona di carta tutti i giorni. Ce l'aveva anche quando è tornato nella classe di arte per la sua lezione settimanale.
Nei miei momenti di cinismo, mi ripeto che in fin dei conti, tutto quello che faccio non serve a niente. In un certo senso è vero. Però è vero anche il contrario.
È che è più facile fare i cinici. E' un modo per giustificare il fatto che da questa valle di lacrime in cui lavoro me ne voglio andare il più presto possibile.
È facile dire (o dirsi) che si vuole fare del bene, che si vogliono aiutare gli ultimi.
Il difficile è farlo giorno dopo giorno.
Tutti i giorni, nessuno escluso, nemmeno la domenica.
Aiutare la maggior parte delle volte non è piacevole. Privarsi di un briciolo della propria serenità per regalarla a qualcun altro non è per niente piacevole.
Lo stesso giorno della corona di carta, infatti, abbiamo anche ricevuto una visita dalla polizia che era venuta a interrogare uno studente che aveva fatto un numero proprio nella mia classe.
Anche quello studente dopo sette giorni, è tornato nella classe di arte.
Neanche buongiorno.
Per prima cosa, stacca una puntina dal muro si siede e incide il banco. L'altro adulto che era presente in quel momento corre a chiamare la sua insegnante che si precipita sul posto e si mette a negoziare con lui. Mi dice che le ha promesso che adesso si comporterà bene.
Sono allibita. Dopo la polizia e il tavolo danneggiato in modo permanente, nessuna conseguenza.
La prof esce, tempo di voltare le spalle e lui non dico nemmeno che altra assurdità combina. Vengono a prenderlo e abbandona la classe ridendo ad alta voce. Già che c'è spezza anche la matita che ha in mano.
In questo senso definisco il mio posto di lavoro 'una valle di lacrime'.
In questo senso, sono consapevole di poter cambiare ben poco. Si può aiutare solo chi vuole essere aiutato. Si può insegnare solo a chi vuole imparare.
Non ci sono dubbi che questi comportamenti siano causati da situazioni inimmaginabili e ingiuste, ma stringi stringi, questo modo di stare al mondo è una sofferenza continua per tutti quelli coinvolti.
Se uno a casa ha un inferno, se non manifesta nessun interesse, se non c'è preside o poliziotto che tenga... come lo si aiuta?
Per questo certi giorni dopo scuola, posso solo sdraiarmi e guardare il soffitto. Rimango attonita di fronte ad alcune cose che vedo.
A volte mi chiedo se gli studenti si rendano conto che gli insegnanti più "cattivi" sono quelli più disperati.
Non sanno davvero più che pesci pigliare. Io pure non so che pesci pigliare, ma continuo per la mia strada. Piuttosto uso il microfono, ma non urlo e non mi scompongo.
Non porto rancore, ogni giorno si ricomincia da capo.
Sorrido più che posso. Ci provo.