domenica 29 gennaio 2023

un chiarimento

Tutti i messaggi che ho ricevuto rispetto all'ultimo post (qui) erano di solidarietà, stima e affetto come sempre e questo è un grande conforto.

Ogni volta che racconto della nuova scuola, però viene sempre fuori una certa opinione.
Ogni volta mi riprometto di trovare il tempo di spiegare bene la questione, ma poi il tempo passa.
Chiarisco un attimo adesso, ci provo.
Chiedetemi pure se avete dei dubbi.
L'opinione sostanzialmente è "incredibile o vergognoso che in uno dei paesi più ricchi del mondo succedano queste cose".
Ecco, sì però anche no.
Cioè, è complicato.
Come ho già spiegato in passato, la mia scuola è come sotto una lente di ingrandimento da parte di tutte le autorità. La mobilitazione per migliorare la situazione è reale.
Innanzitutto, la scuola in sé come edificio è nuova e all'avanguardia. Abbiamo tutto e noi insegnanti siamo ben pagati. Durante l'ultima riunione, ad esempio, è stato comunicato che chi vuole lavorare dopo scuola oppure il sabato per fare ripetizioni agli studenti che ne hanno bisogno verrà pagato una certa cifra all'ora. C'è stato un gasp generale, la cifra era alta. Poi però quelli che hanno alzato la mano per dichiararsi interessati alla proposta sono stati pochissimi. La mia sensazione è che non sia una questione di soldi o risorse: il problema è che nessuno vuole fare questo lavoro. Avere a chè fare con un contesto di povertà estrema (si parla di persone traumatizzate e che spesso e volentieri non hanno beni primari come cibo e vestiti) è difficilissimo.
Perché queste persone sono in una situazione di povertà estrema? Ci sono mille circostanze diverse ovviamente, ma nel caso della nostra scuola, tantissimi studenti sono appena arrivati dai vari paesi del Centro -Sud America. Letteralmente ogni giorno conosco uno o due studenti nuovi che sono appena arrivati da Honduras, Guatemala, Messico, ecc. che non parlano inglese e non hanno niente tranne uno sguardo pieno di domande e paura che non ti fa dormire la notte.
Avete presente i telegiornali? Quelle persone che attraversano il deserto, la giungla, guadano i fiumi per arrivare negli Stati Uniti? I media non raccontano mai cosa succede dopo. Il dopo lo si vede in scuole come la mia. Ognuno con una cultura e un trauma diverso e noi facciamo il possibile per aiutarli.
Per questo non riesco a condividere l'indignazione. Questo paese come tutti gli altri ha mille difetti, ma data la situazione, mette risorse e persone a disposizione dei nuovi arrivati.
Tanti mi hanno scritto in questi mesi per raccontarmi di situazioni simili in altri paesi, anche in Italia.
Questa scuola per me è stata come una doccia fredda. Un risveglio improvviso su una realtà di degrado che io non conoscevo, ma che c'è sempre stata qui e io suppongo, in ogni grande città del mondo. Cosa credete? Anche i miei conoscenti americani rimangono basiti dai racconti sulla mia scuola. È che stiamo tutti nel nostro.
Uno dei motivi per cui sto condividendo questa esperienza difficilissima per me è che spero che chi mi legge, possa allargare anche solo di qualche millimetro il proprio orizzonte come ho fatto io. Facendolo si scopre che la povertà, il degrado e il trauma sono lì a portata di mano, ma a volte scegliamo di non vederli perché ci fanno sentire a disagio, impotenti.
Solo quando finalmente vediamo, prendiamo coscienza, possiamo -nei tempi e modi che riteniamo opportuni- scegliere di agire.

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