mercoledì 15 luglio 2020

quel cowboy nel deserto

Succede una cosa se vivi a Dallas. Quando decidi di uscire dal Texas devi guidare per ore, e ore, e ore. E poi magari attraversi certe zone dell'Oklahoma, del Kansas o del Colorado e non ti accorgi nemmeno di aver cambiato stato: cielo, mucche, cavalli e prati a perdita d'occhio. Il GPS dice avanti tutta per 600 miglia senza nemmeno una curva e la mente va. Di curve in realtà poi ne incontri molte. Curve ampie e curve a gomito, curve imprevedibili e curve improvvise di quelle che ti costringono a frenare, sono le famose curve della memoria
E così dal nulla, mi è tornato in mente un episodio successo tantissimi anni fa durante il mio primo viaggio in Texas con Mr. J. 
Alla stazione di servizio, l'unica nell'arco di chissà quante miglia, c'era un uomo di colore sulla cinquantina con gli stivali e il cappello da cowboy che sembrava importunare o chiedere aiuto a tutti, ma nessuno gli dava retta. Niente di strano, capita spesso di vedere persone in difficoltà nelle stazioni di servizio, no? Quella però era una situazione un po' particolare, laggiù in mezzo al nulla. Alla fine venne anche da noi. Raccontò che il suo camper era rimasto a corto di benzina e lo aveva lasciato sul ciglio della strada con la moglie dentro ad aspettarlo. Aveva camminato per dieci chilometri sotto il sole.
All'epoca non parlavo inglese. Mr. J mi spiegò cosa stava succedendo. Ci consultammo un attimo. Se diceva la verità, bisognava assolutamente aiutarlo, se non diceva la verità...ci voleva fare del male? Sembrava la trama del classico film dell'orrore ambientato in Texas. Decidemmo di seguire l'istinto e credergli. Il fatto di non avere idea di cosa dicesse, non mi permise però di abbandonare qualche esitazione.
La cosa che mi rimase più impressa di quell'episodio è che Mr. J gli chiese se poteva perquisirlo e il cowboy accettò di buon grado. Appoggiò le mani sulla macchina e dimostrò di non essere armato. Una scena che non avevo mai visto prima.

Lungo il tragitto la tensione pian piano si sciolse, lo venni a sapere successivamente. Al momento non capivo bene cosa stesse succedendo. Per quanto mi riguardava quei dieci chilometri furono lunghi. Del resto dieci chilometri sono tanti, da fare a piedi nel deserto poi. 
Quando finalmente arrivammo a destinazione, il camper era ancora là con dentro la moglie del cowboy. Aveva detto la verità. 
I motivi per cui non ho mai dimenticato quell'episodio sono legati fondamentalmente alle emozioni che ho provato io. La difficoltà della scelta, il sospetto che il tizio volesse farci del male, il grande senso di impotenza e frustrazione trovandomi impossibilitata a comprendere quello che stava succedendo a causa della barriera linguistica e infine tutte le riflessioni legate al fatto di realizzare per la prima volta di essere circondata da comuni cittadini potenzialmente armati fino ai denti.   
C'è una cosa che non ho mai considerato di quell'esperienza. Non ho mai pensato a come si doveva essere sentito quell'uomo, ho pensato solo a me, al mio punto di vista.
Mentre ero lì in mezzo al nulla l'altro giorno, dopo tutti questi anni, all'improvviso mi si è accesa una lampadina.
Ho capito, anzi ho quasi sentito, l'angoscia e l'ansia di quel pover'uomo nel deserto. Sarà stato stremato dopo aver camminato per dieci chilometri sotto il sole in un posto del genere. Se nessuno lo avesse aiutato si sarebbe fatto buio e la situazione sarebbe diventata pericolosa sul serio. Macchine che ti sfrecciano accanto, animali di ogni sorta. E soprattutto un uomo nero da solo a piedi in uno dei posti più bianchi e razzisti del sud, vent'anni fa.
Poco prima, durante lo stesso viaggio, avevo avuto il mio primissimo contatto con la polizia americana. Un poliziotto ci fermò più o meno lì, in mezzo al deserto, con una scusa ridicola. Non successe assolutamente nulla di grave, ma non fu un incontro piacevole. Non avevo mai visto un poliziotto americano da così vicino. Era enorme, ovviamente armato e per niente amichevole. Noi lì, due ragazzini, completamente indifesi e in balia di qualunque cosa avesse voluto fare. A me venne ordinato di rimanere in macchina, mentre Mr. J fu prelevato e portato nell'auto del poliziotto. Mi raccontò in seguito che la tensione si allentò quando con una battuta riuscì a coinvolgere il poliziotto in un qualche discorso di macchine. Alla fine ci lasciò andare senza farci la multa per non aver messo la freccia (nel deserto, roba da matti).
Ora, nel 2020, penso: se un uomo bianco come Mr. J non si era sentito per niente a suo agio con quel poliziotto, cosa avrebbe provato un nero? Insomma, nei panni del cowboy avrei sperato nel passaggio di una macchina della polizia (ne passano ogni tanto in quei luoghi sperduti), lui non aveva nemmeno quella speranza. Sarebbe passato dalla padella alla brace alle prese con la polizia. Anche questo non avevo mai considerato.
Probabilmente non depone a mio favore il fatto che mi ci siano voluti quasi vent'anni per provare vera empatia per quella persona, ma ci sono arrivata.
Come dice Brenè Brown I'm not here to be right, I'm here to get it right (non sono qui per avere ragione, sono qui per imparare).
Ragionando su tutto questo con Mr. J, mettendo a confronto i miei ricordi con i suoi, ho capito ancora meglio l'accaduto. Mi ha confermato che il vero motivo per cui decise di aiutare quell'uomo è che si rese conto che lì dove eravamo, considerando il colore della sua pelle, di sicuro nessun altro lo avrebbe fatto. 
Tutto questo per dire ancora una volta che le questioni razziali sono una cosa terribilmente complicata. Ci vuole tanto tempo per capire certe sfumature e di errori di valutazione se ne continuano a fare sempre, anche senza nessuna malafede.
All'epoca vivevo ancora in Italia e non considerai minimamente l'aspetto razziale. Per me lui era semplicemente una persona, che detto così sembra una cosa molto positiva, in realtà è esattamente il motivo per cui non sono riuscita a mettermi nei suoi panni e capirlo. Non avevo gli strumenti per decifrare quello che stava succedendo, oggi invece sì, me li sono costruiti anno dopo anno con molta fatica, e cerco di usarli tutti i giorni per capire me stessa, gli errori che posso sempre commettere per un motivo o per l'altro e possibilmente dare il mio contributo in classe o intervenendo quando assisto a situazioni problematiche.
Ad ogni modo, dopo quel lunghissimo viaggio, arrivati vicino a casa, bucammo. E -sorpresa- scoprimmo di non avere la ruota di scorta.
Avremmo potuto rimanere a piedi in mezzo al deserto anche noi.
Sarò naïf, ma ho sempre pensato che avere fatto qualcosa di buono per quel signore, abbia protetto noi.
Il karma ci vede. 

5 commenti:

Federica ha detto...

il tuo racconto mi ha molto impressionato.

L'ho letto due volte, ma credo di avere molto da imparare dalle tue parole.
Grazie!

nonsisamai ha detto...

E' incredibile realizzare quanti strati possa avere un singolo episodio della propria vita. Grazie a te Federica!

francescabianca ha detto...

L'ho dovuto leggere due volte anch'io, e sai perché? Quando sono arrivata a "E soprattutto un uomo nero da solo a piedi in uno dei posti più bianchi e razzisti del sud, vent'anni fa" sono dovuta tornare indietro. Non capivo se avevi tralasciato un dettaglio o se me l'ero perso io. Poi ho capito. Il mio cervello aveva saltato a pié pari le parole "di colore". Non so come interpretare questa cosa. Sono al punto in cui eri tu vent'anni fa, e cioè per me le persone sono solo persone, o avendo letto "cowboy" me lo sono immediatamente immaginato bianco? Non lo so. Food for thoughts. Grazie!

nonsisamai ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
nonsisamai ha detto...

francescabianca: Interessantissima questa cosa! Lapsus freudiano? Associazioni che facciamo in automatico essendo cresciuti come siamo cresciuti...? L'importante è cominciare a farsi delle domande secondo me :)