venerdì 5 giugno 2020

che cos'è la white fragility

Avete mai sentito parlare di white fragility? Nel contesto della questione razziale americana è un concetto fondamentale.
Consiste grossomodo in questo: i bianchi culturalmente si sentono a tal punto a disagio ad affrontare qualunque questione legata al razzismo che non lo fanno e questo ha delle conseguenze devastanti. Non si possono eludere questi argomenti con i figli o con gli studenti, ad esempio. Non parlare di questi temi ai bambini bianchi equivale a creare un senso di "noi e loro", lascia uno spazio vuoto che poi loro crescendo riempiono a loro modo.

La cosiddetta fragilità è dovuta non solo alla vergogna dello schiavismo, ma anche e soprattutto alla consapevolezza di vivere nel privilegio di non subire le stesse discriminazioni che subiscono le minoranze. Spesso i bianchi americani hanno storie familiari che ritengono imbarazzanti in tal senso. Un avo proprietario di schiavi, dei parenti apertamente razzisti, dei genitori che non hanno mai detto una parola sulla questione o che gli hanno insegnato a non dire mai una parola sulla questione. A volte non hanno mai avuto un amico o un vicino di casa o un compagno di scuola di colore. Hanno una paura incredibile di dire la cosa sbagliata e passare per razzisti o insensibili e allora non parlano. Per questo si respirava quel nervosismo e quell'imbarazzo durante l'ultima riunione (post precedente).

Non ho mai capito questa white fragility. Pensavo, con il mio background, di esserne del tutto immune e invece per la prima volta comincio a capire. Questo senso di non fare mai la cosa giusta. Non importa quanto ci provi, offendi o ferisci sempre qualcuno.

Qualche giorno fa tutti postavano un quadrato nero per il Black Out Tuesday. L'ho fatto anch'io perchè mi sembrava un'idea piuttosto brillante. Tutti smettono di postare per un giorno così da mettere in evidenza solo le voci dei neri. Ecco, non è andata proprio così. Tanti non hanno capito e hanno usato l'hashtag Black Lives Matter, così è successo esattamente il contrario: se cercavi #blacklivesmatter ti ritrovavi davanti a una schermata nera. Ho letto molte cose. Alcuni hanno perfino detto che sia stata un'azione intenzionale, una forma di censura o boicottaggio proprio nel momento in cui i riflettori maggiormente dovevano essere puntati sull'esperienza dei neri.

Allora, ho pensato: faccio qualcosa di concreto. E sono andata alla manifestazione (qui). Come ho spiegato precedentemente avevamo molta paura. Avevamo elaborato vari piani di fuga, non eravamo per niente tranquilli, ma una delle cose che ci hanno fatto decidere di manifestare è stata che la nostra sola presenza avrebbe fatto diminuire la tensione, avrebbe protetto chi si esponeva a un rischio maggiore. Poi la manifestazione è stata un successo sotto tutti i punti di vista e allora, ingenuamente felice e piena di speranza, ho pensato di fare un post sulla mia pagina FB personale per dire ai miei amici che la situazione è relativamente tranquilla qui intorno e che potevano probabilmente manifestare anche loro, se lo ritenevano opportuno.

Tanti hanno apprezzato a tal punto questa cosa che mi hanno chiesto di condividere il post. Ho pensato perchè no? E' una cosa positiva mostrare che ci sono manifestazioni pacifiche qui in Texas e ho reso il post 'pubblico'. Successivamente ho scoperto che il mio post lo stavano condividendo con il mio stesso spirito i miei amici sì, ma anche, purtroppo, persone che non conosco e che lo avevano completamente frainteso. So che lo hanno frainteso perchè gli altri post che vedevo sulle loro bacheche erano da voltastomaco. Suppongo lo abbiano interpretato come un 'così protestano i bianchi'.

Mi sono spaventata a morte e ho cancellato immediatamente tutto (era l'unico modo per far sparire il mio post da quelle bacheche). Una lezione notevole sia sul potere di internet che sulla questione in sè, ma che amarezza.

Mi ha colpito tantissimo un editoriale sul New York Times di oggi. Si intitola "I don't need 'love' texts from my white friends". Uno scrittore di colore spiega come lo hanno fatto sentire i tentativi maldestri dei suoi conoscenti bianchi di essergli vicino in questi giorni. In sostanza dice: sto soffrendo, ho paura di morire, ma non adesso, ho paura di morire da tutta la vita. Ho paura di uscire di casa e non tornare più. Non venite a dirmi quanto vi dispiace ora solo perchè tutti ne parlano, fate qualcosa di concreto. E lui propone questo:
- Donare soldi per pagare le spese legali dei neri arrestati ingiustamente
- Fare sapere a parenti e amici bianchi che non volete vederli fino a quando non faranno qualcosa di concreto per combattere il razzismo
- Fare da scudo ai manifestanti neri durante le proteste.

Insomma, in parole povere, la cosa più importante da fare è continuare umilmente ad ascoltare loro e studiare.

(Se può esservi utile qui trovate una lista di libri per bambini e qui una per adulti)

1 commento:

Anonimo ha detto...

https://it.wikipedia.org/wiki/Sottomissione_(romanzo)