venerdì 29 settembre 2017

il picco dell'insofferenza

Stamattina una mia amica mi ha raccontato che ieri parlava in spagnolo con una sua vicina di casa, un altro vicino di casa le ha sentite e gli ha intimato di parlare in inglese che siamo in Ammeriga.
Bene. Mi mancava giusto questo per raggiungere il picco dell'insofferenza oggi.

Tra l'altro pensavo a tutte le volte che la gente mi fa i complimenti quando parlo italiano. Proprio l'altro giorno: - Ma che lingua è? Assomiglia allo spagnolo, ma ha un suono così bello! Ogni volta che me lo sento dire, non so mai se prenderlo come un complimento verso la mia lingua o un attestato di fastidio verso l'altra.

E poi mi sono resa conto anche di un'altra cosa. Conosco questa amica da diversi anni oramai. Non parliamo dei massimi sistemi, ma fra una cosa e l'altra ci vediamo più o meno ogni settimana o anche più spesso. Anche se usa il cognome del marito americano, so che ha origini messicane, ho conosciuto la sua famiglia. Con sua cugina, ho parlato spagnolo in sua presenza una volta, ma lei si è sempre rivolta a me in inglese e mi ha sempre riempito di complimenti perché ho insegnato l'italiano a Joe e i suoi figli invece parlano solo inglese.
Non dico che me lo abbia tenuto nascosto, ma certamente non ha fatto nulla per farmi sapere che parla spagnolo.

Mi è successa una cosa simile, tempo fa, con anche un'altra un'amica, in questo caso un'amica intima, di quelle con cui parli di tutto. Una volta siamo andate in un ristorante e quando siamo uscite mi ha tradotto tutto quello che avevano detto le cameriere coreane. Quello che avevano detto le cameriere, faceva molto ridere, certo, ma io riuscivo a pensare solo al fatto che dopo dieci anni di amicizia ancora non sapevo che conoscesse il coreano. Si è sempre presentata a tutti come olandese, usa anche lei il cognome del marito e io, certo, lo immaginavo che le origini fossero leggermente più variegate, ma non mi aveva mai parlato di quel ramo della sua famiglia, si era sempre definita solo olandese e io avevo dedotto che non avesse mai avuto nessun contatto con la cultura d'origine.

Pensateci.

Non sarebbe bello vivere in un mondo dove uno sa una lingua in più e lo sbandiera ai quattro venti perché é un'abilità speciale e c'è solo da esserne orgogliosi?

11 commenti:

Bulut ha detto...

Sí, decisamente... (risposta alla domanda finale!)

Può essere che però non ci sia mai stata l'occasione di dirlo... intendo nel caso della tua amica olandese con origini anche coreane.
Magari si sentiva olandese quasi in toto, e non ha specificato di parlare una lingua in più.

Nel caso dell'amica messicana, invece, probabilmente il non dire che parla spagnolo è dovuto proprio alla "pressione" che ci si trova ad affrontare...

Un abbraccio,


Napee ha detto...

In un Paese libero non bisognerebbe vergognarsi delle proprie origini!

Asa_Ashel ha detto...

Ho letto altre volte di persone figlie di immigrati (o expat se vogliamo usare un termine più figo) dichiarare di essersi sentiti in imbarazzo a parlare la loro lingua di origine con qualcuno della loro famiglia in presenza di altre persone native del posto.
E mi ha sempre ricordato un certo disagio che provavo anch'io a parlare il poco dialetto che conoscevo con la mia famiglia in presenza di estranei.
Credo che scatti un meccanismo di considerazione al ribasso nella nostra mente, come se quella lingua che abbiamo appreso e parliamo più che altro in contesti famigliari avesse un valore culturale inferiore perchè la diamo per scontata, quasi parte di noi per consanguineità piuttosto che per conquista culturale.
Io ho iniziato ad apprezzare e riconsiderare il fatto di poter capire e in parte parlare il dialetto della mia zona solo nel momento in qui ho iniziato a considerarlo con la dignità di qualsiasi altra lingua, con le sue regole grammaticali e le sue particolarità lessicali, facendo approfondimenti sull'etimologia di molte parole e osservando con divertimento le molte variazioni di pronuncia da zona a zona.
Forse nel caso delle tue amiche è scattato un meccanismo come questo, quell'idioma in più che conoscevano era considerato poco più di un lessico famigliare e non come una lingua in più acquista nel tempo.

P.S. sono un tuo lettore silenzioso da molto tempo, oggi mi è venuto voglia di palesarmi e condividere i miei pensieri su uno dei tuoi post che leggo sempre con interesse.

Anonimo ha detto...

Per me è qualcosa che capita soprattutto in USA, dove immagino che una percentuale consistente della popolazione non sia "americana" di origine (per "americana" intendo americana di origine anglosassone da generazioni)e dove la "diversità" per tanti aspetti viene vissuta come qualcosa non dico di cui vergognarsi, ma magari si vuole tendere a tenerla per sè.
Qui, che per il momento la fetta di stranieri dis econda generazione è ancora limitata, credo che nessuno faccia mistero delle lingue extra italiano che conosce.
simona

isadorablumenthal ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Nonsisamai ha detto...

Simona: lo pensavo anch'io solo che appena ho pubblicato questo post mi hanno scritto che succede anche in Italia...non saprei.

Nonsisamai ha detto...

Asal Ashel: l'esempio del dialetto è calzante. I miei ancora adesso parlano il dialetto fra loro, io e mia sorella lo capiamo perfettamente ma non lo abbiamo mai parlato. Siamo sempre state scoraggiate dall'impararlo perché evidentemente era visto come qualcosa di irrilevante o peggio. Poi viaggi, vai all'estero e conosci un sacco di persone che ti fanno mille domande e ti invidiano perché hai anche questo bel tuo bagaglio culturale.
Grazie per esserti palesato e per il bel commento! A presto, spero.

Nonsisamai ha detto...

Naperville: concordo.

Nonsisamai ha detto...

Bulut: a me sembrano due casi piuttosto simili in questo senso. Soprattutto mi sembra un peccato che queste lingue non vengano passate alla generazione successiva...

Anonimo ha detto...

diciamo pure che, parlare dialetto o altra lingua, in presenza di chi non può capire è vera e propria maleducazione.A me è capitato (il dialetto modenese era davvero incomprensibile per me che avevo vissuto prima solo in Marche e Abruzzo ) di partecipare a conversazioni,anche lavorative, con persone che parlavano dialetto tra loro.é un mettere "da parte" chi è fuori, davvero fastidioso..so che non è veluto ma chi non capisce una parte i conversazione si sente tagliato fuori.Perciò apprezzo chi, in un contesto locale o familiare, in presenza di estranei cerca di parlare la lingua comune.A scuola di mio figlio ci sono un paio di mamme straniere e in mia presenza parlano sempre italiano con i bambini, lo apprezzo come forma di educazione nei miei confronti.
Purtroppo però mi rendo conto che, così facendo, in alcune famiglie "miste" la lingua meno usata può tendere a perdersi.
simona

Nonsisamai ha detto...

Beh certo, bisogna sempre cercare di parlare la lingua comune per non escludere nessuno, ma non vergognarsi di saper un dialetto o una lingua.