mercoledì 21 giugno 2017

lo sai che a volte la verita' fa male?

Stamattina Joe si sveglia, viene da me e mi fa: 
- Mamma, lo sai che a volte la verita' fa male?
Sometimes the truth is bad. Sono le 7, 30, apro gli occhi e decreto silenziosamente: oggi #noncelasifa 
Praticamente la situazione è questa. La scuola è finita. Woody, il duenne, non parla ma urla tutto il giorno e il seienne, Joe, mentre il fratello fa Tarzan, ti chiede se sai a quale famiglia appartiene il panda rosso o ti spiega quando sono comparsi gli insetti sul pianeta Terra. Tutto questo va avanti per una quindicina di ore al giorno con sveglia all'alba. Per di più, la settimana scorsa, ero in una situazione di isolamento a causa del problema con il telefono. Nessun adulto all'orizzonte. Nessun villaggio all'orizzonte. E niente. Venerdì sera Mr. J e' arrivato a casa dal lavoro, mi ha guardato in faccia e mi ha preparato uno spritz.
Dice che c'é una sua collega che si e' appena fatta chiudere le tube a trent'anni e quando sente le nostre storie si convince ancora di più di aver fatto la scelta giusta.
Mi fa molto piacere avere questa funzione rassicurante, non è la prima volta che me lo dicono, ma mi sento anche in colpa a sentirmi così sopraffatta dagli eventi perché lo so che sono fortunata. Il weekend precedente lo abbiamo passato al mare. Quella stessa sera dello spritz aspettavamo amici per cena e avremmo passato una bella serata tranquilla, una volta messi a dormire i due agitatori domestici. La settimana prossima, vado in Italia per un mese, non si tratterà di passare così l'intera estate.
Come hanno potuto cinque giorni da sola con i miei due figli, due nemmeno fossero otto o nove, ridurmi cosi'?
Quella notte non riuscivo a dormire. Ho cominciato a pensare a mia madre. Anche lei era da sola a Milano, lontano dalla sua famiglia, eppure non mi sembrava cosi' prostrata dalla situazione, anzi: aveva tante amiche, cucinava cose pazzesche e aveva la casa sempre in ordine.
Poi ho avuto una specie di visione. Il mio asilo.
Al mio asilo ci si poteva andare benissimo a piedi perche' era vicino a casa, ma se anche mia madre avesse voluto o dovuto venire a prendermi o portarmi in macchina, avrebbe dovuto camminare un bel po' lo stesso. L'asilo delle suore era in fondo all'oratorio. Per arrivarci dovevi attraversare tutto il campo da calcio e il bar con il grande spiazzo davanti ed era impossibile non incontrare qualcuno. Mi ricordo che tante volte rimanevamo a giocare, prendevamo il gelato oppure si tornava a casa insieme a altre mamme con altri bambini.
I nonni erano lontani, ma c'era una comunità intorno a noi, il famoso villaggio.
Nelle scuole dei miei figli, i genitori non devono nemmeno scendere dalla macchina. Tu arrivi li' e la maestra ti butta dentro il bambino al volo o quasi.
Se voglio che i miei figli giochino con degli amici al pomeriggio, devo mandare messaggi, fare mille appuntamenti, proporre attività e poi sono sempre tutti di fretta, e' questo.
Leggevo che essere percepiti come busy, impegnati, dà agli americani, perfino alle celebrities, più prestigio sociale che essere percepiti come felici. Non mi stupisce neanche un po'.
Joe ha un amichetto con cui va molto d'accordo. Con la sua mamma si é detto mille volte di farli incontrare un fine settimana per giocare. Un sabato, dopo sei mesi, ci siamo accordate. Li avevo invitati a casa, ma lei ha preferito che andassimo in uno di questi centri pieni di gonfiabili che ci sono qui. Va bene. Solo che lei é arrivata per prima e ha prenotato solo un'ora. Ci sono rimasta malissimo: sei mesi di attesa per un'ora una di gioco una in un posto così dispersivo oltretutto in cui quasi rischiavano di non incontrarsi.
Ho pensato che magari avessero altri impegni successivamente, ma no, non avevano nulla da fare, me lo ha detto. Allora perché tutta questa fretta sempre?
Poi l'altro giorno, la stessa mamma, mi ha comunicato che si sta per trasferire in un'altra città perché qui non ha amici e si sente sola e vuole andare a vivere vicino ai suoi genitori. Ma se non aveva amici e si sentiva sola perche' non era mai disponibile?
Mi sono successe talmente tante volte situazioni simili in questi anni che credo che la mia colpa sia la disponibilità, mi fa sembrare strana e non cool, immagino. Fra lavoro e tutto ho sempre avuto un milione di cose da fare anch'io, ma questo non mi ha mai impedito di lasciare dello spazio per i rapporti umani.
E' che qui mi sembra che il valore dell'amicizia sia il più bistrattato, infatti i nostri migliori amici sono stranieri. Sento spesso gli americani dire per me conta la famiglia che e' un'ovvietà, ma con quella frase intendono che le altre relazioni sono secondarie. E per famiglia normalmente intendono la famiglia nucleare, tanto è vero che si spostano da una città all'altra o da uno stato all'altro senza battere ciglio.
Discutevo di tutto questo con Mr. J ieri sera.
E' un motivo sufficiente questo per pensare di trasferirsi da qualche altra parte? E dove, ammesso che sia possibile?
Ieri notte ho fatto un sogno. Woody correva velocissimo, proprio accanto a un fiume o qualcosa del genere. Avevo paura che cadesse di sotto. Lo rincorrevo, ma lui era molto piu' veloce di me, proprio sul ciglio del baratro. Alla fine sbucavano due mani e lo salvavano al posto mio. Era una mia carissima amica, anche lei mamma, che non vedo da tanto tempo. Un sogno cosi' chiaro.
Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti e che voglia essere aiutato da me, ho bisogno del villaggio.
Aspetta un attimo pero'. Perche' non vedo quest'amica da cosi' tanto tempo? Perche' ha lasciato Milano esattamente per gli stessi motivi per cui io la sera prima fantasticavo di lasciare Dallas.

6 commenti:

La perfezione stanca ha detto...

Cioè? Perché ha lasciato Milano? Perché stai pensando di lasciare Dallas? Vabbè che io lascerei tutto il Texas in blocco, ma insomma, mi interessano i tuoi motivi

Nonsisamai ha detto...

Difficolta' a creare una buona rete sociale, il problema e' questo per me qui quanto per la mia amica a Milano.

Anonimo ha detto...

Quando eri a Milano riuscivi a creare una buona rete sociale??Io, in Italia,
in una città diversa da quella in cui sono cresciuta, fatico a trovare "il villaggio".Siamo tutti molto chiusi nella nostra famiglia.Il lavoro, le incombenze in casa, la cura dei figli, ci lascia ben poco tempo (e voglia) di approfondire le amicizie e di sobbarcarci dei problemi di chi non è "della famiglia".
E forse, se fossi ancora vicino ai miei genitori e vicina alle amicizie dell'adolescenza, le cose non sarebbero diverse.
Non ne sono certo felice..ma secondo me è così dappertutto.
simona

nonsisamai ha detto...

Simona: gia'. Era facile perche' ero vicino a genitori, sorella e tutti i migliori amici. In un'altra citta' in Italia sarebbe diverso. Certo a Milano avevo il villaggio e non avevo tante altre cose che ho qui e che mi fano vivere piu' serena. Purtroppo non si puo' mai avere tutto e a volte bisogna fermarsi un secondo per capire di che cosa si puo' fare a meno.

La Cinzietta - The Boston Chronicles ha detto...

Che post interessante, capita proprio in un periodo in cui anche io sento la mancanza del "villaggio", come lo chiami tu. Queste riflessioni sugli americani le stavo facendo pure io. Ti seguiro'!

nonsisamai ha detto...

La Cinzietta: fa piacere sapere di non essere i soli a fare certe riflessioni. Grazie, a presto!