martedì 6 giugno 2017

è semplice, ma non è semplice.

Ci chiedevamo l'altro giorno con un'amica americana, come mai la maggior parte della sua famiglia abbia votato e ancora sostenga, anche se fra mille imbarazzi, Trump e lei no. Se ci pensate e' strano, si tratta di valori, eppure sembra che due persone cresciute nella stessa casa, che hanno ricevuto la stessa educazione, con gli stessi genitori, possano averne di completamente diversi.
Alla fine, abbiamo trovato l'unica vera differenza:
lei e' la sola ad aver viaggiato.
In effetti, viaggiare e' fondamentale, soprattutto intorno ai vent'anni, credo. E' l'unico modo per vedere gli altri come esseri umani e non come astrazioni dell'immaginazione, titoli di giornale.
Tra l'altro, questa e' la stessa cosa che mi ha raccontato un'amica israeliana. Diceva che si e' resa conto del lavaggio del cervello che aveva subito contro i palestinesi, solo quando li ha incontrati e ha capito che erano esattamente persone come lei.
E' semplice, ma non è semplice.

8 commenti:

PuroNanoVergine ha detto...

Non mi convince del tutto.
Serve informarsi e per farlo non è necessario andarsene dal proprio paese (a meno di non vivere in una dittatura con una censura ferrea sui mezzi di informazione).

Anonimo ha detto...

Io invece sono d'accordo...chi è uscito dal suo guscio riesce ad avere una visione più ampia,amplia i propri orizzonti.Io ho viaggiato poco, ma comunque ho cambiato regione tre volte, ho vissuto qualche mese all'estero,ho vissuto sulla mia pelle l'essere "diversa" , e mi rendo conto di avere una "libertà intellettuale" più ampia rispetto ad alcuni miei amici che sono sempre rimasti vicino casa.Da quando mi sono trasferita in Emilia Romagna ( e non me ne vogliano gli emiliani) dove il 90% di chi conosco si è spostato al massimo di 30 km per studiare e lavorare, il "gap" in questo senso è ancora maggiore.Ovvero, io avviso meno apertura mentale, meno empatia, meno criticità di quanta ne abbia io.
Non è una questione di informazione o cultura. é proprio una questione di apertura mentale.Le eccezioni ovviamente ci sono, e c'è anche chi, pur viaggiando tanto, ha comunque gli "orizzonti" chiusi.Lasciamo perdere i discorsi sui migranti che mi fanno accapponare la pelle, e proprio sabato scorso, in una discussione con i miei parenti acquisiti di qua ho docvuto morsicarmi la lingua non una, ma dieci volte
simona

Anonimo ha detto...

Parole sante! Se penso a quanti giudizi critici ho ricevuto durante la primissima infanzia dei miei bambini (per il latte, il ciuccio, la nanna nel lettone, etc)! È passato tutto talmente in fretta, senza lasciare segni, che non valeva la pena sprecarci fiato e farsi preoccupare. Dovrei ricordarmene più spesso. In un libro di cui non ricordo il titolo Isabel Allende dice che i figli bisognerebbe accettarli e vederli crescere come si fa con gli alberi, senza pensare a tutti i costi di volerli cambiare. Grazie per quello che scrivi, mi aiuta a riflettere e mi fa viaggiare anche stando sempre qui.
Simona

nonsisamai ha detto...

Simona: suppongo ti riferisca al post successivo, comunque grazie di cuore perle tue parole, ce n'è sente bisogno... Cercherò assolutamente di ricordare anche le parole dell'Allende, mi sembra un gran consiglio fare un passo indietro e osservate lo spettacolo compiersi da solo. Un abbraccio

francescabianca ha detto...

Io e il mio compagno abbiamo preso 6 mesi di aspettativa al lavoro e li abbiamo usati per viaggiare. Siamo stati in Vietnam, Laos, Thailandia, Malesia, Argentina, Cile, Perù, Colombia e adesso siamo in Ecuador. Una cosa che cercavo in questo viaggio era lo shock culturale, il rendersi conto che esistono tanti modi diversi di vivere. Modi di vivere diversi ne ho visti, situazioni di estrema povertà anche, soprattutto in Laos dove abbiamo fatto un po' di volontariato con ragazzini desiderosi di apprendere l'inglese. Eppure il più grosso shock culturale l'ho avuto qualche sera fa. Eravamo in una fattoria organica qua in Ecuador ed eravamo praticamente gli unici turisti, tutti gli altri erano ragazzi giovani che stavano lì per volontariato. Stavamo chiacchierando e a un certo punto il discorso è finito sulla politica. C'erano due ragazzine californiane ventunenni e entrambe hanno sostenuto, scuotendo il capo desolate, che alle ultime elezioni americane entrambi i candidati fossero pessimi e che forse forse Trump era il male minore. Aggiungo che una delle due aveva tutta la famiglia su una conditional green card. Ecco, il mio più grande shock culturale in quasi 6 mesi di viaggio è stato questo! Probabilmente perché mi ha preso a sorpresa, in un contesto in cui proprio non me lo aspettavo.

nonsisamai ha detto...

francesca bianca: ti capisco benissimo. Mi piacerebbe sapere di piu' dei tuoi viaggi, sembra un'esperienza di quelle che ti cambiano davvero la vita!

Daniele R. ha detto...


interessante questo post !
Cominciero' a seguire piu' spesso questo blog, visto che mi trovo in procinto di spostarmi con famiglia dall'Indiana a Dallas.
Confermo per esperienza personale che viaggiare e doversi conforntare con la praticita' della vita quotidiana offre una visione d'insieme (come dicono gli anglofoni la "big picture") che non si riuscirebbe a sviluppare guardando il mondo dallo stesso oblo' per tutte fasi della propria vita.

Daniele

nonsisamai ha detto...

Daniele R: in bocca al lupo per la nuova avventura!