mercoledì 21 dicembre 2016

i ricchi e i poveri

Dallas e' una citta' scintillante e ricca, incredibilmente ricca. Pensate che io, che sono un'insegnante e che rappresento praticamente la definizione stessa di classe media- conosco almeno un paio di persone che si spostano in aereo privato. Non e' poi una cosa cosi' impossibile da queste parti, ma non pensate sia economico o alla portata di tutti. Quando vivi qui, pero' vieni anche sfiorato da storie di poverta' estrema che in Italia non ho mai sentito. 
Dicevano prima alla radio che adesso molte scuole non solo si adoperano a nutrire i ragazzi (alcune provvedendo anche alla colazione e alla cena tutto l'anno e restando aperte durante le vacanze), ma si stanno anche attrezzando con lavatrici e asciugatrici.
Sembra incredibile, ma hanno scoperto che tanti ragazzi finiscono spesso per saltare la scuola perche' non hanno vestiti puliti. In casa non hanno la lavatrice o i genitori per vari motivi non provvedono a questo bisogno e giustamente si sentono umiliati a presentarsi con i vestiti sporchi. Allora perdono giorni, rimangono indietro, magari finiscono per non diplomarsi e mettersi nei guai con la legge portando avanti lo stesso stile di vita in cui sono cresciuti. 
Alla conferenza degli insegnanti di arte texani, a Novembre, ho sentito alcune storie che mi sono rimaste scolpite dentro e a cui continuo a pensare spesso. 
C'e' questa maestra di Houston, insegna arte alle elementari come me, che a un certo punto, e' tornata a studiare per fare almeno un tentativo per aiutare i suoi studenti. Ha preso una specializzazione in arte terapia, ha trovato i fondi e ha messo su una classe pomeridiana per affrontare traumi che non avrei mai immaginato fossero cosi' comuni e diffusi. 
Ci sono ragazzi che si comportano male, che non studiano e che vengono costantemente espulsi o mandati dal preside che a casa hanno situazioni drammatiche. Bambini che magari hanno entrambi i genitori in prigione oppure drogati a cui si chiede semplicemente di comportarsi come tutti gli altri senza nessun supporto psicologico o di altro tipo.
Mi e' rimasta impressa la storia di una bambina che aveva un sogno piccolissimo, conoscere lo zio che era in prigione da tanti anni, ma con cui aveva stabilito un rapporto epistolare. Quando e' uscito di prigione la bambina ha raccontato alla maestra di non stare piu' nella pelle perche' la settimana successiva sarebbe andata a incontrarlo di persona. Ecco, lo zio lo ha visto, si', ma chiuso dentro una bara. Gli hanno sparato appena ha messo piede fuori dalla prigione e lei, a otto anni, vive con questo rimpianto e questo trauma di averlo visto morto e non vivo. Poi dall'esterno magari quello che si traspare e' una bulletta maleducata.
Ieri Joe si e' messo a piangere perche' gli ho detto che andremo a fare un viaggio tutti insieme durante le vacanze e lui vuole stare a casa. Non voglio mettergli il peso del mondo sulle spalle a sei anni, ma non voglio nemmeno che diventi un viziato egoista che non apprezza quello che ha. Quindi mi pongo questo problema di fare capire a lui come funziona il mondo e trovare dei modi anch'io per fare qualcosa di piu' per gli altri. 
Se c'e' una cosa buona, relativamente, nell'elezione di Trump e' che spinge quelli che non sono dalla sua parte ad agire. Ne ho parlato con molti amici e sentiamo tutti questa urgenza. Le comunita' afroamericane povere come quella della bambina che voleva vedere lo zio, ad esempio, che speranza possono avere sotto una presidenza che ha difficolta' a distanziarsi dal Ku Klux Klan? E i figli dei clandestini che vivono nel terrore di essere cacciati via? Bisogna rimboccarsi le maniche per tutti e soprattutto per i bambini che non hanno nessuna colpa e nessuno strumento per proteggersi.    

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