martedì 30 settembre 2014

lo shock culturale e il bilinguismo a tre anni

Lo shock culturale mi affascina perche’ e’ qualcosa che riguarda tutti noi in una miriade di modi diversi. Quando arriviamo in un paese nuovo ci colpiscono le differenze piu’ macroscopiche, poi pian piano con il passare degli anni, cominciamo a cogliere i dettagli minori e le sfumature e il cerchio si chiude quando torniamo nel nostro paese e tutto si ribalta e ci stupiamo di quello che prima del viaggio era la normalita’. La parte migliore e’ che non e’ nemmeno necessario viaggiare per provare tutto questo, basta frequentare degli stranieri a casa propria.

E quello che ho appena descritto, capita a qualunque eta’. A tre anni se vivi a Dallas e vai per un mese a Milano, ti colpiscono queste cose.

Per Joe, i primi giorni, e’ stato difficile abituarsi all’idea che le formiche italiane sono innocue e non pizzicano. Non ci sono le formiche del fuoco come in Texas anzi fondamentalmente non c’e’ nulla di pericoloso in giro (niente serpenti, ne’ ragni velenosi…). Una volta capito questo, non ha piu’ voluto vedere un paio di scarpe fino alla fine della vacanza. Che quando gli ricapita giustamente. 

La seconda cosa e’ stata fargli capire che il bidet non e’ un lavandino, ma non e’ nemmeno un gabinetto. Un oggetto dagli imprevedibili risvolti misteriosi per il giovane dallasiano insomma, ma comunque dotato di un certo fascino.

Due cose hanno meravigliato Joe ogni giorno in Italia: i sassi, qui ce ne sono pochissimi, e le campane delle chiese. Cos’e’ questo rumore? Ooooh.

Quello che ha capito immediatamente, e non so se sia vero, e’ che i bambini italiani non fanno tanti convenevoli. Le prime parole che ha sentito al parchetto, ad esempio, sono state stai zitto te che ti tiro un cassotto. Qui non e’ mai successo e nemmeno ho mai sentito nulla del genere in otto anni, faccio fatica perfino a immaginarlo, ma non so bene cosa pensare, magari e’ una questione linguistica.

Ma passiamo ad altro. La metropolitana e’ stata un’esperienza quasi mistica. Un treno - e gia’ quello a Dallas e’ qualcosa di speciale- che per di piu’ va sotto terra. E si riesce anche a respirare. Non e’ mai riuscito a rilassarsi pero’, troppe questioni da capire.

Per quanto riguarda la lingua, una cosa non gli entrava mai in testa: che la motocicletta e il motoscafo sono decisamente due cose diverse cosi’ come l’elicottero e il fenicottero. Pero’ ho visto il suo italiano migliorare a vista d’occhio nel giro di pochissimi giorni. Ha preso proprio delle espressioni tipiche che sentiva li’. Dopo qualche settimana, mi ha dato l’impressione di regredire un filo. A un certo punto inventava canzoni che sembravano in inglese, ma che invece non avevano senso. Quando siamo tornati qui ha cominciato a usare i verbi come se li traducesse letteralmente dall’inglese ‘sto colorandolo’ ‘I’m coloring it’. In generale, pero’ vedo che il suo uso della lingua e’ migliore di quello che aveva prima dell’estate.

Conosco tanti genitori stranieri qui che si dannano l’anima perche’ i figli imparino bene la lingua d’origine. Per noi, invece, e’ sempre stato tutto molto spontaneo e semplice e per ora sta funzionando. L’unica cosa che facciamo e’ parlare in italiano e cosi’ lui fa lo stesso, senza nemmeno pensarci, da quando e’ nato. Avendo visto l’esperienza di tanti altri nella nostra situazione, mi sembra il metodo migliore, quello che da’ piu’ risultati con meno fatica. Ultimamente abbiamo cominciato a leggere l’edizione originale di Pinocchio, un capitoletto alla volta, e mi stupisce il fatto che bene o male riesca a seguire la storia. Spero che continui a coltivare sempre il suo italiano cosi’, senza nemmeno rendersi conto di farlo, in modo naturale e piacevole. 

6 commenti:

Marica ha detto...

credo fermamente che i playgrounds siano lo specchio della societa' :-)

ciacco29 ha detto...

Mi piace quello che scrivi sul frequentare stranieri in Italia come strumento per godere di un po' di shock culturale.
Sarà che mi paice farlo e cerco di sfruttare le possibilità che mi si presentano.
Devo anche dire che in genere, sarà solo buona educazione, li trovo molto rispettosi del paese che li ospita, magari stupiti, sconvolti e anche critici, ma mai ai livelli di noi italiani in patria.
E comunque grande Joe: conosco gente che nel bidet mette a bagno le piante!
(ma anche altri che, scoperto l'uso, ne sentono la mancanza quando tornano a casa)

alinipe ha detto...

Ahhh! Il bidet! Il totem mistico dello Gnomo, quell'oggetto fatato da cui i primi giorni è stato IMPOSSIBILE staccarlo!
... Sulle modalità culturali e gli studi etnografici da giardinetto invece mi hai inspirato un nuovo post... Che da che sono arrivata a Parì ho trovato un mondo ancora tutto diverso!

Alice bidet-izzatrice

nonsisamai ha detto...

@marica: esperienze personali? :)

ciacco: ma anche ai livelli di noi italiani all'estero che non facciamo altro che criticare tutto e tutti :/
(arrivera' un post anche su questo...)

alinipe: si' per favore! non vedo l'ora di sapere cosa succede ai giardinetti parigini! :)

bulutn ha detto...

E'bello e fruttuoso avere un atteggiamento rilassato nei confronti della lingua minoritaria.
Ma, per esperienza, per impararla bene occorrerà' nel futuro una full immersion, o comunque sforzo attivo e amore e passione. Non sara' sempre facile.

Lo vedo con i miei figli: man mano che crescono, la differenza con i madrelingua si vede eccome.
Sta nella costanza/impegno/amore del figlio verso la lingua/la patria d'origine il riuscir a perfezionare la lingua per usarla quanto serve. Sta anche nella fortuna di non incontrare stronzi in patria, invidiosi e critici, che ti stroncano i suoi tentativi di colmare il gap.

Insomma, noi abbiamo quattro lingue in ballo, ma al momento sopravviviamo (anche se la perfezione e' lontana). E soprattutto sono felice che i bambini sentono entusiasmo e amore per comunicare nelle lingue famigliari, quelle che usano pesantemente d'estate con nonni, cugini, amici, parenti. In cui non sono alla pari dei loro coetanei, ma si impegnano, perché' vogliono comunicare ed essere accettati come amici.
Non sai che bello vederli che hanno proprio gusto a esprimersi in quelle lingue. (questi periodi di entusiasmo e gusto ce li hanno ciclicamente per ogni lingua che parlano... e'bello).

Un saluto,

B.

nonsisamai ha detto...

nuvola: 4 lingue...bravissimi tutti, soprattutto i genitori!
sottoscrivo il discorso sulla 'costanza/impegno/amore del figlio verso la lingua/la patria d'origine', e' per questo che tenederei a non forzare troppo la mano anche in futuro. questa e' la difficolta' maggiore che vedo in tanti figli di expat, il fatto che in qualche modo si sentano in imbarazzo, e poi anche che trovino ingiusto il dover studiare molto piu' degli altri ragazzini. tante volte capiscono perfettamente, ma si rifiutano di parlare forse perche' non ne capiscono bene il valore e si sentono diversi.