lunedì 26 agosto 2013

'where is the people?'

C’e’ questo tipo italiano che si trasferisce qui e dice Ma non c’e’ nessuno qui? Impossibile! Adesso mi metto fuori dalla porta di casa e aspetto. Qualcuno dovra’ pur passare. Dieci minuti di orologio e non passa nessuno. Torna dentro.
C’e’ questo vecchietto cubano che vive qui da trent’anni e mi racconta che nel suo paese e’ stato sedici anni in carcere, ma questa e’ la sua vera prigione perche’ qui non c’e’ nessuno con cui fare due chiacchere, qui non si esce a fare una passeggiata e si incontra un amico e allora che vita e’ se la gente non parla, se ognuno se ne sta a casa sua? Viviamo solo per lavorare e comprare cose? Proprio cosi’ mi diceva. 
Poi c’e’ questa ragazza indiana che si e’ comprata una casa davanti a un parco giochi pensando che avrebbe avuto occasione di incontrare un po’ di gente e invece niente, i suoi figli giocano a casa da soli:
- I don’t understand, where is the people?
Un po’ e’ il caldo, un po’ e’ che la societa’ e’ proprio questa. Il famoso individualismo americano, eccolo qua in tutto il suo splendore.
Io non sono mai stata una persona strasocievole, ho sempre avuto tanti amici, ma ho anche sempre custodito gelosamente i miei spazi e amato molto la solitudine fin da bambina. Per contro, ho dei genitori che sono le persone piu’ ospitali del mondo e al limite, l’ho anche un po’ subita questa cosa crescendo, o almeno cosi’ credevo perche’ dopo tutti questi anni in un posto come questo farei carte false per avere indietro quel caos in cui ho vissuto (o forse no, forse mi piacerebbe solo non essere passata da un estremo all’altro…).
Ricordo con orrore la prima volta che ci invitarono a cena qui. Andammo in un ristorante, finimmo di mangiare e ce ne andammo. Il tutto in tipo un’ora. Altro che caffe’ e ammazzacaffe’ e farsi buttare fuori dal cameriere perche’ e’ ora di chiudere. E come glielo vai a spiegare? Ragazzi, mica siamo venuti qua solo per mangiare, parliamo un po’ diamine. Certo e di cosa? Ma no, non cosi’. Va bene lasciamo perdere.
Bisogna davvero allenare la mente, darsi una calmata, avere pazienza, cerco sempre di non dimenticarlo, ma poi lo dimentico lo stesso.
L’altra sera ad esempio, e’ venuta la mia vicina a farmi da babysitter e si e’ trattenuta un attimo a parlare del piu’ e del meno, e’ stato piacevole. La trovo una persona adorabile, ma ho smesso di cercare di fermarla quando la vedo davanti a casa perche’ sembra sempre cosi’ di corsa che ho quasi l’impressione di importunarla. Ma cosa avra’ mai da fare a tutte le ore? Sono sicura che non sia cosi’, ma a un certo punto mentre parlavamo mi e’ venuto da pensare che magari non se ne andava come al solito perche’ tecnicamente…ecco la stavo pagando.
E anche gli italiani non sono tanto meglio. Ne conosco diversi, che vivono qui da tantissimo e si sono completamente americanizzati in questo senso. Mi chiedono sempre di vederci minimo un mese prima. Adorano avere lo ‘schedule’ (parola chiave della vita americana) sempre completo anche nei weekend. Conoscono tantissime persone e le vedono tutte a incastro in modo da essere sempre occupati e non perdere i contatti con nessuno. Ma io dopo sette anni ancora non riesco a ragionare cosi’. A me ancora piace la spontaneita’, mi piace dare il tempo a chi mi pare ne faccia il miglior uso. Invece qui va sempre a finire cosi’, anche fra noi expat. Sempre con questi eventi di vario genere a cui ti invitano e poi e’ tutto un piacere, come ti chiami cosa ci fai in Texas perche’ ho notato che succede un fenomeno piuttosto strano: il cerchio man mano si allarga a persone nuove, ma non fai mai in tempo a conoscere bene quelle vecchie, cosi’ sembriamo tutti amici, ma amici di cosa? Qui a Dallas in particolare, e’ un viavai continuo di stranieri. La maggior parte delle persone vengono, finiscono un determinato progetto di lavoro e se ne vanno. E di solito lo sanno che non staranno qui tutta la vita quindi lo vedi proprio che non si impegnano, che mirano solo a riempire i vuoti momentanei e dopo un po’ ti avvilisci.
E’ rischioso conoscersi, e’ vero, si possono anche prendere delle notevoli cantonate, ed e’ successo, ma ci si arricchisce sempre in qualche modo, cosi’ invece...
Praticamente ogni giorno, ricevo messaggi di italiani che vogliono venire a vivere qui e io dico sempre la verita’, che si vive molto bene e che io sto bene, ma sto bene perche’ fortunatamente ho avuto l’occasione di aver trovato un lavoro che adoro e di imbattermi in almeno un paio di belle persone, altrimenti sarebbe davvero dura. E’ la socialita’ che e’ intesa in tutt’altra maniera in questa parte di mondo e se si vuole vivere qui bisogna davvero fare uno sforzo a livello personale e non dare nulla per scontato. Tipo non pensare che dato che quel collega e’ cosi’ gentile e simpatico poi diventera’ tuo amico perche’ nove su dieci non e’ cosi’. L’ho dovuto spiegare proprio poco tempo fa. Non chiedetemi perche’, ma non e’ cosi’.
Il vecchietto cubano dice che l’America e’ una malattia incurabile perche’ ti toglie il calore umano, ma ti da’ talmente tanto altro che se ne hai la possibilita’ dall’America non te ne vai piu’. Il famoso discorso del dare e dell’avere, a ognuno le sue conclusioni.

21 commenti:

Lara Rizzotto @craft.and.shine ha detto...

Oggi io e il Tecnico abbiamo fatto praticamente le stesse riflessioni. Siamo qui da molto meno tempo, ma ci è ormai abbastanza chiaro che sarà molto difficile farci degli amici veri qui. Gli americani sono molto individualisti, appunto...e gli italiani sono qui da così tanto tempo che ne hanno visti passare tanti e non si sbattono più per coltivare un rapporto che magari potrebbe finire a breve. Hanno creato piccoli gruppi tra quelli che sono stabili qui e non se ne andranno, ma noi precari non ci considerano molto, forse anche per evitare il dolore del distacco, boh. Io che sono sempre stata molto socievole, patisco un bel po' queata situazione.

LordRevan ha detto...
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LordRevan ha detto...

Concordo su quasi tutta la linea. Dallas, il Texas, ma più in generale gli Usa, sono una società individualista, money driven, competitiva e legata a quello schedule a cui gli expat che sono qui da molto si sono abituati. Ormai gli americani non li considero più come potenziali amici. Cerco di frequentare europei recentemente espatriati.

LordRevan ha detto...
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LordRevan ha detto...
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Cristina ha detto...

Forse sarò una voce fuori dal coro ma, vivendo in una cittá del nord dove tutti se ne stanno chiusi in casa, mi pare di notare le stesse cose che segnali tu anche a casa mia...! Certo noi non siamo così scheduled perchè siamo piú disorganizzati però ho l'impressione che la società, anche in Italia, stia andando in quella direzione. : (

Luciano ha detto...
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Luciano ha detto...

Quando qualcuno riempie così freneticamente il tempo, o lo spazio, il suo problema è che ha un vuoto dentro che non si riempie mai.
Da quanto tempo sei a Dallas? Io ho cambiato città tante volte e di solito sto al massimo 2-3 anni in un posto, e in così poco tempo amicizie non se ne fanno. Bell'ambiente sul lavoro e vita di relazione solo in famiglia. Natale e Pasqua da soli da tanti anni. In Italia.
E sono sempre qui a dirti di non arrenderti, di lasciare che l'occasione di fare delle amicizie arrivi. Arriverà! Lo so che la delusione precedente brucia ancora.
Poi ho capito anche che avere lo schedule pieno è una scelta. Anche io sono sempre impegnato, ma il tempo per le relazooni, se non oggi, domani e non più tardi, l'ho sempre trovato

dario celli ha detto...

Mah...

Vi siete mai trasferiti, per esempio, da Torino a Roma?
Vi posso garantire che non è DAVVERO molto diverso.
Almeno per la prima generazione di trasferiti, intendo.

Che poi, in genere negli Usa ci sia un differente concetto di "frequentarsi" fra "conoscenti", posso essere d'accordo.
Ma vi garantisco che se ci si trasferisce da una città all'altra in Italia non è davvero poi molto diverso...


d.

LordRevan ha detto...

Sono stato a Roma, Milano, UK. Sempre fatto belle amicizie. Sempre fatto feste e divertito tanto. Qui è la desolazione...

Valentina VK ha detto...

piu o meno ti potrei dire la stessa cosa del paesello francese in cui ero...
forse semplicemente e' difficile fare amicizia quando non si e' piu all'universita' e ognuno ha il suo giro lavoro - amici consolidati - figli etc...
oppure e' che tutti stanno cosi' tanto inchiodati al telefonino a scriversi e fotografarsi che non c'e' piu' intersse a vedersi di persone
sono stata due settimane in ferie senza cellulare e non mi mancava, ho notato che tutti in spiaggia stavano sempre con almeno 1 cell in mano a fotografare mare spiaggia castelli piedi smalti etc e parlare l uno con l altro per dire che hai messo su whats app o su facebook
io benedico internet perche da expa tmi tiene collegata ad amici e famiglia, pero' mi piace ancora uscie per strada e guardarmi intorno...forse sono vecchia dentro :-S

nonsisamai ha detto...

baby 1979: sono sincera, dopo un po' in effetti ti stanchi di affezionarti a persone che sai gia' che andranno via presto. mi e' successo un paio di volte e senza dubbio lo rifarei se capitasse. sono felicissima di avere conosciuto bene queste persone, pero' e' anche vero che hanno lasciato davvero un grande vuoto. e' molto triste quando ripartite per noi che restiamo.

lordrevan: nel non considerare gli americani in generale come potenziali amici secondo me sbagli, e' una generalizzazione davvero assurda. i nostri migliori amici qui sono americani, il problema e' arrivare a conoscerle le persone.





nonsisamai ha detto...

cristina: e' una cosa che sento dire spesso invece, e' triste...

luciano: ma e' bello anche lasciarlo un po' aperto lo schedule, soprattutto nel weekend. non so, a me questa cosa dello schedule proprio non va giu' :))



nonsisamai ha detto...

dario celli: magari all'inizio no, ma poi si', per me e' diverso, eccome. in italia esci e incontri le persone, qui esci e ti guardano con pieta' perche' cammini sul marciapiede invece che essere in macchina e pensane che sia troppo povero per permettertela. anche solo andare a comprare il pane e scambiare una battuta con il panettiere che si ricorda subito di te, e' un'altra vita.

valentinavk: dovrei provare anch'io un po' di disintossicazione tecnologica, ma non sono per niente sicura che mi piacerebbe :)

ila ha detto...

"Tipo non pensare che dato che quel collega e’ cosi’ gentile e simpatico poi diventera’ tuo amico perche’ nove su dieci non e’ cosi’"

bè, dici così dell'estero perchè non hai mai provato a fare amicizia con i fiorentini. Qui è uguale, se non sei di qui non pensare di avere amici di qui.

*cla ha detto...

E' interessante leggere come si vive oltreoceano soprattutto quando è raccontato così con sincerità. Le difficoltà si trovano ovunque ma è vero che l'America non mi è mai sembrato il posto più facile in cui vivere ed allacciare relazioni interpersonali. Probabilmente ci vorrà ancora più tempo, nonostante certo 7 anni non siano pochi. Probabilmente bisognerà prima riuscire a sentirsi un po' "di casa".

Anonimo ha detto...

Leggo spesso del problema degli expat nel fare amicizie e mi dispiace molto per voi.
Non avendone esperienza diretta non so quanto le diverse nazioni presentino differenti difficoltà ma è un problema denunciato da espatriati in USA, in Germania, nei Paesi scandinavi, in Svizzera (non so di altri luoghi), quindi in Stati diversi.
La mia esperienza si riferisce ad uno spostamento di soli 70 Km nella stessa regione italiana ma le differenze che ho incontrato nel modo di vivere sono state abissali e la difficoltà nel fare nuove amicizie è stata terribile. Credo che, in qualunque contesto,allacciare vere amicizie quando non si è più studenti sia generalmente molto, molto più difficile. Ora il mio mondo è qui, nella mia nuova città di allora, ora qui mi sento inserita e a casa, ma sono passati tantissimi, tantissimi anni. Molto mi ha aiutato l'essere inserita nel mondo del lavoro.
Negli USA c'è il fatto negativo che in molte città non si va mai a piedi.
In sostegno psicologico degli expat dico solo: coraggio! Prima di arrivare alla mia attuale situazione pacificata ho avuto tutto il tempo di introiettare un senso di solitudine che prima del trasferimento non mi apparteneva e che fa talora da sottofondo anche adesso che non ce n'è più ragione. Quindi non è facile ovunque si sia.
Mila

LordRevan ha detto...

Io scriverei where are the people

Marica ha detto...

secondo me in parte' e anche l'eta'... e in parte sono gli usa... vale da esempio il fatto che a scuola ogni anno rimescolano le classi, come a dire "non vi fate amici, ognuno pensi per se stesso", insomma li abituano da piccoli

Luciano ha detto...

:o davvero rimescolano le classi? E perchè, secondo loro?

nonsisamai ha detto...

lord revan: era una citazione letterale, mi sembrava rendesse perfettamente l'idea della conversazione reale.