venerdì 1 febbraio 2013

identita’ inesistenti

Ho conosciuto un’anziana signora italo - canadese. La sua nonna italiana sapeva l’inglese talmente bene che in famiglia hanno tutti perso l’italiano perche’ si rifiutava di parlarlo e insegnarlo per evitare discriminazioni.

Ci ha raccontato che l’estate scorsa ha fatto una crocera nel mediterraneo e ha visto l’Italia per la prima volta. Che emozione.

Poi ci ha parlato del suo cognome. Una storia pazzesca. Arrivati a Ellis Island, a suo padre o a suo nonno non ricordo, hanno combiato il cognome, cosi’ arbitrariamente, senza nessun apparente motivo e per di piu’ si tratta di due cognomi diversissimi fra loro, che non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro.

Il fatto e’ che ci abbiamo impiegato dieci minuti in due per capire il suo attuale cognome. Ora che lo so in italiano non riesco nemmeno piu’ a ricordarmi come lo storpiava, non aveva nessun senso.

Insomma, mi ha fatto una strana impressione. Ha un accento italiano fortissimo da film, ma non conosce ne’ l’Italia, ne’ l’italiano. In pratica lei coltiva con tantissimo amore e devozione questa sua identita’ italiana che di fatto non esiste. Che tristezza.

4 commenti:

Baol ha detto...

Anche a me il tuo racconto ha dato una sensazione di tristezza :-(

sc ha detto...

Se avete paura che il bimbo perda le sue radici vi consiglio di pensare a fargli seguire una scuola italiana, magari le medie. Gli consentirà di imparare bene l'Italiano , sopratutto a livello di grammatica. Non so però se c'è una scuola media italiana a Dallas.
Ciao e auguri!

Anonimo ha detto...

Molti emigranti e figli di emigranti (o nipoti) vivono con il mito del paese d'origine, in un certo senso anche gli italiani vivono con il mito dell'Italia, tirando in ballo robe fatte secoli fa.
Mette molta tristezza in entrambi i casi.

Smartix ha detto...

non e' poi cosi triste secondo me. cioe' un poco si, capisco cosa intendi. mia nonna e' albanese ed e' venuta in italia da ragazza, scappando dal proprio paese. arrivata in italia la sua voglia di integrarsi e di lasciarsi il passato alle spalle ha fatto si che lei non abbia MAI parlato nella sua lingua ai suoi quattro figli. proprio quest'anno due dei suoi quattro figli l'hanno portata a visitare l'Albania, i figli - tra cui mia madre -erano molto curiosi di scoprire parte delle loro origini. ne hanno portato a casa uno strano modo di mangiare la frutta (inutile che ti sto raccontare di che si tratta), che ormai per mia madre e' cosa SACRA perche' e' parte della sua storia. Mio bisnonno invece e' emigrato da ragazzo in America, arrivato a NY l'hanno registrato con un nome diverso, tant'e' che noi (che tutt'ora ne cerchiamo le tracce) non troviamo niente e non sappiamo neppure quando e dove sia morto e sepolto. qui a Los Angeles dove vivo conosco tanti asiatici che si sono fatti cambiare il nome, perche' impronunciabile per gli anglosassoni o perche' legato a un passato da dimenticare. noi siamo privilegiati, abbiamo cambiato paese, ma possiamo rientrare in Italia anche solo per le vacanze. non fuggiamo da poverta' (ops), guerra o persecuzione, e' un tipo diverso di emigrazione. scusa la lunghezza, ma lo trovo un discorso affascinante! a me viene tanta tristezza a pensare a chi ha dovuto lasciare il proprio paese, la propria cultura per forza di cose, di fretta, di corsa, senza poterci tornare. quando ho ottenuto il passaporto americano, alla cerimonia, c'era di tutto, non ho mai visto tanta varieta', giovani e vecchi, neri bianchi grigi e marroncini, alcuni molto felici, qualcuno con un gran peso al cuore. alla fine le persone di cui parli tu fanno sorridere, piu' americani di cosi non si puo'! comunque arrivo al tuo blog tramite Valeriascrive e mi piace un bel po'! complimenti, Marta