venerdì 24 agosto 2012

vengo anch’io?

Una mia amica che era stata un sacco di anni insieme a un tedesco, una volta mi racconto’ di essersi innamorata del suo nuovo fidanzato italiano perche’ aveva usato una parola difficilissima. Mi fece molto sorridere perche’ conosco perfettamente la sensazione.

Nella vita quotidiana, anche se entrambi si parla e si capisce perfettamente la lingua dell’altro, non si usa mai un linguaggio particolarmente raffinato e anche cosi’ ci sono continui malintesi che il piu’ delle volte sono malintesi culturali, non liguistici, quindi, probabilmente non si risolveranno mai.

Quando si guarda insieme un film o qualcosa e uno lo trova divertentissimo e l’altro no, ad esempio, e’ piuttosto fastidioso.

Eppure a me, anche dopo tutti questi anni piace sempre il confronto. Vedere le cose e a volte ascoltare le mie stesse parole da un punto di vista che io o un’altra persona che parla la mia lingua non potrei mai avere, mi stimola.

(Un esempio fra tantissimi)

Ad ogni modo, gli scogli ci sono. Vi racconto l’ultimo.

Quest’estate in Italia ho comprato al piccolo Joe un libricino con ‘Vengo anch’io no tu no’ di Jannacci, illustrata. 

Sinceramente, l’ho comprato senza pensarci piu’ di tanto, solo perche’ ricordavo che da piccola mi piaceva un sacco quel ritornello.

E anche il piccolo Joe, l’adora. Lo chiama ‘no no no’, e’ il suo preferito.

Abbiamo guardato il video su youtube e anche a Mr. Johnson piace molto, pero’ si sente a disagio.

Ora, mi rendo conto che forse

‘Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale
per vedere se la gente poi piange davvero
e scoprire che e` per tutti una cosa normale’

Oppure

‘Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore
Dove ognuno sia gia` pronto a tagliarti una mano
un bel mondo sol con l'odio ma senza l'amore’

non siano proprio versi scritti appositamente per bambini pero’ io non ci vedo nulla di male. E’ che io colgo l’ironia, il paradosso, si’ anche l’amarezza, ma ci sta, lui invece me lo traduce letteralmente e scuote la testa.

E’ da settimane che andiamo avanti a punzecchiarci (e a canticchiare perche’ chi se la toglie piu’ dalla testa…).

Se c’e’ una cosa che ho capito dalle poche lingue che conosco e’ che ci sono un sacco di cose che non bisognerebbe mai tradurre perche’ per quanto la traduzione possa essere accurata perdono sempre una quantita’ incredibile di sfumature.

3 commenti:

fabio r. ha detto...

il mio lavoro cozza proprio contro queste difficoltà. la traduzione (se fatta bene) è sempre e comunque un tradimento, e contemporaneamente una interpretazione di un termine che in se' porta un'idea, un sentimento, un'esperienza a volte unica, quindi difficile da rendere. ecco perchè mi dispero quando leggo bei libri stranieri tradotti bene in italiano e non vedo mai (o quasi) il nome del traduttore in bella vista, c'è sempre e solo l'autore! è un mio cruccio lo so, e comprendo bene quello che dici!

Sabina ha detto...

Anche dal mio punto di vista il concetto in sè di traduzione porta dentro l'idea di interpretazione e quindi di cambiamento.
Per quanto fedele possa essere una traduzione, e quindi per quanto bravo possa essere un traduttore, ogni parola nella lingua specifica in cui nasce ha un alone magico che la traduzione toglie, per dare una nuova veste a quello stesso termine. Certo è che rimane il lavoro del traduttore è meraviglioso, difficile, pieno di sacrifici e forse poco valorizzato, ma pur sempre di grandissima importanza culturale.

nonsisamai ha detto...

fabio r: hai ragione in pieno, e' un lavoro che non viene riconosciuto a dovere.

sabina: verissimo.