lunedì 1 novembre 2010

it's the end of the world as I know it (and I feel fine)

Ero riuscita a negoziare un’ultima settimana per salutare tutti, ma ora devo proprio arrendermi, devo smettere di lavorare. Pare che dallo sbandierato worst case scenario si sia passati al mai menzionato best case scenario e non si potrebbe chiedere di piu’. Tutto sta andando molto meglio di quello che ci si aspettasse un paio di mesi fa, ma i dottori dicono che a questo punto per sicurezza, devo davvero starmene tranquilla. Non devo stare a letto tutto il giorno per fortuna. Non prendere impegni e non guidare troppo dovrebbe bastare, quindi niente lavoro. E cosi’ sento un po’ la terra mancarmi da sotto i piedi e non per i motivi che pensavo un po’ di tempo fa. Probabilmente se decideranno di non aspettarmi, non ne faro’ una malattia. Mi dispiace, ma so di non avere nessun diritto quindi che facciano un po’ quello che credono. Quello che mi fa veramente traballare e’ il cambiamento. Cambiamento radicale. Il mio lavoro era una parte sostanziale della mia vita, ora ci sara’ altro. Penso a tutte le cose che mi piace fare e al fatto che probabilmente anche li’ per un po’ ci sara’ altro e altro ancora. E’ difficile anche da immaginare un cambiamento cosi’ grande, ma sto bene. Mi sento bene fisicamente e mentalmente, penso solo cose belle. Mi sento un po’ come in quella canzone dei REM che cito impropriamente nel titolo. Ho tirato fuori un certo fatalismo. E poi non mi annoio mai. Sto catalogando tutte le attivita’ che ho fatto fino ad ora e creandone altre, in modo che se e quando tornero’ al lavoro sara’ tutto il piu’ semplice possibile. Anche in questa situazione di parziale immobilita’, ho talmente tanti progetti, tante cose da fare che non credo avro’ problemi. Per adesso pero’ mi piace indugiare ancora un po’ sul pensiero dei miei studentelli, che mi hanno riempito di bigliettini e di abbracci in questi giorni e di tutte le domande imbarazzanti e ridicole che ho imparato a schivare. C’e’ stata una bambina di cinque anni che con l’aria piu’ disinvolta del mondo ha alzato la mano l’altro giorno e mi ha chiesto: are they going to give you medicines while they cut your tummy to pull out the baby?

E poi tutti quelli preoccupatissimi: ma come ci e’ finito il bambino li’ dentro?!

Quando, con la mia panciona di otto mesi,  ho detto a quelli di prima che era la nostra ultima lezione perche’ aspetto un bambino, due hanno cominciato a litigare: visto! te l’avevo detto che era incinta!

E io che pensavo che oramai fosse ovvio! Mai dare niente per scontato con i bambini. Tranne una cosa: che mi mancheranno tanto.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

beh dai, almeno avrai più tempo per scrivere sul blog e per tenerci aggiornati!

fabio r. ha detto...

ahahaha! carina l'evidenza notata dai pupi!
in bocca al lupo e realx

n ha detto...

suibhne: e' vero, ma rischierei di essere monotematica...

fabio r: in realta' non mi aspettavo che lo notassero subito. lavorando con i bambini ho sperimentato piu' volte quanto siano egocentrici (nel senso piu' affascinante del termine) pero' pensavo che a un certo punto avrebbero colto :))

nonsisamai ha detto...

oops! N per nonsisamai :)

Rabb-it ha detto...

uh, a me non pare strano che non abbiano colto, abituati a vedere gente robusta, eufemismo, potrebbero anche aver pensato che non era carino domandarti se eri incinta.
Se non lo eri poi ti offendevi!

^_^
No lo so... troppo piccoli per aver fatto queste distinzioni, forse.

Sì lo so che dovrebbe vedersi la differenza tra una pancia abitata ed una no, dovrebbe... appunto.

palbi ha detto...

dai dai che ormai siamo agli sgoccioli della tua vita da preggo e bisogna che te li assapori al massimo:)

Fabrizio Cariani ha detto...

"worst case scenario |---> best case scenario"

great news!

Elisen ha detto...

che dolci i bimbi...sarà ancora più bello poi tornare da loro vedrai!ci sentiamo presto.