domenica 28 marzo 2010

il fallimento della terapia d’urto

 

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Gli eventi in questo periodo si succedono a una velocita’ vorticosa, cosi’ mi sono dimenticata di raccontarvi come e’ andata a finire poi lo scorso fine settimana al lago. Prima di tutto devo dire che il posto mi e’ piaciuto e non era nemmeno poi cosi’ selvaggio. Un selvaggio accettabile, direbbe la city girl che ho dovuto uccidere per venire a vivere in Texas. Il giorno in cui siamo arrivati la temperatura era sopra i venticinque gradi, era perfetto. Abbiamo fatto il fuoco, le passeggiate e tutto quello che si fa in questi casi. La mattina dopo ha cominciato a fare sempre piu’ freddo, finche’ non ha cominciato a nevicare e siamo tornati a casa per paura di rimanere intrappolati sui monti. Domenica mattina qui a Dallas, ci siamo svegliati con la neve. E il giorno successivo, lavorativo chiaramente, siamo ritornati ai soliti venti- venticinque gradi e sole che spacca le pietre. E’ stato tutto piuttosto surreale. Come se una mano occulta avesse agito con estrema precisione per rovinarci il fine settimana, come se ogni volta che cercassimo di andare incontro alla natura, metaforicamente di abbracciarla, lei ci scacciasse via seccata. Non e’ la prima volta.

Pero’ pensavo. Questa settimana una bambina di otto anni della mia scuola si e’ rotta una gamba. Deve muoversi sulla sedia a rotelle e probabilmente ne avra’ fino alla fine dell’anno scolastico. Eppure e’ felice! Non l’ho mai vista cosi’ raggiante e di buon umore. Dice che non le fa male e adora raccontare cosa e’ successo e essere servita da tutti i suoi compagni e familiari.

Cosi’ si fa. Bisogna rivoltare le sfortune a proprio favore.

Adesso mi concentro e cerco di trovare un motivo per cui la nevicata di ventiquattro ore nel mezzo della privavera, l’unica volta che abbiamo deciso di andare praticamente in campeggio, e’ stata una buona cosa.

Niente.

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